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Autore: Selene Silver    24/01/2010    0 recensioni
Sembrava vivere in un mondo diverso dal suo, invisibile da vedere, ma facile da trovare, almeno per lei: le bastava aprire un libro. Allora - hop - si vedevano quegli occhi scuri scorrere fra le pagine ricche di parole. Ma, prima ancora d’aprirlo, era d’obbligo per lei osservare la copertina del volume che si apprestava a leggere; come se stesse salutando un vecchio amico o studiando un conoscente per capire se già dai vestiti sarebbe stato di suo gradimento.
Non sarebbe mai stata così socievole con un essere umano, e lui lo sapeva.
In pratica, è la mia ode personale ai libri. Quanto li amo!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cosa pensare di sua sorella? Il bambino non lo sapeva.
Sembrava vivere in un mondo diverso dal suo, invisibile da vedere, ma facile da trovare, almeno per lei: le bastava aprire un libro. Allora - hop - si vedevano quegli occhi scuri scorrere fra le pagine ricche di parole. Ma, prima ancora d’aprirlo, era d’obbligo per lei osservare la copertina del volume che si apprestava a leggere; come se stesse salutando un vecchio amico o studiando un conoscente per capire se già dai vestiti sarebbe stato di suo gradimento.
Non sarebbe mai stata così socievole con un essere umano, e lui lo sapeva.
Eppure, quando s’immergeva nella foresta di carta stampata che tanto amava, il suo viso di solito distante cambiava: s’illuminava di luce e, fra le sopracciglia, compariva un piccolo solco di concentrazione.
Giungeva poi, tuttavia, un certo momento in cui i suoi tratti si distendevano, e da questo si capiva che era del tutto persa nei meandri di una nuova storia, alla scoperta di un nuovo mondo; a far conoscenza con ladri gentiluomini e draghi dalle squame cangianti d’arcobaleno.
Quando la vedeva così, provava una fitta di gelosia: sapeva che lui non avrebbe mai viaggiato tanto lontano solo con gli occhi della mente, che non sarebbe mai stato capace di mollare a tal modo la presa sulla realtà.
Però c’erano altre volte in cui non la invidiava affatto: quando moriva un personaggio a lei caro, allora sua sorella rimaneva inconsolabile per giorni, come fosse morto un caro amico, un innamorato, un fratello, e quando finiva un libro era d’umore ancor più bizzarro. A volte sospirava, felice e appagata dal finale, altre rimaneva per ore in silenzio, pensosa.
Ma sotto quei sentimenti, covava una sottile lama di malinconia, come se avesse perso la chiave per aprire il forziere dei suoi tesori. Per almeno due giorni continuava a portarsi dietro il libro, a sfogliarlo, a rileggere le pagine che più aveva amato, con una specie di dolce dolore.
Finché non trovava una nuova storia, e non tornava a catapultarsi in quel labirinto di lettere che sembravano uscire dalle pagine e circondarla, come uno stuolo di protettivi amici.
Ma Lily era fatta così.
Raramente raccontava ciò che leggeva, e a lui dispiaceva. Ma capitava a volte che fosse insieme a lei quando finiva un libro, ed allora poteva conoscere il suo parere sulla nuova storia senza doversi basare solo sull’espressioni del suo viso. Per esempio, un giorno erano seduti insieme al tavolo del tinello; lui faceva i compiti e lei, ovviamente, leggeva.
Ma d’un tratto girò l’ultima pagina, e si ritrovò davanti ad una bianca, dove le parole non si erano ancora insediate come piccoli germogli poi fioriti.
Lily richiuse il libro con un lieve tonfo che fece alzare la testa al fratello, e rimase per un po’ a contemplarne la copertina, con una lacrima che le cadeva sulla guancia. Poi l’asciugò e con quel gesto riportò il sorriso; si strinse il volume al petto e commentò, alzandosi: << Proprio un bel libro >>.
E tornò in camera sua, con quella dolce malinconia sul viso.
Quando era in quello stato d’animo, sembrava lontanissima dal mondo intero; si chiudeva nella propria stanza e per molto tempo ne potevano uscire solo due suoni: il frusciare delle pagine oppure il ticchettio della tastiera del computer sotto le sue dita.
Allora il fratellino si sentiva escluso dalla magia che permeava, in modo segreto, nel mondo di sua sorella, e Lily lo sapeva, ne era certo.
Per questo, forse, a volte lui aveva il permesso di entrare a farle compagnia. Era l’unico a cui lo concedesse, a parte il suo gatto. Era molto felice, quando accadeva, e pure onorato.
Magari, se faceva il bravo, Lily gli avrebbe procurato un po’ di polvere di fata.

