Anime & Manga > Full Metal Alchemist
Segui la storia  |       
Autore: Maiden Of The Moon    29/01/2010    3 recensioni
Tutti abbiamo degli scheletri nel nostro armadio... e Edward e Alexander Elric stanno per scoprire quelli del loro nonno. [Elricest x 2!] Traduzione di nacchan <3
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Nuovo personaggio
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Note necessarie di inizio capitolo: C’è una scena lemon che è stata tagliata per motivi di regolamente – bla bla incesto bla bla lemon, oh, lo sapete cosa ve lo dico a fare e_e. Quindi, la versione integrale del capitolo la trovate sul mio archivio, come al solito! Detto ciò, altre note alla fine :D

 

Disclaimer: Ummmmm…

Note dell'autore: Così tanto da dire e così tanto da fare! Sto lavorando tantissimo a un sacco di progetti collegati a Skeletons in questo momento: fanfic, bonus, altre cose... ma le vedrete solo se entrerete nella community.

Ad essere onesti, dovrei lavorare alla storia tanto quanto lavoro agli extra... ma mi diverto tanto a fare gli extra, non ci posso fare niente. X3

Grazie ancora a tutti per il vostro supporto, ragazzi! Siete il massimo! *abbraccia*

Spero che il sesto capitolo vi piaccia!

(ATTENZIONE: QUESTO CAPITOLO HA RATING R PER SITUAZIONI SESSUALI. LEGGETELO A VOSTRO RISCHIO E PERICOLO)

XXX

X

X

X

Il mio diciottesimo compleanno arrivò e se ne andò più o meno come tutti gli altri: stesso giorno, stessa ora, stesso tipo di regali. Mamma mi regalò un buono da spendere in uno dei miei negozi d'arte preferiti; papà un nuovo set di pennelli; Alex trovò un set di acquarelli insoliti; e Rosie, con un ghigno enorme, mi diede una bottiglia di Rosewater. Grazie a dio lo fece in privato – visto che diventai rosso quando aggiunse: “E ora smetti di usare la mia!”

Ad ogni modo, era stato un bel compleanno. La torta era buona, i regali belli, e lasciatemi dire che l'attività che ne seguì a letto fu migliore del solito – ma qualcosa mi annoiava. Mi aveva infastidito per tutta la giornata, era sparita per un momento, e poi era magicamente riapparsa quando Alex si raggomitolò affianco a me e si addormentò.

Mio padre.

Stava sempre lì... a fissarmi, ultimamente. In modo strano. E non che avessi fatto qualcosa per meritarmelo. Voglio dire, se mi avesse visto su un monociclo mentre cantavo l'inno nazionale con un paio di boxer in testa, me lo sarei sicuramente aspettato. Ma no – mi fissava come se mi fossero improvvisamente sbucate delle orecchie extra mentre facevo qualcosa di innocente come schizzare una mela per la lezione di arte, canticchiando con il mio lettore cd. Era... snervante, alla fine.

Ogni volta che mi accorgo di quello che fa, sollevo un sopracciglio indagatore.

In risposta, lui scuote la sua testa – come se cercasse di pulirla – e se ne va.

X

X

X

XXX

Skeletons

XXX

Rosalie annunciò senza possibilità di appello che erano la coppia più disgustosamente felice che lei avesse mai visto.

Il che, ad essere totalmente onesti, era quasi un insulto... per tutte le altre coppie. Perché Edward e Alex, mentre erano disgustosamente felici, andavano orgogliosi di come ben riuscissero a nasconderlo.

In generale.

Certo, c'erano stati alcuni momenti che sarebbe stato meglio non discutere – un paio di 'incontri ravvicinati con genitori’ che avrebbero preferito dimenticare – ma per il resto si sentivano come se riuscissero a muoversi come serpentelli nei loro appuntamenti proibiti. E poi, loro stessi erano un taboo...

Alex sentiva le sue guance bruciare mentre la sua mente andava alla deriva, pettinandosi i capelli. Non aveva mai, neanche nei più selvaggi, pazzi, sogni erotici immaginato che qualcosa del genere sarebbe mai capitato, non a lui, almeno. Diavolo, se qualcuno due settimane prima gli avesse detto che avrebbe passato la maggior parte del tempo a baciare suo fratello in qualunque posto possibile – la camera da letto, il soggiorno, il seminterrato, il garage – sarebbe probabilmente scappato via urlando. Ma ora... beh, era una cosa che veniva quasi naturale. Quando i loro genitori non guardavano, loro partivano – cercando di vedere quanto lontani sarebbero arrivati prima che qualcuno di accorgesse degli strani rumori provenienti dall'armadio.

Era esilarante; era eccitante... indipendentemente dal fatto che quell'eccitazione fosse una brutta cosa da vedere.

Alexander sentì le sue labbra stirarsi in un piccolo sorriso, e vide il ghigno riflettersi di rimando nello specchio. Poggiò lo spazzolino. “È sicuramente eccitante,” mormorò a se stesso, legando dietro la nuca le ciocche di capelli, lunghe e grosse. Frusciavano rumorosamente contro le orecchie... “E fin troppo facile.”

Dopotutto, nessuno aveva previsto nulla del genere tra di loro; erano fratelli. E mentre poteva risultare inconveniente alle volte, garantiva loro anche momenti che le altre coppie non avrebbero mai potuto avere – e avevano anche delle scuse legittime dietro le quali nascondersi: “Non è un gran problema se uso il bagno mentre dentro c'è Al; correvamo sempre nudi quando eravamo piccoli. Non ha niente che io non abbia già visto prima.” “Posso portare il pranzo a Ed per fare pratica. Mi ha aiutato a passare arte il semestre scorso; glielo devo.” “Porto io Al al centro commerciale, mamma, così non devi preoccuparti di guidare. Va bene – non mi scoccia. È quello che fanno i fratelli.”

Anche se di solito i fratelli non passano il resto del tempo a fare sesso nella vasca, baciarsi nel camerino, o tenersi le mani in negozi pieni di sconosciuti... ma nessuno lo sospettava, anche se stava accadendo.

Alexander sentì le sue interiora contorcersi: e per la prima volta in anni, non in maniera spiacevole; ma piuttosto in un modo felice... un po' perverso. Arrossì, e spinse la sua coda dietro le spalle.

“Alex! Alex, non stavi andando a fare la spesa?” La voce di sua madre giunse dalla cucina, mascherando appena il suono della discussione tra Rosie e il signor Elric. Il moretto sentì il suo sorriso diventare ancora più largo. “Tuo fratello sta aspettando in macchina!”

