White Christmas

Dolores Umbridge amava il Natale. Amava l’atmosfera soffusa e incantata, le luci che scintillavano tra gli abeti, la neve che ricopriva delicatamente il castello.

Amava quel senso di purezza, di candore, che il Natale portava con sé. Perché a Natale non c’era spazio per nient’altro che non fosse ordinato biancore. A Natale non c’era spazio per sudici Mezzosangue, ibridi e mostri che intaccavano la distesa immacolata del suo mondo; a Natale non c’era spazio per alcuna macchia.

E nessuno poteva osare anche solo provare a rovinarlo. La purezza andava preservata, la purezza andava protetta. Lei avrebbe punito chiunque, con la sua sola presenza, avesse osato violare il candore della neve, il candore del suo mondo. Non c’era posto per i sovversivi a Natale, né in qualunque altro periodo dell’anno; non c’era spazio per loro, e lei avrebbe provveduto a epurare la società da quegli scarti umani, da quegli sporchi Babbani, da quei sudici ibridi che ancora si ostinavano a infestare, a rovinare la distesa perfetta del suo universo...

«Professoressa Umbridge? Mi scusi, alcuni ragazzi hanno riempito l’albero che c’è nella Sala Grande di gnomi urlanti... Ma li ho acciuffati, quei manigoldi! Ora sono nel mio ufficio, ho pensato che magari desidera decidere lei stessa la punizione...» Le parole di Gazza si insinuarono viscide tra i suoi pensieri, interrompendone il corso. Chi si era permesso? Lei avrebbe punito chiunque avesse osato violare il candore del suo mondo. Chiunque.

Quei ragazzini andavano puniti. Che immagine deliziosa!

Avrò il Natale che ho sempre sognato, si disse sorridendo leziosa a Gazza, mentre usciva dal suo ufficio canticchiando tra sé.

«And may all your Christmases be white».