*


Lily era figlia del primo matrimonio di suo padre, ma sorprendentemente lei e Serena, la sua matrigna, erano sempre andate d’accordo.
Era in ogni caso molto più grande sia di Samuel, che era il fratello maggiore ed aveva tredici anni, che di Alessandro, che invece ne aveva nove, e per comodità tutti lo chiamavano Al, tanto che da piccolo aveva creduto per molto tempo che fosse quello il suo nome. Il fratello lo prendeva ancora in giro, per questo.
Lily aveva invece vent’anni, e non andava più a scuola; ad entrambi i ragazzi sembrava un sogno. Al sapeva che la sorella lavorava, ma non aveva idea di cosa facesse; sapeva solo che era un lavoro casalingo, visto che non usciva spesso, che era a causa del proprio mestiere che si chiudeva in camera a picchiettare sulla tastiera del computer.
Al la stimava tantissimo, anche se non sapeva cosa facesse per vivere.
Disegnando la propria famiglia, raramente la ritraeva come un essere umano; a volte era una fata, altre una rondine, un gatto, uno scoiattolo, un gufo.
Quando Lily lo seppe, ne rimase molto lusingata.
Perché sua sorella era proprio così: una fata piena di magia, libera come una rondine, morbida e selvatica come un gatto, dolce e carina come uno scoiattolo, una creatura notturna come un gufo.
Al sapeva che lei non andava mai a dormire alle nove e mezzo come doveva fare lui, o alle dieci e mezza come suo fratello; a volte, quando si svegliava in piena notte a causa di un incubo, ed erano tipo le cinque del mattino, sentiva il frusciare delle pagine dei suoi libri provenire dalla camera attigua alla sua, e quel suono rassicurante, benché ancora non fosse un vorace lettore come lei, era uno di quelli che conosceva meglio al mondo.
E cullato da quel cartaceo respiro, si riaddormentava sempre, e riposava tranquillo fino al risveglio.
Lily era la migliore sorella che si potesse desiderare; una creatura notturna ed un’esperta di magia. Che poi, quando Samuel lo prendeva in giro, lo difendeva, e se Al diceva che suo fratello non aveva paura di nulla, si metteva a ridere e a dire che lui non lo ricordava, ma per molto tempo era stato talmente più pauroso di Al da tremare in continuazione e squittire come un coniglio.
Da quelle chiacchierate, il bambino usciva sempre molto felice, e riusciva ad essere coraggioso anche per una settimana.
L’importante era che ci fosse Lily, allora lui poteva diventare un principe in armatura d’oro.
Gliel’aveva chiesta, una volta, un po’ di polvere di fata. Lei aveva riso e, sfiorandogli il naso con la punta del dito, aveva detto; << Non serve mica la polvere di fata, Al. Basta che qualcuno creda in te >>
E anche se non l’aveva detto, lui lo sapeva che quella persona c’era, ed era lei.

