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Autore: Kimmy_90    20/01/2010    6 recensioni
Estratto da " 5. Accettazione ."
[ Rimase allibita ed estasiata ad ascoltare due labbra sottili e surreali lievemente posate sulle sue.
   Più per caso che per intenzione.
     Più per follia che per attrazione.
C'era una parte di lei con cui era in conflitto, eppure in amore. E questa parte di lei le si presentava come un ragazzo dalla pelle morbida e setosa, inventato da lei stessa anni prima.
Era una cosa malsana.
Lo sapeva.
     Era andata definitivamente fuori di testa.
]
Lei è una ragazza apparentemente calma e tranquilla.
Lui è un casinista.
Lei tende ad evitare i problemi, è remissiva, cerca il dialogo.
Lui è superbo e sprezzante.
Lei è moderatamente bassa, lui è alto; lei è acqua e sapone, lui si trucca pesantemente; lei beve, lui è astemio; lei non fuma, lui si fa le canne; lei ha gli occhi grigi, lui neri; lei segue i suoi ideali... bhe, lui anche.
Il problema, sostanzialmente, è che sono la stessa persona.
Genere: Sovrannaturale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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5. Accettazione.




5. Accettazione.



Manuel la fissò negli occhi, le gote gonfie d'aria, le sopracciglia levate a corrugare la fronte spaziosa.
Lei manteneva un muso ch'era tutto un grugno e fastidio.
"La vuoi smettere di fare l'idiota, dai!"
Il ragazzo sgonfiò la bocca in un fischio acuto, mentre faceva cadere la testa in avanti.
Aria si lasciò scappare una risata, e poi schioccò con la lingua sul palato, in uno 'TSK' fortemente infastidito. Se c'era una cosa che odiava, era quando la facevano ridere - e lei, invece, era di tutt'altro umore.
"Volevo solo tirarti un po' su, scusa"
"Sai che è una cosa che Detesto." grugnì lei, scivolando sulla seda del FastFood.
Manuel si schiaffò metà hamburger in bocca, iniziando a parlare molto prima di aver mandato giù tutto il boccone. 
"Dunque" fece, cercando di non soffocarsi. "Secondo me, dovresti trovarti un ragazzo."
Aria aggrottò le sopracciglia, fissandolo torvo.
"Ok, cioè, sì, insomma dai, sai che non sono bravo a dar consigli, però... cazzo, non so proprio che fare in 'ste situazioni."
Lei si sgonfiò.
"Scusami, forse è colpa mia. Non avrei dovuto chiamarti se tanto poi non mi lascio aiutare. Non sei certo il primo che mi dice che dovrei trovarmi qualcuno. Mph. Neanche fossimo al supermercato."
Lui ridacchiò. "So benissimo che detesti pensarla in questo modo, però, insomma... un po' è così." 
Lei incrociò le braccia al petto e sprofondò nella sedia.
Hera sedeva al tavolo accanto a loro, apparentemente intento a bere un frappè. Gli occhi neri scivolavano ogni tanto verso Aria, ma per il resto rimaneva silente e in disparte.
"In tal caso, non ho soldi."
Manuel fece un 'mph' sinceramente divertito, per poi avventarsi sulla sua bibita. "Trovati un lavoretto" rispose, con naturalezza.
"Ah - ah - ah."
Aria vide con la coda dell'occhio Hera poggiare il bicchierone del frappè ed andare ad osservarla con aria di rimprovero.
Fantastico.
Adesso si faceva pure giudicare dai suoi amichetti immaginari. Che comparivano e scomparivano quando girava loro, in maniera del tutto casuale. Per quello che la riguardava, poteva essere benissimo che, una volta tornata a guardare Manuel, Hera svanisse nel nulla. A dire il vero, Aria non aveva ancora capito in quale preciso istante si era materializzato nel locale.
