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Autore: hermana    19/01/2010    7 recensioni
Alice e Jasper non sono tornati in tempo e la famiglia Cullen è stata sovrastata e distrutta dalla forza devastante dei Volturi. Jacob e Renesmee scappano fino alla Spagna e con loro l’intero branco trasferendo la sede su un’ampia spiaggia dalla sabbia fina. Cresciuta e cullata s’innamora del suo lupo e se avessero avuto figli? Come sarebbe stata la loro vita?
Una vita piena di amore, dolori e colpi di scena caratterizza Bella, una ragazza che ama la vita ed è per essa che lotta anche quando sta toccando il fondo, quando sembra tutto distrutto.
Guardavo un punto fisso davanti a me con la bocca schiusa come per dire qualcosa ma dalle labbra non usciva nessuna parola. Non sentivo lacrime da gettare anche se un colpo sordo all’anima mi trafisse come carbone ardente. Gli occhi asciutti, secchi, fosse scarichi. Stanchi di piangere per qualcosa che non tornerà. A che serve piangere? Piangere non riporta gli amori finiti, gli errori commessi, le scelte non compiute. Adesso non avevo più lacrime, né per lui né per una vita che mi stava scivolando dalle mani come olio. Una vita che sfuggiva dalla mia presa crollando precipitosamente
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio, Volturi | Coppie: Jacob/Renesmee
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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Spazio autrice: mi dispiace che prima era brutto come formato ecc.. ma ora vi prego di leggerla e recensire in bene o in male!!! Comunque spero mi scusiate, non sono pratica di queste cose. E parlo per tutti quelli che prima hanno visto questa storia e poi io l’ho cancellata. Scusate!!!

 

                                             L’incubo

 

Tre mantelli mi inseguivano. Io scappavo. Correvo, ma le mie gambe non reagivano hai comandi. Le sentivo pesanti, fin troppo. Percepivo il mio respiro affannoso e irregolare, tremavo in preda al panico e volevo urlare, in modo che qualcuno mi sentisse, ma le mie labbra erano serrate. Ero sola, sola nel fitto del bosco con un pericolo imminente. C’era un’aria gelida e la pioggia mi bagnava il viso. I denti battevano senza sosta e il rumore quasi impercettibile dei loro passi mi fece sobbalzare. Li guardavo ma non muovevo un dito per fermarli. Il buio del bosco era fitto, strano, quasi soffocante. Il battito del mio cuore accelerava minuto dopo minuto e l’aria si faceva pesante da respirare. L’oscurità mi avvolgeva ed era impossibile resistergli, tutto di me voleva ribellarsi ma non ci riuscivo. Era come se una catena mi tenesse inchiodata al terreno. I miei piedi non si muovevano e i tre sconosciuti si avvicinavano sempre di più. Il cappuccio, che tenevano calato sul volto li copriva fino al naso. Io li guardai e sul viso di quello alla mia sinistra si era allargato un ghigno agghiacciante. Io spazzai via dalla mia testa quella scena ma mi fu difficile visto l’avanzamento dei tre. Appena mi furono di fronte io cacciai un ringhio che mi riuscì più che male. Il ghigno di quello alla mia sinistra divenne una risata incomprensibile. Io sembravo un cane bastonato e lui il padrone che gode delle mie pene. Ringhiai un’altra volta e la sua risata fu bloccata da quello al mezzo con un elegante gesto con la mano. Capii che era lui che comandava gli altri due. Quello accettò mal volentieri l’ordine mostrando per un secondo i canini perfettamente bianchi. Non riuscii più a ringhiare e le labbra si serrarono per l’ennesima volta, la forza di volontà fu sovrastata e distrutta dalla paura che ormai aveva preso il sopravvento. Silenzio. Silenzio. Era snervante. Sentivo persino il leggero fruscio delle foglie trasportate dal vento gelido che mi attaccava, come lame, sul volto. Sospirai e tentai di respirare ma le parole che il loro capo pronunciò mi fecero fermare il cuore – sta tranquilla, mia cara, tutto finirà prima che il dolore prenda il sopravvento nel tuo corpo!- non mi aiutava per niente, avevo paura e adesso anche loro se n’erano accorti. Il terzo alzò di pochi centimetri il cappuccio e mi scrutò, i suoi occhi erano bordeaux e contenevano odio che non riuscivo a capire. Odiava me? Perché? Che gli avevo fatto?

