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Autore: londonlilyt    07/07/2005    19 recensioni
Oscar sapeva cosa voleva dalla vita, la sua carriera era la cosa piu' importante per lei, c'era poco posto nella sua vita per l'amore o le cose frivole. fino a quando il suo nuovo assistente, Andre', arriva in ufficio. I grandi occhi verdi e i suoi modi gentili le mostreranno un lato della vita che le era sempre stato negato dai suoi obblighi e doveri, facendo tremare le fondamenta di tutte le sue certezze. Ma Andre' ha un segreto, che presto si frapponera tra i due e la loro felicita', riusciranno a superare tutti gli ostacoli e rimanere l'uno affianco all'atro? BHE' LEGGETE E SCOPRITE!!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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lady oscar

Oscar aprì e chiuse la porta del suo lussuoso appartamento sull’isola di Manhattan con cautela; il perchè si preoccupasse di non far rumore era un mistero. Era venerdi notte ed erano le undici di sera passate e molto probabilmente metà del palazzo era già partito per il week end, mentre l’altra metà sarà a qualche festa. Non si sarebbe stupita nello scoprire che lei era stata l’unica stupida a lavorare fino a tardi di venerdi sera.

Stancamente si gettò sul divano scalciando le scarpe dai tacchi a spillo micidiali: prima o poi l’avrebbero uccisa queitrampoli. Un’altra settimana come quella appena passata e presto l’avrebbero rinchiusa in una di quelle graziose cliniche di mattoni bianchi con i fiori sempre in boccio che decoravano i giardini.

Sempre rimanendo sdraiata si spoglió, lasciando cadere l’abito di taglio severamente maschile che indossava a lavoro sul pavimento e rimanendo solo con la biancheria intima; faceva un caldo atroce per essere solo fine giugno e lei si era dimenticata, come al solito, di programmare il condizionatore dell’aria.

Con un sospiro chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie. Non poteva fare a meno di pensare ai guai che stava passando in ufficio, oramai la situazione era diventata la sua spina nel fianco. Sei mesi fa aveva trovato lavoro presso la Fraiser Assicurazioni, una solida compagnia assicurativa in via di espansione che dopo aver visto le sue credenziali le aveva fatto un’offerta lusinghiera che lei non aveva esitato ad accettare.

Così il suo primo giorno di lavoro era uscita a testa alta dall’ascensore con lo sguardo fisso davanti a se e si era diretta nel suo ufficio, mentre i suoi colleghi, tutto maschi a parte le loro segretarie, abbandonavano le loro incombenze per dare un’occhiata alla “bambolina sexy”, bionda, con gli occhi azzurri e un fisico da infarto, che stava attraversando i loro corridoi come se stesse camminando sulla passerella. Sghignazzando e bisbigliando a voce alta che chiunque l’avesse assunta come segretaria fosse un “bastardo fortunato” e che qualunque cifra le fosse stata promessa loro l’avrebbero volentieri raddoppiata.

Quando però avevano visto che le era stato assegnato l’ufficio all’angolo, il più grande del piano e con due finestroni che avevano una vista stupenda di Central Park, e che lei era il nuovo direttore del settore Investimenti e Finanza e di conseguenza il loro capo, le riasate si erano fermate di botto e la guerra era iniziata.

Una guerra fatta di dispetti e boicottamenti; l’ultimo dei quali aveva portato alle dimissioni della sua segretaria due settimane fà ed al momento sembrava che non si riuscisse a trovare un’adeguata sostituta e che le segretarie già presenti nel piano fossero tutte troppo impegnate per darle una mano. Perciò, ultimamente faceva tutto da sola: si batteva i rapporti, si prendeva gli appuntamenti, faceva le fotocopie, aveva addirittura trasferito tutte le chiamate del suo ufficio sul cellulare, il quale non smetteva due miniti di squillare. La sua vita era diventata un inferno.

Ma era dannata se avrebbegettato la spugna! Non si sarebbe fatta spaventare facilmente e non era un tipo che abbandonava il campo alla prima avversità, alla fine l’avrebbe avuta vinta lei anche se le sarebbe costato un ulcera.