“Sì, mamma! Arrivo!” rispose rapido Alexander, cercando di suonare abbastanza nervoso e volutamente infastidito. Probabilmente aveva fallito, ma non gli importava. Spingendo il portafoglio nella tasca dei pantaloni, Al volò attraverso la casa – uscendo agitando la mano e dando un bacio alla guancia della signora Elric.

La porta del garage sbatté chiudendosi dietro di lui, il tempo che rallentava il suo corso. Il suo cuore batté agitato.

Edward – già con le cinture allacciate e che aspettava – guardò malizioso suo fratello attraverso il parabrezza; incrociando le braccia sul bordo del volante e riposandovi sopra il mento.

Alex arrossì eccitato.

Era fin troppo facile.

X

Settembre, 1923

Caro Al,

Suppongo di non aver più bisogno di andare avanti con questa cosa. Voglio dire, sei qui, ora – affianco a me mentre scrivo, che dormi tranquillo. Ma non riesco a dormire. Forse è per questo che ho ripreso in mano questo diario: insonnia. Per essere onesti, non ho provato a dormire da quando sei tornato. Non voglio. Perché se chiudo gli occhi, potresti sparire da me. Lo so, è una paura stupida... Sei davvero reale, dopotutto – ci siamo abbracciati ogni notte da quando sei tornato, a chiacchierare del più o del meno fino al mattino senza andare da altra parte. Avevo bisogno – abbiamo bisogno – di essere sicuro che tutto ciò non sia solo un sogno... anche se la possibilità che lo sia diventano sempre di meno, man mano che interagiamo. Ma una parte di me ha paura... una parte di me avrà sempre paura – da adesso finché non morirò; non importa quanto tempo passerà. Ed è già passato così tanto tempo, fratello mio. Così tanto...

Non so da dove iniziare, Al. Da quando sei tornato, le cose sono tornate come erano prima. Vero, stiamo con Noa; vero, non siamo nel nostro mondo; ma ci stiamo comportando come se Amestris e tutti i nostri amici fossero solo su un treno che va via, e non a milioni di miglia da qui. Abbiamo bisogno di parlarne, del nostro isolamento. Abbiamo bisogno di parlare di Heiderich e di ciò che ha fatto per noi.

Di cosa ha fatto per me.

… se... se lui era davvero te, Al – l'Al di questo mondo – ciò mi fa diventare responsabile per la tua morte... di nuovo? Perché non posso smettere di farti male? Di fargli male? Io non volevo che lui... ho cercato di fermarlo...

Avrei dovuto provarci di più.

Non sarò mai in grado di ripagarlo... e non posso neanche piangere. Come se non fosse abbastanza, ti ho tenuto la mano durante il suo funerale, passandola sul suo viso. Non volevo farlo, ma non riuscivo a lasciarti andare.

Così come non porterò mai abbastanza rispetto per l'unico, vero amico che avevo qua.

Forse sono una persona orribile. Questo spiegherebbe un sacco di cose... anche se non sarebbe comunque una buona scusa. Io – io spero soltanto che tu possa perdonarmi, Heiderich, ovunque tu sia.

E per quanto riguarda noi, Al – suppongo che dovremmo vedere dove ci porterà il tempo. Senza Heiderich intorno, non c'è ragione per me di restare a Monaco. E Noa è come il vento, viaggiare è nel suo sangue. Forse potremmo cominciare una nuova avventura... forse sarebbe meglio per noi.

Ancora un altro inizio; ancora la fine di una storia.

Ed

X

[..]

Entrambi sorrisero – Edward riposò la testa sul petto di Alexander, chiudendo gli occhi.

Una pausa.

“... lo sai che ti amo, vero?” mormorò Ed, così piano e così all'improvviso che Alex quasi non lo sentì. “Ti amo più di ogni altra cosa.”

Il moretto sorrise, arricciando pigramente una ciocca di capelli color del sole attorno al suo dito. “Più del sesso?” Cercò di suonare sorpreso, simulando shock. Ma Edward non rise stavolta; invece, sentì le labbra di suo fratello stringersi in un cipiglio solenne.

“Sono serio, Alexander.” Lunghe dita trovarono una ciocca sul maglioncino e l'afferrarono, rifiutandosi di lasciarla andare. “Ti amo...”

Alex arrossì in maniera meravigliosa.

“... lo so, Ed.” sospirò, permettendo ai suoi occhi di chiudersi lentamente. La macchina odorava di sesso e sudore e salviette per bambini... il calore si scontrava contro i loro colpi in ondate di pressione senza rumore. Poteva sentire la gente animarsi fuori; carrelli tintinnare nel parcheggio. Nessuno aveva parcheggiato di fianco a loro, grazie a dio – avevano scelto il posto più lontano dal negozio apposta. Ancora, la vicinanza del mondo era intossicante, eccitante, pericolosa... stavano commettendo un terribile peccato proprio sotto il naso grande e grasso della società – niente di meno che nel parcheggio del Pick'n Save.

Alex, per la prima volta nella sua vita, si sentiva completamente soddisfatto.

“Anche io ti amo, fratellone... molto, molto più di quanto non dovrei.”

 

X

Maggio, 1926

Caro Al,

devo dirlo, spero (re)inventino le automobili, qui. Mi mancano le macchine di Amestris. I treni sono belli, e credo che le carrozze a cavallo siano belle se vuoi un po' d'aria, ma non c’è niente di meglio dei viaggi comodi e privati.

Certo, quando l'ho detto, tu mi hai risposto di essere grato per poterci permettere i biglietti del treno e le carrozze, la depressione è andata avanti per tanto tempo, siamo stati fortunati ad avere ancora quello. E camminare sarebbe stato terribile, lo ammetto. Ma così era la Germana nell'insieme.

Decisi che era ora di cambiare ritmo.

Tu eri d'accordo; così Noa. Anche solo girovagare per la Germania era piuttosto noioso – non riuscimmo a trovare quella bomba, poi. Tu dicesti che avremmo dovuto espandere la ricerca in altre nazioni. Noa suggerì la Francia, io pensai che avremmo dovuto provare in un posto un po' più al nord. (Non sarebbe l'equivalente geologico del castello di quel maniaco?)

Ma sei tu che tieni conto dei soldi, dunque sei anche quello che deve decidere. E tu sembravi sempre favorevole a provare l'esperienza di una gita in barca... il che potrebbe spiegare perché ora siamo sul ponte viscido di una nave, a guardare la costa europea svanire nella nebbia. Noa è entusiasta, correndo di piano in piano, parlando velocemente agli immigranti che le stavano attorno. Ti vedo guardarla stranito, probabilmente perché ancora devi prendere la mano con il tedesco. Di soluto devo farti da traduttore, anche per cose semplici come chiedere a Noa dove sta andando.