"Mi spiace, Manuel, non avrei dovuto rubarti ad Ella per pranzo. Sono sicura che sarà incazzata come una mina. Dille che è colpa mia e via."
Lui fece spallucce. "Lascia stare, dai, non è mica tipo nulla di preoccupante se, no, per un giorno mi dedico alla mia migliore amica e non alla mia ragazza - che è migliore amica della mia, quindi... cioè. Piuttosto, sai cosa, insomma, penso che si incazzerà con me perchè tipo hai parlato con me e non con lei, tipo. Capace di farlo."
"E' solo che tu mi hai conosciuta in modalità Single molto meglio di lei, che mi ha presa quando già sbavavo su quel coglione di Lucas"
      "Oh, figo, adesso è diventato un coglione! Mi piace." commentò Hera, voltandosi leggermente verso i due con sguardo vagamente ebete.
"Mettiamola così - cioè: se Lucas per te è diventato un coglione, sei già alla fase due del lutto, no?" fece Manuel, cercando di articolare con discreto successo.
      "'Sto uomo ha capito tutto di te - ottima scelta." Continuò Hera "Come amico, intendo. So che su di lui non sei capace di fare nemmeno un bozzetto di pensiero erotico." 
Aria si voltò verso Hera: sebbene i suoi movimenti fossero immaginari, per un minimo istante, lontanamente percepito da Manuel, fu assente.
      "Io non ho capito una mazza, invece" rispose acida a quello, arricciando le labbra. "E lascia perdere i miei pensieri erotici"
      "Seh, seh. Come vuoi." Hera tornò ad attaccarsi alla cannuccia del frappè, facendo un cenno del capo in direzione di Manuel.
L'attenzione di Aria tornò alla realtà.
"La fase due del lutto?" domandò, perplessa.
"Rabbia!" fece il rasta, sporgendosi in avanti, verso Aria. "Cioè, insomma, prima eri depressa, ti sei tappata in casa e tutte quelle cose lì... fase uno, no? Così ti sei tipo evoluta un po', no? Quindi è tipo un miglioramento, che va bene. Quindi bene. Bene, no?"
Lei lo osservò di sottecchi. "Manuel, sul serio, ti ringrazio moltissimo per il tentativo, ma la depressione è al quarto posto - e in mezzo c'è la contrattazione, che è al terzo. Non credo che mettermi a contrattare sia una cosa furba."
Manuel la guardò assorto nei suoi pensieri per qualche istante, e poi ricadde sulla sedia, svuotato.
"Cazzo, hai fottutamente ragione - non torna un boia di niente, così. Merda."
      "Ti diverti a rovinare i colpi di genio dei tuoi amici? Sta cercando di aiutarti, Aria" la rimproverò Hera.
      "Scusa, mister sono qui per te ma per ora mi limito a complicarti la vita. Mi lasci in pace? Un secondo solo?"
Hera tornò a tirare su il frappè dalla cannuccia, rumorosamente.
      "Ti ho lasciata in pace per più di un giorno, ma evidentemente non te ne sei nemmeno resa conto" fece lui, con un accenno di fastidio nella voce improvvisamente piatta.
      "Oddio, non dirmi che te la sei presa, adesso. Ti rendi conto che è il colmo, vero? Dai, guardaci - siamo patetici."
Lui la fissò negli occhi, il volto duro, il capo voltato verso di lei mentre ancora sedeva scomposto al tavolo. Le labbra sottili erano immobili, come ogni suo singolo muscolo.
      "TU sei patetica." Sottolineò il ragazzo, mantenendo quella posizione statica e traspirante rancore. 
Rancore, ecco. Qualcosa che le esplose improvvisamente dentro: rancore; non suo, ma ricevuto. Il rancore di Hera, probabilmente. Anche se pareva non avere alcun motivo di provare rancore nei suoi confronti - senza calcolare il paradosso per cui Hera e lei erano la stessa persona. Non riusciva a capire assolutamente cosa passasse per la mente del ragazzo immaginario. Perchè mutasse improvvisamente atteggiamento - perchè, in particolare, ogni tanto se la prendeva con lei.
