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Autore: cartacciabianca    19/01/2010    0 recensioni
[ SOSPESA ]
Giocatori, siete nell'Anno del Signore 1232.
Luigi VIII, appena di ritorno sconfitto dall’Inghilterra, punta le lance in resta contro Tolosa, dimora di Raimondo VII. Impadronitosi di quelle terre ne coglie l’intera giurisdizione, affiliando nel 1226 definitivamente la Linguadoca alla Francia. Il Leone di Francia viene meno nell’inverno di quell’anno, e il potere succede così ad un piccolo Re, all’epoca solo dodicenne. Luigi IX, detto il Santo per la sua calorosa religiosità e collezione di reliquie, guidato dalla spavalderia degli uomini di cui è circondato, e appoggiato dalla madre Bianca, eccolo già in battaglia contro una nuova rivolta. Nel 1228 giunge ad un compromesso con Raimondo VII, e nel 1229 promette al conte la giurisdizione delle sue terre, in cambio della sua unica erede Giovanna promessa al fratello del Re, Alfonso di Poitiers, e la completa ammissione della regione nei domini Francesi. La Crociata Albigese si conclude definitivamente nel 1229.

A Phoenix e Châtel-Argent sono trascorsi 17 anni. Ian e Daniel varcano la soglia della quarantina e conti come Granpré stanno per raggiungerli. Non si sentono vecchi o stanchi, ma solo maturi, vissuti e cavalieri di Francia ogni giorno di più. Mettiamo alla prova il coraggio di una ragazzina e l’ambizione del suo migliore amico. Il risultato è una fan fiction esilarante che ce la metterà tutta pur di mostrarsi degno tributo alla trilogia di Cecilia Randall.
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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In quegli anni tutte le contee francesi centro settentrionali tiravano un sospiro di sollievo, e tra di queste non poteva mancare la ricca e florida Châtel-Argent, mai stata così bella.
La città era nel pieno delle attività giornaliere. Il sole splendeva alto nel limpido cielo azzurro residuo di un inverno clemente. La gente era per le strade a trafficare di bancarella in bancarella, i carri, il bestiame, le merci, la musica, i soldati di guardia sulle mura, i contadini per i campi… Gli alberi e i viali erano i fiore, e così i maestosi giardini interni del maniero portante il vessillo del Falco d’Argento.
Tornare così di fretta nel medioevo era stato pressoché essenziale. In quella mattina aveva fatto dentro fuori da Hyperversum già due volte, col timore che Hellionor avesse indovinato la password del suo computer e curiosato tra le sue partite.
Le avrei tagliato le mani, se avesse osato! Non voglio trascinare anche lei in questa storia. In diciassette anni ho fatto i salti mortali per tenerla lontana dal mio studio, e per poco così non mi vedeva riapparire davanti al suo naso! Come per… “magia”. Se sarà necessario, porterò il segreto con me fin nella tomba. Pensava Daniel con una smorfia e gomiti appoggiati al davanzale della finestra, mentre la brezza primaverile dell’anno 1232 gli carezzava il volto scompigliandogli i capelli biondi. Ammirava il paesaggio del castello dalla sua torre più alta, ad attendere l’amico nella sua stanza privata dove l’avrebbe raggiunto a breve.
1232… sospirò gonfiandosi i polmoni di quell’aria pura e celestiale.
Al solo pensiero, Daniel si stupiva di quanto il tempo fosse trascorso velocemente, all’insegna di una vita trascorsa a viaggiare nel tempo senza scrupoli.
