Capitolo 9
*Lies*
Part. II
1
(Dougie)
Era seduto sul divano rigirandosi
incredulo l’assegno fra le mani. Lo guardava e riguardava, mentre vedeva
l’espressione di Simmons aprirsi in un ghigno, sicuro della vittoria.
Allora alzò lo sguardo verso l’uomo
di fronte a lui.
-Signor Simmons.-la sua espressione
non lo tradiva.
-Credo che tu abbia fatto la scelta
giusta.-sorrise.
-Lo credo anche io.-e strappò
l’assegno. Lo strappò in pezzi piccoli piccoli che
fece cadere sopra l’uomo.
I suoi occhi erano di colpo divenuti
furibondi.
Tom rimase di sasso. Nessuno sano di
mente avrebbe mai detto di no a quella richiesta. Appunto, nessuno sano di
mente. E Dougie era pazzo, follemente pazzo di Alicia.
Per lui lei valeva più di un
semplice pezzo di carta. Più dei semplici numeri scritti con dello stupido
inchiostro.
Alicia non aveva un prezzo. Non
avrebbe mai potuto averlo. Non per lui.
Danny trasalì quando vide l’amico
strappare l’assegno. Si diede delle pacche sulla fronte con il palmo della
mano, ripetendo sottovoce: stupido,
stupido, stupido Dougie.
Tom allora gli diede uno schiaffo in
testa.
-Ne sei davvero sicuro?-lo spiraglio
di luce che filtrava dalla finestra illuminava i capelli di Harry. I suoi
occhi non erano come quelli di Alicia.
-Sicurissimo.-non provava nulla,
nessuna reazione, nessun pensiero che gli attraversasse il cervello. Persino i
suoi criceti avevano smesso di correre sulla ruota.
La testa di Dougie era più vuota del
solito.
Harry s’alzò, si diresse verso
l’appendiabiti accanto alla porta. Prese il suo giacchetto. Frugò.
-Strapperei anche quello.-Dougie era
ancora di spalle. Harry smise di frugare.
-Non ti arrendi.-
-Solo se fosse lei stessa a
chiedermelo.-
Si infilò il giacchetto. Gettò
un’occhiata agli altri ragazzi.
Tom, dopo che Harry s’era alzato,
aveva fatto finta di spolverare dei vecchi quadri appesi nel corridoio; Danny
invece era corso in camera.
-Ci si vede in giro.-aprì la porta
ed uscì. Quando se la richiuse alle spalle, Dougie sospirò.
-Ma dico sei scemo?-Danny si
precipitò in salotto e si sedette di fronte all’amico.
-Tu avresti accettato?-fece stupito.
-E poi sarei uscito lo stesso con
Alicia.-
Dougie strizzò gli occhi.
Non sentiva alcun rimorso. Nemmeno
l’ombra.
-Comunque sia...-si alzò e se ne
andò in camera sua. Voleva stare da solo.
*
Girò la chiave nella porta di casa.
La musica era alta e sicuramente non l’avrebbe sentito se avesse suonato.
Aveva sentito quella canzone tante
volte.
«...It gave
me more street creed, I dug the book she red, how can I forget? that she rocks
my world more than any other girl.
Dude she’s
amazing and I can’t believe you got that girl...»
Posò il giacchetto Harry e sentì la
porta della camera infondo al corridoio aprirsi di botto.
Alicia ne uscì euforica, cantando a
squarciagola. Era ancora in pigiama e saltellava per la casa in ciabatte, con
una spazzola che fungeva da microfono. Quando incrociò lo sguardo del padre si
azzittì.
-Papà sei tornato.-nascose la
spazzola dietro la schiena, arrossendo timidamente.
-Ti devo parlare piccola.-
Le fece cenno con la testa di
sedersi. Lui era ancora impassibile, accanto all’attaccapanni.
-Che cosa c’è?-
-Sono uscito, e non per una
questione di lavoro.-ammise chinando il capo.
-Non sarai mica andato da Dougie?-
-Si.-ammise.
-Papà.-sbuffò alzando lo
sguardo per aria.
-Ho parlato con Dougie, anzi gli ho
offerto un assegno.-strinse un lembo del giacchetto appeso.
-Tu cosa?-inarcò le sopracciglia.
Non avrebbe mai creduto che suo padre potesse cadere così in basso.
