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Autore: Aurora Barone    31/01/2010    2 recensioni
Ripropongo una storia che avevo scritto all' età di 14 anni, si può dire che è stata la mia prima storia, anche se prima ne esisteva un'altra versione, comunque questa è la versione che sto revisionando. Un crimanale e una ragazzina che subisce molestie dal padre adottivo si incontrano per caso in sgradevoli circostanze.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Il prossimo capitolo penso che sarà il capitolo finale o il penultimo capitolo, spero di non tirarla troppo per le lunghe e mi dispiace per il ritardo con il quale posto i capitoli, ma quest' anno sono ridotta a studiare come una disperata, dato che ho gli esami di maturità e i prof mi stressano in continuazione e poi ma perchè ci sono un sacco di professori esterni agli esami di quest' anno!!!!AIUTOOOOO!!!!Ok, dopo avervi scocciato con i miei problemi, bè eccovi il nuovo capitolo!

L' amore di un padre...


Yoko:

Volevo Kyo più di ogni altra cosa: Volevo sentire il tocco delle sue mani, il calore del suo corpo avvolgere il mio e desideravo provare una sensazione nuova, diversa da quella che mi aveva sempre fatto provare il mio patrigno, che non faceva altro che provocarmi un dolore lacerante, però allo stesso tempo né ero spaventata, temevo che le esperienze negative che avevo provato con il mio patrigno potessero ripetersi, nonostante sapevo che Kyo fosse diverso, non riuscivo a far a meno di temere per la mia incolumità.
Ma quando lo vidi avvicinarsi a me, mi rammentai di cosa aveva fatto un momento prima mi aveva coperto e mi aveva persino sgridato non appena mi ero spogliata dinnanzi a lui, così capì che non avevo proprio nulla da temere, lui era diverso da suo padre,inoltre le sue parole riecheggiavano nella mia testa come un'armoniosa melodia, aveva detto che ricambiava i miei sentimenti. Dopo un po' si avvicinò con l' intento di darmi un bacio, ma non appena si avvicinò lasciai cadere il lenzuolo dicendo timidamente:“Se mi ami, non c'è nulla di male se io e te...” Tentai di superare il mio imbarazzo, ma notando i suoi occhi sbarrati che si trovavano ancora una volta di fronte la mia nudità, mi risultò impossibile non divenire preda dell' imbarazzo. Mi sentivo goffa e grassa, mentre Kyo mi osservava con quei suoi occhi penetranti che non lasciavano trapelare un granchè, poi però distolse lo sguardo accorgendosi che lo stavo guardando, sembrava che le mie parole e il mio corpo scoperto lo avessero messo piuttosto in difficoltà.
Poi presi uno dei suoi polsi e lo strinsi con le mie mani per condurlo verso il mio petto, lui inizialmente fece resistenza, poi però alla fine sembrò cedere.
Sentii il calore della sua mano accarezzarmi il seno, poi le sue dita tastarmi e pizzicarmi ogni minima parte con sfolgorante passione, provai una sensazione piacevole che voleva manifestarsi in versi animaleschi che non avevo mai fatto, forse era quello di cui le mie compagne in passato mi avevano parlato, lo avevano chiamato “Piacere sessuale”.
Kyo mentre toccava ogni mia parte del corpo, mi guardava con insistenza come se volesse studiare ogni mia minima reazione, come un medico che cerca di capire qual'è il punto che dole alla paziente, ma lui sembrava cercare qualcos'altro, forse il punto che potesse suscitare in me reazioni inaudite, come quelle che trattenevo. Dopo un po' si fermò come se ci avesse ripensato, così io continuavo ad incoraggiarlo posando le sue mani nel mio corpo, poi mi avvicinai a lui per spogliarlo, ma mentre gli toglievo la maglietta, mi incominciai a sentire una vera imbranata, le mani mi tremavano e il mio cuore sussultò, non mi piaceva l'idea di essere la sola ad essere nuda, inoltre volevo vedere il suo petto nudo che ero riuscita a vedere solo una volta e per giunta di sfuggita,così mi presi di coraggio.
Lui sollevò le braccia non appena intuii le mie intenzioni, ma sentendomi osservata, agivo con insicurezza, quando gli tolsi la maglietta potei ammirare il suo fisico, che non era nulla di particolare, non aveva dei gran pettorali e dei grossi muscoli, del resto non mi erano mai piaciuti i ragazzi troppo muscolosi e troppo perfetti, ero dell' idea che la bellezza stava anche nelle imperfezioni, come in quel po' di pancetta che aveva oltre a quel po' di muscoli che bastavano, almeno per me.
