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Autore: Ariel Lane    23/01/2010    1 recensioni
«Strinsi la mano in un pugno, e maledissi con tutta la rabbia che mi portavo dentro il maledetto che aveva inventato il “E vissero tutti e felici e contenti.” Perché in quel suo maledetto lieto fine aveva omesso me. » Avvolte credere nella fortuna è un bene, altre un male. C'è chi s'innamora, e chi invece ricade sempre nella stessa rete. Ma il destino fa sempre di testa sua, non guarda in faccia nessuno. Per questo esistono le fiabe, per portare un po' di speranza a chi non ne ha...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 9

*Lies*

Part. II

1

(Dougie)

 

 

 

Era seduto sul divano rigirandosi incredulo l’assegno fra le mani. Lo guardava e riguardava, mentre vedeva l’espressione di Simmons aprirsi in un ghigno, sicuro della vittoria.

Allora alzò lo sguardo verso l’uomo di fronte a lui.

-Signor Simmons.-la sua espressione non lo tradiva.

-Credo che tu abbia fatto la scelta giusta.-sorrise.

-Lo credo anche io.-e strappò l’assegno. Lo strappò in pezzi piccoli piccoli che fece cadere sopra l’uomo.

I suoi occhi erano di colpo divenuti furibondi.

Tom rimase di sasso. Nessuno sano di mente avrebbe mai detto di no a quella richiesta. Appunto, nessuno sano di mente. E Dougie era pazzo, follemente pazzo di Alicia.

Per lui lei valeva più di un semplice pezzo di carta. Più dei semplici numeri scritti con dello stupido inchiostro.

Alicia non aveva un prezzo. Non avrebbe mai potuto averlo. Non per lui.

Danny trasalì quando vide l’amico strappare l’assegno. Si diede delle pacche sulla fronte con il palmo della mano, ripetendo sottovoce: stupido, stupido, stupido Dougie.

Tom allora gli diede uno schiaffo in testa.

 

-Ne sei davvero sicuro?-lo spiraglio di luce che filtrava dalla finestra illuminava i capelli di Harry. I suoi occhi  non erano come quelli di Alicia.

-Sicurissimo.-non provava nulla, nessuna reazione, nessun pensiero che gli attraversasse il cervello. Persino i suoi criceti avevano smesso di correre sulla ruota.

La testa di Dougie era più vuota del solito.

Harry s’alzò, si diresse verso l’appendiabiti accanto alla porta. Prese il suo giacchetto. Frugò.

-Strapperei anche quello.-Dougie era ancora di spalle. Harry smise di frugare.

-Non ti arrendi.-

-Solo se fosse lei stessa a chiedermelo.-

Si infilò il giacchetto. Gettò un’occhiata agli altri ragazzi.

Tom, dopo che Harry s’era alzato, aveva fatto finta di spolverare dei vecchi quadri appesi nel corridoio; Danny invece era corso in camera.

-Ci si vede in giro.-aprì la porta ed uscì. Quando se la richiuse alle spalle, Dougie sospirò.

-Ma dico sei scemo?-Danny si precipitò in salotto e si sedette di fronte all’amico.

-Tu avresti accettato?-fece stupito.

-E poi sarei uscito lo stesso con Alicia.-

Dougie strizzò gli occhi.  

Non sentiva alcun rimorso. Nemmeno l’ombra.

-Comunque sia...-si alzò e se ne andò in camera sua. Voleva stare da solo.

 

*

Girò la chiave nella porta di casa. La musica era alta e sicuramente non l’avrebbe sentito se avesse suonato.

Aveva sentito quella canzone tante volte.

 

«...It gave me more street creed, I dug the book she red, how can I forget? that she rocks my world more than any other girl.

Dude she’s amazing and I can’t believe you got that girl...»

 

Posò il giacchetto Harry e sentì la porta della camera infondo al corridoio aprirsi di botto.

Alicia ne uscì euforica, cantando a squarciagola. Era ancora in pigiama e saltellava per la casa in ciabatte, con una spazzola che fungeva da microfono. Quando incrociò lo sguardo del padre si azzittì.

-Papà sei tornato.-nascose la spazzola dietro la schiena, arrossendo timidamente.

-Ti devo parlare piccola.-

Le fece cenno con la testa di sedersi. Lui era ancora impassibile, accanto all’attaccapanni.