*


Quella notte Al si svegliò in preda agli incubi.
Un uomo bruttissimo, con le mani di forbici, che aveva visto in un film di cui Samuel l’aveva costretto a guardare una parte prima che Lily arrivasse a liberarlo, lo aveva inseguito per tutti i suoi sogni.
Ansimante, avrebbe tanto voluto andare a rifugiarsi nel letto del fratello, dove da piccoli si rannicchiavano sempre quando avevano paura. Ma ora, non osava!, oppure Samuel l’avrebbe chiamato femminuccia, e assolutamente al fratellino non piaceva quando lo faceva.
Però un’altra persona che sapeva cacciare via gli incubi altrettanto bene la conosceva! Stringendosi addosso il pigiama, affrontò quel corridoio buio fino alla porta verniciata di azzurro e ricoperta di adesivi fosforescenti; da sotto l’uscio filtrava una debole luce, così il bambino bussò, ma non attese di sentire un invito per infilare dentro la testa.
Sua sorella era avvolta in un bozzolo di coperte, con la lampada accesa, e ovviamente aveva appena alzato la testa dal libro per guardarlo con una sorta di curiosa rassegnazione: era abituata al fatto che, dopo gli scherzi del fratello, ad Al venissero gli incubi e lui l’andasse a cercare.
Tuttavia, si tolse una ciocca di capelli dagli occhi e chiese; << Che c’è, Al? >>
<< Ho fatto un brutto sogno >>bisbigliò lui, come se il solo parlarne potesse evocarlo. Lei alzò gli occhi al cielo, ma con discrezione, per non offenderlo, e picchiettò il materasso affianco a sé.
Il piccolo non se lo fece ripetere due volte; chiuse la porta e, veloce come un gatto, salì sul letto. Lily lo avvolse nella coperta per riscaldarlo.
Funzionò subito, ed i piedi di Al, infreddoliti dalla corsa scalza sulle piastrelle del corridoio, si scaldarono all’istante. Questo trucco tuttavia non aveva effetto con la sorella che, per qualche strano scherzo del caso, aveva sempre mani e piedi gelidi. Se fosse stato un po’ più grande, Al avrebbe detto che Lily sembrava un vampiro, ma era ancora nell’età in cui dei vampiri si ha paura, e non si vuole invece incontrarli, per cui il paragone non gli venne in mente che anni dopo.
Lily tirò fuori dallo spazio fra il muro ed il letto una barretta di cioccolato e gliene porse una striscia; teneva sempre un po’ di cioccolato con sé, perché le piaceva molto ed anche perché serviva a calmare il fratellino.
Infatti, le palpitazioni di Al si placarono quasi immediatamente, e lui si rannicchiò addosso alla sorella, che chiese: << Va meglio, adesso? >>
Lui annuì.
<< Vuoi raccontarmi il tuo incubo? >>domandò ancora lei.
Ma il piccolo fece “no” con la testa: era troppo spaventoso.
<< Va bene >>sospirò Lily. << Io giuro che Samuel l’ammazzo >>mormorò poi.
Al sapeva che scherzava; anche se litigavano spesso Lily e Sam si volevano bene, e lei affermava sempre che fra qualche anno sarebbe piaciuto molto alle ragazze. Non per il suo aspetto, però, anche se non era affatto male, ma per la sua “bastardaggine”.
Lily riabbassò la testa sul libro; fu come se se ne fosse improvvisamente andata, e Al si sentì di nuovo solo e pieno di paura, anche se sentiva il calore del corpo della sorella ed il frusciare delle pagine accanto a sé.
Con le manine ancora grassocce d’infanzia, mise un segnalibro che trovò sul comodino fra le pagine e chiuse con gentilezza il volume.
Lily alzò la testa ed ebbe un piccolo sorriso: se l’era aspettato.
<< Ti prego, Lil! >>sussurrò il fratello in tono d’urgenza << Per stanotte rimani qui con me. Raccontami qualcosa che mandi via la paura! >>
<< Vuoi che legga ad alta voce? >>
<< No, no >>fece lui, scuotendo la testa. << Inventa tu >>e le si rannicchiò ancor più vicino per ascoltare meglio, perché sua sorella era brava a raccontare storie quanto lo era a leggerle.
<< Va bene >>acconsentì lei, posando il libro sul comodino e mettendosi comoda. Non c’era neppure bisogno di chiedergli cosa volesse ascoltare; Lily conosceva suo fratello così bene che non avrebbe potuto sbagliare.
Così , cominciando con “C’era una volta”, per onorare le migliori tradizioni, Lily raccontò la storia di una timida ragazza che rifiutò un potente stregone perché innamorata di un mangiafuoco, e questi la trasformò per vendetta in unicorno, che però, nelle notti di plenilunio, poteva tornare umano. Narrò di come il mangiafuoco codardo trovò il proprio coraggio per salvare la donna amata, di come fosse aiutato da intrepidi saltimbanchi suoi amici, di come, nella notte di luna piena, insieme all’innamorata avessero sconfitto il mago malvagio e che alla fine sposò la sua bella.
Lily raccontò mormorando, eppure riuscendo ad imprimere ad ogni frase il giusto tono, e a creare una voce per ciascun personaggio, finché il fratello non si addormentò al suo fianco.
Silenziosamente, si alzò allora dal letto, piano, per non svegliarlo. E nella propria miglior grafia, scrisse quella favola su un quadernetto con la copertina variopinta.
Dentro quel taccuino c’erano tante storie, e ce ne sarebbero state molte altre ancora.