Con passo stanco si diresse verso il frigo, poteva sentire il mal di testa che iniziava a farle pulsare le tempie, aveva bisogno di un’aspirina e una notte di sonno di quindici ore. Con tristezza si rese conto che il frigo era quasi vuoto, non aveva avuto neanche il tempo di andare a fare la spesa ultimamente; le uniche cose commestibili erano una mela e del formaggio, sempre meglio di nulla pensò, quindi prese anche una bottiglietta d’acqua e se ne andó in camera da letto.

Scolò la bottiglia, mangió piano il suo magro bottino e dopo aver spento la luce si avvolse tra le lenzuola profumate addormentandosi di colpo.

Il mattino dopo fù svegliata bruscamente dall’insistente squillare del telefono, senza neanche aprire gli occhi tastò il comodino alla ricerca della cornetta e poco dopo rispose con un flebile:

-Pronto-

-Oscar tesoro non dirmi che sei ancora a letto?- trillo una voce acuta dall’altro capo.

-Mamma?- cosa voleva sua madre a quell’ora del mattino e per di più di sabato?

-Assicurami che hai già preparato le valigie e che stavi per uscire di casa? Il tuo aereo è tra tre ore!- le ricordó agitata.

Aereo? Perchè mai doveva prendere l’aereo?

-Non mi dirai che ti sei dimenticata che questo pomeriggio tua sorella si sposa?!-

-No, no, mamma, non ti preoccupare aspettavo il taxi, ci vediamo tra qualche ora- con un gemito nascose la testa sotto al cuscino.

Maledizione! Si alzó come una furia e scomparve nell’armadio a muro, si era completamente dimenticata che la sua sorella maggiore si sposava per la terza volta...o era la sua terza sorella sorella che si sposava per la prima volta? Che importanza aveva! Sapeva solo che doveva sbrigarsi se non voleva perdere l’aereo. Gettò sul letto il vestito ancora avvolto nella custodia di plastica del negozio e prese la valigia dal ripostiglio, perchè diavolo pesava così tanto? Ebbe presto la sua risposta quando l’aprì: conteneva ancora i vestiti che aveva usato l’ultima volta che era andata a trovare la sua famiglia il mese scorso e non era stata disfatta, che colpo di fortuna!

Il trillo del citofono la fece correre alla porta, era il portinaio che l’avvisava dell’arrivo del taxi.

Solo quando l’aereo prese velocità e decollò si concesse un sospiro di sollievo, sarebbe arrivata in tempo per la cerimonia dopo tutto, con un sospiro di sollievo chiuse gli occhi e cercó di mettersi in una posizione comoda, aveva diverse ore di sonno da recuperare.

Mezza addormentata non potè fare a meno di sorridere all’idea che presto avrebbe  riabbracciato sua nonna, lei era l’unico membro della sua famiglia a cui fosse realmente affezionata; un’immagine della coriacea vecchietta con il perenne mestolo in mano le passò davanti agli occhifacendo diventare il suo sorriso ancora più ampio. Se non fosse per lei, eviterebbe di andare dai suoi del tutto: con sua madre aveva un rapporto insipido, con le sue sorelle si scambiava solo le cartoline per le feste e con suo padre...bhè suo padre era tutto un’altro universo.

Suo padre era un acuto e spietato uomo d’affari di vecchio stampo, di quelli che credevano ancora che i figli maschi servivano per continuare la stirpe e le figlie femmine dovevano solo apparire carine e ben educate ai pic-nic aziendali. Ma il destino non era stato clemente con lui, e dopo la nascita dell’ennesima femmina, la quinta per l’esatezza, aveva deciso che a mali estremi estremi rimedi e che l’impero dei de Jarjeys di New Orleans sarebbe andato a lei. Oscar, l’ultimo genita.

Così era iniziata la sua vita, suo padre l’aveva iscritta al club di calcio, baseball e hokey, per forgiarle il carattere e lo spirito competitivo continuava a riperterle, mentre lei avrebbe voluto andare a quello di balletto come le sue coetanee. Aveva scelto tutte le sue scuole e durante le estati degli anni del liceo l’aveva obbligata a lavorare nella sua compagnia. Alla fine la sua salvezza era stata l’università. Era riuscita ad entrare in quella che si trovava il più lontano possibile da casa, certo suo padre non l’aveva presa bene, ma almeno la figlia stava studiando alla facoltà di economia, abbandonando tutte le assurde nozioni di diventare un’artista, gli artisti non fanno i soldi  fanno la fame, le aveva gridato dopo un’accesa lite.