-Che cosa c’è?-

-Sono uscito, e non per una questione di lavoro.-ammise chinando il capo.

-Non sarai mica andato da Dougie?-

-Si.-ammise.

-Papà.-sbuffò alzando lo sguardo per aria.

-Ho parlato con Dougie, anzi gli ho offerto un assegno.-strinse un lembo del giacchetto appeso.

-Tu cosa?-inarcò le sopracciglia. Non avrebbe mai creduto che suo padre potesse cadere così in basso.

-Si, gli ho detto che l’avrei pagato per allontanarsi da te, per lasciarti in pace.-

-Ci sei rimasto male immagino quando hai visto che non ha accettato vero?-si mise a braccia conserte. Era sicura che Dougie era diverso dagli altri. Era sicura che Dougie non avrebbe mai accettato quei soldi.

-Veramente…-estrasse l’assegno -...Non ho dovuto nemmeno usare quello di riserva per una tale eventualità.-

Per poco Alicia non cadde dalla sedia.

«Hai visto? Anche lui alla fine ha ceduto. Il denaro fa gola a tutti.»

La vocina che non sentiva da tanto tempo s’era risvegliata di colpo. Chinò lo sguardo.

Non era vero, le stava mentendo. Dougie non...

-Principessa mi dispiace.-si avvicinò per abbracciarla, ma dopo aver velocemente tirato su il capo lei si ritrasse, lasciando cadere la spazzola a terra.

-Non mi toccare.-corse in camera sua, sbattendo violentemente la porta. Girò la chiave per impedire al padre di entrare, di parlare, di sentire le sue inutili scuse.

Singhiozzò. Aveva giurato a sé stessa che mai più avrebbe pianto per un ragazzo, che mai più si sarebbe sentita giù per niente. Ma Dougie non era un “niente” indefinito. Dougie era “tutto”. Strusciò lungo la porta sino ad accovacciarsi a terra, con le mani strette in grembo. Chinò la testa.

Singhiozzò. Si morse un labbro. Non poteva essere vero. Non voleva crederci e non ci avrebbe creduto sino a che non avesse parlato con Dougie. Non voleva credergli.

Singhiozzò ancora. Questa volta, mordendosi il labbro si fece male. Le uscì del sangue. Strizzò gli occhi, ma ciò non impedì alle lacrime di scendere.

Si strinse in sé. Racchiuse la testa fra le ginocchia e le braccia e pianse in silenzio.

Il cellulare vibrò. La musica della sala accanto cessò di suonare, interrotta dal padre.

Si diresse verso la scrivania. Tremava e a malapena si reggeva in piedi; leggere il suo nome sullo schermo del cellulare faceva male. Faceva troppo male. Prese il cellulare in mano. Poggiò il pollice sulla cornetta verde, poi, lo diresse verso quella rossa. E premette.

 

Non era il momento di parlare.

 

(Dougie)

 

Strano. Perché l’aveva fatto? Perché mai aveva attaccato?

Dougie riprovò a chiamarla.

Riattaccò di nuovo.

Cavolo. Cosa diamine era successo? Perché Alicia si comportava così? Forse era occupata, scrollò quindi le spalle, se non fosse stato così gli avrebbe sicuramente risposto.

Qualcosa gli lasciò intendere che quella sera non sarebbero usciti, e aldilà della stanza, in cucina, sentiva le voci di Danny e Harry.

-Allora? Sgancia i soldi spilorcio!- quella di Harry era una risata beffarda. Aveva vinto la scommessa e voleva i suoi soldi.

-E va bene!-Danny si frugò nei pantaloni-Tieni!-disse irritato-Non farò mai più scommesse con te!- storse il naso e se ne ritornò ad oziare sul divano.

Dougie invece ricominciò a leggere i messaggi, ed una volta finiti li rilesse. Ancora e ancora.

 

5

(Alicia)

 

Le riusciva impossibile alzarsi dal letto. Non aveva forza. Gli occhi le si aprivano a malapena. Le bruciavano ancora per quanto aveva pianto la sera precedente.

Strinse il cuscino al viso.

Il telefono vibrò.

Era ancora lui.

Non smetteva di fare squilli. Non la smetteva dal giorno prima. Cosa diamine voleva ancora?

-P-pronto.-balbettò.

