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Autore: Himechan    20/01/2010    2 recensioni
Asso è un egoista.
Asso è nato solo, vive solo e morirà solo.
Solo con il suo cielo infinito.
Lontano dalla terra che tanto ti aveva fatto del male.
Ti rinchiudevi in quel tuo guscio volante, e scappavi via, lontano dai sentimenti, da chi ti aveva ferito, ma anche da chi ti aveva amato e continuava a farlo in silenzio.
§Capitoli I-II: terza classificata e vincitrice Premio giuria al "Le fleurs du Mal contest", indetto da Pagliaccio di Dio§
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Sei il mio volo a metà,
Sei il mio passo nel vuoto

Mango, La rondine



Londra, Febbraio 1939



James Railey rotolò con un gemito dall’altra parte del letto, il respiro affannoso, i folti capelli castani scompigliati.

Rimasero per un po’ in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri, poi lui allungò una mano verso il comodino e si accese una sigaretta.
Lei si girò a fissarlo con occhi pieni di desiderio, la testa appoggiata su una mano, mentre con un dito scorreva lentamente sul profilo perfetto e regolare di lui, ubriacandosi della sua bellezza.
-La smetti di pensare anche dopo che abbiamo fatto l’amore?- mormorò la donna con una risatina maliziosa, rimproverandolo per quella serietà improvvisa.
James era un amante meraviglioso eppure non riusciva mai a togliersi quella continua aria truce e pensosa che lo faceva apparire sempre duro e inarrivabile, anche nei momenti di maggiore intimità.
Si voltò a guardarla alzando un sopracciglio con aria vagamente infastidita mentre aspirava una lunga boccata di fumo -Noi non abbiamo fatto l’amore- ribadì seccato, poi senza dire una parola scalciò le lenzuola e si alzò in piedi al lato del letto, nudo e bellissimo, dando le spalle alla sua amante, cominciando lentamente a rivestirsi.
Il più bel culo di Uxbridge non c’erano dubbi. Lo pensavano tutte quelle che lui si portava a letto da quando aveva diciotto anni. Senza alcuna distinzione.
-E’ stata solamente…uhm…una piacevolissima scopata- ghignò con aria divertita mentre le lanciava con malagrazia i suoi vestiti, gettati nella foga del momento su una sedia.
-Ora però ho da fare quindi alzati e vattene- le disse sgarbatamente con la sigaretta penzolante tra le labbra.
-Mpf, un vero gentiluomo, non c’è che dire- sospirò la donna attorcigliandosi una ciocca di capelli attorno al dito, continuando a fissarlo con occhi languidi.  Del resto la rudezza di James Railey faceva parte del suo fascino innato, del suo carisma, della sua potente carica seduttiva che ogni volta faceva cadere le donne ai suoi piedi come mosche. Ma tutte erano più che consapevoli di questo suo aspetto e anzi, il fatto di andare a letto con un uomo ruvido, passionale, e per nulla romantico come lui era per loro qualcosa di terribilmente eccitante. La maggior parte ci godeva ad essere trattata come una sgualdrina senza dignità.
-Sei pagata per scopare non per fare chiacchiere inutili, Angie- ribatté lui acido spegnendo il mozzicone nel posacenere e infilandosi rapidamente i pantaloni della divisa da libera uscita.
-Randy, mi chiamo Ran-dy!- sbuffò lei alzandosi a sua volta, con sommo dispiacere e facendo rapidamente il giro del letto.
-Sei uno smemorato caro mio- mormorò arricciando il labbro in segno di disappunto.
-Mmh mi aiuteresti ad agganciare il ferretto del reggiseno?- gli chiese poi all’orecchio in tono molto più provocante e lascivo.
Lui si voltò a guardarla dall’alto della sua statura, accigliato, poi però la fece girare rudemente, senza troppe cerimonie, chiudendole con poco garbo il gancio, attirandola a sé con fermezza.
Randy sorrise tra sé e sé mentre James le sfiorava il collo con le labbra, provocandole lenti e piacevolissimi brividi di piacere -Sei carina, sai…Randy- le sussurrò lui assaporando con piccoli morsi la pelle della prostituta che ultimamente gli riscaldava il corpo e il letto quando era in licenza. Sapeva che era proibito portarsi una donna nell’ alloggio privato del quartier generale di Uxbridge, ma il fatto che lui fosse uno dei migliori e dei più rispettati lì dentro, gli permetteva di fare il bello e il cattivo tempo, e di conseguenza, visto che quella era un’abitudine che avevano anche i suoi superiori, nessuno gli aveva mai contestato niente. L’importante era la discrezione e che al momento opportuno tutte quelle allegre donnine che di tanto in tanto si intrufolavano nei letti dei piloti che non si abbassavano a frequentare i bordelli di alto borgo, se ne andassero in silenzio e senza una parola così come erano arrivate, senza creare troppi problemi.