I nostri sguardi entrarono in completa sintonia come la prima volta che ci eravamo incontrati, tutti e due provavamo le stesse emozioni e gli stessi desideri,volevamo tutti e due appartenerci, dopo un po' mi chinai per slacciargli i pantaloni, ma mi sentivo un ' emerita idiota mentre lo facevo, le mani mi tremavano e stavo bisticciando con il bottone dei pantaloni,inoltre ero caduta vittima dell' imbarazzo, l' idea di vedere la sua intimità mi metteva piuttosto in soggezione, ma allo stesso tempo mi incuriosiva.
Kyo vedendo che ero una catastrofe naturale a togliere un paio di pantaloni, mi disse dolcemente “Non dobbiamo per forza farlo”, ma le sue parole invece di incoraggiarmi a lasciar perdere ebbero l' effetto contrario, perché sentivo che non avevo nulla di cui temere insieme a lui,così riuscì a togliergli i pantaloni d dosso superando almeno un po' del mio imbarazzo, poi mi decisi a togliergli i suoi boxer neri, con imbarazzo distolsi lo sguardo.Guardai la sua protuberanza con la coda dell'occhio.
Dopo un po' lo baciai con frenesia, con il cuore che mi batteva fortissimo mentre lui ricambiava il mio bacio appassionato ormai fuori controllo,dopo un po' mi adagiò con delicatezza sul letto posizionandosi sopra di me e dopo un po' incominciai a sentire le sue labbra e la sua lingua premere sul mio corpo. Io cercavo di trattenere ancora quei bizzarri versi di piacere.
Dopo un po' ribaltai la situazione ormai del tutto eccitata e incominciai a baciarlo dappertutto, anche nel punto che mi metteva soggezione e dopo un po' sentii ansimare,allora capì che era di suo gradimento.
Dopo un po' la situazione si ribaltò ancora una volta e questa volta tornò ad essere lui sopra di me e baciò ogni minima parte del mio corpo, anche i miei lividi e le mie ferite con dolcezza, poi prese il preservativo e dopo di ciò sentii la sua intimità premere dentro la mia.
Non provai alcun dolore, inizialmente soltanto un po' di agitazione, avevo paura di farmi male, invece non provai alcun dolore, ma soltanto un piacere intenso che non avevo mai provato prima d'ora, così lo stringevo a me per incoraggiarlo a continuare, dato che lo vedevo muoversi dentro di me con esitazione fino a che non ci lasciamo tutti e due travolgere dalla passione, superando ogni inibizione.
Continuavo a stringerlo forte a me sorridendo, poi piansi dalla gioia, ma lui piuttosto preoccupato pensava che me ne fossi pentita che forse mi avesse fatto male, così mi fece una sorta di interrogatorio, ma lo tranquillizzai ammettendo che piangevo soltanto perché era felice. Sorrise dandomi della piagnona, mentre continuavo a stringerlo contro il mio corpo, perchè volevo che quel momento durasse in eterno.
Ma purtroppo non fu così, dopo un po' il telefonino di Kyo incominciò a squillare, così imprecai mentalmente contro chi si fosse azzardato a disturbarci in un momento come quello, anche Kyo lo fece, ma lo esterno a gran voce“Uffa che scocciatura, avrei dovuto spegnerlo!” Gli dissi di non rispondere dato che pure lui la riteneva soltanto una scocciatura, ma tuttavia non se la sentii di sottrarsi dal rispondere,così si alzò dal letto per raccogliere il telefonino che era finito sul pavimento, dato che era dentro la tasca dei suoi pantaloni.
“Pronto” rispose in tono scocciato, ma dopo un po' la sua voce cambiò tono e guardò allarmato l' orologio dicendo “Mi scusi tanto, non avevo idea che si fossero già fatte le quattro” poi lo sentii annuire diverse volte,non appena chiuse la chiamata, mi disse con un espressione turbatissima di vestirmi, gli lanciai uno sguardo deluso, mentre lui si giustificava dicendo che Nageshi era arrivato ad Okinawa e che presto sarebbe piombato in casa nostra.
“Io non ho alcun interesse a vedere quel tizio e poi insomma... chi diamine se ne importa di quello lì!” affermai scocciata.
“Ecco...Yoko fai come ti dico, altrimenti succederà una catastrofe...e poi non vorrai di certo presentarti a Nageshi nuda...”
“Io rimango qui!Non voglio vedere quel tipo, mi dà sui nervi!” affermai infastidita, non capivo perché Kyo fosse più interessato a vedere quel politico che a stare con me.
“Prima di giudicare una persona non dovresti conoscerla!” affermò per convincermi.
“Eh d'accordo...” affermai scocciata, incominciando a vestirmi, anche Kyo si rivestii.

