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Autore: eilantha    27/01/2010    2 recensioni
Periodo dei Malandrini. Sirius sta tornando da una "scappatella" come Felpato nella Foresta Proibita, ma è ferito e non sa come rientrare al castello. All'improvviso una melodia lo attrare fino al Lago Nero dove vede qualcosa che lo lascia a bocca aperta: una creatura che con il solo canto riesce ad attirare a sè un Unicorno. Inizia così l'intreccio della sua vita con la "Dama Bianca".
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini, Nuovo personaggio, Sirius Black, Voldemort | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'Autore: Questo è solo il primo capitolo di una ventina (già scritti). La storia la sto ancora scrivendo e siccome sono bloccata da quando è uscito l'ultimo romanzo di JKR, ho bisogno di capire cosa devo modificare (se devo) per poter terminare questa storia. Per questo vi chiedo di recensiere, dandomi soprattutto opinioni sulla trama e sullo sviluppo dei personaggi. Grazie in anticipo.

1-L’incontro



Felpato

Felpato camminava stanco ed affamato. Aveva una ferita sulla zampa anteriore destra, che gli faceva piuttosto male, oltre a sanguinare parecchio. Aveva provato più volte a leccarla, per fermare l’emorragia, ma questa non ne voleva sapere di interrompersi.
Per l’ennesima volta rimpianse di non aver coinvolto Ramoso e Lunastorta nelle sue bizzarre idee. Andare alla ricerca di quel ragno gigante che viveva nella foresta, solo per estrarne l’essenza che gli serviva per pozioni, non era stata per niente una bella idea. Anzi, direi quasi pessima.
Ora era riuscito a uscire dalla Foresta Proibita. Stava pensando di dirigersi verso il castello, quando all’improvviso, si ricordò di due cose: la prima che era proibito andare nella Foresta e che se si fosse presentato in infermeria avrebbe dovuto spiegare dove era stato e perché era in quelle condizioni a Madama Chips. Cosa che sicuramente gli avrebbe procurato una bella e sonora punizione da parte del preside. Accidenti anche alle regole di Howgarts.
La seconda, non meno importante della prima, era che in quelle condizioni non aveva assolutamente la forza per ritrasformarsi in Sirius e nessuno gli avrebbe aperto nelle sembianze di Felpato.
Accidenti stavolta alla sua avventatezza.
Se almeno avesse avvisato James, lui l’avrebbe aspettato e lo avrebbe fatto entrare nel castello.
Dove poteva andare ora?
Stava decidendo il da farsi, scegliendo per la soluzione più sensata - andare da Hagrid, che l’avrebbe curato senza porsi troppe domande - quando sentì all’improvviso una dolce melodia giungere a lui.
Dapprima era leggera, quasi un sussurro e pensò di avere le allucinazioni per la febbre, di aver scambiato il sibilo del vento per una melodia. Ma piano piano quella diveniva sempre più alta ed armoniosa.
Sembrava che il vento venisse comandato da quella melodia, piegava con dolcezza i rami degli alberi, aggiungendo al suo sibilo il frusciare delle foglie, che facevano da sottofondo alla melodia.
Il buio che prima permeava il giardino di Hogwarts all’improvviso scomparve. La luna, coi suoi pallidi raggi, era apparsa alta e maestosa nel cielo, come richiamata dalla melodia.
Senza neanche pensare a quello che stava facendo, Felpato si avviò nella direzione da cui sembrava venire tale melodia, lasciando così alle sue spalle la casa di Hagrid.
Svoltando all’ennesima curva, si trovò a fissare uno spettacolo di indicibile splendore.
Il castello, rischiarato da qualche torcia, ma soprattutto dagli argentei raggi lunari, si rifletteva nel Lago Nero. E vicino alla riva del lago stava, in piedi con le mani giunte davanti al volto, appena chinato, la creatura più bella che lui avesse mai visto.
Lunghi e lisci capelli bianchi le incorniciavano il volto. Gli occhi chiusi, le mani vicino al viso incrociate come in una muta preghiera. Ma muta non era di certo quella preghiera. Felpato, stupito, scoprì non solo che la dolce melodia che l’aveva attirato proveniva esattamente dal punto in cui si trovava quella creatura, ma che addirittura era lei a produrla, senza aprire nemmeno le labbra per cantare.
Attorno a lei un alone argentato, probabilmente dovuto al riflesso della luna sulle sue vesti candide, sembrava fare di lei una creatura incantata.
Senza nemmeno pensarci, mosse un’altro passo per avvicinarsi.
Un nitrito lo risvegliò dal torpore in cui sembrava caduto. Al fianco della ragazza era ora comparsa la creatura più magica che esistesse, un Unicorno, che le si stava avvicinando. Senza smettere di cantare, o comunque di produrre quella melodia, la ragazza aprì gli occhi, voltandosi verso la creatura, abbassò le mani e ne allungò una verso l’Unicorno. Questi, dapprima diffidente, la annusò un poco, per poi avvicinarsi a lei maggiormente e lasciare che lei accarezzasse il suo muso e la sua criniera.
A vederli in quella posizione, Felpato trattenne il respiro: sembravano parte uno dell’altro, due creature così simili, da completarsi a vicenda.
Felpato, all’improvviso, si ricordò che doveva respirare poiché un colpo di tosse gli arrivò in gola. E con esso una forte fitta di dolore alla zampa che lo costrinse ad accucciarsi.
Senza volerlo, aveva interrotto l’incantesimo creato dalla melodia. Voleva sparire in quel momento, perché si accorse che l’Unicorno, una volta interrotta la melodia, si era spaventato ed era fuggito al solo vederlo.
Avrebbe voluto chiedere scusa a quella ragazza, ma il dolore era diventato così forte da non riuscire a controllarlo, lo stava trascinando in un abisso senza fine, dove l’ultima cosa che vide, con gli occhi velati per il dolore, furono due splendidi occhi verdi che lo fissavano. Poi svenne.

