Anime & Manga > Death Note
Ricorda la storia  |      
Autore: LittleRedRidingHood    26/01/2010    1 recensioni
Era preoccupato per lui, certo che lo era. Ma se Mello si metteva in testa di fare qualcosa, era impossibile levargliela. // Aveva sempre lottato, nella sua vita. Per essere il migliore, per avere successo in quello che voleva. Quella volta non lottò, perché sapeva che sarebbe stato solo inutile.
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Matt, Mello
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Dovevo scrivere qualcosa. E questa è una delle cose migliori che ho scritto, l'unica in cui non sono mai stata così IC. Dedicata a Mello e Matt. Sleep in peace, my angels.
--------------------------------------------------------------------------------------

Before the End.

Sterzò così forte che i dischi dei freni gemettero disperatamente.
Si tenne stretto al volante, i piedi saldamente fissati al fondo della macchina. Sentì urla dietro di sé, mentre ripartiva a tutta birra, uscendo dalla nube di fumo che aveva creato lui stesso, con la pistola a proiettili fumogeni.
Mentre la velocità aumentava, si lasciò sfuggire un grido belluino, di soddisfazione e trionfo. Negli ultimi mesi era rimasto troppo tempo a non fare nulla, affogando nel mare di mozziconi di sigaretta e pacchetti di patatine vuoti, atrofizzandosi il cervello a forza di giocare ai videogames, spiando ogni tanto le mosse di quei tizi.
Sterzò nuovamente, all’improvviso, per cercare di confondere le auto nere che lo inseguivano. Non erano troppo vicine, ma nemmeno particolarmente lontane. Lanciò uno sguardo allo specchio retrovisore e schioccò la lingua in segno di disappunto, poi fece un sorriso sghembo e pensò a lui, a ciò che stava per  fare, o meglio, che aveva già fatto.
Quando gliel’aveva detto, aveva riso. ‘Cazzo era quello, un film di spionaggio? Ma vedendo la sua espressione seria aveva capito che non scherzava affatto.
“Come vuoi” aveva detto, scrollando le spalle, “tanto sei tu a morire, non io”.
Lui aveva mormorato un sottilissimo ‘grazie’ e se n’era andato.
Aveva sbuffato. Era preoccupato per lui, certo che lo era. Ma se Mello si metteva in testa di fare qualcosa, era impossibile levargliela.


Mello lesse negli occhi di Lidner uno sguardo interrogativo. Ma anche uno risoluto e deciso. Insomma, come se non sapesse che andava incontro alla morte, poco ma sicuro. E Lidner lo sapeva anche lei, ecco perché quello sguardo. Forse quella era l’ultima volta che si vedevano, ecco perché. E perché in fondo, lui le piaceva.
Mello la vide fare un cenno impercettibile prima che lui, con Kiyomi Takada che gli stringeva il torace, partisse sgommando con un rombo sonoro di motore.
Mentre sentiva le automobili della scorta della Takada dietro di sé, pensò al fatto che forse quella era l’ultima corsa in moto che faceva. Quasi si sorprese nell’accorgersi che non gli faceva né caldo né freddo. Doveva rimanere lucido e razionale per il successo di ciò che stava facendo, e probabilmente era così concentrato su quello che era insensibile al resto. Meglio così.
Sterzò improvvisamente, infilandosi in una piccola traversa. Sentì parecchie urla dietro di sé, e accelerò. Sentì le dita della Takada stringergli più forte il busto. Tirò fuori un paio di manette, scintillanti alla luce del sole calante, e ammanettò un polso della donna. Le sue proteste, non le sentì nemmeno. Fissò lo sguardo sulla strada davanti a sé.