Non mi importa, comunque. Anzi, ne sono piuttosto felice; mi da una scusa per parlare ancora la mia lingua natia con qualcuno – qualcosa che mi fa sentire così bene che non riesco a descriverlo. Noa sa un po' della lingua, ora; concorda sul fatto che suoni molto simile all'inglese, che ha sentito parlare alle fiere che le zingare che viaggiavano con lei riempivano.

Parlando della quale, anche molti marinai in questa nave sembrano parlarlo... mi chiedo dove sia diretta questa barca? Dovrei chiedertelo...

Merda, devo andare – stai venendo dritto verso questa parte, e non voglio che tu veda questo diario (Anche se non so perché; l'ho scritto per te.)

Ed

X

Era noto a tutti che Edward fosse un attore nato. Aveva recitato in tantissime recite e musical del distretto, aveva vinto diversi premi sia a scuola che fuori per i suoi exploit drammatici, era un membro attivo della sezione drammatica da quando andava alle scuole medie, e aveva perso solo nella corsa per diventare presidente del Thespian Club perché era decisamente troppo pigro per prendersi le responsabilità che diventare presidente avrebbe portato. Sì, come molte altre cose, recitare veniva facile a Ed.

Personalmente, Alex non era mai stato così tanto interessato al teatro. Non conosceva gli altri bambini coinvolti, da una parte; dall'altra, non aveva mai pensato di essere così bravo. Ma era stato un mese di sorprese... e con gran stupore, aveva capito di essersi sbagliato.

Forse sarebbe dovuto andare a tenere un'audizione, un giorno.

Non ci posso credere, Ed!” sbottò Alexander, schizzando dentro la cucina con un uno sguardo cupo nel viso. Tra le braccia teneva una busta della spesa stropicciata – lattine e barattoli chiassosi al suo interno. La loro madre, che stava giusto per chiamare Ed al telefono trasalì, guardando suo figlio furente. “Un'ora. La tua stupidità ci ha fatto sprecare UN'ORA!”

Edward – che stava passando sotto la porta anche lui – lo fissò furiosamente da sopra altre due buste di carta. “La MIA stupidità?” brontolò, le guance rosse di rabbia. “Scusa TANTO, Al, ma mi pare di credere che sia stato TU ad insistere per provare il nuovo centro commerciale. Non è colpa MIA se ci siamo persi.”

Alex lanciò a suo fratello uno sguardo esasperato, prendendo una pesca dalla sacca marrone e lanciandola contro Ed. Rimbalzò con un thump umidiccio sulla fronte di suo fratello maggiore, rotolando poi verso un angolo appena colpito il pavimento. “Non ci provare neanche! Se tu avessi seguito le indicazioni che ti ho dato—!”

“Edward! Alex!” Teri Elric sovrastò il fracasso, portando avanti le mani nel tentativo di separare i suoi ragazzi battaglieri. “Basta! Non voglio sentire un'altra parola. Siete a casa ora, ed è quello che conta. Alex, perché non vai a finire i tuoi compiti? Edward, tu puoi aiutarmi a mettere queste via.”

Entrambi abbassarono la testa, evitando lo sguardo della madre – probabilmente per trattenersi dal ridere. “Sì mamma,” dissero in un coro monotono, freddamente. Comunque, una volta che lei si girò, Edward ammiccò, sfiorando con la sua mano quella di Alex.

Al diventò rosa.

Poi schizzò via con un sospiro esageratamente drammatico e laborioso, brontolando maledizioni sottovoce mentre eseguiva gli ordini della madre. Teri si voltò per vedere i suoi figli in quel momento, gonfiando le guance come vide Alex andare via. Scuotendo la testa, i capelli corti e ricci che si agitavano, finalmente permise a un sorriso di crescere sulle sue labbra. “... dunque Edward, dimmi la verità,” chiese all'improvviso, ridacchiando; strofinando le mani in un asciugamano. “vi siete persi davvero, o hai fatto finta solo per prenderlo in giro?”

Ed, che non riusciva ad essere più disonesto del necessario, si limitò a sorridere. Ma tanto quella era l'unica risposta che sia madre stava aspettando. Come predetto, sollevò esageratamente gli occhi al cielo, ma non sembrò arrabbiata. “Oh, Edward,” sospirò la donna, con un tocco di buon umore. (Ciò non sorprese suo figlio, comunque; come si suol dire, non sapendo se ridere o piangere, la signora Elric preferiva ridere.) “Farai diventare quel povero ragazzo pazzo con le tue prese in giro...”

Il biondo si impegnò velocemente mettendo a posto scatole e lattine, cercando di non ridere. Non sarebbe stato divertente spiegare la parte finale di quello scherzo... “Non volevo farlo arrabbiare, mamma,” insistette senza entusiasmo, gettando qualche frutto nel vassoio sul banco della cucina. “Mi stavo solo divertendo un po'.”
'... mi stavo divertendo decisamente tanto...'

Uno sbuffo. “Ne sono sicura. Beh... mentirei se dicessi che non mi aspettavo questo tipo di comportamento da voi due,” ribatté sua madre ironicamente, sistemando alcuni preparati per torte nella credenza. “Siete degli adolescenti... Ma preferirei che non vi demoliste l'un l'altro, capito? E davvero, dai un po' di tregua ad Alex. Ne ha passate tante, ultimamente.”

Edward ora aveva serie difficoltà a trattenere le sue labbra dal trasformarsi in un ampio ghigno a trentadue denti. Nonostante una parte di lui – in verità la maggior parte di lui – era terrorizzato all'idea che sua madre potesse scoprire qualunque indizio per farle capire cosa stesse davvero succedendo tra loro... era così totalmente ingenua e senza speranze che l'intera situazione alle volte sembrava in qualche modo divertente. Come in quel momento. Che era una pessima cosa, ovviamente: nulla di tutto ciò era divertente – proprio niente. Eppure...

“Non preoccuparti, mamma.” la tranquillizzò il ragazzo con un sorriso appena accennato, sfilandosi la felpa e prendendo dall'appendiabiti il suo camice da laboratorio sporco di tempera. “Non lo farò a pezzi... o, almeno, farò del mio meglio per trattenermi,”

Teri sorrise  riconoscente, gli occhi grigi che brillavano. “È tutto ciò che ti chiedo. Grazie per aver fatto la spesa.”

“Nessun problema,” ricambiò Edward agitando una mano, sistemandosi la coda. Strinse con nonchalance l'elastico, giusto per essere sicuro che la coda fosse stretta... “Ora, se vuoi scusarmi, c'è un dipinto che vorrei provare a fin-”

Ma prima che avesse la possibilità di abbandonare la cucina, qualcun altro apparve sulla porta, bloccandola. Qualcuno davvero grosso – la persone che in quella casa era alto quanto lui. La persona si fermò, notandolo, mentre sistemava gli occhiali, poi sorrise. “Ah, Edward... proprio chi stavo cercando.”