-Detto da te è un complimento lusinghiero!- rise lei gettando la testa all’indietro e girandosi a baciarlo in maniera voluttuosa e ardente. James le prese la testa con foga rispondendo a quel bacio che sapeva di tabacco e passione, poi si staccò con altrettanta violenza -Finisci di vestirti e sparisci- mormorò brusco -Non posso permettermi di ritornare a letto- disse in tono più sarcastico.
-Non puoi o non ce la fai, maggiore?- lo stuzzicò lei passandogli pigramente un dito sui muscoli tesi e guizzanti del torace, fissandolo negli occhi con espressione incredibilmente eccitante.
-Mi sembra di averti dato prova di grande resistenza poco fa- ribatté lui ironico, staccandosi da lei e infilandosi su una maglietta.
A Randy piaceva da impazzire quel suo modo di fare arrogante e prepotente: era una costante di tutti i piloti che aveva frequentato, quella di essere insolenti e dannatamente presuntuosi, ma il maggiore James Railey aveva qualcosa di particolare rispetto agli altri.
Qualcosa in più che le faceva impazzire tutte.
Fare l’amore con lui era un po’ come volare sui suoi fantastici aerei, ed era qualcosa di incredibilmente esaltante, che dava un’adrenalina pazzesca, elettrizzante, stupefacente, che per lunghi istanti ti faceva sentire l’unica donna sulla terra, la più desiderata, la più bella, la migliore, ma che un momento dopo, con la stessa repentinità dell’estasi, quando tutto finiva, ti faceva ritornare sulla terra.
E molto spesso il ritorno era brusco, ruvido, per nulla piacevole.
James Railey non voleva complicazioni.
Era appassionato e incredibilmente intenso persino con una prostituta, ma tutte avevano avuto sempre la sensazione di essere state possedute da quel corpo meraviglioso e perfetto, ma mai dal suo cuore freddo come l’acciaio. Nessuna era mai riuscita a leggere nei suoi occhi inquieti.
Nessuno lo aveva mai voluto.
E lui non lo aveva mai permesso.
Troppo complicato.
Troppo compromettente per un tipo pratico e istintivo come lui.
-Ehi! Ridammi la piastrina!- sbottò accorgendosi che lei gli aveva sottratto la piastrina di riconoscimento e ora gliela faceva ondeggiare con un sorriso di trionfo di fronte al naso.
-Sì può sapere quando cavolo me l’hai…-
-Mmh potrebbe essere un giochetto interessante. Per questo sono almeno trenta sterline in più- sogghignò Randy con aria di trionfo, vedendo l’impassibile maggiore Railey per la prima volta in difficoltà.
Lui non si separava mai da ciò che lo identificava.
-Piantala Randy, non è divertente!- esclamò assumendo di colpo un’espressione severa -Sono in ritardo- sbuffò poi con un sospiro, alzando gli occhi al cielo.
-Cos’è Jamie? Non hai tempo per un’ altra sveltina? Per caso devi andartene in giro in qualche pub a sbronzarti con i tuoi amici ufficiali?- lo prese in giro lei in un modo che a James non piacque affatto.
-Non chiamarmi in quel modo- le disse in tono secco, severo, strappandole letteralmente dalla mano la piastrina di riconoscimento. E nei suoi occhi per un attimo passò un brillio minaccioso e ostile che la fece rabbrividire.
Lei rimase lievemente spiazzata per quella reazione, ma preferì non replicare evitando di incorrere in qualche improperio velenoso.
-Ehi sta calmo, stavo solo scherzando- replicò lei alzando le spalle, offesa.
Finì di vestirsi in silenzio, e prima di andarsene, mentre prendeva i soldi che James aveva lasciato sulla sua scrivania, gli lanciò una lunga occhiata carica di compassione.
-Trovati una donna, maggiore. Potresti diventare quasi umano- mormorò con uno strano tono nella voce -Ti aggiusterebbe perfino il nodo alla cravatta- sorrise guardandolo a lungo dallo specchio e poi sbattendosi la porta alle spalle.
James, in piedi accanto al letto, non disse una parola.
-Tsk- si strinse il nodo della cravatta, borbottando tra i denti -Stupida. Chi le avrà mai detto che ho bisogno di una donna?-
Ma non riusciva mai a farselo dritto.


