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Autore: Lenn chan    09/07/2005    9 recensioni
Breve fic che ha come tema un sequestro: è possibile innamorarsi del proprio rapitore?
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kei Hiwatari, Hilary
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi

Eccomi!!! Ho fatto presto!!! Il fatto è che questa fic mi sta prendendo sempre di più!!! Allora tanto per cominciare ringrazio: super gaia; mewsana; Lir_chan; Jaly Chan; Yuzuriha; Hila92 (credo che questo capitolo risponderà alla tua domanda…e a proposito, vuoi un consiglio??? Scrivi tutto quello che ti passa per la mente e poi dopo scegli quali idee portare avanti e quali no, scritto fa tutto un altro effetto e ti appassioni di più! Almeno io faccio cosi! ^_^); BlueCrystal (quanto tempo!!! E’ bello risentirti!! Spero che presto vedrò un nuovo cap della tua fic, ci conto ok??) ed ora…via con il secondo cap…

 

 

Scherzava, rideva, parlava tranquilla con i suoi amici. Da dietro uno dei tanti alberi del parco la teneva sotto controllo a distanza, come ormai faceva da giorni. Aveva studiato ogni sua abitudine, sapeva chi erano le persone che frequentava, i posti che frequentava, sapeva cosa le piaceva fare, dove voleva andare. Pur non avendola mai conosciuta sapeva quasi tutto di lei. Si appoggiò con la schiena al tronco voltando appena lo sguardo verso la ragazza e vedendola rincorrere un ragazzino dai capelli rossi, se non sbagliava si chiamava Daichi, gli stava correndo dietro come un’ossessa.

-Dai, non puoi arrabbiarti tanto solo perché ti chiamo “ochetta”!- si difese mentre tentava di fuggire dall’ira della brunetta scappando e nascondesi dietro i suoi amici che però sembrava proprio non avessero alcuna intenzione di diventare suoi complici, preoccupati forse della sorte che gli sarebbe capitata se l’avessero fatto.

-Se sai che mi fa arrabbiare allora non mi chiamare così!-

-Ma perdo tutto il divertimento!- si lamentò fermandosi e piegandosi sulle ginocchia per riprendere fiato. Non avrebbe resistito ancora a lungo, senza contare che se non si sarebbe sbrigato a ripartire la sua inseguitrice lo avrebbe preso sicuramente.

-Se ti prendo…- stava per raggiungerlo ma qualcosa la fece bloccare, arrestandola nella sua corsa. La sua attenzione fu catturata da qualcosa in lontananza, una figura, un’ombra per la precisione, di cui non riusciva a distinguere nitidamente i tratti ma che le pareva somigliasse molto a…no, non poteva essere lui, sicuramente si stava sbagliando, probabilmente non avrebbe rivisto mai più quel ragazzo, cosa le aveva fatto pensare che si trovasse lì in quel momento? Il fatto era che non riusciva a levarsi dalla testa quegli occhi violacei così profondi…e belli…non avrebbe mai immaginato che lo sguardo di un perfetto sconosciuto potesse farle un simile effetto. Non sapeva minimamente chi fosse eppure per tutto il tragitto per arrivare al parco, dove i suoi amici l’aspettavano, non aveva fatto altro che pensarci. Era assurdo, che cavolo le prendeva? Non le era mai capitato di pensare così tanto a qualcuno, figurasi a qualcuno di cui ignorava perfino il nome.

Sussultò appena quando sentì una mano posarsi sul suo braccio, si voltò, era Takao che la stava chiamando già da un po’ di tempo ma lei non gli aveva risposto, troppa presa dai suoi pensieri le parole del ragazzo non erano giunte al suo orecchio. Le aveva chiesto se c’era qualcosa che non andava, d’improvviso si era fermata, smettendo di rincorrere Daichi e rimanendo immobile, come incantata.

-Sto bene, mi era solo venuta in mente una cosa…niente d’importante!- si affrettò ad aggiungere osservando lo sguardo curioso del giapponese.