-Si, gli ho detto che l’avrei pagato
per allontanarsi da te, per lasciarti in pace.-
-Ci sei rimasto male immagino quando
hai visto che non ha accettato vero?-si mise a braccia conserte. Era sicura che
Dougie era diverso dagli altri. Era sicura che Dougie non avrebbe mai accettato
quei soldi.
-Veramente…-estrasse l’assegno
-...Non ho dovuto nemmeno usare quello di riserva per una tale eventualità.-
Per poco Alicia non cadde dalla
sedia.
«Hai
visto? Anche lui alla fine ha ceduto. Il denaro fa gola a tutti.»
La vocina che non sentiva da tanto
tempo s’era risvegliata di colpo. Chinò lo sguardo.
Non era vero, le stava mentendo.
Dougie non...
-Principessa mi dispiace.-si
avvicinò per abbracciarla, ma dopo aver velocemente tirato su il capo lei si
ritrasse, lasciando cadere la spazzola a terra.
-Non mi toccare.-corse in camera
sua, sbattendo violentemente la porta. Girò la chiave per impedire al padre di
entrare, di parlare, di sentire le sue inutili scuse.
Singhiozzò. Aveva giurato a sé
stessa che mai più avrebbe pianto per un ragazzo, che mai più si sarebbe sentita
giù per niente. Ma Dougie non era un “niente” indefinito. Dougie era “tutto”.
Strusciò lungo la porta sino ad accovacciarsi a terra, con le mani strette in
grembo. Chinò la testa.
Singhiozzò. Si morse un labbro. Non
poteva essere vero. Non voleva crederci e non ci avrebbe creduto sino a che non
avesse parlato con Dougie. Non voleva credergli.
Singhiozzò ancora. Questa volta,
mordendosi il labbro si fece male. Le uscì del sangue. Strizzò gli occhi, ma
ciò non impedì alle lacrime di scendere.
Si strinse in sé. Racchiuse la testa
fra le ginocchia e le braccia e pianse in silenzio.
Il cellulare vibrò. La musica della
sala accanto cessò di suonare, interrotta dal padre.
Si diresse verso la scrivania.
Tremava e a malapena si reggeva in piedi; leggere il suo nome sullo schermo del
cellulare faceva male. Faceva troppo male. Prese il cellulare in mano. Poggiò
il pollice sulla cornetta verde, poi, lo diresse verso quella rossa. E
premette.
Non era il momento di parlare.
(Dougie)
Strano. Perché l’aveva fatto? Perché
mai aveva attaccato?
Dougie riprovò a chiamarla.
Riattaccò di nuovo.
Cavolo. Cosa diamine era successo?
Perché Alicia si comportava così? Forse era occupata, scrollò quindi le spalle,
se non fosse stato così gli avrebbe sicuramente risposto.
Qualcosa gli lasciò intendere che quella
sera non sarebbero usciti, e aldilà della stanza, in cucina, sentiva le voci di
Danny e Harry.
-Allora? Sgancia i soldi spilorcio!-
quella di Harry era una risata beffarda. Aveva vinto la scommessa e voleva i
suoi soldi.
-E va bene!-Danny si frugò nei
pantaloni-Tieni!-disse irritato-Non farò mai più scommesse con te!- storse il
naso e se ne ritornò ad oziare sul divano.
Dougie invece ricominciò a leggere i
messaggi, ed una volta finiti li rilesse. Ancora e ancora.
5
(Alicia)
Le riusciva impossibile alzarsi dal
letto. Non aveva forza. Gli occhi le si aprivano a malapena. Le bruciavano
ancora per quanto aveva pianto la sera precedente.
Strinse il cuscino al viso.
Il telefono vibrò.
Era ancora lui.
Non smetteva di fare squilli. Non la
smetteva dal giorno prima. Cosa diamine voleva ancora?
-P-pronto.-balbettò.
-Alix, perché non
rispondevi?-
-N-non mi sento
tanto bene.-
-C’è qualcosa che non va?-
-N-no D-Doug.- e si morse il labbro. Strinse il cuscino al petto.
Il silenzio calò tra di loro per la
prima volta.
Dougie dall’altra parte della
cornetta si insospettì. Sentiva che il respiro di Alicia era irregolare,
singhiozzava.