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-Oh capitano! Mio capitano!-
Garrick cantilenava una canzonaccia stonata, la voce strascicata da ubriaco mentre tracannava l’ennesimo boccale di Guinness per quella sera.
Solito pub di sempre.
I piloti generalmente bazzicavano il Lamb & Flag di Covent Garden, nel cuore del West End londinese, dove si ritrovavano un po’ tutti a sbronzarsi e a passare qualche ora di disteso relax, anche se delle volte chi alzava un po’ troppo il gomito si ritrovava in mezzo a qualche scazzottata inaspettata: tutto sommato però, risse tra ubriachi a parte, era un posto tranquillo, caldo, accogliente, e per James e i suoi amici era diventato il punto di ritrovo ufficiale per scordarsi per un paio d’ore di indossare un’alta uniforme e di essere la punta di diamante dell’aviazione del Paese. Davanti un buon boccale di Guinness tornavano semplicemente giovani uomini inglesi un po’ triviali che amavano scherzare e sfottersi a vicenda.
-Garrick vacci piano non vorrei riportarti in caserma come l’altra volta che ti sei addormentato come uno stupido moccioso- ribatté Borden in tono visibilmente infastidito.
-Cazzo vuoi Bord non posso neanche sbronzarmi in santa pace?- biascicò Garrick con un tono che voleva essere minaccioso, cercando di alzarsi dal suo posto, ma le gambe non gli ressero facendolo di nuovo ricadere pesantemente sulla sedia.
Borden scoppiò in una risataccia di scherno mentre l’altro gli lanciava tra i denti improperi irripetibili.
-E questi sarebbero i famosi skyfighters di sua Maestà?- ridacchiò Allbright, l’altro ufficiale che era allo stesso tavolo, sorseggiando lentamente la sua pinta.
-Dio ce ne scampi- borbottò a sua volta cupo James accendendosi una sigaretta tra un sorso e l’altro di birra.
-Se i tedeschi vedessero con che razza di piloti presto avranno a che fare ci prenderebbero per il sedere a vita- sorrise ironicamente Allbright lanciando un’occhiata al suo parigrado.
-I tedeschi non sanno neanche da che parte sta una cloche!- asserì convinto Garrick con la stessa credibilità che poteva avere un uomo totalmente sbronzo.
-Falla finita di sparare cazzate Garrick! Voglio vedere quando ti ritroverai muso a muso con uno di quei maledetti crucchi se continuerai a blaterare così- lo ammonì Borden accigliandosi, scherzando, ma fino ad un certo a punto.
-Gli farò pum pum in fronte, semplice- ribatté Garrick alzando pollice e indice e mimando scompostamente il gesto di una pistola
-Sei un idiota-
-No tu non capisci che…-
-Secondo te fra quando succederà?!- Keith Allbright ignorò gli sproloqui di Garrick e Borden, che avevano continuato a trastullarsi biecamente tra loro, per rivolgersi seriamente al maggiore Railey, che sedeva proprio a fianco a lui e aveva sul volto un’espressione tetra e incupita che non prometteva niente di buono.
James aspirò una lunga boccata di fumo, fissando il vuoto di fronte a sé prima di rispondere -Non lo so. Quattro mesi. Forse Cinque. Tutto dipenderà da quando quel folle di Hitler si deciderà a muovere il suo esercito verso Nord e occupare le nazioni confinanti alla Germania-
-Credi davvero che sarà capace di trascinare tutta l’Europa in guerra?- Allbright fissò l’amico con espressione grave -Cazzo, si tratta di nazioni intere tu pensi che…-