Quella era la cosa che Oscar rimpiangeva più di tutte: l’aver perso la possibilità di coltivare il talento nella pittura che aveva scoperto quando era bambina. Ora non aveva il tempo e nel profondo sapeva di essere ancora succube degli insegnamenti del padre anche se faceva come piú le aggradava, sarebbe valsa la pena però fare qualche corso e scoprire se le sue capacita di pittrice erano ancora lì.

Il putiferio però era scoppiato quando, dopo la laurea, aveva lavorato al suo fianco solo per due anni, durante i quali aveva deciso di cercare di farsi strada nel mondo dell’alta finanza di Wall Street. A suo padre era quasi venuto un colpo apoplettico, la mamma l’aveva dovuto sedare e la nonna voleva solo prenderlo a mestolate fino a fargli entrare un pò di sale in zucca. Ma il risultato finale era sempre stato lo stesso, musi lunghi per anni e il fatto che non fosse piú la benvenuta a casa sua, almeno fino a quando era andato in pensione; allora aveva venduto la sua quota azionaria di maggioranza e aveva lasciato la compagnia nelle mani del consiglio di amministrazione, a quel punto si era ammorbidito nei suoi confronti e non le era più stato tanto ostile. Ora mantenevano un rapporto di educata freddezza.

La macchina che aveva noleggiato all’aereoporto sfrecciava silenziosa tra le stradine secondarie della città, che a quell’ora erano poco trafficate. Per fortuna non doveva passare per il centro, la sua famiglia abitava in una casa in antico stile coloniale che faceva parte di una piantagione e che avrà avuto almeno duecento anni, una di quelle con le colonne sul davanti, una veranda al piano di sopra e un patio sul retro che in primavera era sempre fiorito. Suo padre l’aveva voluta comprare non appena l’aveva vista, pagando una cifra esorbitante e sostenendo che era la dimora ideale per loro e ribattezzandola Villa de Jarjayes.

Infatti, a quanto pareva, la sua famiglia poteva vantare origini aristocratiche. Apparentemente, i de Jarjayes  discendevano da una delle tante famiglie scampate alla rivoluzione francese ed emigrate in Louisiana, dove avevano prosperato senza perdere il loro orgoglio nobile. Oscar non sopportava quando suo padre iniziava con “l’orgoglio nobile” e con il solito discorso che loro erano superiori a tutti e certi privilegi gli spettavano di diritto. Lei non era daccordo, tutti gli uomini erano uguali e ognuno aveva diritto alla sua libertà e ad esprimere le proprie idee, in genere finiva sempre in uno scontro verbale tra loro  perciò evitava anche solo di sfiorare l’argomento.

Oscar rallentò l’andatura non appena vide spuntare la casa e parcheggiò nello spiazzo rotondo davanti notando che nell’ingresso regnava il caos.

Le doppie porte di legno massiccio erano spalancate e del personale in livrea si affaccendava da una parte all’altra. In tutto quel trambusto, riuscì a localizzare sua madre nel salone principale che dava ordini come un generale, se solo fosse riuscita a mantenere quel tipo di fermezza davanti al marito tutti sarebbero stati piú contenti.

-Oscar tesoro! Finalmente sei arrivata!- la salutò abbracciandola velocemente, per poi tornare subito sul ponte di comando.

-Ciao mamma- ma l’altra donna era già sparita.

Non le rimaneva altro che salire di sopra, lavarsi, cambiarsi e andare alla ricerca di sua nonna, con tutta questa confusione chissà dove si era andata a nascondere. Aveva una fame terribile ma sapeva che si sarebbe dovuta rassegnare ad aspettare l’inizio del ricevimento, dubitava che qualcuno fosse disposto a sfamarla. Automaticamente si diresse verso la sua vecchia stanza sperando che non fosse stata presa d’assedio come il resto della casa, ma per fortuna era vuota e tutto era come sempre. I suoi disegni sui muri, il lungo specchio in un angolo, il suo armadio, la sua cassettiera e vicino alla finestra il suo fedele letto con il baldacchino oramai consumato dal tempo. I colori dell’arredamento erano scuri e sobri, nessun tipo di fronzolo femminile era in vista e non vi era nulla che facesse capire che la stanza fosse stata occupata per anni da una ragazza. Dopo aver posato la valigia sul letto si chiuse in bagno.