L'immagine di Manuel tornò ad occupare la sua vista e la sua mente.
"Bha, mi spiace" fece l'amico, scuotendo la testa carica di dreadlocks. "Sono proprio una frana."
Hera pareva scomparso.
Aria sorrise dolcemente, espirando.
"No, Manu, non stare a preoccuparti. Sto cercando di superare la cosa. L'ho quasi superata, penso. Almeno, finchè Lucas non ricomparirà dal nulla. Ma se rimane dall'altra parte del continente, non ho troppi problemi."
"Ti avvertirò quando compare, allora" fece lui, raggiante e carico di buone intenzioni. "Sai, penso che... tipo, secondo me, la cosa migliore è se gli tipo parli. Non tipo 'parliamone', cioè, di cosa è successo - cazzo, no. Dico, se tipo ci parli come persona e... e tipo scopri che è una persona tipo una qualsiasi, ecco. Che non vale più un penny. Non è che c'hai da ammazzare i fantasmi, per liberartene. Basta farli scomparire, penso."
Aria chinò lo sguardo, pensosa.
"Mh. ... già."
Calò il silenzio, lei intenta a rimurginare pensieri stantii, lui con lo sguardo perso in aria - a fissare il vuoto.
Basta far scomparire i fantasmi, pensò Aria.
Lucas era il suo problema, in teoria. Ma Hera era la concretizzazione dei suoi problemi.
Non era Lucas il guaio. Lucas era un fastidio, quando ripensava alle sere passate avvinghiati sul letto, quando ne sentiva il profumo, quando la sua voce profonda richiamava tutte le sue attenzione ed i suoi istinti.
Bastava così poco, pensò.
Ma adesso Lucas non c'era - fosse successo quello che fosse successo. Adesso Hera la perseguitava. A meno che non fosse svanito per sempre, ovvio.
"Ohu - ohu - ohu - c'ho un'idea!" esplose Manuel, destandola dalle sue riflessioni.
Lei sollevò lo sguardo "Cioè?" domandò, sollevando un sopracciglio perplesso.
"Te l'ho detto che tipo mio pa' mi vuole da lui 'sto weekend o quello dopo, boh, uno dei due tipo, che deve sistemar due robe. Tipo vieni con me, dai! Un bel viaggio e via. Così vedi Lucas e ci parli - facile, no? Tanto il college dove va lui è appiccicato."
Ad Aria la sola idea fece prendere un colpo. "No, no, no, tu sei fuori. Cosa vuoi, che vado dal mio ex a parlargli? Quando sicuro c'è la tipa che si scopa a meno di un chilometro di distanza? Cosa son, cerebrolesa?"
"Cazzo, dai, prendi sempre le cose tutte così. Mica è vietato andare dall'ex!"
"Penserà che sono un'idiota, dai! Ma ti rendi conto? Mica siamo in buoni rapporti! Essì che è vietato, dai!"
"Ma chiccazzosenefrega di cosa pensa, dai, cazzo. Ormai non hai più niente a che fare con lui, quindi che ti interessa cosa pensa? Lo fai per te e basta, il resto a fanculo."
Più Manuel si agitava, più il suo lessico peggiorava. 
E Aria vedeva che Manuel era agitato - agitato per lei. Sì, cercava di aiutarla.
Sì, era suo amico per questo.
Sì, era il suo migliore amico esattamente per questo. E perchè, indipendentemente dalla funzionalità dei consigli, faceva sempre di tutto per darle i migliori che avesse.
Ciò nonostante, non era convinta.
E da un lato la cosa non la convinceva, e dall'altro la infastidiva non essere convinta di un'idea di Manuel, che tentava di venire in suo soccorso.
"Va bene, ci penserò."
Quello sorrise raggiante. 
Aria, a sua volta, imbastì un sorriso largo e dolce verso l'amico entusiasta.


