Spazio autrice:
mi dispiace che prima era brutto come formato ecc.. ma ora vi prego di leggerla
e recensire in bene o in male!!! Comunque spero mi scusiate, non sono pratica
di queste cose. E parlo per tutti quelli che prima hanno visto questa storia e
poi io l’ho cancellata. Scusate!!!
L’incubo
Tre mantelli mi
inseguivano. Io scappavo. Correvo, ma le mie gambe non reagivano hai comandi.
Le sentivo pesanti, fin troppo. Percepivo il mio respiro affannoso e
irregolare, tremavo in preda al panico e volevo urlare, in modo che qualcuno mi
sentisse, ma le mie labbra erano serrate. Ero sola, sola nel fitto del bosco
con un pericolo imminente. C’era un’aria gelida e la pioggia mi bagnava il
viso. I denti battevano senza sosta e il rumore quasi impercettibile dei loro
passi mi fece sobbalzare. Li guardavo ma non muovevo un dito per fermarli. Il
buio del bosco era fitto, strano, quasi soffocante. Il battito del mio cuore
accelerava minuto dopo minuto e l’aria si faceva pesante da respirare.
L’oscurità mi avvolgeva ed era impossibile resistergli, tutto di me voleva
ribellarsi ma non ci riuscivo. Era come se una catena mi tenesse inchiodata al
terreno. I miei piedi non si muovevano e i tre sconosciuti si avvicinavano
sempre di più. Il cappuccio, che tenevano calato sul volto li copriva fino al
naso. Io li guardai e sul viso di quello alla mia sinistra si era allargato un
ghigno agghiacciante. Io spazzai via dalla mia testa quella scena ma mi fu
difficile visto l’avanzamento dei tre. Appena mi furono di fronte io cacciai un
ringhio che mi riuscì più che male. Il ghigno di quello alla mia sinistra
divenne una risata incomprensibile. Io sembravo un cane bastonato e lui il
padrone che gode delle mie pene. Ringhiai un’altra volta e la sua risata fu
bloccata da quello al mezzo con un elegante gesto con la mano. Capii che era
lui che comandava gli altri due. Quello accettò mal volentieri l’ordine
mostrando per un secondo i canini perfettamente bianchi. Non riuscii più a
ringhiare e le labbra si serrarono per l’ennesima volta, la forza di volontà fu
sovrastata e distrutta dalla paura che ormai aveva preso il sopravvento.
Silenzio. Silenzio. Era snervante. Sentivo persino il leggero fruscio delle
foglie trasportate dal vento gelido che mi attaccava, come lame, sul volto.
Sospirai e tentai di respirare ma le parole che il loro capo pronunciò mi
fecero fermare il cuore – sta tranquilla, mia cara, tutto finirà prima che il
dolore prenda il sopravvento nel tuo corpo!- non mi aiutava per niente, avevo
paura e adesso anche loro se n’erano accorti. Il terzo alzò di pochi centimetri
il cappuccio e mi scrutò, i suoi occhi erano bordeaux e contenevano odio che
non riuscivo a capire. Odiava me? Perché? Che gli avevo fatto?
Guardai
attentamente il viso di quello che stava al centro e lo riconobbi. Ne avevo
solo sentito parlare. Era Aro. Gli occhi pieni d’odio, dovevano appartenere a
Marcus e quel ghigno insopportabile doveva essere di Caius. I miei genitori mi
avevano spesso parlato di loro.
Vedendo
che riflettevo Caius digrignò i denti e ringhiò. Io feci qualche passo
indietro. La pioggia cadeva fitta sui miei capelli e sentivo il contatto freddo
contro la mia pelle. Nell’indietreggiare caddi e mi infangai. Caius ridacchiò e
io mi rialzai. Adesso ero contratta dal dolore e guardavo Aro negli occhi. Il
silenzio, rimase tale fino a quando Aro si mosse e indicò un cumolo di cenere
che stava bruciando poco distante da là. Io mi voltai a guardarlo e rimasi
qualche secondo a scrutarlo. Non vedevo niente. Niente di niente. Li guardai e
poi iniziai a camminare, mi dirigevo a quel cumulo anche se non ero certa di
voler sapere. Le mie gambe si muovevano da sole e avevano deciso che io avrei
dovuto guardare. Sentii passi pacati dietro di me e non mi girai a guardare.
Ero sicura fossero loro, ed ero altrettanto sicura non mi avrebbero uccisa
prima di aver visto. Ma visto cosa? Cosa avrei visto là dentro?
Camminavo ora a
passo più spedito e mi accorsi che le distanze si accorciavano vertiginosamente.
Cosa avrei trovato? Non volevo saperlo ma dovevo. La meta era sempre più
vicina, passo dopo passo mi avvicinavo alla morte.
Ero davanti al
fuoco e li vidi. Li vedevo tutti. Erano loro, ne ero sicura. Mio padre, Jacob
Black, mia madre, Renèesme Cullen, e mio fratello Ian. Non riuscivo a distogliere lo sguardo mentre le
lacrime scorrevano rapide sul mio viso. Iniziai a singhiozzare e mi abbassai,
accovacciandomi vicino al fuoco. I miei occhi portavano odio e nient’altro.
Adesso ero faccia a faccia con Aro, non mi faceva più paura. Non avevo paura di
nessuno di loro. Avevo ripreso il comando del mio corpo e sapevo che stavo
puntando ad uccidere Aro. Lo guardai e lui parlò – questa e colpa tua.
Succederà perché hai deciso di non unirti a noi ma puoi sempre rimediare.- IO
lo guardai perplessa, la paura mi inondo di nuovo, poi il buio.
Il buio, buio
ovunque. Mi girai e rigirai ma tutto mi sembrava estraneo. Accesi la luce con
un movimento goffo. Un velo di sudore mi ricopriva la fronte e la nuca. Era un
sogno, un incubo. Avevo gli occhi spaventati e guardavo fissa la porta. Mi
alzai e andai davanti allo specchio. Intrecciai le dita tra i lunghissimi
riccioli neri. Li lasciai cadere facendoli arrivare fino al fondo schiena.
Erano molto compatti ma sottili. Gli occhi nocciola, color cioccolato erano
inondati da lacrime inspiegabili e incondizionate. Era stupido piangere per un
incubo ma era così..così..vero. Mi asciugai gli occhi e iniziai a pensare. Era
un sogno o un avvertimento? Sarebbero morti se avessi voltato le spalle ai
Volturi? L’unica cosa che sapevo e cche non dovevano morire! Avrei fatto qualsiasi cosa per farli
rimanere vivi, qualsiasi…