-Alix, perché non rispondevi?-

-N-non mi sento tanto bene.-

-C’è qualcosa che non va?-

-N-no D-Doug.- e si morse il labbro. Strinse il cuscino al petto.

Il silenzio calò tra di loro per la prima volta.

Dougie dall’altra parte della cornetta si insospettì. Sentiva che il respiro di Alicia era irregolare, singhiozzava.

-Stai piangendo.-

-N-no.-

-Non è una domanda.-

-I-io…-sbuffò-...Come credi che stia?-gli fece poi-credevo che non fossi come Andrea, e invece proprio come lui è bastato un assegno per farti allontanare da me.-

-Cosa?- c’era qualcosa che non quadrava. L’assegno? Lui l’aveva strappato.

-Hai capito bene, perciò è meglio se la finiamo qui, mio padre ha ottenuto ciò che voleva ed anche tu.-si graffiò con le unghie mentre stringeva la mano sinistra in un pugno.

-N-no, aspetta io...-

Alicia riattaccò.

Era stufa delle bugie, era stufa dei ragazzi, era stufa di chiunque la circondasse.

Alicia era stufa di tutto e tutti.

Spense il cellulare.

Addio Doug.

6

(Dougie)

 

Rimase con il cellulare in mano. Aveva attaccato.

-Ehi, Doug ti va di...-Danny entrò in camera euforico, poi, si fermò-Cos’hai?-

-Alicia mi odia.- i suoi occhi erano vacui, come se all’improvviso il mondo gli fosse crollato addosso. Era seduto sul letto, con le gambe incrociate e sospirava.

-Cosa? Non è possibile.- si chiuse la porta alle spalle. Tom e Harry stavano giocando alla playstation, e stavano facendo un gran baccano.

-Dico sul serio.-ed era vero, Danny non aveva mai visto un’ espressione del genere comparire sul volto dell’amico.

-Che cosa è successo?-

-Credo che qualcuno debba vedersela con me.-si alzò di scatto.

-Ehi, Doug…-disse serio,-...Vengo con te.-quell’incosciente poteva finire nei casini. Sarebbe stato meglio stargli accanto—pensò Danny

-Fa come vuoi.-mise il cellulare in tasca e si diresse verso la porta di casa.

Harry Simmons aveva superato ogni limite.

 

(Alicia)

 

Si vestì di corsa. Le aveva chiesto di venire con lui a lavoro quel giorno.

Uscì di casa dopo aver strapazzato Max come sempre.

Imboccarono l’autostrada a gran velocità. Quell’autista non era degno di patente secondo lei.

Guardava fuori dal finestrino la strada scorrerle sotto gli occhi velocemente, come quei giorni passati a Londra.

Nelle orecchie aveva l’I-pod che le cantava quella melodia da quando erano partiti.

 

«Yesterday you asked me something I thought you knew, so I told you with a smile It’s all about you.

Then you whispered in my hears and you told me too, said you make my life worthwhile it’s all about you.»

 

Quante volte l’aveva già messa? Cinque? Otto? Dieci? Troppe.

You make my life worthwhile.

Tu fai si che valga la pena di vivere la mia vita.

«Si Doug, tu eri l’unica cosa che mi faceva amare la vita.»

Alicia chinò la testa da una parte.

Quei spesi -al parco, in giro per Londra, fra le gente che li guardava e parlava- erano così vicini, eppure, Alicia li sentiva così lontani; come se quella persona che per poco tempo le aveva stretto la mano fosse un’altra, come se avesse sognato tutto. Socchiuse gli occhi. Voleva tornare a sognare. Voleva tornare a stringere la mano di quel ragazzo che la faceva tanto ridere.

Per una volta in vita sua voleva tornare ad illudersi.

Faceva male, è vero, ma da una parte la faceva stare bene. Era l’unica persona che, illudendola, l ‘aveva resa felice.

L’unica in tutta la sua vita.

Guardò il padre. Le sorrise dolcemente.

Lei si voltò di nuovo verso la strada.

Da quando aveva saputo dell’assegno, Alicia cercava il suo sorriso sul viso di altre persone. Cercava il suo buon umore in chiunque le stesse attorno. Ma non c’era. Nessuno aveva quell’allegria e quella semplicità. Nessuno.

Stette in silenzio per tutto il viaggio.