-Stai piangendo.-
-N-no.-
-Non è una domanda.-
-I-io…-sbuffò-...Come
credi che stia?-gli fece poi-credevo che non fossi come Andrea, e invece
proprio come lui è bastato un assegno per farti allontanare da me.-
-Cosa?- c’era qualcosa che non quadrava.
L’assegno? Lui l’aveva strappato.
-Hai capito bene, perciò è meglio se
la finiamo qui, mio padre ha ottenuto ciò che voleva ed anche tu.-si graffiò
con le unghie mentre stringeva la mano sinistra in un pugno.
-N-no, aspetta io...-
Alicia riattaccò.
Era stufa delle bugie, era stufa dei
ragazzi, era stufa di chiunque la circondasse.
Alicia era stufa di tutto e tutti.
Spense il cellulare.
Addio Doug.
6
(Dougie)
Rimase con il cellulare in mano.
Aveva attaccato.
-Ehi, Doug ti va di...-Danny entrò
in camera euforico, poi, si fermò-Cos’hai?-
-Alicia mi odia.- i suoi occhi erano
vacui, come se all’improvviso il mondo gli fosse crollato addosso. Era seduto
sul letto, con le gambe incrociate e sospirava.
-Cosa? Non è possibile.- si chiuse
la porta alle spalle. Tom e Harry stavano giocando alla playstation, e stavano
facendo un gran baccano.
-Dico sul serio.-ed era vero, Danny
non aveva mai visto un’ espressione del genere comparire sul volto dell’amico.
-Che cosa è successo?-
-Credo che qualcuno debba vedersela
con me.-si alzò di scatto.
-Ehi, Doug…-disse
serio,-...Vengo con te.-quell’incosciente poteva
finire nei casini. Sarebbe stato meglio stargli accanto—pensò Danny
-Fa come vuoi.-mise il cellulare in
tasca e si diresse verso la porta di casa.
Harry Simmons aveva superato ogni
limite.
(Alicia)
Si vestì di corsa. Le aveva chiesto
di venire con lui a lavoro quel giorno.
Uscì di casa dopo aver strapazzato
Max come sempre.
Imboccarono l’autostrada a gran
velocità. Quell’autista non era degno di patente secondo lei.
Guardava fuori dal finestrino la
strada scorrerle sotto gli occhi velocemente, come quei giorni passati a Londra.
Nelle orecchie aveva l’I-pod che le cantava quella melodia da quando erano
partiti.
«Yesterday
you asked me something I thought you knew, so I told you with a smile It’s all
about you.
Then you
whispered in my hears and you told me too, said you make my life worthwhile
it’s all about you.»
Quante volte l’aveva già messa? Cinque? Otto? Dieci? Troppe.
You make my life worthwhile.
Tu fai si che valga la pena di
vivere la mia vita.
«Si Doug, tu eri l’unica cosa che mi
faceva amare la vita.»
Alicia chinò la testa da una parte.
Quei spesi -al parco, in giro per
Londra, fra le gente che li guardava e parlava- erano così vicini, eppure,
Alicia li sentiva così lontani; come se quella persona che per poco tempo le
aveva stretto la mano fosse un’altra, come se avesse sognato tutto. Socchiuse
gli occhi. Voleva tornare a sognare. Voleva tornare a stringere la mano di quel
ragazzo che la faceva tanto ridere.
Per una volta in vita sua voleva
tornare ad illudersi.
Faceva male, è vero, ma da una parte
la faceva stare bene. Era l’unica persona che, illudendola, l ‘aveva resa
felice.
L’unica in tutta la sua vita.
Guardò il padre. Le sorrise
dolcemente.
Lei si voltò di nuovo verso la
strada.
Da quando aveva saputo dell’assegno,
Alicia cercava il suo sorriso sul viso di altre persone. Cercava il suo buon
umore in chiunque le stesse attorno. Ma non c’era. Nessuno aveva quell’allegria
e quella semplicità. Nessuno.
Stette in silenzio per tutto il
viaggio.
Non aveva ancora perdonato il padre
per quello che aveva fatto. Più lo squadrava e più capiva che c’era dell’altro.
Qualcosa che lei non doveva sapere.
E allora realizzò.
Un bugia. Era tutta una bugia.
Dentro di sé sentiva una vocina,
quella che l’aveva fatta fidare di Dougie sin dal primo momento.