Il sorriso di Edward scivolò istintivamente di una mezza tacca. “Ciao, papà,” salutò – senza attenzione, ma con un'aria di trepidazione. Ad essere totalmente sinceri, suo padre lo aveva sempre spaventato un po'... molto di più, visto che aveva qualcosa di importante da nascondere. “Cosa posso fare per te?”

La signora Elric si schiarì la gola, improvvisamente affascinata dai piatti sporchi nel lavandino. Il biondo la guardò bieco dalla spalla; anche lei era coinvolta. Questo poteva voler dire soltanto una cosa... 'Merda...'

Papà-” cominciò con un sospiro irritato, ma venne messo a tacere da suo padre che sollevò in modo significativo il suo indice.

“So che pensi di sapere ciò che sto per dirti, Ed,” lo interruppe con un sorriso raggiante, chiaramente eccitato per qualunque cosa stesse per annunciare. “ma ascoltami comunque. Ora, la figlia dei signori Ross, Sarah – te la ricordi, vero? - ci sarà un ballo nella sua scuola il prossimo fine settimana, e a lei piaci davvero tanto, Edwa-”

Il biondo scosse la testa risolutivamente, la bocca tirata in giù in uno sguardo torvo. “Papà, ne abbiamo già discusso.” tentò di concludere Edward, infilando le mani nelle tasche così che i suoi genitori non vedessero i suoi pugni contratti. “Lei non mi interessa.”

Benjamin Elric aggrottò le sopracciglia. “Non capisco perché,” ribatté severamente, passando una mano sulla barba. “È una ragazza adorabile – carina, dolce, e le piace l'arte almeno quanto te.”

Ed sbuffò alla parola 'arte.' 'Che diavolo sono, un bambino dell'asilo?' “Semplicemente non mi piace, papà,” brontolò, cercando di scavalcare suo padre per uscire dalla cucina – ma era stato facilmente intercettato da un braccio ben piazzato.

“Edward,” cominciò di nuovo il signor Elric, suonando meno frustrato di quanto non lo fosse davvero. “Apprezzo il tempo che dedichi al tuo lavoro, e sono felice che tu sia così serio riguardo la scuola. Ma va bene anche uscire, avere appuntamenti e divertirsi. Lo sai, sì? Sto solo cercando di aiutarti a trovare una brava ragazza... non riesco a capire perché tu non ne abbia già una. Sei intelligente, hai talento e – a parte i capelli – di bell'aspetto...”

Ed lo guardò in cagnesco, scansando la mano del padre che tentava di poggiarsi sulla sua spalla. “Non sono interessato al momento, papà,” sbottò, sentendo il suo sopracciglio alzarsi in avvertimento. “Preferirei concentrarmi sulla scuola – e sono stanco di dirtelo. Dunque possiamo lasciar perdere, per favore?” Gli passò oltre nel momento in cui Benjamin esitò.

L'adulto sollevò le sopracciglia. “Ma cos-?”

“Sarah è capace di trovarsi un accompagnatore!” gli urlò Edward acido, sbattendo la porta del seminterrato con la forza di un terremoto. Il signor Elric fece una smorfia, prendendo una foto tremante prima che cadesse dal muro.

Teri neanche sollevò il viso. Invece, sorrise e chiuse con un colpo secco la lavastoviglie, asciugando le mani inzuppate in uno straccio. “... è andata bene.”

Benjamin si limitò a sospirare.

X

Agosto, 1927

Caro Al,

è passato davvero così tanto tempo da quando ho scritto l'ultima volta? È difficile crederci... sembra ieri che eravamo su quella vecchia nave arrugginita. Ma no... è giù passato un anno, e il tempo ha semplicemente continuato ad andare avanti.

Così come ha fatto Noa, a proposito. Dopo essere sbarcati a New York, ci ha lasciati per un gruppo di zingari. Nonostante io creda che lo abbia fatto suonare peggio di quel che è era davvero... non credo volesse che la sua partenza venisse presa come un insulto. Ma le mancava la sua cultura e la sua gente, ed era finalmente pronta ad accettare questo mondo come casa sua.

Ero - sono – contento per lei. Sono felice che abbia finalmente trovato il suo posto, così come io ho trovato il mio. Affianco a te. E il tuo posto è accanto a me. Forse anche Noa lo ha visto, e sapeva che non sarebbe mai stata proprio la benvenuta nel nostro mondo.

Ad ogni modo, non ci sono stati grandi saluti – solo un addio a cuor leggero. Riceviamo ancora sue lettere, a volte, quando le sue cartoline ci trovano.

Comunque non siamo rimasti soli a lungo. Dopo aver attraversato le Ellis Island (odio quel posto, comunque, e NON CI TORNERò PIù), ci siamo imbattuti – più o meno letteralmente – in una sconosciuta dal viso familiare.

Winry.

Solo che non è più Winry. Si chiama Annya. Tu stavi inseguendo un gattino randagio giù per una stradina; lei vagava per una strada a ciottoli sconosciuta. I vostri corpi si sono scontrati con un colpo che ha spaventato tutti i cavalli lì vicino e ha fatto volare le risme di carta.

Lei aveva urlato – imprecando e sbraitando in una lingua che non avevo riconosciuto al momento, ma che appresi dopo essere russo. Comunque, capivo il linguaggio del corpo abbastanza per capire che ci avrebbe ridotti in poltiglia se non l'avessimo aiutata a raccogliere le sue cose. E così facemmo. Velocemente.

E un'ora dopo eravamo seduti – affaticati e irritati – nella cunetta, a guardare le carrozze passare. Era infastidita perché i suoi documenti erano stati coperti di fango e impronte di cavallo. Hai cercato di leggere uno dei suoi fogli, ma non riuscivi a capirne una parola... e così, sempre gentiluomo, le hai chiesto educatamente cosa fossero. Grazie al cielo parlava inglese. Almeno abbastanza da farsi capire.

“Sono storie,” replicò breve, afferrando i suoi fogli. Il suo vestito stropicciato sventolò come lo fece; guanti senza dita coperti di sporcizia che le erano stati regalati molto tempo prima di quell'esperienza traumatizzante del pomeriggio. “Ma non sono belle. Non ne ho trovata nessuna buona in Unione Sovietica. Quindi ho deciso di venire qui per trovarne alcune.”

La mia risposta fu qualcosa di molto simile a: “Hai fatto tutto quel viaggio per l'America da sola per scrivere storie?” Non poteva avere più di 13 anni. (Non li aveva infatti. Ne ha 12.)