Non aveva ancora perdonato il padre per quello che aveva fatto. Più lo squadrava e più capiva che c’era dell’altro. Qualcosa che lei non doveva sapere.

E allora realizzò.

Un bugia. Era tutta una bugia.

Dentro di sé sentiva una vocina, quella che l’aveva fatta fidare di Dougie sin dal primo momento.

Lui aveva strappato l’assegno, e non aveva accettato neanche il secondo. Che il padre l’avesse ingannata? Possibile che fosse arrivato a tanto? Possibile che fosse caduto così in basso? Alicia non voleva crederci.

Si scambiarono un’altra silenziosa occhiata. Lui sorrise, lei no. Allora si strusciò la mano sui pantaloni e divenne serio. Tana.

Dougie era innocente.

Quando era in colpa faceva sempre così. Cercava di rimediare, faceva finta di nulla, sorrideva, e appena vedeva che l’interessato lo fissava immobile subito mutava l’espressione del viso. Infine, si strusciava una mano sui pantaloni.

Si sfregava i jeans furiosamente, quasi volesse levare una macchia inesistente— non visibile, ma che lui sapeva esserci.

Alicia tornò per la terza volta a guardare oltre il finestrino.

La limousine continuava a sfrecciare fra le altre auto. La canzone continuava a ripetersi, ed i dubbi di Alicia cominciarono a sparire.

Papà l’hai combinata grossa— pensò fra sé e sé.

Che stupida, perché mai non ci aveva pensato prima?

Sospirò, continuando a guardare il paesaggio scorrerle di fronte agli occhi.

 

 

 

7

(Alicia)

 

Rimase tutto il giorno in un angolo, ascoltando più e più volte le band che si susseguivano una dopo l’altra.

Quando il padre le aveva chiesto se aveva voglia di mandar giù un boccone, lei aveva risposto scuotendo leggermente il capo. Sedeva su una poltrona rossa, intorno a lei, sulle pareti, gli autografi dei personaggi famosi. C’erano tutti, anche i McFly.

La sua firma-quella di Dougie- era incerta, e quasi si stupì che non avesse firmato con la “x”. Era troppo faticoso scrivere il suo nome per intero.

Aveva ancora l’I-pod nelle orecchie.  Per fortuna non le si sarebbe scaricato presto, non voleva assolutamente parlare con il padre.

 

-Mi dici dove diamine stai andando?-Danny rincorreva Dougie, per quanto riuscisse a stargli dietro.

-Alla casa discografica di Harry.-rispose deciso.

-Dico sei scemo?-Danny lo afferrò per un braccio e Dougie fu costretto a voltarsi; lo guardò torvamente.

-Si.-riprese a camminare velocemente.

-Ok, ok. Questa era facile!-Danny scosse la testa e lo seguì -Quello ti ammazza, e ci stronca la carriera.-possibile che fosse così difficile farlo ragionare?

-Scusami Dan, temo di essere divenuto un po’ egoista.-

-No.-sospirò. Si avvicinò a Dougie, e piano piano  prese il suo ritmo-Sei solo innamorato Doug, e non immagini nemmeno quanto.- Danny sapeva il rischio che stavano correndo. In quel momento, mentre percorrevano la strada che li avrebbe diretti verso la fine, si rese conto ancor di più che se Harry Simmons avesse voluto, quello, era l’ultimo album che avrebbero inciso; e tutto a causa di una ragazza, la figlia del nemico, di cui Doug era innamorato. Follemente innamorato.

Gli diede una pacca sulla spalla. Harry e Tom avrebbero capito. Dougie era loro amico, e gli amici vengono prima di tutto.

Il ragazzo si voltò quindi a guardarlo e Danny sorrise, facendogli capire che gli sarebbe stato accanto comunque. È a questo che servono gli amici dopotutto, no? A starti accanto anche nel momento del bisogno. E lui aveva molto bisogno di Danny. Più di quanto potesse immaginare.

Impiegarono meno di un quarto d’ora.

Davanti a loro comparve un palazzo enorme. Un’insegna troneggiava all’entrata.

Entrarono senza problemi, li conoscevano tutti e non fecero storie. Di Simmons ancora nessuna taccia.