-Sicura?-

-Si…è solo che…- biascicò, non sapeva perché ma una parte di lei avrebbe voluto parlarne con qualcuno mentre un’altra, il buon senso probabilmente, le suggeriva che era meglio stare zitta. In fondo perché mettersi a parlare di un incontro, che poi era stato uno scontro, che sapeva non si sarebbe più ripetuto? Non era successo nulla di eclatante, anzi a dire la verità non era accaduto nulla, quel ragazzo non aveva nemmeno aperto bocca. Il moretto la costrinse a mettersi seduta su una panchina, circondata dai suoi compagni.

-Parla!- la spronò mettendosi seduto accanto a lei. Sapeva bene che quando l’amica piombava in quello stato di alienazione dal resto del mondo c’era sempre qualcosa che la turbava o che per lo meno le dava pensiero. La conosceva fin troppo bene ormai.

-Beh, oggi venendo qua mi è capitato di…- esordì credendo che forse parlandone sarebbe riuscita a togliersi dalla mente l’immagine di quegli occhi ametista che fissavano i suoi. Aveva tutta l’intenzione di farlo, almeno fino a pochi attimi prima, ma si bloccò improvvisamente, si sentiva un po’ stupida a raccontarlo e non voleva fare una simile figura. Senza contare che loro non avrebbero capito perché erano tutti…ragazzi. A volte desiderava avere una ragazza come amica, certo stava bene e si divertiva un mondo con loro però…non era sempre facile parlare con loro proprio di tutto e su alcune cose non ci riusciva proprio.

-Non posso dirlo!-

-E perché scusa?- domandò Max, seduto sul prato, proprio di fronte alla brunetta.

-Perché…è imbarazzante!- fece arrossendo.

-Imbarazzante?- continuò il biondino.

-Scusa, che cosa puoi aver fatto di così imbarazzante nel percorso che va da casa tua a qui?- gli chiese Takao stupito.

-Beh, ho fatto un incontro che…mi ha lasciato il segno- i suoi compagni la guardarono scettici –Avete mai incontrato per caso qualcuno che non avevate mai visto prima, di cui non sapete nemmeno il nome ma a cui continuate a pensare?-

La loro espressione parlava da sola, non c’era bisogno che rispondessero perché Hilary potesse avere una risposta, si comprendeva perfettamente che pensavano che fosse completamente impazzita. Mise il broncio, sapeva che non avrebbero capito, e adesso le toccava raccontare tutto per filo e per segno, ma perché gliene aveva parlato? 

 

Intanto Kai continuava a studiare ogni suo movimento da lontano, nascosto ancora sotto quell’albero a cui si era appoggiato appena aveva messo piede nel parco. Gli aveva fatto uno strano effetto quando la brunetta gli era venuta addosso, quando quei suoi occhi color cioccolata timorosi e sorpresi avevano incrociato i suoi per qualche breve attimo. Prima di allora non aveva mai avuto contatti così ravvicinati con le vittime prima che diventassero “vittime”. C’era qualcosa in lei che inconsciamente lo attirava anche se non avrebbe saputo dire di preciso cosa.

Un ragazzo gli si avvicinò, spostando l’attenzione su Hilary. Si portò le mani in tasca, sinceramente si era stancato di stare lì a tenere d’occhio quella ragazzina, il capo gli aveva ordinato di farlo ma lui non ne vedeva l’utilità, anche perché entro quella sera stessa sarebbe stata nelle loro mani.

-Sei pronto per questa sera?- gli chiese Yuri.

-Come sempre-

-Ci daranno una mano anche Boris e Serjey,-

-Bene- Kai continuava a tenere gli occhi fissi su di lei, a dire la verità non li aveva staccati nemmeno per un secondo da quando era arrivato in quel parco, tanto che se ne stupì anche il suo compagno.

-Non ti ho mai visto interessarti tanto ad una vittima…-

-Con questo che vorresti dire?- il suo tono freddo di voce lasciò del tutto indifferente il russo che si limitò ad alzare le spalle, in realtà non voleva insinuare nulla, la sua era semplice curiosità. Si sdraiò sull’erba intrecciando le mani dietro la testa lasciando alla brezza leggera che spirava dal mare di solleticargli il viso mentre ripassava mentalmente il piano che avrebbero dovuto attuare quella sera stessa. Era tutto pronto, appena si sarebbe trovata da sola l’avrebbero presa, addormentata e trasportata fino al luogo dove l’avrebbero tenuta sotto sequestro. Sarebbe stato fin troppo facile, avevano fatto ben altro. Sperava solo che quell’incarico non durasse troppo, tenere imprigionata una mocciosa lo riteneva poco divertente, erano le missioni d’azione quelle che lui prediligeva .