-Hitler è assetato di potere- tagliò corto James -La Germania è riuscita a riarmare l’esercito in pochi anni dopo l’ultima guerra, ha ignorato i vincoli imposti dal trattato di Versailles e ora sta attuando una assurda campagna persecutoria contro gli Ebrei. Credi forse che possiamo dormire sonni tranquilli?- James era profondamente realista ed era sempre stato un ottimo soldato soprattutto per le sue innate capacità logistiche e intuitive riguardo le strategie di guerra, per questo Allbright non finiva mai di meravigliarsi di fronte al suo spirito pratico ed estremamente concreto.
James Railey era un ottimo ufficiale, un aviatore spericolato e imprevedibile e tutti lo ammiravano indiscutibilmente. Dai suoi superiori all’ultimo dei sottoposti.
Allbright era Ombra. Il secondo di James. Il suo braccio destro.
Railey invece era Asso.
Perché era il migliore della sua squadriglia, perché aveva intuito, riflessi di ferro, sangue freddo e una buona dose di pazzia che si fondeva a perfezione con una competenza straordinaria e una conoscenza minuziosa degli aerei.
Ed era uno dei migliori skyfighters dell’aviazione di Sua Maestà.
Indiscutibilmente.
Continuarono a discutere su varie questioni, più o meno serie, finché all’ennesima birra decisero di tornarsene in caserma. James era rimasto perfettamente sobrio, perché sapeva che il giorno dopo l’aspettava una lunga esercitazione a Stapleford nell’Essex orientale, per cui aveva evitato di proposito di ubriacarsi per non risentirne poi con un mal di testa colossale.
Quanto nella vita privata era privo di regole e di scrupoli, tanto sul lavoro era sempre impeccabile e rigido nei suoi compiti: mai un richiamo, mai una punizione, mai uno sgarro.
Era sempre stato dell’idea che chi sbaglia paga, soprattutto nel loro lavoro.
E lui, da quando era andato via dall’orfanotrofio San Francis, non aveva sbagliato mai più.
Mentre uscivano nella gelida aria della notte e si incamminavano a piedi verso la fermata della metropolitana più vicina, spintonandosi a vicenda come adolescenti e scherzando fra loro,  si ritrovarono a passare di fronte ad un locale con le luci soffuse da cui proveniva una musica piacevole persino per le loro orecchie da ubriachi. James si fermò un attimo, attirato dalla musica, giusto il tempo di curiosarci dentro per vedere che tipo di ambiente era. Si avvicinò alla piccola entrata facendosi schermo con le mani per focalizzare meglio l’interno e vide una giovane musicista che suonava il pianoforte sopra un piccolissimo palco rialzato, mentre alcuni clienti, intenti a  consumare la propria ordinazione, l’ascoltavano attentamente.
-Maggiore! Ehi, maggiore!- Borden lo chiamò, da poco lontano.
-Che fai il guardone maggiore Railey?- sghignazzò Garrick ormai troppo sbronzo per connettere, allungando lo sguardo a vedere cosa aveva attirato l’attenzione del superiore.
-Ma guarda quant’è carina!- biascicò illuminandosi tutto, ma Borden gli diede uno strattone per allontanarlo -E lascia perdere Pat. Andiamocene a dormire, piuttosto, che soprattutto  tu ne hai bisogno-
-Andate avanti, vi raggiungo fra poco- disse James con fare evasivo, scacciandoli con un gesto della mano, senza riuscire minimamente a staccare gli occhi da quella vetrina e da lei.
-James sei scemo? Andiamo dai- gli disse Keith avvicinandosi a guardare all'interno. Poi forse capì che cosa passava nella testa del suo collega e pari.
-Okay ma stavolta io non ti copro per le tue scappatelle, intesi? Le donne ti rovineranno maggiore- lo minacciò Allbright con sguardo eloquente, ma James non lo ascoltava più, perché era già entrato nel locale sbattendogli praticamente la porta in faccia.
-Le donne ti rovineranno James!- ripeté Keith ormai a se stesso.