Guardai attentamente il viso di quello che stava al centro e lo riconobbi. Ne avevo solo sentito parlare. Era Aro. Gli occhi pieni d’odio, dovevano appartenere a Marcus e quel ghigno insopportabile doveva essere di Caius. I miei genitori mi avevano spesso parlato di loro.

 Vedendo che riflettevo Caius digrignò i denti e ringhiò. Io feci qualche passo indietro. La pioggia cadeva fitta sui miei capelli e sentivo il contatto freddo contro la mia pelle. Nell’indietreggiare caddi e mi infangai. Caius ridacchiò e io mi rialzai. Adesso ero contratta dal dolore e guardavo Aro negli occhi. Il silenzio, rimase tale fino a quando Aro si mosse e indicò un cumolo di cenere che stava bruciando poco distante da là. Io mi voltai a guardarlo e rimasi qualche secondo a scrutarlo. Non vedevo niente. Niente di niente. Li guardai e poi iniziai a camminare, mi dirigevo a quel cumulo anche se non ero certa di voler sapere. Le mie gambe si muovevano da sole e avevano deciso che io avrei dovuto guardare. Sentii passi pacati dietro di me e non mi girai a guardare. Ero sicura fossero loro, ed ero altrettanto sicura non mi avrebbero uccisa prima di aver visto. Ma visto cosa? Cosa avrei visto là dentro?

Camminavo ora a passo più spedito e mi accorsi che le distanze si accorciavano vertiginosamente. Cosa avrei trovato? Non volevo saperlo ma dovevo. La meta era sempre più vicina, passo dopo passo mi avvicinavo alla morte.

Ero davanti al fuoco e li vidi. Li vedevo tutti. Erano loro, ne ero sicura. Mio padre, Jacob Black, mia madre, Renèesme Cullen, e mio fratello Ian. Non riuscivo a distogliere lo sguardo mentre le lacrime scorrevano rapide sul mio viso. Iniziai a singhiozzare e mi abbassai, accovacciandomi vicino al fuoco. I miei occhi portavano odio e nient’altro. Adesso ero faccia a faccia con Aro, non mi faceva più paura. Non avevo paura di nessuno di loro. Avevo ripreso il comando del mio corpo e sapevo che stavo puntando ad uccidere Aro. Lo guardai e lui parlò – questa e colpa tua. Succederà perché hai deciso di non unirti a noi ma puoi sempre rimediare.- IO lo guardai perplessa, la paura mi inondo di nuovo, poi il buio.

 

Il buio, buio ovunque. Mi girai e rigirai ma tutto mi sembrava estraneo. Accesi la luce con un movimento goffo. Un velo di sudore mi ricopriva la fronte e la nuca. Era un sogno, un incubo. Avevo gli occhi spaventati e guardavo fissa la porta. Mi alzai e andai davanti allo specchio. Intrecciai le dita tra i lunghissimi riccioli neri. Li lasciai cadere facendoli arrivare fino al fondo schiena. Erano molto compatti ma sottili. Gli occhi nocciola, color cioccolato erano inondati da lacrime inspiegabili e incondizionate. Era stupido piangere per un incubo ma era così..così..vero. Mi asciugai gli occhi e iniziai a pensare. Era un sogno o un avvertimento? Sarebbero morti se avessi voltato le spalle ai Volturi? L’unica cosa che sapevo e cche non dovevano morire! Avrei fatto qualsiasi cosa per farli rimanere vivi, qualsiasi…  

   

 

  
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