Col concludersi della Crociata Albigese nel 1229, d’interessante era successo ben poco. Filippo Augusto, l’uomo che in battaglia l’aveva reso cavaliere, era spirato il 14 luglio 1223. A prendere tra le mani la questione della Crociata era stato Luigi VIII, di ritorno avvilito dall’Inghilterra ma ben intenzionato a porre fine a questi inutili e spregevoli massacri. Veniva affiancato ovviamente dalla moglie Bianca di Castiglia, tanto quanto dal Falco d’Argento quando, assaporato il gusto della scomunica a Raimondo VII, Luigi aveva puntato con le lance in resta dritto verso Tolosa, alla conquista del nucleo di tanti mali. Impadronitosi di quelle terre, ne colse l’intera giurisdizione, affiliando nel 1226 definitivamente la Linguadoca alla Francia.
Il Leone di Francia venne meno nell’inverno di quell’anno, con grande scalpore e dispiacere della corte tutta. Daniel ricordava ancora la ricorrenza funebre tenutasi nell’abbazia di Saint-Denis, a Parigi. Un colpo amaro della provvidenza, aveva pensato affianco all’amico Ian, che presentava quel giorno assieme ai cavalieri della Corona. Il potere era così succeduto ad un piccolo Re, all’epoca solo dodicenne.
Luigi IX, detto il Santo, guidato dalla spavalderia degli uomini di cui si era circondato, e appoggiato dalla madre Bianca, eccolo già in battaglia contro una nuova rivolta. Nel 1228 spalancava i cancelli di Tolosa e, giunto ad un compromesso con Raimondo VII, nel 1229 prometteva al conte la giurisdizione delle sue terre, in cambio della sua unica erede Giovanna promessa al fratello del Re, Alfonso di Poitiers, e la completa ammissione della regione nei domini Francesi.
I grandi passi della storia medievale… Daniel rimaneva ammaliato tutte le volte, quand’invece pensava che fosse solo Ian quello ad emozionarsi a certe scene.
Erano diciassette anni che faceva avanti e indietro tra il passato e il presente. Quell’arco di tempo era trascorso sia nella realtà che nella storia. Sia lui che Ian avevano varcato la soglia della quarantina, e conti come Granpré stavano per raggiungerli. Non si sentivano vecchi o stanchi, affatto! Solo più maturi, vissuti e cavalieri di Francia ogni giorno di più.
In effetti sono cavaliere anch’io! Sorrise.
La porta della stanza si spalancò di colpo giusto in quell’istante. Quando Daniel si voltò, Ian lo accolse con un’espressione preoccupata in viso.
-Nous avons cherché partout! (1)- disse il cavaliere venendogli incontro a grandi passi.
Daniel gli si avvicinò ancora col sorriso sulle labbra e le mani giunte dietro la schiena, ma non disse nulla.
Ian aggrottò al fronte. –Perché ridi?- domandò cupo, mentre nella stanza compariva alle sue spalle dama Isabeau.
-Madame, siete più bella di quanto ricordassi- s’inchinò Daniel umilmente.
-Monsieur, ci siamo visti solo ieri- assentì confusa la donna, permettendosi comunque di arrossire.
-Daniel, levati quel sorriso dalla faccia, dannazione! Capisci che la questione è seria?!- sibilò Ian, ma ancor prima che l’amico potesse replicare, il Falco proseguì con queste parole:
-Il passaggio con Hyperversum funziona solo se nell’arco di cento metri ci sono anch’io, quindi posso assicurarti che non ho mai lasciato la biblioteca del castello per tutta la settimana. Se qualcuno fosse apparso nella mia stanza durante la notte, o davanti a me o mio figlio durante la lezione, che dici, forse me ne sarei accorto, no? Perciò datti pace, perché tua figlia non è qui- eruppe serio.
Isabeau si avvicinò al marito. –Perché sei così arrabbiato?- domandò flebile.
Ian scoccò un’occhiataccia all’amico, per poi rispondere: -Almeno io ho insegnato ai miei figli un po’ di educazione e rispetto. O vogliamo presentare Ty Hamilton ad Hellionor e farle raccontare “l’esperienza”?- abbassò il tono ugualmente pungente.