L’atmosfera calda e accogliente, e le luci soffuse lo avvolsero immediatamente, dandogli un’improvvisa e piacevolissima sensazione.
Non c’era molta gente, ma le persone che assistevano sembravano tutte rapite da quella melodia riposante e piacevole.
-Signore, le occorre un tavolo?- gli domandò garbatamente un cameriere a voce bassa,  per non disturbare l’attento e silenzioso uditorio, distogliendolo dai suoi pensieri.
James lo fissò con aria vagamente sorpresa -Uhm sì grazie. Un…quel tavolo lì- mormorò facendo un cenno col viso, indicando un tavolino poco di lato al piccolo palco su cui si esibiva la giovane pianista.
Si andò a sedere cercando di fare meno rumore possibile, per non dare nell’occhio.
-Chi è?- chiese a bassa voce al cameriere che lo raggiunse discretamente per l’ordinazione.
-Lei? Lei è una delle pianiste più promettenti del West End. Il proprietario l’ha voluta assolutamente per alcune serate qui allo Swan Hart. E’ davvero in gamba-
James rimase in silenzio a lungo, assorto a fissarla.
-La conosce?-
-Mai vista prima- tagliò corto senza staccare gli occhi di lei, come immerso in chissà quali pensieri -Uno scotch grazie- disse poi seccamente per levarsi di torno l’uomo che lo fissava incuriosito.
Lei era bella.
Semplicemente.
Aveva un viso dai lineamenti delicati, i lunghi capelli ondeggiavano vaporosi sulla morbida schiena scoperta, il mento era lievemente sfuggente, gli occhi malinconici e profondi: alla luce soffusa del locale la sua pelle aveva un tenue colore ambrato, mentre le sue mani lunghe, aggraziate e affusolate si muovevano abili sulla tastiera del suo nobile amante. Mai vista una bellezza tanto fine e singolare.
Di colpo gli parvero lontani e insignificanti i gravi discorsi che aveva intrattenuto con Allbright e le idiozie di Garrick, e le donnacce che era solito portarsi a letto. Si sentiva totalmente trasportato in un mondo completamente diverso mentre veniva rapito da quella melodia dolce e struggente.
Faceva venire in mente posti lontani e incredibilmente belli, e proprio in quell’istante desiderò conoscerla ad ogni costo.
-Devo sapere chi è- si disse facendo roteare il fresco liquido biondo all’interno del bicchiere e bevendone una sorsata.
D'improvviso gli venne l' istinto brutale di possederla, in qualunque modo. Era una necessità urgente, animalesca.
Lei terminò il suo concerto e decise di avvicinarsi poco dopo quando stava per andarsene in compagnia di un giovanotto dai folti capelli rossi e dal viso da adolescente, cosparso di lentiggini.
-Buonasera, miss permette?- James si avvicinò togliendosi il berretto della divisa e rivolgendole un sorriso da seduttore che avrebbe mandato in visibilio qualsiasi donna. Quando incrociò quegli occhi chiari lei ebbe quasi un sussulto, poi gli sorrise lievemente sorpresa e imbarazzata.
Era carina quando arrossiva.
-E’ molto brava sa, ha del talento- esordì lui guardandola da capo a piedi senza aspettare una sua risposta. E quello di James Railey era uno sguardo che ti rimaneva impresso a lungo talmente era intenso e scrutatore.
-Grazie, signore- disse lei con semplicità mentre finiva di sistemare i suoi spartiti in una elegante borsa di cuoio, abbassando leggermente lo sguardo.
-Posso accompagnarla a casa miss?- James le porse una mano, del tutto inaspettatamente, senza mai staccare gli occhi dal suo viso. Lei arrossì di fronte a quell’uomo così bello che le dava quelle attenzioni ma non la accettò.
-Signore io e la mia fidanzata stavamo andando via, insieme- s’intromise il ragazzo che l’accompagnava calcando sull’ultima parola, cercando di darsi un tono, ma James lo ignorò totalmente, trattenendo il suo sguardo e le sue attenzioni unicamente sulla ragazza che gli stava di fronte -Quindi non credo proprio sia il caso-
 -E’ così?- James le rivolse quella domanda improvvisamente, in tono diffidente, come a volersi sincerare che il ragazzo che era con lei stesse dicendo la verità.
-Oh ma insomma si può sapere che diavolo vuole? Ma chi è lei?- sbottò il giovane spazientendosi davanti quell’atteggiamento prepotente e arrogante.
Forse anche molesto se fosse stato qualcun altro.
E non lui.
Allora lei rialzò gli occhi a fissare lo sconosciuto, senza alcun timore, sfidandolo quasi apertamente con espressione decisa e ferma.
-Will non preoccuparti, torna pure a casa- le parole le uscirono da sole, inconsapevoli, senza mai riuscire a staccare gli occhi di dosso da quell’uomo.
James le lanciò un sorrisetto compiaciuto, di trionfo.
Eccone un’altra che non aveva resistito…persino davanti al proprio fidanzato!
Sfacciata di infima categoria.
Ci voleva davvero poco per portarsele a letto.
Il suo sorriso galante e la sua uniforme (seppur da libera uscita) ed ecco che cadevano come tanti gustosi pesciolini nella rete.
Lei però aveva tutt’altri pensieri mentre guardava quell’uomo bellissimo e austero.
Ma era stato l’istinto a fidarsi di lui.
L’istinto e nient’altro.