Annya arrossì quando lo dissi, ma i suoi grandi occhi azzurri divennero tristi. E in un istante, avevo capito. Anche noi sapevamo. Comunque, eravamo abbastanza tranquilli e le permettemmo di raccontarci di come fosse diventata orfana a causa della Grande Guerra, e di come sua nonna, che era riuscita a sopravvivere, era recentemente morta d'influenza. Perché fosse così disposta a raccontarci tutto, non ne sono ancora sicuro – forse era solo grata che qualcuno si interessasse. Non mi era sembrato che fosse stata con persone che si preoccupassero di lei per tanto tempo.

Forse era perché somigliava a Winry. Forse era perché eravamo una manica di stupidi. Forse era perché aveva bisogno di noi – era solo una bambina. Non lo so; e anche tu, ne sono sicuro. Ma qualcosa ci aveva fatto prendere le sue mani – come usavamo tenere Winry quand'era piccola – e portarla in un caffè fuori porta, con la promessa di una storia meravigliosa.

La nostra storia.

Non le abbiamo detto tutto, ovviamente. Solo i primi frammenti – su Resembool, sulla mamma. Sull'alchimia. Non credeva ad una sola parola di quello che le dicevamo, ovviamente, ma divorò il tutto quasi voracemente quanto il panino che le avevamo comprato. E quando smettemmo di parlare, chiese di sentirne ancora.

Diavolo, si rifiutava di andarsene finché non avesse sentito di più. Voleva sentire tutta la storia – ma in verità, non eravamo pronti a dirla.

Così l'abbiamo presa con noi. O meglio, lei ci ha seguiti, e noi glielo abbiamo lasciato fare. Non potevamo certo cacciarla...

E così, eccoci qua, che viviamo a New York, nella Terra dei Sogni. Almeno, questo è il nome che mi hai detto, Al. Personalmente, credo sia più la terra-dei-bastardi-rumorosi-e-dei-buffoni-arroganti, ma questo potrebbe essere vero dovunque. Viviamo in un piccolo appartamento in un quartiere povero – dove la biancheria umida sta sempre sventolando al vento, e le uscite di sicurezza arrugginite decorano i palazzi cadenti. La musica pesante di Tin Pan Alley ci fa la serenata giorno e notte, così come i miagolii dei tre gatti che mi hai convinto in qualche modo a farti mantenere. Anche Annya sembra quasi un gatto; sempre a gattonare in giro, curiosa su tutto, gli occhi aperti per una storia. Lasciava fogli dappertutto, e buttava sempre giù note. Ho quasi paura di accendere un fuoco in cucina, per paura di poter bruciare uno dei suoi manoscritti. (La penna È molto più potente della spada quando riguarda Annya.) Per quanto ti riguarda, Al – tu la incoraggi sempre; la aiuti con l'inglese quando non sei impegnato col lavoro. Ora come ora stai lavorando al porto – ma quel lavoro durerà probabilmente solo fino alla fine dell'estate. Poi dovrai trovarne un altro. Grazie al cielo, ho trovato una sorta di lavoro fisso giù al bar... anche se ho sentito parlare di un atto di proibizione, dovrei cominciare a mandare curriculum per un qualche lavoro in scrivania.

Comunque, la vita è...

… non lo so davvero. Siamo stati così impegnati a vivere, che non ci ho davvero pensato. Penso di essere felice, e credo che anche tu lo sia. Siamo insieme, almeno, e questo è tutto ciò che conta. Siamo salvi; e il nostro segreto mantenuto. (Anche se a volte penso che Annya si chieda cosa siano quei 'rumori' che sente nella nostra stanza...) E quindi... penso che stiamo bene. E che staremo bene. In ogni caso, probabilmente dovrei mostrarti questo diario. Il tuo compleanno sta arrivando; forse te lo regalerò. Dopo tutto, sei ancora qui – non è un sogno (nonostante il secondo nome dell'America)... non c'è più ragione per me di scriverci ancora.

Ok, mi sto prendendo in giro da solo. È davvero diventato un diario... sto registrando il tempo che passa, non è vero?, e gli eventi che ci stanno formando. Potrebbe costituire... lo sai...

Ma lo sto scrivendo per te. Così che, giusto in caso tu perda di nuovo la memoria – (non riesco ancora a credere che il dannato Portale ti abbia rubato i tuoi ricordi! Non ci ha allontanati abbastanza? Voglio dire, e dai, cazzo!) - avrai una sorta di registrazione di cosa ci è successo in questo mondo.

Quindi è davvero qualcosa di più di un diario di viaggio, okay? (NON UN DIARIO, CAPITO, ANNYA? PUOI SMETTERE DI LEGGERE DA DIETRO LE MIE SPALLE, ORA.)

Devo iniziare a preparare la cena.


—Ed

X

“Ed, qualcosa non va?”

Edward si raddrizzò, sorpreso dalla domanda inaspettata. “Non va...?” ripeté vuoto, fissando suo fratello. “No... perché?”

Alex mise il broncio, guardando debolmente suo fratello. “Non mentirmi,” sbuffò, sciogliendo l'abbraccio dal collo di Ed. Era quasi un compito, vedendo come le maniche del suo pigiama fossero sette centimetri più lunghe del necessario in ogni braccio, e il tessuto in più tendeva ad annodarsi. Comunque, lo fece con una certa grazia; incrociando le braccia strette sul petto per mostrare la sua crescente disapprovazione. “Non sei stato qua per tutta la notte – la tua mente è a milioni di miglia di distanza.”

“Non è vero,” protestò Ed, benché con un po' di debolezza, premendo i suoi palmi aperti sul tessuto di flanella che copriva i fianchi di Alexander. “Sono in allerta come un falco.”

Al lo schernì, muovendosi sullo sgabello di Edward. Gli avevano trovato sostegno poggiandolo contro il muro in un angolo del seminterrato, dietro alcuni scaffali incasinati e tavole coperte di tele. Calciò il suo piede dondolante. “Certo che lo sei... qual è l'ultima cosa di cui stavamo discutendo?”

Stavano discutendo di qualcosa?

Il moretto gonfiò le guance, facendo scorrere le dita lungo i capelli sciolti. Aveva cominciato a tenerli slegati sempre più spesso, perché Ed gli aveva detto che lo facevano sembrare adorabile. “Fratellone,” tentò di nuovo, più gentilmente questa volta – raggiungendo con le mani coperte dalle maniche il viso del fratello maggiore, “che succede? Parlami...”