-Ian, grazie per la pazienza e l’aiuto, ma Hellionor era semplicemente fuori di casa- mormorò serio Daniel. –La mia è stata una preoccupazione inutile e superficiale, perdonami: non avrei dovuto scomodarti tanto-.
Ian sembrò rasserenarsi tirando un gran sospiro di sollievo. –Hai ragione, ma scusami tu per questa scenata. Sono solo un po’ infastidito dal fatto che per colpa tua abbia dovuto rimandare la battuta di caccia da Etienne- blaterò.
-Battuta di caccia?- chiesero assieme Isabeau e Daniel, guardando Ian con eguale stupore.
Il cavaliere guardò prima uno, poi l’altra. –Pensavo di avervene parlato ieri a cena…-.
-Ieri a cena io non c’ero- si difese Daniel. –Non è che stai cominciando a perdere colpi?- ridacchiò.
Ian gonfiò il petto e irrigidì le spalle. –Vogliamo parlare di te? Sono diciassette anni che continuo a ripeterti quanto sarebbe utile chiudere a chiave quel maledetto ufficio!-.
-Che fai, ti offendi?- lo canzonò Daniel.
-Basta, monsieurs, vi prego- rise Isabeau frapponendosi tra i due. –Se la figlia di monsieur Daniel non corre alcun rischio, non c’è motivo di mostrare tanta scortesia- accordò con gioia.
Dilungò un certo silenzio, poi Daniel si rivolse all’amico.
-L’invito di Sancerre è ancora valido?- chiese.
-Sei interessato?- si stupì Ian.
-Non io! Era per te- eruppe Daniel.
-In tal caso, penso di sì- assentì il cavaliere guardando la moglie. –Ti andrebbe di venire con me e Marc?- domandò ad Isabeau.
La donna ci pensò un istante. –Credo che per questa volta dovrai portare i saluti a monsieur Etienne da parte mia- pronunciò affitta. –Desidero accertarmi di persona che Michel sconti tutto il castigo-.
Daniel si preoccupò all’istante. –Che è successo mentre non c’ero?- formulò accigliato.
Ian gli rispose con una nota amara e severa nella voce adulta: -Quel ragazzino ha il brutto vizio fare troppo di testa propria-.
-Mi ricorda tanto qualcuno- si beffò Daniel.
-Monsieur Henri è rimasto poco contento della sua condotta- intervenne Isabeau amareggiata quanto il marito.
Daniel s’immaginò il trentasettenne Henri de Granpré accompagnato dal giovane Michel come suo scudiero. –Che ha combinato?-.
-Niente che una mente moderna come la tua possa comprendere- lo rasserenò Ian con un sorriso posandogli le mani sulle spalle. –Ma sarei molto onorato se per l’occasione venissi anche tu- aggiunse.
-Sono io quello onorato, qui dentro- obbiettò Daniel. –L’idea di mettermi in sella ad un cavallo inseguendo volpi e selvaggina in mezzo al bosco si prospetta tutt’altro che allettante-.
-Sei proprio invecchiato!- lo rintronò Ian.
Daniel gli scoccò un’occhiataccia, ma nel contempo gli sfuggì un sorriso. –Hai un capello bianco- disse.
Ian si allarmò. –Dove?!- e guardò Isabeau così che lei potesse confermare.
-Solo uno?- ridacchiò la donna, di comune accordo con l’amico del Falco.
-Ma questa è una congiura…- borbottò Ian lasciando la stanza, seguito dalle risate divertite della dama e l’amico.

Un mese dopo…

-Spegni quel maledetto computer e vieni qui, idiota!- sbottò Hellionor afferrando la prima cosa che le capitò tra le mani e lanciandola addosso al ragazzo. Gabriel si tolse il casco con visore dagli occhi giusto in tempo per vedersi arrivare in fronte la sua agenda.