E forse la divisa che indossava dato che addosso gli dava un aspetto elegante e incredibilmente attraente. Non poteva essere un malfattore un uomo che portava l’uniforme dell’aviazione inglese e che aveva uno sguardo così profondo e limpido.
O forse no?
-Ma sei sicura?- Will le lanciò un’occhiata titubante e poi tornò a guardare lo sconosciuto di sbieco.
-S-sì! Lui è un amico. Va' pure davvero- mentì lei sentendosi profondamente in colpa.
-Hai sentito, Will? Ha detto che puoi andartene- ribadì James bruscamente afferrando la mano della ragazza senza chiedere permesso e portandola dalla sua parte.
Lei non poté trattenere un sorriso davanti a quel gesto così perentorio e possessivo.
Mai nessuno dei suoi corteggiatori si era dimostrato così spavaldo e arrogante.
Ma la cosa, nella sua stranezza, non le dispiaceva affatto. Anzi, segretamente la elettrizzava non poco.
Il buon senso le avrebbe detto di non fidarsi di lui, ma nel preciso istante in cui quell’uomo le aveva rivolto la parola, aveva capito che il buon senso e la razionalità non avevano più significato.
-Davvero era il suo fidanzato?- James sogghignò tra sé, mentre uscivano fuori nella gelida notte di Londra, fianco a fianco. Quel tipo aveva proprio l’aria da fidanzato e da bravo ragazzo a differenza sua, eppure non riusciva a capire come una bella come lei stesse con un tipo tanto insignificante.
-Chi? Will?- lei rise piano -Ci frequentiamo da un po’. Lui è stato un mio compagno al conservatorio-
-Mi dispiace che se la sia presa- mentì con aria di finta compassione. Si considerava un vincente su tutti i punti di vista, soprattutto con le donne. E lei non poteva di certo considerarsi una banale eccezione, anzi.
Con qualche battuta calcolò di portarsela a letto quella sera stessa, si vedeva già che lei gli moriva dietro.
-Lei mente spesso oppure solamente in questa circostanza?- gli domandò a bruciapelo, avendo colto nella sua voce una sfumatura ironica e lievemente sprezzante.
Sapeva che i piloti di Sua Maestà si consideravano una spanna sopra ai comuni mortali per il semplice fatto di avere le ali e di non essere fatti per stare sulla terra, ma lui…lui li superava di gran lunga per insolenza e sfacciataggine. Insomma, quell’atteggiamento avrebbe infastidito qualunque donna se ad averli fosse stato un uomo comune, e non lui.
Perché oltre ad essere incredibilmente bello e attraente aveva un fascino da cui si rimaneva letteralmente abbagliati, e qualunque cosa che poteva fare assumeva di colpo quasi un’aura straordinaria e unica nella sua normalità.
Lei immaginò che dovesse essere maledettamente sexy persino quando si faceva la barba.
Aveva eleganza, stile, un portamento fiero e aristocratico.
Principe d’aspetto, plebeo nei modi.
-Solamente quando le circostanze lo richiedono- asserì James con noncuranza prendendo una  sigaretta dalla tasca, e proteggendosi con una mano dal gelo per accenderla.
La ragione continuava a dirle di lasciarlo perdere e di piantarlo in asso così su due piedi per fargli perdere di colpo tutta quella sua superbia e arroganza, e per vedere la sua faccia abbandonare quel ghignetto da seduttore, ma l’istinto le sussurrava qualcosa di cui forse si sarebbe pentita, ma che in quel momento le pareva incredibilmente eccitante e invitante.
-E questa circostanza sarebbe una di quelle?- lo stuzzicò lei per vedere se era abbastanza perspicace da stare al suo gioco.
-Forse- rispose lui laconico aspirando una lunga boccata di fumo.
-Me ne dà una?- gli chiese inaspettatamente.
James alzò un sopracciglio a fissarla interdetto.
-Per favore-
-Lei fuma?- le chiese incuriosito.
-Ogni tanto…di nascosto ovviamente. Il mio maestro di canto potrebbe uccidermi- rise con l’aria di una bambina che aveva appena commesso una marachella.
-Perché lei sa anche cantare?- le domandò James mal celando la sua ammirazione mentre le offriva il pacchetto di sigarette.
Lei ne prese una e lui gliela accese.
Gli piaceva quel suo modo di fare sicuro, ma non eccessivo, che rivelava una timidezza di fondo. Forse era persino intelligente.
-Sì, studio canto e pianoforte da quando ero piccola, la musica è un po’ la mia vita- e il modo in cui lo disse gli fece pensare a quanto dovesse essere serena e priva di pensieri la sua vita.
Si stringeva addosso il cappotto per il freddo.
-E lei? Lei è un pilota?- e uno dei più affascinanti che avesse mai incontrato in tutta la sua vita.
E non solo tra i piloti.
James aveva qualcosa da cui si rimaneva accecati: forse il suo modo di fare perentorio, i suoi glaciali occhi azzurri, le sue mani grandi e forti, il suo modo di sorridere così speciale, fatto sta che lei non riusciva a staccargli gli occhi di dosso talmente ne era ipnotizzata.
-Sì ci provo- si schernì con finta modestia. Si capiva che era un tipo pratico ed estremamente sicuro di sé e del proprio lavoro. Quella finta modestia non gli apparteneva affatto.
