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Autore: Little Nanny    25/01/2010    1 recensioni
“ Quel nuovo calore era luce, era vita e quando una mano la raggiunse ripetendole – Siamo qui! – seppe che era possibilità e speranza di ricostruire tutti insieme un nuovo mondo fatto di solidarietà ”
Un piccolo squarcio di vita dal punto di vista di chi, in una situazione come quella narrata, non può fare altro che sperare.
Genere: Generale, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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come una fenice

Titolo: Come una fenice

Generi: Drammatico, Generale, Malinconico
Rating: Verde

Avvertimenti: One-shot
Presentazione:
Quel nuovo calore era luce, era vita e quando una mano la raggiunse ripetendole – Siamo qui
! – seppe che era possibilità e speranza di ricostruire tutti insieme un nuovo mondo fatto di solidarietà ” Un piccolo squarcio di vita dal punto di vista di chi, in una situazione come quella narrata, non può fare altro che sperare.

 

COME UNA FENICE

 

 

Neanche il buio infelice

Potrà interrompere questa danza

E Come una fenice

Risorgerà la speranza(*)

 

 

 

 

Non credeva che potesse succedere.

Non ci poteva credere.

Non ci voleva credere.

Non a lei.

Non a loro.

Una scossa di terremoto quel pomeriggio aveva fatto vibrare la terra, l’aveva fatta tremare e piegare sotto la sua forza.

Violenta e imprevedibile la natura si era ribellata ancora una volta contro l’uomo facendogli capire che non può mai essere l’uomo a comandare con i suoi bisogni futili e vuoti.

Ciò che la natura ha creato non può essere sfruttato dall’uomo e se ciò accade le conseguenze non possono che essere orribili.

Era tutto buio e lei era intrappolata li, tra un cumulo di macerie, senza riuscire a respirare, senza avere la più pallida idea di ciò che fosse capitato ai suoi genitori, ai suoi fratelli, ai suoi amici.

Si chiese cosa succedesse fuori, quante altre persone come lei erano nelle sue condizioni, ma non seppe darsi risposte tanto meno avrebbe voluto pensarci.

Non sapeva quanto tempo sarebbe rimasta lì, non sapeva se prima o poi sarebbe uscita da quel piccolo cunicolo che stretta l’aveva intrappolata e inconsapevolmente salvata dalla frana del tetto della sua stessa casa, dello stesso luogo sicuro che l’aveva protetta fino ad ora.

La sua casa, quella che ora altro non era che un cumulo di macerie distrutte, così come le sue speranze, come i sogni che le erano stati strappati e che sembravano, ora più che mai, così lontani dal poter essere realizzati.

Lacrime irruenti e piene di dolore cominciarono a strabordare dai suoi occhi rossi, per la polvere che inevitabilmente si trovava a respirare e per le lacrime trattenute.

Quelle scie bollenti bruciavano terribilmente a contatto con il corpo caldo e nonostante volesse cancellare ogni segno di quella sua debolezza con un gesto della mano, non poteva, non ci riusciva.

Non era certa di quanto tempo fosse passato, un ora, un giorno, forse di più, non lo sapeva e tanto meno avrebbe voluto saperlo, non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione.

Il pensiero della mattina, iniziata come tutte le altre si fece spazio con forza nella sua mente.

La sveglia che suona.

La colazione.

Quelle noiose ore costretta tra un banco della scuola che tanto odiava.

Non potette fare a meno di paragonare quella prigionia così sicura in confronto al posto lugubre in cui ora era costretta.

Al pensiero della madre che poche ore prima l’aveva riportata a casa dopo la scuola il suo cuore che già lento lottava per rimanere in vita perse qualche battito, tanto forte era il suo dolore.

Non era un dolore fisico, si, il corpo le doleva raggomitolato com’era sotto strati di cemento, ma  quel dolore che le lacerava il petto era ben altro.

Più violento, impetuoso, straziante, insopportabile.

Non riuscì a trattenere un singhiozzo, un altro, e un altro ancora.

Qualcosa si mosse sopra di lei.

Altre macerie caddero.

E lei urlò.

Aveva paura.

Non la stessa paura di un interrogazione a sorpresa, o di film horror.

Quella paura era vera, viscerale, le attanagliava lo stomaco, la faceva tremare da capo a piedi e pregare, pregare per se stessa, per riuscire a sopravvivere, pregare per le persone che amava e che non sapeva come stessero o dove fossero.

Cominciò a canticchiare qualcosa, ma la paura le impediva di emettere alcun tipo di suono.

Ci riprovò.

Un rantolio sommesso seguito da un singhiozzo la fece nuovamente tremare.