 

-Non rimani a dormire qui, Hilary?- la ragazza lanciò uno sguardo fuori dalla finestra, il sole non era ancora tramontato del tutto ma stava già calando la sera.

-No, oggi mio padre torna presto e voglio stare un po’ con lui, di solito rientra a casa tardi e io non lo vedo molto spesso-

-D’accordo, ma non è meglio se ti accompagniamo?-

-Non preoccuparti Takao, casa mia non è poi tanto lontana da qui- si divertiva sempre un mondo quando rimaneva a dormire a casa del suo amico, per un motivo o per un altro Takao e Daichi finivano quasi sempre per litigare tra loro inseguendosi l’un l’altro per tutta la casa finché non arrivava Nonno J munito di spada che li rincorreva entrambi e riportava la pace nella villa che piombava nel silenzio, eccezione fatta per i lamenti e mugugni delle due povere vittime riguardo ai bernoccoli che si ritrovavano sulla testa.

La brunetta salutò i suoi compagni e si diresse verso casa sua, incamminandosi per le vie di Tokyo. Si strinse nella maglia, la temperatura era scesa di qualche grado e l’aria si era fatta decisamente più fresca. Le strade erano deserte, cominciava a pentirsi di non aver accettato la proposta di Takao di farsi accompagnare…si bloccò di colpo, un brivido gelido la attraversò dalla testa ai piedi, aveva come la sensazione di essere seguita. Si voltò di scatto con il cuore che le batteva a mille ma non vide nessuno. Si diede della paranoica e riprese a camminare eppure non riusciva a far cessare quell’ impressione di sentirsi osservata, era come se qualcuno le puntasse gli occhi addosso. Accelerò il passo, così sarebbe arrivata prima a casa e si sarebbe fatta un bel bagno caldo per rilassarsi ma purtroppo qualcosa mandò all’aria i suoi piani…

Girò l’angolo e quella sensazione continuò a farsi sentire e anzi accrebbe quando udì chiaramente dei passi veloci e pesanti risuonare dietro di lei. Cercò di calmarsi, in fondo poteva benissimo trattarsi di qualcuno che andava nella sua stessa direzione…però i nervi la stavano uccidendo perciò si voltò di nuovo ma non vide nulla se non un’ombra avvicinarsi a lei e afferrarla. Hilary cercò di divincolarsi, due mani la tenevano ferma per i polsi mentre altre due la bloccavano per le spalle. Aveva tutta l’intenzione di urlare ma sentì qualcosa premerle sulla bocca che le impedì di farlo. Non riuscì a realizzare quello che stava accadendo, avvertì solo un sapore dolciastro sulle labbra e uno strano odore, poi le palpebre le divennero improvvisamente pesanti…   

 

-Però…- fece Yuri dopo aver rivolto lo sguardo verso la ragazza che dormiva beata sul sedile posteriore della macchina, ignara di essere stata costretta dentro un’automobile che l’avrebbe portata in un luogo che non era casa sua e che di certo che non le sarebbe piaciuto.

-E’ carina- concluse continuando a squadrarla dalla testa ai piedi.

-Piantala Yuri- lo riprese Kai senza staccare gli occhi dalla strada mentre guidava nella notte ormai inoltrata. Erano distanti dalla città e si stavano dirigendo in aperta campagna, dove le abitazione erano pressoché inesistenti. L’auto fu condotta su una stradina non asfaltata, quasi una mulattiera poco frequentata, anzi nessuno ci passava più. Si fermò qualche chilometro più avanti vicino a quella che aveva tutta l’aria di essere una vecchia casa abbandonata, appartenuta probabilmente a qualche contadino, dato che nelle vicinanze c’erano enormi distese di terreno. Il luogo ideale per un sequestro, lontano dalla civiltà, nella solitudine totale, eccezione fatta per le persone che collaboravano al rapimento.