-Vuoi passare l’anno, o vivere su quella sedia tutta la vita?!- aggiunse lei abbozzando una mappa concettuale di studi su un foglio bianco, che successivamente il suo “scolaro” avrebbe compilato.
-Arrivo, prof- scherzò lui.
Hellionor si voltò e fece per lanciargli qualcos’altro.
-Va bene, va bene!- Gabriel scoppiò dalle risate e mise in pausa il sistema di gioco, sul quale comparve un’icona fluttuante a forma di mela. Si alzò da davanti la scrivania e andò a sedersi sul suo letto, accanto alla ragazza che era circondata di libri e quaderni con appunti e fogli vari. Erano a casa di lui, nella sua bella cameretta singola tappezzata di poster metallari e simboli anarchici.
-Scusa, ma stavo per uccidere Attila, capisci?- pronunciò orgoglioso.
-Pure mio padre gioca con quella cazzata- borbottò lei.
Gabriel sgranò gli occhi. –Non ci credo!-.
-Ti giuro. Sta le ore davanti al computer, dice per lavoro, ma mamma ogni tanto mi racconta delle sue partite. Fortunatamente a me quel gioco non piace, perché proprio non ci tengo a farmi fottere il cervello da quella droga…-.
-Guarda che è divertentissimo, una volta dovresti provare-.
-I miei non vogliono-.
-E perché, scusa?-.
-Intanto sono pienamente d’accordo con loro. E come seconda cosa… non vogliono e basta, dicono che è stupido e pericoloso per il cervello, ed io ci credo-. E a quanto pare hanno ragione, aggiunse con il pensiero rivolto all’amico. Guarda come sei ridotto… Gabriel scoppiò in una bolla la gomma da masticare che aveva in bocca.
La ragazza sospirò e si rimise a scrivere con una smorfia. -Voglio vedere quando sarai tu a dovermi preparare gli omogeneizzati di matematica- brontolò affondando con rabbia la penna sulla carta.
-Omoche?- chiese confuso.
-Il fatto che tu non sappia cosa sono gli omogeneizzati non mi stupisce- ridacchiò lei. Tua madre deve essersi dimenticata di darti un po’ di vitamine al cervello!
Il ragazzo si strinse nelle spalle. –Se parli di quella robetta appiccicosa che si da ai bambini, a me piace. Una volta ne ho assaggiato uno, sai, di mio cugino che ha due anni-.
-Questo spiega molte cose- continuò a ridere lei. Si vede che si è dimenticata di smettere di dartelo, piuttosto! –Forza, allora- gli porse il foglio sul quale aveva disegnato lo schema. –Riempi i campi in base a quello che ti ho spiegato sulla Corte Francese del XIII secolo. E spicciati- lo ammonì, -perché dobbiamo recuperare anche tutti gli appunti sulla Crociata Albigese-.
-Anche?!-.
-Che fai quella faccia stupita? Tanto non sai nemmeno di cosa sto parlando! Un argomento alla volta, a piccoli passi, possiamo farcela, vedrai- gli sorrise.
Gabriel afferrò il foglio da compilare e prese a mordicchiare la matita, avendo dubbi già dal primo riquadro.
Hellionor lo guardò in silenzio giusto un minuto, poi si scocciò, ed esasperata aprì il libro di storia alla pagina sull’argomento. –Leggi!- eruppe sbattendoglielo in faccia. –Ad alta voce- aggiunse.
Gabriel posò il foglio e si schiarì la gola. -Quarto figlio di Luigi VIII e di Bianca di Castiglia, Luigi il Santo succedette al padre nel 1226, essendo già morti i tre fratelli maggiori. Il dodicenne sovrano mosse i suoi primi passi sotto l'egida della madre, che per alcuni anni assicurò con decisione la reggenza. Dopo l'improvvisa morte del padre, infatti, Luigi venne rapidamente armato cavaliere e consacrato re, appena in tempo per affrontare la rivolta dell'aristocrazia ostile alla reggenza della straniera regina-madre. Bianca, infatti, era spagnola. Continuo?-.
