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Autore: Shian Tieus    28/01/2010    2 recensioni
13/04/1945
Il Rabbino Shaoul Tewich viveva ormai da due anni nella foresta di Ettesberg. Per la precisione, dal tre marzo del 1943, da quando, insomma, i suoi documenti falsi non erano più riusciti a garantirgli sicurezza.
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Olocausto
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Gelem

solo un soffio è ogni uomo che vive,
come ombra è l’uomo che passa;
solo un soffio che si agita...
(Salmo 39:6:7)


13/04/1945

Il Rabbino Shaoul Tewich viveva ormai da due anni nella foresta di Ettesberg. Per la precisione, dal tre marzo del 1943, da quando, insomma, i suoi documenti falsi non erano più riusciti a garantirgli sicurezza.
Nonostante il campo di Buchenwald fosse ormai nelle mani dei prigionieri da diversi mesi e i nazisti fossero fuggiti, lui aveva preferito restare nella foresta a vigilare assieme a Gelem.

Gelem, sentinella acuta, lavoratore instancabile, guerriero invincibile.

Era ormai abituato a pensare al suo corpulento amico in questi termini. Mai lo avrebbe reputato capace, solo un'anno prima, di tutte le formidabili imprese di cui si era reso partecipe.
Shaoul non aveva mai capito molto bene perché Gelem seguisse i suoi ordini sempre e comunque, praticamente alla lettera.
Eppure non era stupido. Affatto.
Era in grado di prendere decisioni autonomamente, e lo aveva fatto, sin dalla prima volta, quando, di sua spontanea volontà e sprezzante di ogni pericolo, assaltò il campo di notte, da solo, riuscendo a liberare tre bambini, che si portò in braccio per quattro chilometri, fino al loro nascondiglio nella foresta. Si diceva, al campo, che durante quella operazione avesse ucciso quattro uomini delle SS, compreso un ufficiale.
Uno dei bambini, debilitato e cianotico, morì il giorno seguente. Gli altri di polmonite, durante l'inverno. Ordinò a Gelem di non cercare di salvare nessun altro dal Campo. Non avevano i mezzi per sostentarli.
Tuttavia, da quel momento, il Rabbino si era reso conto delle potenzialità di Gelem. Tutte le sue azioni, quando non lavorava sotto esplicito ordine di Shaoul, erano orientate a salvare i destini ormai miserabili delle persone rinchiuse nel campo: sabotava i forni, distruggeva le rotaie dei treni che portavano i prigionieri. Era anche riuscito a dare fuoco al tremendo Block 50, dove i nazisti perpetravano orribili esperimenti a danno dei prigionieri. Ogni tanto depredava i magazzini e distribuiva di nascosto il cibo ai prigionieri, per poi portarne una piccola parte allo stesso Shaoul.
Nessuno, tedesco o ebreo, capiva come facesse (e nessuno, tra i nazisti o gli internati, aveva idea di chi compisse i sabotaggi), e lo stesso Rabbino non si capacitava come la sua imponente mole gli consentisse di muoversi come il più furtivo dei felini.
Solo il Shabbat si riposava. Ed in esso era ancor più ferreo dello stesso Rabbino, che, a causa di questi tempi malvagi, era costretto a prendersi qualche licenza. Rimaneva immobile nella baracca per tutta la giornata. Su questo, e solo su questo, era inamovibile.

Inamovibile come una roccia.

Shaoul si dispiaceva, di tanto in tanto, del mutismo del suo compagno. Durante questi mesi di stenti, di combattimenti brutali e di pericolo incombente, avrebbe di gran lunga preferito avere qualcuno con cui parlare (qualcuno che, effettivamente, dopo qualche mese era giunto, portato a spalla dallo stesso Gelem), e, soprattutto, avrebbe voluto scoprire quali misteriosi pensieri si potevano celare dietro quel volto inespressivo dalla fronte spaziosa.
Grezzo, quasi caricaturale. Gli occhi due microscopiche fessure tonde. La bocca, costantemente chiusa, poco più di una linea a tagliare il volto. Il naso storto, schiacciato, spezzato, quasi da pugile.

Un volto come forgiato dalle mani di un bambino, o di un artista incapace.