Cercò di riuscirci non doveva pensare alla paura, non doveva pensare a quante persone come lei fossero intrappolate tra le macerie delle loro abitazioni.

Voleva pensare invece a quante si erano ritrovate per strada, vive.

A quante altre ora abbracciavano i proprio figli, madri, conoscenti.

Ma ancora di più voleva pensare a quelli che la stavano cercando, perché qualcuno, era sicura, la stava cercando.

Doveva essere così.

Non era a conoscenza dei danni che vi erano all’esterno, tutto ciò che poteva vedere era il buio che l’avvolgeva, nient’altro.

Pianse ancora.

A quel buio si stava abituando e nonostante si ripeteva che non poteva, non doveva cedere, i suoi occhi erano stanchi e piano cominciava a perdere la sensibilità del suo corpo.

Lo stesso corpo che fino a poco tempo fa odiava perché troppo inadatto al mondo secondo i suoi occhi così abituati alla falsa bellezza.

La fame era tanta, il bisogno di sentire qualcuno dei suoi familiari abbracciarla e confortarla oltremisura, la voglia di vedere di nuova la luce incontenibile, la paura di addormentarsi e non svegliarsi più era ancora più incontrollabile.

La massa di distruzione che la sovrastava scricchiolò ancora.

Istintivamente chiuse gli occhi cercando di coprirsi quanto più poteva anche se, ben sapeva, inutilmente.

- C’è qualcuno? – gridò una voce.

Il mondo le sembrò crollare.

Stava forse sognando?

Cercò di gridare, ma non ci riusciva.

Si sforzò ancora e parlò più forte.

Ancora, ancora e ancora.

Se qualcuno era lì doveva sentirla.

- Sono qui! – gridò più che poteva - … aiutatemi, vi prego – sussurrò sfinita.

Sentì quella stessa voce angelica risponderle, chiamare altro aiuto.

L’avevano trovata.

L’avrebbero salvata.

C’era davvero speranza per lei, allora?

Sentì due mani scavare, a quelle mani aggiungersene altre e poi altre ancora.

Sentiva gli uomini scavare e una donna urlare un nome. Il suo nome.

- Mamma … - sussurrò.

Vide un piccolo spiraglio dinanzi a lei, lì dove quelle mani scavavano per darle la possibilità di vivere ancora.

Un raggio di sole la colpì poco sopra le sue labbra.

Sentiva il suo calore aggiungersi al caldo asfissiante del suo rifugio scavato, ma riuscì a coglierne la differenza.

Quel nuovo calore era luce, era vita e quando una mano la raggiunse ripetendole – Siamo qui! – seppe che era possibilità e speranza di ricostruire tutti insieme un nuovo mondo fatto di solidarietà.

 

 

 

 

La speranza è un prestito fatto alla felicità.

Antoine Rivarol

 

 

 

 

 

 

 

(*) Questa sottospecie di poesia è stata inventata da me e scritta sul momento. Per quanto riguarda il titolo esso si riferisce alla speranza che come un’araba fenice può sempre rinascere dalle sue ceneri.

 

 

 

Note dell’Autrice:

 

Buon Pomeriggio!!!

Volevo prima di tutto darvi due spiegazioni su questa mia one-shot, sia sul tema che affronta, sia su quella che vorrebbe essere la morale.

Innanzitutto spero che i contenuti siano stati chiari, ho preferito rimanere sul vago senza spiegare chi sia il protagonista poiché credo sia giusto che i protagonisti siano tutti e allo stesso tempo non sia nessuno.

Allo stesso modo il tempo e il luogo sono imprecisati, si può riferire ad un terremoto recente, come quello di Haiti, o a quello che poco tempo fa ha colpito l’Abruzzo, così come si può riferire ad un avvenimento avvenuto decenni fa.

Fortunatamente io non ho vissuto in prima persona niente di quello che ho narrato, ma scossa dai recenti avvenimenti ho provato a immaginare quali potessero essere le paure, i desideri e le speranze di chi, purtroppo, direttamente o meno ha dovuto fare i conti con questa situazione.

Ciò che volevo far capire è che al di là dei nostri problemi, di tutto ciò che ci rende infelice c’è sempre chi con poco riesce a trovare alla fine del buio una luce in cui sperare, un aiuto.

 

 

Detto questo vi ringrazio per aver anche solo letto e volevo ricordarvi che se avete bisogno di chiarimenti o altro potete contattarmi o lasciarmi una recensione, poiché essendo un “territorio” abbastanza particolare mi farebbe piacere che esponeste le vostre critiche, i vostri dubbi e perché no, le vostre impressioni, positive e negative che siano.

Ros

 

   
 
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