Dava un tale senso di sicurezza e di protezione che a lei fece venire in mente un faro che si erge imponente e svettante in un oceano scuro e tempestoso.
-E le piace?- gli chiese lei guardandolo di sottecchi, fissandogli come ipnotizzata il profilo regolare e perfetto. Aveva i lineamenti induriti da un’espressione continuamente pensierosa e accigliata, ma immaginò che se lo avesse visto sorridere sarebbe stato senz’altro molto più bello.
-E’ praticamente l’unica cosa che so fare, miss- borbottò lui gravemente, ma lei aveva intuito che in quelle parole c’era qualcosa di molto più profondo che volesse far trapelare in apparenza.
E volare era la sua missione, il suo principio, il suo unico scopo nella vita.
E volare, volare senza mai posare le ali a terra per paura che qualcuno potesse spezzargliele, sperando che mai nessuno riuscisse a prenderlo.
Per fargli del male.
-Abita molto lontano?- le chiese in tono pratico, come a voler troncare sul nascere quell’argomento. Non era certo in vena di parlare della propria vita privata con lei. Quella sera poi.
-Un isolato da qui. Mi dispiace però non poterla farla salire per offrirle un caffè- sogghignò lei gustandosi la sua faccia delusa quando gli comunicò la notizia.
Cosa credeva che fosse una stupida pivellina che si sarebbe lasciata abbindolare dal suo sorriso, seppur fantastico, e dai suoi modi decisi?
Spocchioso arrogante.
-Capisco-
Cosa fa adesso mi lascia qui in mezzo alla strada perché sa che stasera gli è andata male?
Ma che gentiluomo.
Lui però non disse altro, per tutto il tempo, continuando a fumare placidamente, come se in realtà non si aspettasse molto di più di quello che lei gli aveva fatto credere.
Quando arrivarono davanti casa a James venne quasi da ridere.
Non gli era mai capitato, neanche quando era più giovane, di dover accompagnare la propria fidanzatina davanti la porta di casa e magari darle un casto bacio sulla guancia. Non era davvero una cosa che gli apparteneva, pensò, dandosi mentalmente dell’idiota senza midollo.
Poi si disse che lui non aveva mai avuto una fidanzata, perché le sue storie non erano mai durate più di un paio di sere al massimo, e quindi era davvero impensabile un gesto così tenero e infantile per uno come lui.
Pensò a Garrick, Borden e Allbright.
Lo avrebbero preso in giro fino alla morte se avessero visto quella scena.
Patetico, patetico, patetico.
James Railey si è messo a fare il fidanzatino.
Tentò di scacciare dalla mente i suoi compagni che sghignazzavano alle sue spalle, pensando che quelli erano solo scherzetti da adolescenti e tornò a guardarla.
-Beh io sono arrivata-
Non gli chiese di salire. Semplicemente perché viveva ancora con i genitori.
Era la prima volta anche questa che non andava a letto con una tipa conosciuta la sera stessa.
-Beh è stato un piacere-
Il vero piacere in realtà non era arrivato proprio per niente.
Buca su tutti i fronti, maledizione.
-Miss?-
-Sì?- lei gli sorrise.
-Miss quando potrò rivederla?- le parole gli uscirono involontarie e un secondo dopo si era già pentito di avergliele dette.
Allora lei scoppiò in una risatina nervosa.
Mio Dio com’era serio, nella sua minima esperienza con gli uomini non aveva mai conosciuto un uomo tanto bello ma anche così cerimonioso.
Che non possedesse poi tutta questa sicurezza che l’aveva colpita al primo sguardo?
-Io suono tutte le sere allo Swan Hart fino a fine mese, se le piace la musica classica…- ma non dava l’idea di un grande intenditore musicale, anzi, e lei se ne accorse subito.
Era stonato da morire e per lui musica era fischiettare sotto la doccia, ma forse per lei poteva fare un’eccezione.
Controllati.
-Oh bene. Vedremo quando sarò libero- tossicchiò -Adesso devo andare- disse in tono improvvisamente brusco calcandosi bene il berretto della divisa sulla testa, nascondendo quasi gli occhi.
-D'accordo- mormorò lei lievemente delusa mentre il suo respiro caldo creava una lieve condensa al contatto con l’aria gelida della notte.
-Allora arrivederci- replicò la ragazza senza far trapelare la minima emozione, tendendogli una mano per stringergliela.
James non riuscì a trattenere un mezzo sorriso per quel gesto così privo di malizia e gliela prese in una stretta salda e decisa.
-Arrivederci- ripeté lui rimanendo con la mano a mezz’aria ancora stretta in quella di lei per un bel po'.
Quando se ne accorsero entrambi scoppiarono in una risata genuina, di cuore.
James di rado rideva.
Ed era dannatamente bello quando lo faceva. Parlava pochissimo, ma i suoi gesti rimanevano impressi nel cuore più di mille discorsi senza senso.
E a tutti e due quel momento ricordò vagamente qualcosa, anche se non avrebbero saputo dire con precisione cosa.
-L’aspetto, allora- disse lei rivolgendogli un sorriso tenero, da adolescente.
James le rivolse un piccolo cenno di saluto portandosi indice e medio alla tempia, senza dire una parola.
E lei capì che era il suo modo per dirle che sarebbe tornato a sentirla.
E lei avrebbe rivisto di nuovo quegli occhi severi ma gentili.