“...” Edward si sgonfiò, indietreggiando per riposare la fronte sulla spalla di Alexander. La curva delicata delle clavicole del più giovane erano deliziosamente avvertibili sotto la strana morbidezza del suo pigiama; le dita pallide del biondo trovarono l'avambraccio di Alex, nascoste dietro mari di tessuto a pois. Respirò profondamente. Il giovane profumava di dolce, come vaniglia – caldo e bagnato dalla sua doccia recente. “... non era niente di importante,” assicurò Ed leggero, quasi facendo le fusa quando Al lo circondò con le braccia, cercando di attirare ancora di più a sé il suo amante. Alex sembrava così magro; piccolo... ancora di più in quel pigiama. La sua vista riempì Edward di uno strano desiderio di proteggerlo, nonostante sapesse perfettamente che Alexander poteva difendersi da solo. Il pensiero lo fece sorridere. “Papà sta solo facendo lo stupido.”

“Cioè?” Alex lo spinse appena, riposando la guancia sulla testa di Ed. Usò i suoi palmi per allisciare i capelli del fratello maggiore. Edward mugugnò, soddisfatto.

“Sta cercando di trovarmi una ragazza,” mormorò, strofinandosi ancora di più per mostrare il suo affetto. E sebbene non fosse una sorpresa che Alexander si irrigidisse mentre elaborava il suo annuncio, il biondo aggrottò le sopracciglia; premendo un bacio leggero nella parte inferiore del collo di Al. “Non preoccuparti, è già successo prima... cerca di mettermi con le figlie dei suoi colleghi da quando avevo 15 anni. È fastidioso, sai? Sentirsi dire di essere anormali per non avere una ragazza anche se ho 18 anni...”

“Non credo che senta che è anormale perché hai 18 anni,” rispose Alex leggero, nonostante ci fosse una punta di malizia nella sua voce. “Credo che lo senta anormale perché tu sei dannatamente figo.”

Ed grugnì. “Sì, credo che abbia nominato anche quello... comunque. Probabilmente ha solo notato che non ho mai avuto un appuntamento e ha bisogno di vedermi con una ragazza per calmare i nervi. D'altra parte, potrebbe aver iniziato a pensare che sono gay.”

“Tu? Gay?” Alex stava definitivamente ghignando, ora. “Non ho mai sentito niente di più ridicolo. Tu sei dritto come un cerchio.*”

“Stai zitto,” Edward rise appena, solleticando scherzosamente suo fratello tra le costole. Allo stesso tempo, Alexander poteva sentire le labbra di Edward premere contro la sua gola; il movimento causò una piacevole formicolio che si diffuse in tutto il corpo. “Parli tu poi, piccolo ipocrita.”

Alex ridacchiò per qualche secondo, stringendo la presa attorno al suo fratello maggiore. Il calore del corpo di Edward lo faceva sentire così bene; era così rassicurante... “... sei sicuro che non è niente di serio, vero?” Chiese, suonando un po' nervoso, come il momento di tranquillità scivolava via. “Papà non pensa che...? Non sa...?”

Il biondo scosse la testa, lasciando scorrere le braccia nel piccolo vuoto tra la schiena di Alexander e il freddo muro di cemento, attirando a sé il fratello. “No,” affermò tranquillamente. “Non lo sa. E non ho intenzione di lasciare che lo sappia. Per quanto riguarda le ragazze che sceglierà di lanciarmi addosso-”

“Non voglio che tu esca con nessuno,” lo interruppe Alex in tutta fretta, cominciando a suonare impanicato. Le sue dita sottili si strinsero, come se avesse paura che Ed potesse scivolare via. “Per favore-”

“Non preoccuparti.” bisbigliò il biondo, incapace di trattenere un tenero ridacchiare. “Non era quello che volevo dire. Quello che stavo per dire, era che continuerò a dirgli che non sono interessato alle ragazze, ora come ora; sono troppo impegnato con la scuola. Prima o poi si arrenderà. Ha funzionato prima; funzionerà anche ora. Ok?”

Non proprio – era comunque rischioso. E più Edward si rifiutava, più le cose sarebbero state sospette... ma davvero, che altra scelta avevano? Alexander si forzò di sorridere, nonostante continuasse a sembrare ansioso. “Ok... lo prometti?”

“Se tu prometti di non preoccuparti.”

“Sai che non posso,” il moretto di concesse un ghigno secco, sfregando il naso contro quello del suo ragazzo.

“Ma ti prometto che proverò...”

Ed sorrise – quel bellissimo sorriso pieno di adorazione che faceva sciogliere il cuore di Alexander e gli faceva venire le vertigini. “Mi accontenterò.” concordò, spingendo in basso Alex con un bacio ingannevolmente gentile.

Nessuno dei due uscì fuori per un'altra ora.

X

Giugno, 1928

Caro Al,

La tecnologia è sbalorditiva.

Oggi siamo andati a vedere un “Talkie” - una serie di immagini in movimento con parole e suoni. All'inizio, pensavo potesse essere alchimia al lavoro; non sapevo che la scienza potesse fare qualcosa del genere. Annya mi ha detto che sono stupido (il suo inglese sta migliorando sempre di più); han parlato del personaggio di Edison nei fogli. Apparentemente, ha inventato un sacco di cose. Mi chiedo se ci sia un equivalente in Amestris? Scommetto che Winry avrebbe apprezzato i Talkies tanto quanto Annya – nonostante i suoi commenti sarcastici, non l'ho mai vista più eccitata da quando l'hai portata a Central Park, Al. (L'hai viziata, comunque. Non aveva bisogno di quel vestito nuovo, anche se con quello è davvero carina.)

Tra le altre notizie, la gente ha iniziato a parlare sempre meno dell'America come “la terra dei sogni” e molto più del tempo. “Gli anni ruggenti”, credo sia questo il giusto termine. Ho sempre pensato che fossero ruggenti – il livello di rumore deve ancora placarsi.

Scriverò di più dopo. Ho bisogno di dar da mangiare ai tuoi dannati gatti. Mi devi qualcosa secondo lo scambio equivalente, spero tu lo sappia.

Ed

X

Secondo il dizionario tascabile di Alex, “alla fine” significava “nel giusto tempo”. Una traduzione semplice... comunque, ciò che voleva davvero sapere era quanto questo “giusto tempo” avesse intenzione di durare. Erano passate già due settimane, e ancora il loro padre non aveva ceduto alle sue imprese “cupidiche”. Infatti, diventò soltanto più insistente – non cercava neanche più di nascondere i suoi tentativi di organizzare delle uscite; era un affare di famiglia.