Camminavano tra la folla di persone che andava e veniva. Qualcuno di tanto in tanto chiedeva loro un autografo o una foto. Sorridevano, si mettevano in posa e firmavano. Sempre così. Ma quelle foto non vennero bene. Non per Dougie.

-Ehi, Anette.-Danny si avvicinò ad una ragazza della segreteria.

-Ehi, Dan, come ti va?-

-Tutto bene, tu?- sfoderò il suo sorriso raggiante. Dougie accanto a lui fece solo un cenno con la testa, giusto per fare vedere che era vivo.

-Tutto bene, come mai siete qui?-

-Stiamo cercando Simmons.-si chinò verso di lei e le parlò a bassa voce.

-Dan.-sospirò. Conosceva bene Danny, e non cercava mai una persona famosa se non per lavoro.

-No, non ti preoccupare non dobbiamo far niente di che, giusto due chiacchiere.-

-Sai che non posso.-Danny allora sospirò. Dougie sapeva cosa aveva in mente di fare.

Come al solito si avvicinò ancor di più alla preda, sino all’orecchio sussurrò qualcosa, e la vittima cedette.

Era sempre la solita storia. Se un giorno Danny avesse perso la voce sarebbe stato nei casini; quello era il suo punto di forza.

-Allora?-sorrise ancora. Dougie borbottò qualcosa fra sé e sé.

Sempre il solito.

-Simmons si trova al terzo piano, ma credo sia impegnato. E sia chiaro,  io non vi ho detto niente!-arrossì lievemente, poi, alle spalle di Dougie vide Alicia dirigersi verso la macchinetta delle bibite-Ah, guardate, lei vi può accompagnare.-si girarono entrambi-Aliciaa!-gridò la ragazza.

-Che cosa c’è?-e si fermò. Anette le sorrise, ma lei non contraccambiò. La sua espressione mutò improvvisamente.

Calò il silenzio e l’atmosfera di fece pesante.

-Loro sono dei miei amici devono vedere tuo padre.-

-So chi sono.-rispose con un sibilo di voce. Il suo sguardo corse da Danny a Dougie, e lì vi rimase.

-Ah, bene allora sono nelle tue mani.-il telefonò squillò-scusate ragazzi devo lavorare.- E rispose.

Alicia si voltò e si diresse verso l’ascensore.

Non ti girare, non ti girare.

Premette il pulsante per chiamare quell’abitacolo che attardava sempre ad arrivare.

-Avanti, avanti.-premeva sempre con più forza.

-Alix.-Dougie le corse dietro con Danny alle spalle.

-Cazzo, cazzo.-premeva sempre più velocemente. Se solo qualcuno le avesse detto che più premeva, più l’ascensore non arrivava.

Finalmente dopo tanta attesa riuscì a varcare la soglia ed entrò, ma con lei anche Dougie. Le porte si chiusero alle sue spalle. Alicia premette per andare al terzo piano.

-E certo, io sono scemo che devo fare le scale!-sbraitò Danny. Sbatte furiosamente il piede contro il pavimento. Lo avrebbe preso non appena si fosse liberato.

 

 

 

 

 

Cercava di non guardarlo ma le restava difficile. Perché mai aveva preso l’ascensore? Che idiota!

-Alix...-le prese la mano ma lei si ritrasse.

-Lasciami in pace.-singhiozzò. Perché singhiozzava? Sapeva la verità, perché non gli diceva che non era colpa sua? Perché lui è un uomo, così come suo padre. E gli uomini si sa, sono dei bugiardi. Non sapeva di chi fidarsi.

- Perché? Io non ho fatto nulla! Ti giuro che non ho preso quell’assegno.-

-E ti aspetti che ci creda? Siete tutti uguali.-

-Io non ti baratterei mai con un assegno.-

-Anche Andrea diceva così.-

-Io non sono come quello stronzo. Credi che potrei mai fare una cosa del genere?-

-A questo punto mi riesce difficile fidarmi di qualunque ragazzo.-chinò la testa da una parte.

-Ma di me ti devi fidare.-le prese le mani e la guardò in cerca di un qualche segnale.

I suoi occhi dolcemente castani erano persi nel vuoto.

Non aveva dormito e loro lasciavano intravedere tutta la stanchezza che si portava dietro.