La cerimonia fú strappa lacrime come da copione: la sposa era radiosa, ed era la sua terza sorella che si sposava, lo sposo sprizzava gioia da tutti i pori e i consuoceri potevano tirare un sospiro di sollievo. Essendo la fine di giugno si era deciso di tenere il ricevimento nei giardini della villa, quindi mentre gli sposi erano impegnati con le foto di rito, gli ospiti venivano diretti verso i tavoli dove sarebbe stato servito l’aperitivo.

Oscar camminava con andatura lenta al fianco della nonna, nonostante la vecchietta fosse sulla soglia degli ottant’anni, era ancora arzilla e aveva una lingua affilata che non aveva eguali.

-Quel vestito ti dona- la complimentò, le capitava raramente di vedere il lato tutto al femminile della nipote.

-Grazie, nonna- quando aveva visto il vestito esposto nella vetrina di una botique non aveva saputo resistere e l’aveva comprato.

Era una creazione di seta rossa che le aderiva al corpo come una seconda pelle, con uno spacco vertiginoso sul davanti che faceva scendere morbidamente il tessuto fino ai piedi creando un piccolo strascico molto elegante, le spalline erano sottili e la schiena rimaneva scoperta per buona parte; il fatto che non indossasse il reggiseno la faceva sentire a disagio, ma non avrebbe rovinato l’effetto del vestito per nulla al mondo. Per capelli trucco e accessori aveva optato per uno stile semplice, dal tronde l’abito parlava già da se e non vi era alcun bisogno di strafare.

-Allora?- le chiese quindi la nonna.

-Allora cosa?- cercadno di tergiversare, prese due bicchieri di champagne da una cameriere di passaggio e gliene offrì uno.

-Non fare la finta tonta con me che ti ho visto nascere! L’hai finalmente incontrato?- chiese serie con tono cospiratorio.

-Ma di chi stai parlando?- chiese confusa, anche se aveva qualche sospetto.

-Ma del tuo grande amore, no! Di chi credi stia parlando?- sbottò scocciata, sua nipote poteva essere davvero ottusa quando ci si metteva.

-Ancora con questa storia, nonna?- chiese con un sospiro.

-Tu ancora non mi credi vero? Ha! Ne riparleremo quando finalmente l’avrai visto con i tuoi occhi-

Vi erano alcune cose da dire a proposito della nonna di Oscar: la prima era la sua convinzione di essere una potente sacerdotessa vudu e la seconda era la sua convinzione di essere abilissima nel leggere i tarocchi. Perciò, quando Oscar era nata, durante uno dei suoi riti propiziatori che facevano venire i brividi alla governante e alla cuoca, la donna aveva scoperto che sua nipote era la reincarnazione di una sua antenata, morta tragicamente insieme al suo grande amore durante la rivoluzione prima che i due fossero in grado di coronare il loro sogno d’amore e quindi gli spiriti dei due amanti tragicamente separati erano rinati a nuova vita in modo da poter passare insieme gli anni felici che gli erano stati negati.

-Mia cara non puoi aspettarti che il cielo lo faccia cadere dritto ai tuoi piedi, un minimo impegno da parte tua è richiesto!-

-Hai mai pensato nonna, che magari, questo mio grande amore si è perso in una congiunzione cosmica e non è riuscito a rinascere nella mia stessa era?- la prese in giro infilandosi in bocca una tartina.

-Scherza, scherza...ma lo sai che ride bene chi ride ultimo!- sbuffó.

-Dai nonna non te la prendere!- le disse abbracciandola –lo sai che ti voglio bene e che mi diverte prenderti un pò in giro- si le voleva bene ma non era così rintronata da credere ad una cosa del genere.

-Lasciamo perdere per il momento. Dimmi piuttosto, come va il lavoro-

-Pesante ma procede, sono sicura che è giusto il primo periodo con il tempo le cose si aggiusteranno- mentì, non le andava di scaricare su sua nonna le preoccupazioni riguardanti gli avvenimenti dell’ufficio.