Lui aveva strappato l’assegno, e non
aveva accettato neanche il secondo. Che il padre l’avesse ingannata? Possibile
che fosse arrivato a tanto? Possibile che fosse caduto così in basso? Alicia
non voleva crederci.
Si scambiarono un’altra silenziosa
occhiata. Lui sorrise, lei no. Allora si strusciò la mano sui pantaloni e
divenne serio. Tana.
Dougie era innocente.
Quando era in colpa faceva sempre
così. Cercava di rimediare, faceva finta di nulla, sorrideva, e appena vedeva
che l’interessato lo fissava immobile subito mutava l’espressione del viso.
Infine, si strusciava una mano sui pantaloni.
Si sfregava i jeans furiosamente,
quasi volesse levare una macchia inesistente— non visibile, ma che lui sapeva
esserci.
Alicia tornò per la terza volta a
guardare oltre il finestrino.
La limousine continuava a sfrecciare
fra le altre auto. La canzone continuava a ripetersi, ed i dubbi di Alicia
cominciarono a sparire.
Papà l’hai combinata grossa— pensò
fra sé e sé.
Che stupida, perché mai non ci aveva
pensato prima?
Sospirò, continuando a guardare il
paesaggio scorrerle di fronte agli occhi.
7
(Alicia)
Rimase tutto il giorno in un angolo,
ascoltando più e più volte le band che si susseguivano una dopo l’altra.
Quando il padre le aveva chiesto se aveva
voglia di mandar giù un boccone, lei aveva risposto scuotendo leggermente il
capo. Sedeva su una poltrona rossa, intorno a lei, sulle pareti, gli autografi
dei personaggi famosi. C’erano tutti, anche i McFly.
La sua firma-quella di Dougie- era
incerta, e quasi si stupì che non avesse firmato con la “x”. Era troppo
faticoso scrivere il suo nome per intero.
Aveva ancora l’I-pod
nelle orecchie. Per fortuna non le si
sarebbe scaricato presto, non voleva assolutamente parlare con il padre.
-Mi dici dove diamine stai andando?-Danny
rincorreva Dougie, per quanto riuscisse a stargli dietro.
-Alla casa discografica di Harry.-rispose
deciso.
-Dico sei scemo?-Danny lo afferrò
per un braccio e Dougie fu costretto a voltarsi; lo guardò torvamente.
-Si.-riprese a camminare
velocemente.
-Ok, ok. Questa era facile!-Danny
scosse la testa e lo seguì -Quello ti ammazza, e ci stronca la carriera.-possibile
che fosse così difficile farlo ragionare?
-Scusami Dan, temo di essere
divenuto un po’ egoista.-
-No.-sospirò. Si avvicinò
a Dougie, e piano piano prese il suo ritmo-Sei solo innamorato Doug,
e non immagini nemmeno quanto.- Danny sapeva il rischio che stavano correndo.
In quel momento, mentre percorrevano la strada che li avrebbe diretti verso la
fine, si rese conto ancor di più che se Harry Simmons avesse voluto, quello,
era l’ultimo album che avrebbero inciso; e tutto a causa di una ragazza, la
figlia del nemico, di cui Doug era innamorato. Follemente innamorato.
Gli diede una pacca sulla spalla.
Harry e Tom avrebbero capito. Dougie era loro amico, e gli amici vengono prima
di tutto.
Il ragazzo si voltò quindi a
guardarlo e Danny sorrise, facendogli capire che gli sarebbe stato accanto
comunque. È a questo che servono gli amici dopotutto, no? A starti accanto
anche nel momento del bisogno. E lui aveva molto bisogno di Danny. Più di
quanto potesse immaginare.
Impiegarono meno di un quarto d’ora.
Davanti a loro comparve un palazzo
enorme. Un’insegna troneggiava all’entrata.
Entrarono senza problemi, li
conoscevano tutti e non fecero storie. Di Simmons ancora nessuna taccia.
Camminavano tra la folla di persone
che andava e veniva. Qualcuno di tanto in tanto chiedeva loro un autografo o
una foto. Sorridevano, si mettevano in posa e firmavano. Sempre così. Ma quelle
foto non vennero bene. Non per Dougie.
-Ehi, Anette.-Danny
si avvicinò ad una ragazza della segreteria.