***


"Che tu non abbia grande intenzione di andare con Manuel e di vedere Lucas - dirtelo, suppongo, è fiato sprecato. Sbaglio?"
Aria si prese il volto fra le mani, cercando di non disperare troppo. Davanti a se' aveva una stupida natura morta da finire, esattamente quel tipo di dipinti (acquarello, per la precisione) che odiava. 
Ed ora Hera rifaceva la sua magica apparizione.
"Primo, tu non hai fiato." chiosò lei. "Secondo" continuò "pensavo fossi incazzato con me. E non era male, come idea."
Lui scese dalla scrivania - uno dei posti ove privilegiava sostare, assieme al letto. Sigaretta accesa in mano, tirò a pieni polmoni il fumo fasullo.
"Se vuoi davvero che me ne vada, scompaio. Non ci metto molto, sai. Rimango una tua produzione, nulla di troppo reale e indipendente." rispose lui, vagamente infastidito. 
Si avvicinò al foglio su cui stava lavorando, prendendolo in mano ed osservandolo con saccenza. 
"Vedi" fece infine, riappoggiandolo senza troppi riguardi sulla scrivania "stai facendo uno schifo. Non riesci nemmeno più a dipingere seriamente."
"Ah, e fammi indovinare: dovrei ritirare fuori il tuo ritratto? Così da poter 'guarire'?"
"No" espirò lui, sbattendosi sul letto. 
Tacque.
La fissava interessato, come fosse un oggetto di studio. Aria non sopportava quell'atteggiamento, e distolse lo sguardo.
"Che carina, fa la preziosa" canzonò lui, dopo un po' che lei manteneva gli occhi sul muro. "Potrei quasi darti cinque anni."
"Sei sempre qui per insultare, vero?"
"Vuoi un po' di fumo?"
"Non cambiare argomento."
"Ah, no, scusa, evidentemente tu preferisci il vile alcol."
"Ma allora sei proprio un rompicoglioni! Come cazzo ho fatto a pensare che un personaggio come te potesse funzionare?"
Lui fece spallucce. "Forse eri ubriaca."
Le labbra di Aria erano sottili per la rabbia.
Tonnellate di frecciatine, mai un insulto vero, in realtà. 
Esattamente quel tipo di cose per cui non potevi fare niente - non reagire, non mandare definitivamente a fanculo qualcuno.
Certo però che quel qualcuno era immaginario. E allora perchè non rifilargli un bel cazzotto, così, giusto per vedere cosa succede? Non c'erano leggi che impedivano di pestare i propri prodotti mentali. E Aria avrebbe veramente voluto farlo.
Ma non lo fece.
Non era da Aria, dopotutto. 
Deglutì, come se avesse appena ingoiato letteralmente un rospo.
"So cosa vuoi fare, piccola. E - no - non ne sei assolutamente capace."
Hera la osservava con una velatura di divertimento godurioso dietro il volto statico.
"Ma chi cazzo sei tu, eh?" Urlò di colpo, serrando i pugni lungo i fianchi e protendendosi verso il ragazzo.
La sua immagine scomparve, lasciandola improvvisamente sola, tremante, in camera sua.
Dopo un po' di silenzio, la porta si aprì. Kalyee fece capolino dall'apertura minuscola che aveva liberato, osservando perplessa la sorella.
"Esattamente, con chi stai parlando?" domandò, perplessa.
Il volto di Aria si fece allibito.
      "Vedi, piccola" rindondò la voce di Hera nella sua testa. "Mi tratti male, ti tratto male. Mi allontani, ti allontano. In maniera più o meno figurata. E' questione di conseguenze. Ma no, non mi stai mandando via. E non ti aspetterai certo che io sopporti i tuoi atteggiamenti senza rispondere. D'altronde, dovresti sapere meglio di me come sono fatto."
"... niente, devo... aver... esagerato." rispose, assorta e persa, alla sorella.
Kaylee non era esattamente quel che si può definire 'persuasa': "Esagerato cosa?" insistette. Di colpo, parve avere un'illuminazione agghiacciante: "CRISTO, Aria, MICA TIRI DI COCA, VERO? Cazzo conosco gente che fa 'ste stronzate, vanno fuori di testa!"
Aria non seppe cosa rispondere, sussultando. Coca? Ma sua sorella aveva vagamente idea di chi fosse, lei, o la prendeva come una tipa a caso?
"Cosa cazzo ti stai inventando?" sillabò, sinceramente sgomenta ed incredula. "No che non tiro, un cazzo di niente! Ma si può porconare contro il cellulare ogni tanto in santa pace o dev'esserci una sedicenne che si improvvisa assistente sociale e psicologa alla porta accanto, eh!?" sbottò, cercando di mettere insieme un alibi accettabile.
Kaylee rimase allibita dall'acidità di Aria, tanto che non fece troppo caso al fatto che del cellulare non c'era alcuna traccia nelle vicinanze. D'altronde, aveva appena accusato la sorella d'essere una cocainomane. Anche se quelle urla non erano la norma, per Aria, Kayleee trovò la cosa plausibile.
"Scusa" mormorò, calando leggermente lo sguardo. "Ti ho sentita urlare e m'hai fatto venire un colpo, tutto qua. Me ne torno in camera mia, va', Che è meglio."
Si chiuse la porta dietro le spalle, lasciando nuovamente Aria sola.
Sola, con la sua testa.
Si crogiolò nel silenzio della solitudine per un po', sedendosi ai margini del letto.
Si rialzò qualche minuto dopo, con lentezza, sguardo fisso nel vuoto, una volta resasi conto di sentire ancora il respiro di Hera nell'aria.
"Era una vendetta, quella?" domandò lei, con tono basso e tagliente.
"No, piccola. Quella era solo una tua reazione esagerata. Il confine fra realtà e immaginazione si assottiglia, quando inizi ad avere problemi di schizofrenia - credo."
"Non sono schizofrenica." sottolineò lei, acida.
"Magari anche sì" rispose il ragazzo, pacatamente.
I due si fissarono. Hera calmo e serio, Aria con la mascella mezza serrata.
La ragazza socchiuse gli occhi, cercando di fare ordine nella sua testa e nei suoi sentimenti.
Quando li riaprì, l'immagine di Hera era scomparsa. Eppure ne sentiva ancora la presenza.
"Ci stiamo scannando." asserì lei, al vento. Il volume basso della sua voce rasentava il sussurro. Voleva evitare che Kaylee tornasse alla carica. E meno male che era stata lei, ad entrare in camera, e non sua madre. Kaylee era domabile, sua madre iniziava a dar di matto a gratis.
Non giunse risposta.
"E sono patetica." Continuò lei, socchiudendo gli occhi e richiamando il discorso avuto quando era stata a pranzo con Manuel.
"Non voglio farti del male, piccola" disse la voce di Hera, lontana. "Sono qui per aiutarti."
"Mi sembra quasi sia il tuo motto, Hera."