-Mmmm...- la guardò con gli occhi chiusi a fessura, non le piaceva quando faceva così, sembrava quasi che riuscisse a leggerle nel pensiero –vuoi che mi metta a fabbricare alcune delle mie bamboline? Per il malocchio sai!-

-Cosa?- non potè fare a meno di ridere –oh nonna quanto mi sei mancata!-

-Allora perchè non torni a casa più spesso?-

-La sai perché e questo non è ne il luogo ne il momento adatto per parlarne –la prese sotto braccio e la condusse all’ombra –cerchiamo di goderci la festa-

Era oramai buio ed Oscar se ne stava da sola seduta su una delle tante panchine di pietra disseminate per il giardino, le lanterne che erano state accese al calar della sera emanavano una morbida luce dorata, il cielo era trapuntato di stelle e la luna piena brillava in tutto il suo splendore. Come le aveva fatto notare sua nonna prima di ritirarsi, una serata ideale per gli innamorati e lei non poteva che essere daccordo e anche un pò invidiosa delle coppiete che le passeggiavano attorno mano nella mano.

In generale non le pesava il fatto di non avere nessuno accanto, ma era in serate come quella che sentiva il profondo bisogno di dividere la sua vita con qualcuno davvero speciale. Non che le occasioni le fossero mancate, ma non erano andate a buon fine; i potenzili fidanziati venivano messi in soggezione dalla sua bellezza e dai suoi occhi, quando si metteva davvero d’impegno il suo sguardo aveva lo stesso effetto di quello di Medusa: li lasciava tutti pietrificati! Per non parlare di quelli che erano scappati non appena si erano resi conto che lei guadagnava molti più soldi di loro. I pochi abbastanza coraggiosi da instaurare una relazione con lei la lasciavano dopo qualche mese, sostenendo di sentirsi messi sempre in secondo piano dal suo lavoro e che lei era troppo competitiva, a cosa le serviva un uomo se era praticamente autosufficente sotto ogni punto di vista e che ogni tanto anche loro volevano rivestire il ruolo del maschio nella loro relazione. In definitiva, tutti cercavano una donna che fosse dolce e femminile, che gli consentisse di pagare le bollette e che si lasciasse coccolare e proteggere, ne andava del loro orgoglio di macho dopo tutto!

Arrivati a questo punto disperava di riuscire a trovare qualcuno che fosse adatto a lei, qualcuno che senza paura riuscisse a vedere dietro la facciata fredda e altera che era costretta a presentare al resto del mondo. Nei momenti più disperati era anche disposta a credere alle storie di sua nonna, anche perchè di storie gliene aveva raccontate tante durante la sua infanzia, tutte approposito della sua antenata e molte di loro avevano dell’assurdo.

Di come fosse stata cresciuta come un uomo in modo che, una volta adulta, potesse intraprendere la carriera militare diventando comandante delle guardie reali. Nella francia del 1700? Era già tanto se le era permesso mettere piede fuori di casa figuriamoci avere una carriera di qualche tipo! Ma quello che l’aveva sempre colpita era l’uomo sempre presente in quelle storie, una figura silenziosa che le stava sempre vicino in qualunque situazione, che aveva imparato ad amarla da lontano e cercava di proteggerla ad ogni costo, anche da se stessa. Chissà quante gliene avrà fatte passare a quel poveretto prima di capire che in fondo anche lei lo amava, ma il cuore di lui era sempre rimasto costante e sincero nel tempo ed alla fine la sua pazienza era stata premiata.

Era davvero triste che il loro amore fosse stato sommerso e portato via dal sangue della rivoluzione. Oscar rivolse lo sguardo verso il cielo con un sorriso triste sulle labbra, avrebbe dato qualsiasi cosa per avere qualcuno così accanto. Qualcuno che l’avrebbe abbracciata e rassicurata che alla fine tutto si sarebbe aggiustato, qualcuno che non pretendeva che fosse lei quella sempre forte e decisa  perchè in definitiva, anche lei avrebbe voluto essere il tipo di donna che gli uomini cercano; ma il problema risiedeva nel non sapere da che parte iniziare ad essere femminile e dolce, le vecchie abitudini erano dure a morire.

  
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