-Ehi, Dan, come ti va?-
-Tutto bene, tu?- sfoderò il suo
sorriso raggiante. Dougie accanto a lui fece solo un cenno con la testa, giusto
per fare vedere che era vivo.
-Tutto bene, come mai siete qui?-
-Stiamo cercando Simmons.-si chinò
verso di lei e le parlò a bassa voce.
-Dan.-sospirò. Conosceva
bene Danny, e non cercava mai una persona famosa se non per lavoro.
-No, non ti preoccupare non dobbiamo
far niente di che, giusto due chiacchiere.-
-Sai che non posso.-Danny allora
sospirò. Dougie sapeva cosa aveva in mente di fare.
Come al solito si avvicinò ancor di
più alla preda, sino all’orecchio sussurrò qualcosa, e la vittima cedette.
Era sempre la solita storia. Se un
giorno Danny avesse perso la voce sarebbe stato nei casini; quello era il suo
punto di forza.
-Allora?-sorrise ancora. Dougie
borbottò qualcosa fra sé e sé.
Sempre il solito.
-Simmons si trova al
terzo piano, ma credo sia impegnato. E sia chiaro, io non vi ho detto niente!-arrossì lievemente,
poi, alle spalle di Dougie vide Alicia dirigersi verso la macchinetta delle
bibite-Ah, guardate, lei vi può accompagnare.-si girarono entrambi-Aliciaa!-gridò
la ragazza.
-Che cosa c’è?-e si fermò. Anette le sorrise, ma lei non contraccambiò. La sua
espressione mutò improvvisamente.
Calò il silenzio e l’atmosfera di
fece pesante.
-Loro sono dei miei amici devono
vedere tuo padre.-
-So chi sono.-rispose con un sibilo
di voce. Il suo sguardo corse da Danny a Dougie, e lì vi rimase.
-Ah, bene allora sono nelle tue
mani.-il telefonò squillò-scusate ragazzi devo
lavorare.- E rispose.
Alicia si voltò e si diresse verso
l’ascensore.
Non
ti girare, non ti girare.
Premette il pulsante per chiamare
quell’abitacolo che attardava sempre ad arrivare.
-Avanti, avanti.-premeva sempre con
più forza.
-Alix.-Dougie le corse
dietro con Danny alle spalle.
-Cazzo, cazzo.-premeva sempre più
velocemente. Se solo qualcuno le avesse detto che più premeva, più l’ascensore
non arrivava.
Finalmente dopo tanta attesa riuscì
a varcare la soglia ed entrò, ma con lei anche Dougie. Le porte si chiusero
alle sue spalle. Alicia premette per andare al terzo piano.
-E certo, io sono scemo che devo
fare le scale!-sbraitò Danny. Sbatte furiosamente il piede contro il pavimento.
Lo avrebbe preso non appena si fosse liberato.
Cercava di non guardarlo ma le
restava difficile. Perché mai aveva preso l’ascensore? Che idiota!
-Alix...-le prese
la mano ma lei si ritrasse.
-Lasciami in pace.-singhiozzò.
Perché singhiozzava? Sapeva la verità, perché non gli diceva che non era colpa
sua? Perché lui è un uomo, così come suo padre. E gli uomini si sa, sono dei
bugiardi. Non sapeva di chi fidarsi.
- Perché? Io non ho fatto nulla! Ti
giuro che non ho preso quell’assegno.-
-E ti aspetti che ci creda? Siete
tutti uguali.-
-Io non ti baratterei mai con un
assegno.-
-Anche Andrea diceva così.-
-Io non sono come quello stronzo. Credi
che potrei mai fare una cosa del genere?-
-A questo punto mi riesce difficile
fidarmi di qualunque ragazzo.-chinò la testa da una parte.
-Ma di me ti devi fidare.-le prese
le mani e la guardò in cerca di un qualche segnale.
I suoi occhi dolcemente castani
erano persi nel vuoto.
Non aveva dormito e loro lasciavano
intravedere tutta la stanchezza che si portava dietro.
Era evidente che avesse pianto, e
lui si sentì in colpa per qualcosa che per una volta non aveva fatto, perché
Alicia stava male. Glielo si leggeva negli occhi che non avrebbe retto quella
situazione a lungo. Aveva avuto già una delusione, lui non poteva essere il
colpo di grazia. Non doveva esserlo.