Da quant’era che correva? Non lo sapeva nemmeno. Giocherellò con la sigaretta tra le sue labbra, poi guardò l’indicatore della benzina. La lancetta si stava drammaticamente avvicinando alla E. Fece un tiro dalla sigaretta e poi sbuffò tutta la sua disapprovazione. Aveva fame. E voleva sapere se Mello avesse avuto successo o no nel suo piano. Ma, dovette ammettere, era una delle cose più fottutamente eccitanti che gli fossero mai capitate.
Sterzò con una decisione e con un ritardo impressionanti per evitare che le macchine nere –ora non le contava nemmeno più- gli andassero addosso. Si ritrovò in una strada parecchio grande, una di quelle che vedi negli anime, tipo. Sentì i commenti shockati delle persone sui marciapiedi, e le grida di quei poveretti che si trovavano sulla sua traiettoria Poi aguzzò lo sguardo e si fece sfuggire un’imprecazione notando la barricata di aiutomobili nere che lo aspettava a metà strada. Quando fu davvero troppo vicina, sterzò –aveva fatto quello tutto il pomeriggio, gli sembrava- e poi frenò. Poggiò le braccia e la testa sul bordo del finestrino. No, sul serio… ma quanti cazzo di uomini di scorta aveva, quella Takada?
Alla richiesta degli uomini di uscire con le mani alzate, lui obbedì senza battere ciglio, ma mettendo la pistola a proiettili fumogeni abbastanza vicino da poterla afferrare e usare in caso di necessità.
Mentre parlava con tono strafottente, pensò al fatto che probabilmente, se non fosse riuscito a scappare, sarebbe finito in prigione, magari per il resto della sua vita. Coi tempi che andavano…
Lanciò uno sguardo con la coda dell’occhio alla pistola. Mosse appena il braccio, lentamente, per poterla prendere.
Il rumore assordante dei colpi di pistola gli riempì le orecchie, e si sentì come spinto all’indietro da una forza invisibile. Quando il frastuono finì, gli fischiavano le orecchie. Inoltre, gli mancava il respiro, e il suo petto bruciava. Non aveva sentito i proiettili penetrare lo strato dei vestiti e poi la carne, né dolore. Solo un pizzicorino come quello che senti quando ti infilano un ago nel braccio, o ti cade della cera sulla pelle. Si sentì improvvisamente molto stanco, come se non avesse dormito per diversi giorni. Era così stanco che il suo corpo gli sembrava pesante come piombo. Barcollò, come ubriaco. Pensò ancora a Mello, e gli augurò che il suo piano andasse in porto. Poi si accasciò sulla portiera della macchina trivellata di colpi.


Il rombo del motore che si accendeva dissipò quell’atmosfera di clandestino silenzio che si era venuta a creare. Si tolse il cappello da impiegato della ditta di camion e pensò a quanto avanmti era arrivato, in quella storia. Ma ormai non poteva tornare indietro, e non voleva. Accese la mini tv del camion, meno di 7”, e alzò il volume per sentire il notiziario che dava le ultime notizie sul rapimento di Kiyomi Takada.
Quando la telecamera visualizzò la carcassa dell’auto di Matt, e il giornalista annunciava la sua morte, gli si strinse lo stomaco. Si sentì veramente male, per un momento. Poi recuperò il controllo di se stesso.
Si costrinse a distogliere lo sguardo dal piccolo schermo, mentre la fastidiosa e strisciante sensazione del senso di colpa gli afferrava la gola.
Mello non era il tipo di persona che rimane in uno stato catatonico per due o tre giorni dopo la morte di una persona cara. Lui si rendeva subito conto delle cose, così come si rendeva conto, in quel momento, che il suo amico era morto.
Gli chiese silenziosamente perdono, mentre il suo sguardo perdeva quella luce fredda che aveva sempre posseduto.
Quando sentì il suo colpo sussultare involontariamente a causa dello spasmo, intuì subito cosa gli stesse capitando. Il suo cuore pompava sangue come impazzito, lo sentiva persino nelle orecchie. Il respiro gli si era fatto più affrettato, e si sentiva il petto come stretto con forza da una morsa gelida.
Aveva sempre lottato, nella sua vita. Per essere il migliore, per avere successo in quello che voleva. Quella volta non lottò, perché sapeva che sarebbe stato solo inutile. Ripensò alla Wammy’s House, a L, a Near, e gli raccomandò con una punta di stizza di non farsi ammazzare. Ma sapeva bene che non sarebbe successo, che avrebbe vinto. Ma, anche se Near era vivo e lui moriva, non sarebbe mai stato migliore di lui. Mai.
Poi pensò ad un ragazzo sorridente con un paio di occhiali da motociclista in testa. La sua voce gli riempì le orecchie. Matt. Era strano pensare che non si sarebbero più rivisti. Dopo che si erano presi una ‘pausa’ per circa 4 anni senza sapere l’uno dove si trovasse l’altro. Dopo che, nonostante tutto quel tempo, Matt lo considerasse ancora il suo migliore amico.
Strano perché la pensava così anche lui. L’aveva sempre pensato.
Poi la sua mente fu troppo stanca per pensare ancora. Lo sguardo gli si appannò, e come colto da una botta di sonno, si accasciò sul volante, mentre i suoi azzurri occhi spalancati perdevano la loro luce, e l’unico movimento rimase quello del rosario, con la croce che scintillava alla pallida luce della luna.
 
 
                                                                                                                                                                                                                                        Owari.
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Death Note / Vai alla pagina dell'autore: LittleRedRidingHood