*


Tre mesi dopo, Al si svegliò nel proprio letto e ricordò con meraviglia che era il sei gennaio: pieno di apprensione, si voltò verso la testiera del letto, dove di solito sua madre e suo padre gli appendevano la calza con i regali, ed eccola lì, rossa e verde, come tutti gli anni addietro!
Pazzo di gioia, ne riversò il contenuto sulla coperta: ne caddero dolciumi, macchinine, un ciuccio da parte di Samuel e… cos’era quello?
Sul piumino c’era un quadernetto dalla copertina rigida colorata. Lo prese con mani tremanti ed ansiose, e lo aprì alla prima pagina.
In una grafia ordinata, c’era scritto:

Per scacciare i brutti sogni.
Ti voglio bene.
Lily


Lo sfogliò, con il viso illuminato dalla felicità; dentro c’erano tutte le storie che la sorella gli aveva raccontato, più qualcuna inedita.
Erano le nove e, conoscendo Lily, probabilmente era andata a dormire solo due ore prima, ma per una volta decise che due ore erano più che sufficienti.
Così Al si alzò, corse verso la camera della sorella e ne spalancò la porta.
Quel poco che riusciva a vedere di Lily era nascosto sotto un mucchio di coperte, con il viso rilassato nel sonno, ed un paio di occhiaie scure sotto gli occhi.
Ma questo non impietosì certo il bambino! Le saltò addosso, rimbalzando sul materasso, e l’abbracciò di colpo, tanto che Lily urlò per lo spavento. Poi capì che era lui e bofonchiò: << Maledetta peste >>
<< Grazie, Lil!! >>urlò lui.
<< See, see >>fece lei, fingendosi infastidita, anche se Al la vide sorridere con un certo compiacimento. << Vai a svegliare Samuel, va’. Così farai venire un accidenti anche a lui >>lo invogliò, girando verso la parete per rimettersi a dormire.
Al rise ed obbedì baldanzoso; un attimo dopo fin nella camera della ragazza si udirono gli strilli indignati di Samuel, che non si era mai svegliato tanto presto in vita sua. Nemmeno lei, d’altro canto.
Rise silenziosamente, Lily, e ad occhi chiusi, prima di addormentarsi di nuovo, pensò che fare da Befana al suo fratellino preferito, in fin dei conti, aveva anche i suoi vantaggi.


E' una idea che mi ha fatto venire quella sottospecie di ameba del mio caaaro cugino ripensando a com'era quand'eravamo più piccoli e io gli leggevo ad alta voce il libro che stavo leggendo per farlo star zitto.
All'inizio i nomi dei personaggi erano quelli dei figli di Harry Potter (non so perchè...), ma poi, visto che non volevo fare una ff di H.P. li ho cambiati (più o meno) specificando che Al voleva dire Alessandro. Lily l'ho lasciata così perchè mi piace molto, come nome.
Il titolo è tirato a caso. All'inizio avrei voluto chiamarlo "La maga di parole ed il suo inetto fratello", ma poi ho pensato che era meglio di no...
Riguardo alla categoria... L'ho messo come "generale" perchè ultimamente ho dei seri problemi a catalogare ciò che scrivo. Sarà che niente ha un posto preciso, nella mia testa (troppo disordine)...
Voi che leggete, vi prego, commentate!
  
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