Le porte si aprirono, e davanti a
loro comparve in tutta la sua maestosità Harry Simmons, elegantemente vestito
con tanto di cravatta nera.
-Cosa ci fai qui tu?- guardò il
ragazzo accigliato. Alicia si divincolò e si allontanò, Dougie cercò di
seguirla ma Simmons era dietro di lui che lo teneva per un braccio.
-Sono venuto a parlare con Alicia.-fissò
l’uomo torvamente.
-Lei non ti vuole sentire, lasciala
in pace.-
-Alicia non sa quello che fa perché
lei...-il suo tono era accusatorio-...Le ha mentito.-la ragazza si andò a
sedere di nuovo sulla poltrona rossa e sospirò, passandosi una mano fra i
capelli.
-Smettetela tutti e due!-disse
tremando-Io non credo ad entrambi.-
-Cosa?-fecero i due all’unisono.
-Papà, tu potresti aver ragione, sei
mio padre e vuoi solo il meglio per me, tuttavia potresti anche esserti
inventato tutto.-
-Principessa…-
-Non ho finito.-lo interruppe prima
che potesse replicare-Se Dougie veramente avesse accettato l’assegno ora non
sarebbe qui, e poi…-si rivolse al ragazzo-...Lui non
sa mentire.-
Dougie arrossì.
-Ma tu non lo sai, non puoi sapere
la verità.-fece il padre.
-E invece si.- Danny uscì
dall’ascensore.
-Dan!-sorrise
amaramente Alicia.
-Ci si rivede Sign.
Simmons, come va la vita?- c’era del sarcasmo nella domanda del ragazzo.
-E poi papà, questa mattina ti sei
sfregato il palmo della mano sui pantaloni, quando mi hai guardata.-
Harry lasciò il braccio di Dougie
che si avvicinò ad Alicia. Lei allora alzò l’indice per farlo fermare.
-Ma non sono nemmeno sicura di te. Credo
di avere il diritto di sapere la verità.-
-Lui ha strappato l’assegno, io ed i
ragazzi stavamo origliando.-Danny si mise le mani in tasca e fissò il
pavimento.
-Credo che tu gli debba delle scuse.-Alicia
si rivolse al padre senza ottenere alcun successo. Harry dapprima rivolse il
suo sguardo altrove, poi, se ne andò, senza nemmeno rivolgere loro la parola.
-Che caratterino tuo padre!-Danny lo
vide allontanarsi.
-E credo di doverti delle scuse
anche io.-confessò timidamente. Vaneggiò per un po’ con lo sguardo, ma non
poteva fare a meno di guardarlo negli occhi. Si alzò quindi dalla poltrona e si
diresse strascicata verso di lui.
-Tu non centri nulla.-le prese le
mani.
-Non mi sono fidata di te, mi
perdoni?-chiese speranzosa.
-Non ce n’è mai stato bisogno.-le
sorrise e la baciò.
Danny tossì, ma nessuno dei due
sembrò averlo sentito.
-Bene.-disse poi- Io credo che andrò
a prendere da bere.- si incamminò verso l’ascensore con le mani in tasca.
Quel ragazzo aveva fatto la sua fortuna
trovando una ragazza come Alicia. Chissà quando sarebbe toccato a lui.
Mentre Danny, immerso nei suoi
pensieri, fantasticava sulla sua ragazza ideale, Alicia gli comparve alle
spalle.
-Dan.-
-Se?-
-Grazie!- lo abbracciò forte alla
vita.
-Scusa, più in alto non ci arrivo.-arrossì.
-Fa niente.-Fece spallucce. Dougie tossì-Si, si, te la lascio. È tutta tua!-
Alicia sorrise allontanandosi da
Danny.
-Non ci prendere l’abitudine!-Dougie
lo teneva sott’occhio.
Di colpo lei si fermò, aspettò che
la scimmia sparisse inglobata dall’ascensore per poter saltare addosso a
Dougie.
-Ehi, calma, calma.-si aggrappò al
suo collo quasi non volesse lasciarlo andare. Erano soli ormai.
-Mi sei mancato da morire.-fissò per
un attimo i suoi occhi ed arrossì-Dov’eravamo rimasti?-
-A questo.-e la baciò.