-E me lo chiedi?-.
Il ragazzo sbuffò e riacchiappò il segno.
La lezione di storia andò avanti tutto il pomeriggio. Nonostante nella stanza di Hellionor ci fosse il ventilatore acceso e a tutta birra, si crepava di caldo. Phoenix non era mai stata più torrida. Gabriel aveva proposto di andare a fare lezione in giardino, ma poi, appena aperta la finestra, la temperatura era come raddoppiata. La ragazza fu costretta a stare in canottiera e pantaloncini, gli stessi con cui il sabato mattina andava a fare un giretto del quartiere di corsa, tanto per tenersi in forma, e che indossava sotto ai jeans. Aveva fatto tappa a casa di Gabriel come stabilito dalle lezioni che si era offerta di dargli quell’estate, dato che nessuna delle famiglie dei ragazzi avrebbe lasciato l’Arizona per altri luoghi, causa lavoro. Hellionor aveva portato con sé i suoi appunti e i suoi libri del corso di storia, assieme ad un quaderno bianco nel caso che Gabriel si fosse deciso ad insegnarle un po’ di matematica come si deve.
Le occhiate interessate di Gabriel su di lei piuttosto che sul libro si erano fatte sempre più frequenti, e la ragazza non poteva fare a meno di accorgersene. Cominciava a darle fastidio che il suo ripetente la mangiasse con gli occhi invece di concentrarsi sullo studio.

La lezione del giorno dopo si tenne a casa Freeland.
Gabriel si fece trovare sulla soglia di casa già a buon ora del mattino, armato del quadernone di appunti che la ragazza gli aveva dato in prestito, affinché gli desse un’occhiata quella sera. Suonò il campanello, e Skip cominciò subito ad abbaiare come un pazzo.
Ad aprire la porta fu Jodie, in procinto di avviarsi a lavoro. Nella mano aveva già le chiavi della macchina e a tracolla la borsa con gli effetti personali.
-Salve signora Freeland- salutò lui garbatamente.
-Ah, Gabriel, sei arrivato. Entra- pronunciò cordiale la donna scambiandosi di posto col ragazzo. Quando Gabriel fu in casa e Jodie sul tappetino d’ingresso, chiamò la figlia a gran voce avvertendo dell’ospite giunto.
-Arrivo!- rispose Hellionor dal piano di sopra.
Jodie tolse l’allarme dalla macchina pigiando sul telecomandino legato alle chiavi. –Mio marito lavora a casa oggi e non vuole essere disturbato, perciò fate i bravi- disse aprendo la portiera.
Hellionor scese le scale di corsa e comparve sulla soglia di casa giusto in tempo per salutare con un bacio la madre. Jodie si soffermò a bisbigliarle qualcosa all’orecchio, ma la riposta della ragazza fu un’espressione imbarazzata e indignata. Dopodiché la signora Freelland mise in moto e sparì nel viale alberato.
Hellionor richiuse la porta e accompagnò l’ospite sino nella sua stanza. –Perdona il disordine, è abituale di questi giorni. Sai, non avendo molto a cui badare… prima avevo la scuola che, come dire… restringeva il campo- ridacchiò lei nervosamente, scomoda di dover mostrare la propria camera al ragazzo che sapeva averle tentate tutte pur di farsi piacere a lei.
Gabriel mosse un passo alla volta e posò i libri sulla scrivania. –Dov’è il tuo computer?- chiese confuso.
-Papà l’ha portato a riparare- lo informò lei dondolandosi sui talloni. –Perché?- domandò subito dopo.
Gabriel fece scivolare lo zaino dalle sue spalle al letto. Aprì una taschina laterale e mostrò un dischetto lucido. –Ti avevo portato una cosa-.
-Che cos’è?- la ragazza scattò verso di lui e gli tolse il dischetto dalle mani, rigirandoselo nelle proprie.