Per la prima volta, l'aveva chiamato per nome.

"Hai definitivamente accettato la mia presenza" fece Hera, interpretando così i pensieri che fluttuavano nella testa della ragazza.
"... già." L'immagine del personaggio tornò davanti ai suoi occhi. " Ho definitivamente accettato di essere andata fuori di testa per una stupida banalità come una storia finita." precisò, cercando di non lasciare fluire le lacrime. "Sono patetica"
Lui le affiancò le labbra all'orecchio, scostandole leggermente i capelli del caschetto. "Non sei patetica. Non adesso."
"E prima? Prima sì, invece?"
"Prima ti rifiutavi di ammettere quello che in realtà già sapevi" rispose lui, tornando a fissarla negli occhi.
Lei rimase in silenzio, osservandolo a sua volta. Controllò lentamente i suoi lineamenti, cercando, quasi con disperazione, qualcosa che non tornasse. Qualcosa che le dicesse che non era quell'Hera che si era immaginata. Che non era solo un'idea della sua testa materializzatasi davanti a lei.
"Cosa sei, Hera?" domandò, la voce sussurrata e rotta da un pianto imminente.
Lui le si avvicinò ancora di più, incombendo leggermente su di lei a causa della forte differenza d'altezza. I capelli multicolori del ragazzo le piombavano addosso, chiudendola in un minuscolo angolo di mondo.
E per quanto non potesse essere reale, ne sentì il respiro sul volto, e il profumo nelle narici.
E per quanto non potesse essere reale, sapeva lontanamente di tabacco bruciato, di notti insonni e di erba bagnata.
Ma non aveva senso.
"Se non lo sai tu, piccola." rispose, portando il dorso della mano alla sua tempia.
"Io dovrei saperlo. Davvero, dovrei. Ma adesso non riesco a vederlo."
Lui espirò, lentamente, senza distogliere un istante le iridi scure dai suoi occhi.
"E' come se fosse bloccato" continuò lei. "Incastrato nella mia testa."
Lui sorrise leggermente.
"E' semplice, piccola." disse, con tono lieve. "Io sono te. Io sono tutto ciò che tu non sei. Io sono le cose che non hai mai osato essere, ma che hai sempre desiderato. Sono la parte di te stessa che ti sei negata, di cui ti sei dovuta privare per forgiare la tua identità: poichè per essere in un certo modo, bisogna rinunciare ad essere in un altro."
Lei socchiuse un isto gli occhi, assimilando. 
Sì.
Lo sapeva. Lo sapeva già da prima.
Forse lo aveva saputo sin dai suoi primi bozzetti di Hera.
"E perchè sei qui, allora?" domandò avanti lei, mentre lasciava che un paio di lacrime le solcassero il viso.
"Per aiutarti, piccola. Perchè se come sei adesso non ce la fai ad andare avanti, allora è il caso di chiedere aiuto a quello che non sei, per poterne uscire."
Lei deglutì, soffocando un singhiozzo.
Essere smontata da se' stessa - da una parte di se' stessa, a sottolineare ogni sua incapacità e fallibilità e fragilità, la distrusse.
"Ma non sono qui per distruggerti, piccola." sottolineò dolcemente lui, avvicinandosi di millimetro in millimetro, rispondendo ai pensieri di Aria.
Lei s'irrigidì di colpo quando si rese conto che la distanza fra loro era scomparsa.
Ma non scappò.
Rimase allibita ed estasiata ad ascoltare due labbra sottili e surreali lievemente posate sulle sue. 
Più per caso che per intenzione.