Dal buio apparvero altri due ragazzi che venivano in direzione della macchina, si trovavano già sul posto per preparare “l’accoglienza” della ragazza.

-Ce ne avete messo di tempo!-

-Non è stata colpa nostra Boris, la ragazzina si è trattenuta dai suoi amichetti più a lungo di quanto avevamo programmato- fu Yuri a rispondergli.

-E’ andato tutto bene?- domandò l’altro, Serjey, dalla stazza di un armadio.

-Si, certo. Lei è nella macchina- gli disse indicandogli la vettura dietro di lui –Portala dentro- continuò mentre estraeva dalla tasca dei pantaloni un cellulare, doveva avvertire il capo che l’operazione era riuscita senza intoppi. Si allontanò in cerca di campo, purtroppo oltre ad essere isolata quella zona non era neanche il massimo della copertura telefonica, mentre Serjey prendeva in braccio la brunetta, ancora narcotizzata, e la portava dentro la vecchia casa, accompagnato da Boris.

La sistemarono in quella che doveva essere la stalla, ormai umida e di certo non nelle migliori condizioni, l’intonaco cadeva a pezzi e si sentiva un penetrante odore di muffa. Il biondo la poggiò sul pavimento, sopra un mucchio di paglia ammuffita e il compagno pensò a legarle mani e piedi, per impedirle di scappare al suo risveglio.

-E adesso che dovremmo fare con lei?-

-Tenerla buona qui fino a che il padre non accetterà le condizioni del capo-

-Di solito il capo ci affida incarichi meno noiosi…immagino già che appena si sveglierà comincerà a lagnarsi- fece sbuffando. L’altro alzò le spalle.

-Serjey…ma Kai dov’è?-

-Non ne ho idea-

-Al solito…- si lamentò, gli era stato detto di non allontanarsi troppo per ridurre al minimo il rischio di esseri visti, ma quel ragazzo non stava ad ascoltare nessuno. Senza aggiungere altro i due uscirono facendo attenzione a chiudere accuratamente la porta in modo che la brunetta non avesse vie di fuga.

 

Passò qualche ora e il sonnifero cominciò ad esaurire il suo effetto, Hilary aprì lentamente gli occhi ma non vide nulla, il buio più totale. Sentiva di essere sdraiata su qualcosa di non proprio comodo e morbido, sembravano spighe, o paglia secca, a giudicare dalla punte ruvide che le graffiavano la pelle scoperta ad ogni suo movimento. Provò ad alzarsi ma c’era qualcosa che glielo impediva, non riusciva a muovere i piedi, e nemmeno le mani. Si voltò sull’altro fianco, da quella posizione poteva scorgere una parte del luogo in cui si trovava attraverso la luce della luna che entrava dalla finestra in alto. Quindi era notte…ma chi ce l’aveva portata lì? Sentì i polsi intorpiditi e cominciavano a dolerle, c’era qualcosa che li teneva stretti l’uno con l’altro dietro la sua schiena, bloccandole quasi la normale circolazione.

-Una corda- si sforzò di romperla ma quella era troppo spessa e stretta perché potesse riuscirci e la stessa cosa valeva per le caviglie.

-Ma dove sono?- più si guardava intorno più sentiva crescere la paura dentro di sé, era in trappola, non poteva muoversi, non sapeva in che luogo si trovasse, che ora fosse, ma soprattutto come ci era arrivata. Era ovvio che ce l’avesse portata qualcuno, ma chi? E poi perché, cosa volevano da lei? Temeva anche di urlare o chiedere aiuto, avrebbe potuto esserci chiunque dietro quella porta…ma se non provava non l’avrebbe mai saputo.

I suoi dubbi però si sarebbero presto dissolti, qualcuno già armeggiava con la porta, sembrava avesse l’intenzione di entrare.

Hilary si rannicchiò in un angolo spaventata a morte mentre sentiva il cuore batterle a mille dal terrore…

 

CONTINUA…

 

 

Non credo che abbandonerò mai la modalità bastard inside!!! (sadica! nd.tutti) Però non dovrei metterci molto ad aggiornare!!! Fatemi sapere che ne pensate di questo secondo chappy!! Ciao ciao!!!!!!!!!  

  
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