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Autore: _ladybolton    26/01/2010    5 recensioni
Perché io vivevo.
Non ero perfetta, non lo sarei mai stata.
Non avrei mai realizzato quel mio sogno, quella mia ossessione.
Non sarei mai diventata una di loro.
Una bambola.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bambola

 

 

 

 

 

Diana giocava, il minuscolo corpo genuflesso sul pavimento. I capelli biondi della barbie che teneva in mano danzavano a destra e sinistra, seguendo il movimento delle sue minuscole dita.

«Mamma mi compri una nuova bambola?» la bambina si girò e i suoi azzurri marroni incontrarono i miei «questa non mi piace più!» esclamò, con quella sua vocina acuta.

«Perché?» smisi di tagliare l’aglio e mi pulii le mani sul grembiule, inginocchiandomi ai piedi di mia figlia.

«Perché è vecchia!» la bambina guardò la bambola con una smorfia dispettosa in volto «e poi ne voglio una nuova, le mie amiche ce ne hanno più belle!»

«Vedrò» annuii e baciai Diana sulla fronte, avviandomi di nuovo in cucina.

Lei tornò a giocare con la barbie, facendole fare tutto ciò che voleva. Le sue mani afferrarono il vestitino blu e lo sfilarono con forza, per metterne uno verde. Poi le pettinò i capelli e la fece sedere su un tavolino, accerchiandola con altre barbie più consumate. La ascoltai mentre le faceva parlare tra loro, prima di chiamarla a sedersi a tavola.

Mangiammo in silenzio e, dopo aver visto un po’ di tv, la misi a letto, leggendole una storia. Chiusi la porta con cautela e mi diressi in soggiorno, per mettere a posto. Era una mania quella che avevo dell’ordine. Odiavo trovare una sedia fuori posto, un asciugamano non piegato correttamente, un libro posato con noncuranza sullo scaffale. Erano piccole manie quotidiane le mie, che mi portavo dietro fin da quando ero piccola.

Raccolsi le bambole da terra e le misi sullo scaffale, rivestendole con cura. Persino loro volevo che fossero perfette, senza un capello fuori posto o un abito slacciato. Fin da piccola, ogni volta che smettevo di giocarci, le riposavo con cautela sulla scrivania e rimanevo a guardarle per ore, sdraiata sul mio comodo letto. Ma io non le guardavo per il semplice gusto di farlo. Le esaminavo. Scrutavo ogni singola parte del loro corpo perfetto, dei loro capelli lucenti, del loro sorriso splendente.

Erano belle, perfette.

In loro non c’era niente che fosse sbagliato, niente che potesse non piacere. Erano la perfezione in persona. Per questo mi ritrovavo a desiderare di essere anche io una di loro.

D’altronde tutti gli uomini ambiscono alla perfezione.

Riposi una barbie sulla scaffale e le sistemai con cura la gonna. Avrei potuto anche bruciarla e lei avrebbe continuato a guardarmi con un sorriso, avrei potuto buttarla dalla finestra e sarebbe caduta intatta sul terreno.

Una bambola non si oppone a nulla. Non parla, non reagisce, non si muove. Una bambola continua a sorridere, perché è quello il suo compito. E’ perfetta non per lei stessa ma per chi la guarda, per chi la comanda e la plasma.

Perché noi esseri umani siamo così. Vogliamo comandare e ci aspettiamo che tutto vada per il meglio. Se qualcuno si mostra in disaccordo con le nostre idee iniziano i problemi, le discussioni, gli odi. Se qualcuno si oppone al nostro comando scoppia la guerra.

E la guerra è male.

Me lo ha insegnato mia madre da piccola, l’ho letto sui libri di scuola, lo si vede ogni giorno in televisione.

Per non avere la guerra non bisogna opporsi al più forte, bisogna essere giocattoli nelle mani dei potenti.

Come le bambole.

Non parlare, non muoversi, non scuotere la testa.

Non vivere.

Tanto che senso ha la vita se la si spreca a farse la guerra, quando basta chiudere la bocca e obbedire, per piacere agli altri?

Avevo sempre fatto così, in tutta la mia vita e, in questo modo, mi ero guadagnata l’approvazione di mio padre, la dolcezza di mia madre e l’ammirazione di tutti.

Io.

Una specie di bambola in carne ed ossa.

Una famiglia perfetta, una casa perfetta, una vita perfetta.

La perfezione alla quale avevo tanto ambito era arrivata, anche se non del tutto. Con il tempo avevo imparato anche io ad essere una barbie, con la sola differenza che io avevo qualcosa che loro non possedevano.

Una vita o, per lo meno, ciò che gli assomigliava.

Respiravo, camminavo, mangiavo, dormivo.

Ma non avevo sentimenti.

Li avevo cancellati per essere come loro, li avevo sepolti nel profondo della mia anima. Ero vuota. Dentro di me c’era solo un cuore che batteva, probabilmente di ghiaccio.

Loro non lo avevano.

Era questa l’unica differenza tra di noi. Una differenza che negli anni avevo cercato di rendere meno percettibile ma che non sarei mai riuscita ad eliminare.

Perché io vivevo.

Non ero perfetta, non lo sarei mai stata.

Non avrei mai realizzato quel mio sogno, quella mia ossessione.

Non sarei mai diventata una di loro.

Una bambola.

   
 
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