Più per follia che per attrazione.

C'era una parte di lei con cui era in conflitto, eppure in amore.
E questa parte di lei le si presentava come un ragazzo dalla pelle morbida e setosa, inventato da lei stessa anni prima.
Era una cosa malsana.
Lo sapeva.
Era andata definitivamente fuori di testa.

Davanti a lei non c'era più nulla.
Solo il muro della sua stanza, a qualche metro.
E due righe di lacrime sulle gote affatto arrossate.

"... MERDA."
Di colpo singhiozzò. 
Si sedette sulle sedia, lasciandovisi cadere sopra: occhi sgranati, labbra socchiuse.
Un aroma inesistente ancora fastidiosamente intrappolato nei suoi ricordi alterati.



***

Sam fissava intensamente il foglio, quadrato e plasticato, su cui era impressa l'anteprima della copertina della loro demo.
Storse leggermente le labbra, scrutandone i toni scuri, grigi e opachi, feriti da rossi saturati e densi.
A conti fatti, era decisamente contento che non fosse viola.
Anzi, a dire il vero rispecchiava completamente quello che Secondo Lui era lo spirito della band: graffiante, cupo, potente e dai ritmi melodici.
"Cazzo, questa Sì che è una copertina." concluse, annuendo.
"E con questo siamo a tre su quattro. Ottimo."  rispose Aria, sorridendo e riprendendosi il bozzetto di prova. "Manca solo Liam, e siamo a cavallo."
Almeno una cosa era riuscita a farla.
Questo era molto positivo.
"Cazzo, l'idea di prenderci uno alla volta è fottutamente geniale. Cioè, cazzo, guardaci, siamo come quattro zitelle in menopausa quando decidiamo qualcosa insieme. Una rottura di palle. Mi faccio schifo da solo."
"Sì, infatti non riesco ancora a capire con che logica abbiate messo su un gruppo" commentò lei, risistemando il foglio nella cartelletta. Si scostò dal muretto di cinta dove si erano appoggiati, che divideva l'Accademia dove studiava Aria dal resto della città. "Grazie per essere venuto." Sorrise lui, sollevata dall'avere finalmente concluso qualcosa. 
"Ma che, niente, cazzo, lo stai facendo per noi, figurati se hai pure da ringraziare."
"Sì, sì - intanto quando diventerete schifosamente famosi mi dovrete una bella valanga di diritti."
Lui ridacchiò, divertito "Seh! Hai idea di quanto cazzo si mangiano le case discografiche? I gruppi che sfondano fanno solo finta di esser ricchi, va tutto a quelle cazzo di agenzie dei diritti autori editori, figurati. Sono tutte palle, stronzate montante per far credere alla gente quello che vuole."
Lei fece spallucce. "In tal caso, mi limiterò ad avere il mio nome onnipresente sui libretti dei vostri dischi"
"Fatta!" convenì lui, esibendo due dita a V.
Aria fece per muovere qualche passo in lontananza, ma prima che potesse salutarlo Sam si sollevò a sua volta dal muretto, con un cenno del capo.
"Ohi, che fai sabato sera?"
Lei si voltò a metà, non avendo ancora concluso il primo movimento. "Veramente questo weekend vado con Manuel da suo padre."
Sam levò un sopracciglio, perplesso. "Eh?" domandò poi, apparentemente incapace di articolare altrimenti.
"... qual'è il problema?"
"Cazzo, non starai mica pensando di andare da Lucas, Vero?" chiese il ragazzo, sgomento.
"E a te che te ne frega? Vado solo a farmi un giro." rispose acida.
Sam roteò gli occhi, soffiando. "Tsk. Sei proprio una scema." fece lui, infastidito.
"Fatti gli affari tuoi, Sam. Come la gestisco è una questione mia. Se voglio andare a tirare una sputtanata colossale e memorabile a Lucas, lo faccio. 'Sti cazzi."
Scosse leggermente il capo, e s'incamminò. Sam rimase fermo dov'era, per poi tornare a poggiarsi sul muro, a braccia conserte e intento a sbuffare.