-Un software per Hyperversum- spiegò Gabriel. –Uno scenario per l’ambientazione- aggiunse.
-Guarda che mio padre ce l’ha già, te l’ho detto- eruppe lei seria in volto.
-Lo so, ma il programma è una cosa, lo scenario un’altra. Quest’ultima è personalizzabile, ed io ho creato la mia-.
-In base a cosa, scusa?-.
-La Corte Francese del XIII secolo- pronunciò con orgoglio.
Hellionor sgranò gli occhi e guardò ammaliata il dischetto tra le sue dita.
-Eh, già- sospirò Gabriel, e mentre allargava la cerniera dello zaino per mostrare una coppia di caschi e di guanti in fibra ottica al suo interno, aggiunse: -E pensare che sono stato tutta la notte a compilare i parametri. Che peccato che non possiamo giocarci- scosse la testa.
-Mi spiace- disse Hellionor con freddezza restituendogli il dischetto. –Il mio è momentaneamente assente e mio padre sta lavorando, ed essendo questi gli unici computer che abbiamo in casa, credo che dovremo accontentarci dei buon vecchi libri- arrise lei con una smorfia.
-Di’ la verità: un po’ ti dispiace, e secondo me tuo padre sta giocando invece di lavorare- ridacchiò.
Hellionor si strinse nelle spalle. –Se anche fosse, non voglio impicciarmi. Forza, allora: a lavoro- annunciò afferrando il libro e lanciandosi seduta sul letto. –Metti via quella roba e sistemati comodo- ordinò sfogliando le pagine fino al capitolo prescritto. –Vediamo cos’hai imparato ‘sta notte- si beffò allegra.
Gabriel sbuffò e gettò lo zaino con i guanti, i caschi e il dischetto da una parte. Poi si sedé di fronte alla ragazza schiarendosi la gola e sentendosi la bocca improvvisamente impastata dall’emozione dell’interrogazione.
Skip passeggiava da una parte all’altra della stanza cercando un comodo posticino dove schiacciare un pisolino. Rintracciata la cuccia imbottita che Hellionor aveva nella sua stanza, si sistemò lì e si addormentò nel lasso di pochi minuti.
Le prime ore trascorsero tranquille.

D’un tratto si udirono dei passi nel corridoio e il vecchio Skip, dormiente nella sua cuccia, non se ne accorse subito; tantomeno i due del tutto presi dallo studio. La porta si aprì.

-Helly io vado. Fai uno squillo a Jodie e dille che ‘sta sera la passo a prendere io- nella stanza entrò il padre della ragazza che, nel trovarsi di fronte sua figlia accanto ad un baldo giovane che probabilmente incontrava per la prima volta, rimase non poco stupito.
-Buon dì, signor Freeland- esordì Gabriel.
-Papà lui è Gabriel. Te ne ho parlato, no?- lo precedette Hellionor prima che suo padre potesse farsi i suoi spregevoli e protettivi filmati mentali.
-Ah, Gabriel!- sobbalzò Daniel. Mosse un passo avanti e allungò la mano verso l’ospite, che gliela strinse con un sorriso. –Lo storico pigro…- brontolò l’uomo, ma la figlia lo fulminò con un’occhiataccia. –Molto piacere. So che in cambio delle lezioncine darai a mia figlia qualche ripasso di matematica. Vedi di mantenere la parola-.
-Ho giurato sulla mia testa, signore- scherzò il giovane.
-Ottimo, ottimo…- farfugliò Daniel. Tornò a rivolgersi alla figlia. –Ti lascio in custodia la casa e Skip. Dagli da mangiare, io torno ‘sta sera tardi- disse.
Hellionor annuì con una risata. –Fa’ con calma, non preoccuparti-.
-Arrivederci signor Freeland- salutò Gabriel.