“Davvero, Edward,” esclamò Benjamin durante la colazione della domenica mattina – l’evento in cui gli Elric erano ancora obbligati a stare insieme. Pancakes e French toast… Edward odiava le colazioni in famiglia perché l’odore del French toast lo faceva vomitare; ora invece odiava i ritrovi familiari per una ragione nuova e più infernale. “Dovresti almeno provare a conoscere Danielle prima di prendere una decisione. Suo padre mi ha detto che ti adora…”

“Papà, non so neanche di chi tu stia parlando,” ringhiò Ed, pucciando continuamente i pezzi di pancakes nel piatto zuppo di sciroppo. Si sentiva come se volesse urlare… o attaccare suo padre con la forchetta; due forti desideri che sarebbero stati con tutta probabilità sedati dal resto della famiglia. (Beh, almeno da sua madre. Rosie sembrava pronta a seguirlo con il suo cucchiaino per i cereali.) “Non posso neanche uscire con chi voglio?”

Sotto il tavolo, Edward sentiva il piede sinistro di Alex fregare contro il suo destro, intrecciandosi silenziosamente attorno alla caviglia di suo fratello. Lui guardò il suo fratellino con uno sguardo delicato, ma Alexander stava ancora guardando il suo piatto. Comunque, il suo gesto fu compreso, e Edward cominciò a calmarsi.

Anche se non abbastanza velocemente.

“Certo,” buttò lì il signor Elric, tagliando un pezzetto di French toast e portandolo alla bocca. “Non sto cercando di forzarti ad uscire con una ragazza, figliolo. Voglio soltanto vederti sbizzarrirti un po’ sul campo, sai? Sei sempre così occupato coi tuoi progetti… non pensi che tuo fratello dovrebbe cominciare ad uscire con qualcuno, Alex?”

Alex, comprensibilmente sorpreso, si sentì soffocato da un pezzetto di mela, mentre i piedi si allontanavo da quelli di suo fratello. (L’espressione già acida di Edward diventò, se possibile, ancora più scura.) “Io, um… sì, suppongo di sì…”, balbettò infine, il naso che si arricciava in disgusto. “Ma davvero, papà, non lo biasimo per non volere… la maggior parte delle ragazze a  scuola sono delle idiote.”

“Hey,” brontolò Rosalie con poco entusiasto, mezz’addormentata. Le nove del mattino erano davvero troppo presto per fare qualunque cosa… “Io non sono una di quelle, spero tu lo sappia.”

“È per questo che ho detto ‘la maggior parte’,” ripeté Alexander, lasciando girovagare un dito sul bordo del bicchiere con dentro il succo alla mela. Sua madre lo guardò con rimprovero, e a malincuore si fermò. “Ma non importa, Rosie – Edward non può certo uscire con te.”

Le labbra della ragazza si piegarono in un sorriso languido. “Suppongo tu abbia ragione,” concordò con un tono estremamente francese. “Sai, essendo parenti.”

Edward e Alex la guardarono con sguardo gelido.

“Comunque, papino,” continuo Rosie, per niente intimidita dagli sguardi torvi dei fratelli, rigirandosi un coltello tra gli indici, “conto tutto l’impegno che ci stai mettendo nella vita sentimentale di Ed… hai anche intenzione di trovare un ragazzo a me?”

Benjamin sbuffò, spargendo lo zucchero sopra il suo French toast. “Assolutamente no – sei troppo giovane per uscire con un ragazzo, piccoletta.”

Istantaneamente, l’espressione di Rosie mutò in uno sguardo cagnesco, sottolineato dai suoi occhi truccati. “È un po’ sessista da parte tua, papà.” Disse scherzando, accavallando una gamba sopra l’altra e poggiando il mento sul palmo della mano. La classica posizione d’attacco di Rosalie… Ci volle un minuto ad Alex per realizzare che stava cercando di proposito – e con successo – di distrarre il loro padre dal motivo principale della discussione.

Non l’aveva mai amata tanto come in quel momento.

“Perché ogni cosa che faccio è sessista?” si lamentò il padre, suonando arrabbiato. “Non ho detto che non uscirai mai… semplicemente non credo tu sia grande abbastanza, Rosie. Hai solo quattordici anni e- beh, hai un lato un po’… selvaggio. Non voglio che ti accada niente di male, come… sai…”

“Sesso, droga e rock’n’roll?” concluse irriverente, le labbra glossate tirate in un ghigno selvaggio. “Dai, papà. Riesci davvero a vedermi facendo quelle cose con un sacco di ragazzi prima del matrimonio?”

Nessuno rispose. La fronte di Rosalie si aggrottò, rabbiosa.

“Grazie per il supporto,” sbottò, chiaramente offesa. “E io che pensavo che la mia famiglia mi conoscesse… io non sono così cattiva! Non farei mai sesso prima del matrimonio o altre cose che potrebbero corrompere la legge.”

“Non è che non crediamo in te, tesoro,” disse gentilmente Teri, sorseggiando un po’ di latte. “Soltanto tuo padre e io non pensiamo che tu sia matura quanto tuo fratello, per ora.”

“Non è vero…” brontolò Rosie, spaventosamente arrabbiata ora. Non che quelle robe-legate-agli-appuntamenti le importassero; con Rosie era sempre ‘una questione di principio’. E non amava perdere, neanche quando la sconfitta era palese. “Pensate soltanto che lui non abbia impulsi sessuali…”

Alexander ebbe improvviso bisogno d’aria, mentre cercava di non arrossire. Edward sembrava solamente infastidito. “Sono qua, sai.” Le ricordò con sarcasmo, ciondolando sulla sedia con un’espressione di pura irritazione sul viso. “E non mi piace che la mia famiglia discuta sulla mia vita sessuale…”

“Che sono sicuro sia inesistente,” dichiarò speranzoso il signor Elric. (Alex stava avendo qualche piccolo problema a respirare adesso – tossendo con forza in un tovagliolo.) “Non sto incoraggiando nessuno di voi a fare sesso. Il sesso si fa dopo il matrimonio, e non prima. Vorrei solo vedere Ed uscire e incontrare gente nuova-“

“- da un punto di vista femminile-“

“-così che sappia cosa voglia in una futura moglie,” finì Benjamin, ignorando Rosalie e i suoi lamenti riguardo a quanto fosse bigotto. “Infatti, credo che inizierò a cercare qualcuna anche per te, Alex. Sei pronto, credo; sei decisamente responsabile. Perché non provi con Zena, adesso che siete tutti e due un po’ più grandi?”

