I. Lie – Menzogna
[The Turn against
The World we Know
Now our Destiny
Will be Decided]
[La Svolta avversa
Al Mondo che Conosciamo
Ora il nostro Destino
Sarà Deciso]
Al Mondo che Conosciamo
Ora il nostro Destino
Sarà Deciso]
I passi di Shisui,
d’una lentezza solenne, si susseguivano
decisi sul legno della veranda che circondava Villa Uchiha. Un bambino
trotterellava vivacemente al suo fianco, spezzando la
regolarità del suono del suo incedere.
-Non sei curioso, Shisui-kun?- ripeteva il piccolo Itachi in tono entusiasta. -Fugaku-sama vuole parlare con entrambi! Dev’essere qualcosa d’importante, non è vero?-.
Il cugino allungò una mano e gli accarezzò i capelli scuri, increspando le labbra in un sorriso mesto. -Certo, Itachi-kun, sarà davvero qualcosa di molto importante.- mormorò, laconico.
Il bambino lo scrutò con i suoi profondi occhi d’onice, dove il rosso fiore dello Sharingan era sbocciato sin troppo presto. -E allora perché non sei felice?- chiese, accigliandosi.
-Ma io sono felice!- lo contraddisse Shisui, apparentemente sincero.
Poi scoccò un’occhiata al giardino che circondava la villa, un’occhiata che si estese al mondo oltre Konoha, alla guerra che imperversava attorno al Villaggio, e di nuovo il suo volto si adombrò.
-Meno male!-. La voce squillante di Itachi lo riscosse, attirando la sua attenzione. -Non voglio che tu sia triste, Shisui-kun!- aggiunse il bambino con un largo sorriso.
Fermandosi dinanzi la porta scorrevole che dava alla sala delle assemblee, il cugino gli prese la piccola mano e la strinse fra le dita, poco più grandi eppure ben più dure e rovinate a causa del tempo sfruttato nell’utilizzo dei kunai. Sorrise, incoraggiante, nel notare un lieve disagio nei suoi gesti.
-Scommetto che Fugaku-sama ci ha chiamati per annunciare che sarai il nuovo Capoclan!- scherzò, strizzandogli l’occhio.
Andrà tutto bene, Itachi.
Lieto d’aver scatenato un’ilare risata, si volse in direzione della porta, la fece scorrere all’interno della parete e oltrepassò per primo la soglia, come per proteggerlo da quanto avrebbero trovato.
Non voglio che gli orrori della guerra strazino il tuo cuore com’è successo al mio.
Fugaku e gli anziani di Konoha li stavano aspettando, accomodati su sontuosi cuscini di seta.
Quando si furono inchinati ed ebbero preso posto in ginocchio sui tatami, il Capoclan degli Uchiha spezzò il silenzio con la sua voce chiara e ferma e disse loro: -Vi abbiamo convocati qui oggi poiché abbiamo un compito da assegnare a ciascuno di voi-. Il suo sguardo freddo scivolò dalla testa china di Shisui a Itachi, che teneva gli occhi inespressivi bassi sul pavimento, prima di riprendere, rivolgendosi a quest’ultimo: -Tu, Itachi, partirai con una squadra diretta al fronte est alle cinque esatte-.
Il bambino sussultò impercettibilmente, incredulo, ma si limitò ad annuire.
-Tu, invece, Shisui,- aggiunse Fugaku, voltandosi verso il nipote -ti unirai alla squadra di rinforzo diretta al fronte ovest, in partenza alle quattro. È chiaro?-.
-Sì, Fugaku-sama.- rispose Shisui, portando la fronte a sfiorare il pavimento.
In seguito al congedo, quando si trovarono di nuovo in veranda, studiò l’espressione assorta del cugino, che sembrava lontano da quel mondo sbagliato come se gli scivolasse addosso senza realmente toccarlo.
Tuttavia non poteva confortarlo, non poteva confutare la realtà del loro destino con una menzogna, per quanto infinitamente migliore.
Sospirò.
Perdonami, Itachi, ho mentito. Non è andato tutto bene.
-Non sei curioso, Shisui-kun?- ripeteva il piccolo Itachi in tono entusiasta. -Fugaku-sama vuole parlare con entrambi! Dev’essere qualcosa d’importante, non è vero?-.
Il cugino allungò una mano e gli accarezzò i capelli scuri, increspando le labbra in un sorriso mesto. -Certo, Itachi-kun, sarà davvero qualcosa di molto importante.- mormorò, laconico.
Il bambino lo scrutò con i suoi profondi occhi d’onice, dove il rosso fiore dello Sharingan era sbocciato sin troppo presto. -E allora perché non sei felice?- chiese, accigliandosi.
-Ma io sono felice!- lo contraddisse Shisui, apparentemente sincero.
Poi scoccò un’occhiata al giardino che circondava la villa, un’occhiata che si estese al mondo oltre Konoha, alla guerra che imperversava attorno al Villaggio, e di nuovo il suo volto si adombrò.
-Meno male!-. La voce squillante di Itachi lo riscosse, attirando la sua attenzione. -Non voglio che tu sia triste, Shisui-kun!- aggiunse il bambino con un largo sorriso.
Fermandosi dinanzi la porta scorrevole che dava alla sala delle assemblee, il cugino gli prese la piccola mano e la strinse fra le dita, poco più grandi eppure ben più dure e rovinate a causa del tempo sfruttato nell’utilizzo dei kunai. Sorrise, incoraggiante, nel notare un lieve disagio nei suoi gesti.
-Scommetto che Fugaku-sama ci ha chiamati per annunciare che sarai il nuovo Capoclan!- scherzò, strizzandogli l’occhio.
Andrà tutto bene, Itachi.
Lieto d’aver scatenato un’ilare risata, si volse in direzione della porta, la fece scorrere all’interno della parete e oltrepassò per primo la soglia, come per proteggerlo da quanto avrebbero trovato.
Non voglio che gli orrori della guerra strazino il tuo cuore com’è successo al mio.
Fugaku e gli anziani di Konoha li stavano aspettando, accomodati su sontuosi cuscini di seta.
Quando si furono inchinati ed ebbero preso posto in ginocchio sui tatami, il Capoclan degli Uchiha spezzò il silenzio con la sua voce chiara e ferma e disse loro: -Vi abbiamo convocati qui oggi poiché abbiamo un compito da assegnare a ciascuno di voi-. Il suo sguardo freddo scivolò dalla testa china di Shisui a Itachi, che teneva gli occhi inespressivi bassi sul pavimento, prima di riprendere, rivolgendosi a quest’ultimo: -Tu, Itachi, partirai con una squadra diretta al fronte est alle cinque esatte-.
Il bambino sussultò impercettibilmente, incredulo, ma si limitò ad annuire.
-Tu, invece, Shisui,- aggiunse Fugaku, voltandosi verso il nipote -ti unirai alla squadra di rinforzo diretta al fronte ovest, in partenza alle quattro. È chiaro?-.
-Sì, Fugaku-sama.- rispose Shisui, portando la fronte a sfiorare il pavimento.
In seguito al congedo, quando si trovarono di nuovo in veranda, studiò l’espressione assorta del cugino, che sembrava lontano da quel mondo sbagliato come se gli scivolasse addosso senza realmente toccarlo.
Tuttavia non poteva confortarlo, non poteva confutare la realtà del loro destino con una menzogna, per quanto infinitamente migliore.
Sospirò.
Perdonami, Itachi, ho mentito. Non è andato tutto bene.