-Piccola, al mio rientro voglio trovarti a letto- pronunciò allegro. –Da sola- aggiunse più severo scoccando un’occhiata eloquente all’ospite.
-Papà!- Hellionor scattò in piedi e spinse il padre fuori dalla sua stanza. –Sei peggio di mamma, in certe cose…- sibilò quando furono soli in corridoio.
-Ho fatto qualcosa di male al di fuori del mio dovere di genitore?- chiese Daniel.
-Tu prendi troppo alla lettera quel maledetto manuale del bravo genitore!- eruppe Hellionor accompagnandolo all’ingresso.

Rientrata in stanza, trovò l’amico seduto alla scrivania vuota e chino sui libri.
La temperatura cominciava ad alzarsi man a mano che si avvicinava il mezzogiorno. Gabriel fu incaricato di accendere il ventilatore e lo sparò a tutta birra sul letto, ma ciò provocò un turbine che spazzò per aria la gran parte degli appunti e dei fogli con gli schemi di Hellionor. La ragazza saltò sul letto e cercò di recuperarne alcuni gridando: -Spegnilo! Spegnilo!-.
Gabriel sembrava divertirsi, perché rideva come un matto e non spegneva mica il ventilatore, anzi! Indirizzava i fogli più in alto.
Freeland smontò dal materasso e si rimboccò le maniche pronta a menare se necessario, ma Gabriel cominciò a scappare per la stanza come una femminuccia, e ridendo come un idiota.
-Dai, smettila!- ridacchiava Hellionor.
Gabriel alla fine cedette e, aiutando la ragazza a raccogliere i fogli, continuò a ridere sotto i baffi.
-Sei un caso disperato- blaterò Helly. –Ma sei così anche in classe?- domandò.
-Sì- rispose lui, e sembrò vantarsene.
-Povere le tue professoresse- commentò lei.
Lo studio riprese tranquillo così com’era iniziato per qualche ora, fin quando i primi crampi allo stomaco per la fame non cominciarono a farsi sentire.
-Ehi, dove vai?- chiese Gabriel nel vederla alzarsi dal letto senza una parola.
Hellionor tacque e mosse alcuni passi verso la porta. Si fermò e gli rispose mentre posava la mano sulla maniglia. –Hai fame? Vado a preparare qualcosa da mangiare-.
-Guarda, tra poco devo tornare a casa. Ho detto ai miei che sarei rientrato per pranzo. Comunque se stai pensando ad una merenda di metà mattina, buona idea!- arrise lui.
-D’accordo, ma tu continua!- lo sgridò lasciando aperta la porta alle sue spalle. Traversò il corridoio e giunse sulle scale che Skip le veniva incontro di corsa abbaiando.
-No, non te la do la pappa, mi spiace- borbottò la ragazza ferma sul pianerottolo. Si chinò a grattarlo dietro le orecchie. –Mamma ti ha lasciato la ciotola piena ‘sta mattina e se l’hai svuotata in tre secondi, non è un problema mio. Manca ancora un po’ all’ora di cena, vecchiotto- rise.
Il cane tirò indietro le orecchie e andò a stendersi sul divano, sapendo che la padrona più indulgente ben glielo permetteva.

Di ritorno dalla cucina con un vassoio di acqua e biscotti per la merenda, uno dei quali Hellionor aveva già in bocca, aprì la porta della stanza di spalle. Trovò la camera vuota e per un attimo credé che Gabriel potesse essersi suicidato buttandosi dalla finestra, che di fatti era aperta.
La ragazza posò il vassoio sulla scrivania e, levandosi il biscotto di bocca, chiamò l’amico più volte, ma questi non gli rispose. –Se ti sei nascosto, non è divertente!- sbottò Hellionor frugando dietro la porta, nell’armadio e dietro le tende. –Gabriel, dannazione, esci fuori!- strillò, ma si arrese in fretta al pensiero che il suo amico potesse essere semplicemente in bagno.