"Una sputtanata colossale e memorabile?" domando Hera, intento a rollare una sigaretta mentre avanzava affianco a lei.
"Ciao anche a te, Hera." rispose la ragazza, continuando a camminare.
"Dai, dai, non raccontarti palle, piccola. Non esiste che tu abbia intenzione di sputtanarlo. Non ne sei capace."
"La differenza sostanziale fra quello che si dice di voler fare e quello che si fa sta esattamente nel Verbo Portante delle due frasi."
Lui gettò la testa indietro, sputando il fumo del primo tiro della sigaretta. "L'importante è non fare casino, no? Nessuno può sapere la differenza fra intenzione e azione di un'altra persona. A meno che non ti conosca particolarmente bene, ovvio. Ad esempio, Denise sarebbe scoppiata a ridere sguaiatamente ad una frase simile."
"Che palle, Hera."
Lui posò il braccio sulle sue spalle, sincronizzando il passo con lei.
"We, sto solo cercando di fare ordine."
Lei mugugnò, andando con lo sguardo al terreno davanti a lei.
"Che tu abbia deciso di affrontare Lucas è un bel passo avanti."
"Già."
"Vedi di ricordarti la differenza fra intenzione e azione, piccola."


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[Nota dell'autrice]
Ok, il genere commedia è stato definitivamente abolito - in quanto da me impossibile da realizzare. Non che ci abbia provato, ma come avrete notato le cose mi sono partite... non dico per la tangente, ma per strade molto più serie. Certo, è sempre una storia fondamentalmente folle, ma folle in maniera seria. 
Ovviamente cado disastrosamente nell'introspettività, che non riesco a non toccare. Insomma, è più forte di me. D'altronde, non affrontare quel lato dell'argomento credo che renderebbe la storia quantomeno superficiale. Ok, una si innamora dell'amico immaginario. E allora? Così, a secco, non ha senso - e a me le cose senza senso danno disastrosamente fastidio.
Vabè, spero che apprezziate.
Se le cose vanno come dovrebbero andare, dovrei rimanere sotto i 15 capitoli. 
E scusate per l'impaginazione, che ha uno stile un po' salterino, fra tonnellate di acapo e asterischi. quando avrò finito riguarderò per dare una struttura omogenea. 


Come sempre, grazie a quelli che seguono e favvano :)
Ovviamente è superfluo che io ci tenga a sottolineare che recensioni di qualunque natura e intento sono fortemente gradite.
Bhe, quelle costruttive un po' di più, ovviamente.


Ah, spero che la storia delle fasi del lutto non sia troppo contorta. Non mi sono messa a spiegarla - un po' perchè, ad essere sincera, non l'ho completamente capita nemmeno io xDDD (non le fasi di lutto in se', ma come compaiono in questa storia). Però penso che siano abbastanza immanenti, tutto sommato. Ne ho viste parecchie comparire e scomparire a caso.
Insomma, l'interpretazione è abbastanza libera, considerato che io stessa mi ritrovo a dover interpretare quello che scrivo xD
ok, son malmessa.



   
 
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