Emily

Sapeva di rischiare grosso, uscendo la sera dal castello. Ma la luna calante, proprio in quella notte, era allineata col terzo pianeta del Sistema Solare, evento che capitava solo una volta l'anno, e tutto il suo essere le chiedeva, urlando quasi, di avviarsi verso il lago ed intessere l’incantesimo chiamato “Spirito Animale”.
Quello che si accingeva a compiere non era un incantesimo che potevano insegnarti ad Hogwarts. Era un incantesimo che solo le creature fatate, i Sidhe, conoscevano. Era l’unione di mente ed anima con la più sacra delle creature magiche: l’Unicorno.
Emily sapeva che nella foresta di Hogwarts vi erano parecchi unicorni. Gliel’aveva detto Lily Evans e glielo aveva confermato Madama Bumb.
Emily non sapeva se sarebbe stata in grado di compiere quell’incantesimo. In fondo lei era solo per metà Sidhe. Sua madre era una regina di quel regno, mentre suo padre... bhé suo padre era un mago di una potente casata, ma era morto giovane e lei non aveva potuto conoscerlo.
Così come non aveva potuto conoscere sua madre, troppo impegnata con il regno per accettare una figlia mezzosangue.
E così era stata affidata alle cure del nonno paterno, che l’aveva però allevata come una strega. Solo da poco, da quando cioè era entrata ad Hogwarts, Emily aveva scoperto qualcosa di più sulla sua parte fatata.
La luna era pronta. Emily aveva indossato una lunga veste bianca, che sua madre le aveva lasciato come unico ricordo. Fin’ora non aveva saputo cosa farsene di quella veste. Ma dopo che, parlando con Lily Evans, aveva scoperto molto sui Sidhe, in particolare sull’incantesimo dello “Spirito Animale”, aveva capito a cosa serviva quella veste.
Sciolse i lunghi capelli che solitamente teneva legati in una treccia. I suoi capelli. Quella era l’unica particolarità che permetteva di capire che lei apparteneva alla razza fatata. Solitamente biondo scuro, quasi castani, i suoi capelli tendevano a schiarirsi sempre di più man mano che lei utilizzava la magia, sino a diventare completamente bianchi quando utilizzava al massimo i suoi poteri. Emily, proprio perché per metà Sidhe, era una delle poche streghe a non dover utilizzare una bacchetta per gli incantesimi.
Ollivander, il noto artigiano costruttore di bacchette, aveva sentenziato con grande animosità, al suo ingresso nel negozio: - Nessuna bacchetta costruita da mano umana andrà mai bene per questa creatura. Non cercate di comprarne una, ne andrebbe della sicurezza di molte persone. Vi conviene chiedere consiglio a Silente, per la ragazza. Per quanto mi duole dirlo, non sono in grado di creare qualcosa di adatto a lei.-
Suo nonno era rimasto inebetito a quelle parole. Emily ancor di più, poiché dal primo giorno ad Hogwarts era stato chiaro che nemmeno Silente era in grado di procurare una bacchetta adatta alla ragazza. E lei era stata costretta ad imparare ad usare gli incantesimi con il solo movimento delle mani, come se quelle fossero l’unica bacchetta magica adatta a lei.
Emily riemerse da quel ricordo, “Devo concentrarmi su quest’incantesimo”, si disse. “Se dimostrerò di poterlo eseguire, forse mia madre mi potrebbe prendere con lei.”
Chiuse gli occhi, portò le mani congiunte verso il volto, appoggiò su di esse il mento ed iniziò con la melodia.
Tutto intorno ad Emily il tempo sembrava fermato. L’Unicorno arrivò, la riconobbe e iniziò ad unire la sua anima e i suoi poteri a quelli di Emily. Tutto era così candido, così puro intorno a loro...
Il gemito brusco di un animale interruppe il contatto con l’unicorno, spezzando quel filo che Emily lentamente stava intessendo con la melodia.
L’Unicorno, spaventato più dalla reazione di Emily, che dall’animale, fuggì lasciandola sola, con un incantesimo incompiuto, che faceva urlare di dolore la sua anima: dolore perché la pace dell’Unicorno era splendida, dolore perché si sentiva defraudata della sua eredità Sidhe, dolore perché avrebbe dovuto aspettare un’altro anno prima di poter tentare nuovamente l’incantesimo.
Quando finalmente Emily si decise a vedere cosa l’aveva interrotta, scoprì un grosso cane nero, con gli occhi ancora da cucciolo, che la guardava mentre piano le forze lo abbandonavano costringendolo a crollare al suolo. Emily si avvicinò, cauta, e vide che il cane era ferito ad una zampa. Una ferita abbastanza grave.
Quello sembrò guardarla da vicino, come se volesse dirle qualcosa, e poi la sua testa crollò. Probabilmente era svenuto per il dolore.
“Che faccio ora? Non posso mica lasciarlo qui così. In fondo è ferito”.
Un viso le comparve all’improvviso nella mente. Lily. Giusto, Lily Evans, la sua compagna di casa, di due anni più grande, avrebbe certamente saputo come curarlo.
Emily prese il mantello nero che le aveva regalato il nonno, lo mise con cura sopra il cane, poi con un incantesimo di levitazione — Mobilicorpus - lo sollevò per portarlo nella sua stanza a Grifondoro.
  
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