Sospirò e rilassò le spalle, preda del costante terrore che quel ragazzo aspettasse solo il momento migliore per saltarle addosso. Uscì dalla stanza rifacendosi la coda e lanciò un’occhiata al bagno lì accanto, ma vedendo la porta aperta e la luce spenta all’interno, scartò anche quell’evenienza.
-Ma dove diavolo…- e poi vide.
La porta dello studio di suo padre era leggermente socchiusa, e dall’interno proveniva una luce che la ragazza aveva imparato a riconoscere. Man a mano che si avvicinava, riuscì a sentire un sottofondo di musica elettronica con toni medievali, e da quel punto in avanti non ci furono ulteriori dubbi.
-Gabriel!- la ragazza piombò nell’ufficio gridando il suo nome.
Sorprese il ragazzo seduto sulla poltrona dietro la scrivania, con indosso il casco e i guanti. Sobbalzò e si guardò attorno sperduto, e solo allora si accorse di essere stato chiamato nel mondo reale e non in quello del gioco. Si tolse il casco, ma Hellionor era già al suo fianco mettendo le mani scuramente dove non avrebbe dovuto.
-Si può sapere come ti viene in mentesi toccare il computer di mio padre?!- strillò furibonda pretendendo il mouse e cliccando la voce di uscita dal menù di pausa che era comparso nel momento in cui Gabriel aveva bloccato il gioco.
-No, aspetta, così fai un casino! Cazzo, fermati!- il ragazzo le strinse i polsi costringendola ad allontanarsi e, alzandosi dalla sedia, spinse indietro l'amica. –Hellionor, calmati!- eruppe.
La ragazza guardava ora lui poi il desktop del computer. –Come hai fatto? Come sapevi la password?- chiese con sgomento infinito.
-Tuo padre ha lasciato tutto acceso quando è uscito- confessò Gabriel scostandosi da lei e rimettendosi seduto. Scansando guanti e casco da una parte della scrivania, prese il controllo di mouse e tastiera riparando al danno fatto dall’amica.
-Questo non ti autorizza a…!- fece per obbiettare, ma Gabriel la precedette.
-Sì, scusa, hai ragione, perdonami! Ma quando mi sono accorto che il computer era acceso, la tentazione era troppa! All’inizio, lo ammetto, volevo solo provare il mio scenario dato che non ne ho avuta occasione, avendolo ultimato solo ‘sta mattina prima di uscire. Appena mi sono seduto, invece, ho rintracciato il caricamento di una partita già iniziata, e be’, Helly! Lo scenario di tuo padre è incredibile! Grandioso, spettacolare! Devi assolutamente vedere!-.
La ragazza scosse la testa. –No, Gabriel, tu non capisci! I miei mi ammazzano se…-.
-E dai! È solo una partita, un gioco! Cosa vuoi che succeda?- le sorrise affabile.
Il suo amico era al settimo cielo, ma Hellionor aveva cominciato a torturarsi l’unghia del pollice nervosamente. Non le piaceva l’idea di usare il PC di suo padre, disubbidendo così a ben due dei comandamenti di casa: 1. non entrare nello studio. 2. non giocare ad Hyperversum.
Solo niente telefono, amiche e piedi fuori di casa per tutto il resto dell’estate! Già, cosa vuoi che succeda?! sbuffò la ragazza.
-E va bene- si arrese alla fine. –Ma una vita sola, non voglio nemmeno aspettare il game over, chiaro?- proruppe afferrando una sedia e sistemandola vicino alla poltrona dove sedeva l’amico.
-Chiarissimo. Tieni- Gabriel le porse guanti e casco. –Vedrai, non te ne pentirai- disse sorridendo emozionato e in modo sincero, mentre guardava la ragazza prepararsi.


(1) Nous avons cherché partout!: Abbiamo cercato dappertutto!


   
 
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