Le guance arrossate di Alexander impallidirono. ‘Cazzo…’ “Papà, io…”

“Ha già la ragazza,” annunciò Edward, alzandosi e facendo rumore coi piatti pieni di cibo e i bicchieri semi pieni. Tutti gli occhi puntarono su di lui. Ed sorrise imbarazzato. “Scusa, Al, so che ti avevo promesso che non lo avrei detto, ma sembra che papà non si arrabbierà…”

Alex lo guardò vacuo; pensava che il suo cuore si fosse fermato per un momento. “Fratellone…”

“È vero?” chiese interessato il signor Elric, senza preoccuparsi di aspettarsi una risponda. Il che era bene, visto che Al non gliene diede una… ma quasi vomitò per il dolore quando suo padre cominciò a dargli amorevoli pacche sulla schiena. “È fantastico, Alex! Perché non ce lo hai detto prima?”

“Io…” farfugliò Alexander, completamente perso. ‘Che cosa sta succedendo?’

Ma ancora, il loro padre non si fermò neanche – dedicando a Edward un gran sorriso. Ed non gli stava dedicando alcuna attenzione (piuttosto determinato a continuare); dando le spalle al tavolo mentre strofinava i piatti sotto il getto freddo dell’acqua. “Vedi figlio mio? Non può essere così difficile trovare una ragazza se ce l’ha fatta Alexander. Sai quanto sia timido, dopotutto…” Alex era abbastanza sicuro che avrebbe dovuto sentirsi offeso, ma era troppo disorientato per preoccuparsene. ‘Che cosa sta cercando di fare Ed? Dove vuole arrivare…?’  “Magari faccio una chiamata ai genitori di Danielle, eh? Sei libero stasera, gius-?”

CRASH!

Le stoviglie insaponate sbatterono contro il lavello con abbastanza forza da frantumarne la pietra; l’intera famiglia sobbalzò sorpresa, voltandosi verso Edward con gli occhi spalancati. Stava stringendo il bordo della vasca con le dita tremanti, il sopracciglio destro che scattava pericolosamente.

Alex sentì lo stomaco contorcersi. ‘Non fare stupidaggini, Fratellone-!”

Se Ed avesse o meno sentito la preghiera silenziosa di Al, nessuno lo potrà mai sapere. Comunque, cercò di ridarsi un minimo di contegno: con un respiro profondo, puntò i suoi occhi dorati sul viso sconvolto di Benjamin. “… ok, papà,” disse, la voce stranamente tesa. Alex e Rosie si guardarono con sguardi sgomenti; qualcosa non era a posto. “Sai cosa? Mi arrendo. Non so come possa dirlo in modo più chiaro, quindi andiamo dritti al punto: NO.”

“…” Il signor Elric sbatté gli occhi verso di lui, visibilmente confuso. “… scusa?”

Non mi interessano le ragazze, papà.” Sputò, sbattendo un pugno contro il banco. Alexander e Rosalie saltarono un’altra volta, mentre i loro genitori si limitarono a fissarlo. “Non mi interessavano ieri, non mi interessano adesso, e non penso proprio che mi interesseranno un domani. Sono gay. Sempre stato, sempre lo sarò.”

Cercò di sorridere, ma finì col sembrare più una smorfia. “… Sono così, fine.”

Le interiora di Alex scomparvero – e probabilmente anche quelle di suo padre. Si sedette lì, annaspando… sua moglie non sembrava più stabile, al contempo allarmata e stupita. Rosie, d’altra parte, sapeva esattamente come si sentiva: impanicata; guardava Edward con uno sguardo che urlava chiaramente ‘Che cazzo stai facendo, idiota!’

Ma non disse niente.

C’era solo silenzio.

X

Dicembre, 1929

Caro Al,

Ho deciso che siamo una maledizione. Per forza, visto tutta la merda che lasciamo dietro di noi. Merda come la depressione. La depressione sembra perseguitarci. E non solo nel senso emotivo, haha. No…

La borsa è crollata a Ottobre. La chiamano la “Grande” Depressione. Quella in Germania era molto simile a questa… solo che stavolta non possiamo scappare. Siamo in bancarotta. Non tanto quanto la maggior parte delle famiglie, grazie al cielo, ma abbiamo pochi soldi. Ho perso il mio lavoro al bar – quel dannato divieto è stato approvato. Quindi anche se non avessi voluto, lo avrei perso comunque. Stanno tutti perdendo il lavoro… beh, quasi tutti. Ho qualche amico di alto rango sociale – conosci tante persone grazie all’alcohol – e ci hanno assicurato po’ di lavoro. Niente di che, ma è sufficiente per sopravvivere.

Annya ci ha aiutato quanto ha potuto: ha venduto i suoi vestiti in più e i giocattoli, e sacrificato i suoi fogli preziosi per il fuoco; si è addirittura offerta di lavorare in fabbrica. Non avrei voluto sentirlo, comunque – ho visto cosa fanno ai bambini qui. Così alla fine si prende cura della casa mentre noi siamo a lavoro. Come ricompensa, le raccontiamo qualcuna delle nostre storie. Visto che non può più scriverle, le memorizza – ci compone sopra persino della musica e la canticchia mentre lavora, così da riuscire a imprimersela nella memoria. È un po’ disturbante, davvero, sentire pezzi della tua vita canticchiate dalla tua figlia surrogata mentre pulisce il forno. Ma è anche carina. Tu hai cominciato a chiamarla la nostra piccola Ziegfeld Folly. Anche lei ride quando lo fai.

… è bello… essere ancora capaci di ridere. È confortante, davvero, sapere che non siamo messi così male, che possiamo continuare ad andare Avanti, non importa quando le cose sembrino tetre.

Ci potrebbero essere tempi difficili davanti a noi, Alphonse, ma sono sicuro che potremmo affrontarli insieme.

Ed

XXX

Dun dun DAAAAA! Cliffhanger! EEEEK! (Scappa urlando dai lettori.)

Ricordate, se mi uccidete, non posso aggiornare! (si nasconde)
(PS. Ho fatto I calcoli, in caso qualcuno se lo chiedesse – nel momento in cui incontrano Annya, Ed ha 22 anni e Al ne dimostra fisicamente 17. Annya, come detto prima, ne ha 12.

Giusto per farvelo sapere.

Yup.

(torna a nascondersi))

 

Note della traduttrice: Pensavate che fossi morta eh? E invece no.e_e Dunque, che dire.
Ci ho messo l’eternità – perdono perdono perdono!*si inchina mille volte* Ma purtroppo sono  stata qua e là e tra gli esami, le vacanze, e altre fic che ho scritto Skeletons è finita nel dimenticatoio. Ma è tornata e spero di non metterci altri nove mesi per il nuovo capitolo.
Maiden vi ama comunque.<3

*In inglese sarebbe as straight as a circle, e gioca sul fatto che in inglese straight voglia dire sia etero che dritto. Siccome non sapevo come renderla in italiano, l’ho lasciata così. >_<’



  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Full Metal Alchemist / Vai alla pagina dell'autore: Maiden Of The Moon