Arrivò dentro casa quasi volando.
-Lee, sei tu?- una voce dal piano di sopra la chiamò sentendo la porta d’ingresso che si richiudeva lentamente.
-Sì, mamma! Torna pure a dormire!- esclamò Lee Ann Keegan togliendosi le scarpe scalciando e buttandosi di peso sul divano con un sorriso sognante.
Non riusciva a capacitarsi di come tutto fosse successo in fretta. Però aveva capito subito che lui le piaceva, e anche tanto.
Non sapeva spiegarsene bene il motivo.
Okay era bello da impazzire, e aveva un sorriso strabiliante, ma non era abbastanza.
Mancava qualcosa.
Aveva un presentimento.
Una sorta di calore che le aveva fatto immediatamente provare uno strano affetto nei suoi confronti.
Quasi come una persona che aveva conosciuto tanto tempo prima e che non aveva mai dimenticato.
Peccato che non sapesse neanche come si chiamasse.
Particolare, che in quel momento, le pareva del tutto irrilevante.


________________________


Ed eccomi tornata con un nuovo capitolo della mia storia. Dunque comincia ad abbozzarsi il carattere di James Railey. Atteggiamenti ruvidi e forti i suoi, ma che forse nascondono una fragilità interiore non indifferente. Per ora sia lui che la bella musicista non conoscono le rispettive identità per cui non oso immaginare cosa succederà quando si riconosceranno. Come avete potuto notare l’ambientazione che ho dato al capitolo è situata precisamente a Covent Garden, quartiere di Londra che ho amato moltissimo, e i locali citati sono chiaramente esistenti. Sono letteralmente impazzita per cercare una collocazione specifica ad una base Raf, ma dopo tanto cercare, santissima Wikipedia mi ha dato il risultato perfetto: anche il quartier generale della Raf di Uxbridge, distretto nel North-West di Londra, esiste veramente, e questa scelta non è stata affatto casuale per i motivi che poi scoprirete se avrete la pazienza di continuare a leggere.  : )


Passo ora a ringraziare coloro che hanno lasciato una recensione alla storia:

Bibby111: Ciao!! Spero che ti sia piaciuto come piano piano sto delineando il personaggio di Jamie, che personalmente già adoro *_*   Il tristissimo capitolo precedente mi serviva materialmente per dare un accenno al carattere schivo e duro di James, una sorta di spiegazione per i suoi comportamenti futuri, ecco. Vediamo un po’ come reagirà quando la donna da cui è rimasto tanto colpito è la sua piccola Lee. Grazie ancora per le recensioni e spero continuerai a seguirmi!!
Un abbraccio!!

Lizzie83: Ecco socia il nuovo capitolo. Sono davvero felice che come per Aldilà, anche questa nuova “avventura” sia di tuo gradimento. Che ne pensi di questa nuova parte? Attendo impaziente il tuo commento sempre prezioso e importante. Un bacione!!

Piccola Ketty: Wow *_* Ma tu vuoi farmi arrossire?? Sapere che trasmetto delle sensazioni e che sembra di leggere un libro credo sia il sogno di qualunque scrittore ^_^  In realtà in ogni cosa che scrivo cerco sempre di dare una certa introspezione e un discreto spessore ai personaggi, quindi il fatto che le emozioni che cerco di dare al lettore arrivino direttamente, non può che farmi un piacere estremo!!
Per cui grazie e spero che mi farai sapere ancora cosa ne pensi!!
Un abbraccio!!
P.s. : anche l’ultimo capitolo di Aldilà dell’infinito è quasi terminato, quindi a breve saprai come si conclude anche la storia di Ash e Alix ^_^

Un’ultima cosa.
Le foto che ho inserito a inizio capitolo ritraggono Lee e James: ecco quando ho visto i volti di Keri Russel e Paul Sculfor ho avuto una specie di folgorazione. Sono loro nella mia mente.
Punto.

Un abbraccio a tutti,
Hime 

                        



   
 
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