A parte lo stesso Shaoul e un'altra decina di persone, nessuno sapeva dell'esistenza di Gelem. Probabilmente neppure i nazisti stessi.
Il suo amico era una sorta di fantasma. Forte, veloce, letale, silenzioso.
Aveva ucciso più duecentoquaranta tedeschi e compiuto innumerevoli sabotaggi prima che quelli si decidessero ad abbandonare il campo, senza peraltro sapere chi o cosa li avesse decimati. Era una macchina per uccidere.
Quando il campo venne liberato e cominciò l'autogestione dei prigionieri, Gelem non volle andare a vivere lì assieme agli altri, e Shaoul, pur prendendo contatti con il campo e spiegando ad alcuni di loro cosa avesse convinto i tedeschi a fuggire, rimase con lui, convinto che quel gigante dipendesse in qualche maniera da lui.
Il suo flusso di pensieri venne interrotto da Yoel, il suo principale contatto con il campo. Lo vide posteggiare il sidecar e correre verso la foresta, trafelato, nella sua direzione.
-Rabbi, rabbi- disse il ragazzo, non appena lo vide -Un convoglio, sta arrivando un convolglio militare!-
Quando gli fu vicino, Shaoul lo invitò a calmarsi, a prendere fiato e a spiegarsi meglio.
-Un convoglio militare, rabbi, lo ha avvistato Yaacov non più di venti minuti fa. Viene in direzione del campo-
Shaoul si allarmò, ma cercò di mantenere la calma.
-Tedeschi?- chiese semplicemente.
-No, non credo- rispose quello senza esitare -Hanno veicoli mai visti prima e uniformi verdi. Forse sono russi, forse americani, forse inglesi... erano troppo lontani, Yaacov non ha saputo dire di più-
Il Rabbino si sentì sollevato. Ormai tutti sapevano che era questione di tempo prima che i nazisti venissero sconfitti. Una notizia come quella era attesa fin da quando i tedeschi avevano abbandonato Buchenwald. Contemporaneamente, però, un'ombra scura gli si pose sul cuore.
-Vieni, rabbi, ti accompagno al campo, vorrai accoglierli-
Shaoul sospirò massaggiandosi le tempie.
-No, Yoel, vai tu, vi raggiungerò fra qualche minuto. Devo terminare delle questioni.
Il giovane non stava più nella pelle e non insistette: probabilmente non vedeva l'ora di osservare da vicino gli alleati.
Salutò e tornò verso il sidecar. Shaoul aspettò a muoversi fino a che il mezzo non scomparve dietro la prima curva. Solo allora sussurrò:
-Gelem-
Il colosso di argilla, alto quasi quattro metri, comparve al suo fianco uscendo dalle ombre in assoluto silenzio.
Era totalmente nudo, anche se privo di tratti sessuali distinguibili, e la superficie lucida marroncina del suo corpo sgraziato rifletteva la luce del pallido sole di aprile. Sulla fronte larga aveva incisa la parola “Emet”.

Verità

Il rabbino cominciò a parlargli, con gli occhi lucidi e la voce rotta.
-Lo sai cosa significa questo, vero?-
Il Golem non rispose. Si limitò a muoveri di fronte all'uomo e ad inginocchiarsi, portando la sua fronte all'altezza del volto di Shaoul.
-Proteggi il popolo ebraico fino alla fine, vero?- l'uomo sorrise, amaro. -Sai anche tu che non posso permettere che scoprano la tua esistenza.- Mentre parlava, il rabbino si chinò a terra e raccolse un sasso appuntito di medie dimensioni.
-Ora che non c'è più pericolo per il popolo ebraico, sei diventato tu, il pericolo- strinse il sasso in mano fin quasi a farla sanguinare. -Se venissero a sapere di te, nuove persecuzioni si abbatterebbero sulla nostra gente... e non basteresti di certo tu solo a fermarle. La verità che tu hai impressa sul volto non deve essere rivelata. I popoli della terra non sono ancora pronti-
Il golem, ancora, non fece nulla, se non inclinare leggermente la fronte mostrando la scritta al suo creatore.
Il rabbino aveva le lacrime agli occhi quando con un solo colpo deciso, scalfì con il sasso la fronte del gigante, cancellando la prima lettera.
“Met”

Morte

Il rabbino piangeva ormai senza freni, quando il colosso si sciolse in una informe pozza di argilla.

Perdonami, Dio, per aver creato il Golem
Perdonami cento volte, Gelem, per averti ucciso.

Note dell'autore

La parola ebraica “Gelem” (“materia inanimata”) è probabilmente all'origine della parola “Golem”, leggenda ebraica ambientata a Praga di cui tutti avrete certamente sentito parlare.
Mi son permesso questa licenza (e non solo), ipotizzando una nuova creazione del Golem (un essere di argilla il cui scopo è proteggere il popolo ebraico) proprio quando gli ebrei vivevano il loro momento più buio.
Altre note storiche^^:
Il campo di Buchenwald venne realmente abbandonato dai nazisti mesi prima dell'arrivo degli alleati (il 13/04/'45). Ovviamente, dubito seriamente che fu per causa di un Golem. Durante quei mesi venne autogestito da un comitato internazionale formato dagli stessi prigionieri.
Non credo di dover spiegare anche i significati di parole ebraiche come “Shabbat” o “Rabbi”.

  
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