Era evidente che avesse pianto, e lui si sentì in colpa per qualcosa che per una volta non aveva fatto, perché Alicia stava male. Glielo si leggeva negli occhi che non avrebbe retto quella situazione a lungo. Aveva avuto già una delusione, lui non poteva essere il colpo di grazia. Non doveva esserlo.

Le porte si aprirono, e davanti a loro comparve in tutta la sua maestosità Harry Simmons, elegantemente vestito con tanto di cravatta nera.

-Cosa ci fai qui tu?- guardò il ragazzo accigliato. Alicia si divincolò e si allontanò, Dougie cercò di seguirla ma Simmons era dietro di lui che lo teneva per un braccio.

-Sono venuto a parlare con Alicia.-fissò l’uomo torvamente.

-Lei non ti vuole sentire, lasciala in pace.-

-Alicia non sa quello che fa perché lei...-il suo tono era accusatorio-...Le ha mentito.-la ragazza si andò a sedere di nuovo sulla poltrona rossa e sospirò, passandosi una mano fra i capelli.

-Smettetela tutti e due!-disse tremando-Io non credo ad entrambi.-

-Cosa?-fecero i due all’unisono.

-Papà, tu potresti aver ragione, sei mio padre e vuoi solo il meglio per me, tuttavia potresti anche esserti inventato tutto.-

-Principessa…-

-Non ho finito.-lo interruppe prima che potesse replicare-Se Dougie veramente avesse accettato l’assegno ora non sarebbe qui, e poi…-si rivolse al ragazzo-...Lui non sa mentire.-

Dougie arrossì.

-Ma tu non lo sai, non puoi sapere la verità.-fece il padre.

-E invece si.- Danny uscì dall’ascensore.

-Dan!-sorrise amaramente Alicia.

-Ci si rivede Sign. Simmons, come va la vita?- c’era del sarcasmo nella domanda del ragazzo.

-E poi papà, questa mattina ti sei sfregato il palmo della mano sui pantaloni, quando mi hai guardata.-

Harry lasciò il braccio di Dougie che si avvicinò ad Alicia. Lei allora alzò l’indice per farlo fermare.

-Ma non sono nemmeno sicura di te. Credo di avere il diritto di sapere la verità.-

-Lui ha strappato l’assegno, io ed i ragazzi stavamo origliando.-Danny si mise le mani in tasca e fissò il pavimento.

-Credo che tu gli debba delle scuse.-Alicia si rivolse al padre senza ottenere alcun successo. Harry dapprima rivolse il suo sguardo altrove, poi, se ne andò, senza nemmeno rivolgere loro la parola.

-Che caratterino tuo padre!-Danny lo vide allontanarsi.

-E credo di doverti delle scuse anche io.-confessò timidamente. Vaneggiò per un po’ con lo sguardo, ma non poteva fare a meno di guardarlo negli occhi. Si alzò quindi dalla poltrona e si diresse strascicata verso di lui.

-Tu non centri nulla.-le prese le mani.

-Non mi sono fidata di te, mi perdoni?-chiese speranzosa.

-Non ce n’è mai stato bisogno.-le sorrise e la baciò.

Danny tossì, ma nessuno dei due sembrò averlo sentito.

-Bene.-disse poi- Io credo che andrò a prendere da bere.- si incamminò verso l’ascensore con le mani in tasca.

Quel ragazzo aveva fatto la sua fortuna trovando una ragazza come Alicia. Chissà quando sarebbe toccato a lui.

Mentre Danny, immerso nei suoi pensieri, fantasticava sulla sua ragazza ideale, Alicia gli comparve alle spalle.

-Dan.-

-Se?-

-Grazie!- lo abbracciò forte alla vita.

-Scusa, più in alto non ci arrivo.-arrossì.

-Fa niente.-Fece spallucce. Dougie tossì-Si, si, te la lascio. È tutta tua!-

Alicia sorrise allontanandosi da Danny.

-Non ci prendere l’abitudine!-Dougie lo teneva sott’occhio.

Di colpo lei si fermò, aspettò che la scimmia sparisse inglobata dall’ascensore per poter saltare addosso a Dougie.

-Ehi, calma, calma.-si aggrappò al suo collo quasi non volesse lasciarlo andare. Erano soli ormai.

-Mi sei mancato da morire.-fissò per un attimo i suoi occhi ed arrossì-Dov’eravamo rimasti?-

-A questo.-e la baciò.

 

   
 
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