KYO:
Sentii il telefonino squillare, doveva suonare proprio in quel momento, insomma quando si dice tempismo perfetto, poi però dopo aver sbuffato scocciato e avergli imprecato contro mi decisi a rispondere, nonostante Yoko mi dicesse di non farlo. Non appena sentii La voce del padre di Yoko incominciai ad agitarmi, sopratutto quando mi disse che era da un bel pezzo che mi aspettava, avrei dovuto andarlo a prendere alla stazione, ma me ne ero completamente dimenticato a causa di sua figlia che mi aveva distratto da tutto il resto, ma questo non potevo menzionarlo, così dissi semplicemente di non essermi accorto che si fosero fatte le quattro e quando mi chiese “Yoko sta studiando?” io gli risposi con un si secco, tentando di apparire piuttosto convincente. Non appena conclusi quella chiamata, feci un sospiro di sollievo,ringraziando il cielo che non mi avesse tempestato di domande, sopratutto perché mi sentivo un verme perché mentre gli dicevo che sua figlia era a studiare, in realtà sua figlia era sdraiata sul letto con nessun vestito indosso.
Dissi a Yoko di vestirrsi,mentre con agitazione mi vestivo, la vidi alzarsi e sbuffare, non aveva alcuna intenzione di fare quel che le avessi detto, poi le spiegai che stava per venire Nageshi, ma ciò nonostante continuava a replicare dicendo che non aveva alcun interesse a vedere quell'uomo e che lei sarebbe rimasta nella sua stanza, così per convincerla le dissi ciò che davvero temevo che sarebbe successa una catastrofe e poi affermai che non poteva giudicare qualcuno che non conosceva.
Alla fine riuscii a convincerla,così feci un altro sospiro di sollievo mentre sistemavo il letto e i cuscini,mentre Yoko mi guardava ancora con un espressione insoddisfatta. Mi avvicinai a lei dicendole “Mi dispiace...anche a me aver interrotto quel che stavamo facendo, ma è una cosa importante...”
“Perchè quell'uomo è così importante?” mi chiese sospirando.
“Primo o poi lo capirai...” affermai incerto, non sapevo se dirgli che quell'uomo fosse suo padre, ma d'altra parte ero certo che presto glie lo avrebbe detto lui di persona,così lasciai perdere.
Yoko non mi fece più domande e non appena suonò il campanello andai ad aprire seguito da Yoko checontinuò a sospirare, sopratutto non appena incrociò lo sguardo di Nageshi.
Lo feci accomodare in cucina, mentre Toshio e Saito parlavano allegramente fra di loro, Saito vedendo entrare il suo datore di lavoro tornò ad essere una sorta di soldatino di piombo, sempre sull' attenti e con un' espressione esageratamente seria.
“Com'è andato il viaggio?” gli chiesi sorridendo più del necessario poiché ero piuttosto agitato, temevo che potesse venir a sapere di cosa io e sua figlia avessimo fatto un momento prima, mentre lui era ad aspettarmi alla stazione.
“Bene...anche se ho dovuto prendere un taxi dato che qualcuno si è scordato di venirmi a prendere...” disse canzonatorio.
“Mi scusi, mi era sfuggito” affermai muovendo convulsamente la gamba per il nervosismo.
“Non importa...Kuso” affermò divertito.
“Eh ma questi nomi dobbiamo rivederli!” affermai scocciato, mentre Toshio protestava insieme a me, poi guardò verso la direzione di Saito e poi si voltò verso Yoko.
“Come stai?” chiese osservando la sua espressione corrucciata.
Yoko lo guardò interdetta, poi gli rispose con impertinenza “Non sono affari suoi!”
Io lanciai uno sguardo di rimprovero verso Yoko, per dirle di non comportarsi in quel modo perché era suo padre l'uomo al quale stava rispondendo male, ma lei continuò ignorando i miei sguardi.
“Hai un bel caratterino...” disse il padre ridendo.
“No, è che lei appartiene alla categoria di uomini che non sopporto...” affermò indispettita.
“Non ami i politici, bene neanch'io!” esclamò sorridendo.
“Come fa un politico ad odiare i politici?” chiese confusa.
“Vedi, il motivo per il quale ho deciso di candidarmi, è stato perché volevo che nel nostro paese ci fosse qualcuno che si interessasse davvero al benessere del paese... e così ho voluto impegnarmi seriamente per diventare quella persona, ma purtroppo le persone si lasciano ingannare dalle grandiosi promesse dei politici come Keitawa” affermò con un espressione delusa.
“Tu credi di essere così diverso da lui, ma secondo me le tue sono solo delle belle parole come le sue che non hanno un briciolo di verità!” affermò non avendo alcuna intenzione di credergli.
Mi intromisi notando l' espressione di Nageshi farsi triste di fronte le parole aspre della figlia, così dissi “Non tutti i politici sono come Keitawa”
Nonostante conoscessi poco Nageshi, ero certo che non era una cattiva persona, dal suo modo di fare, dai suoi gesti e dalle sue parole, ogni cosa in lui era spontanea, inoltre sapevo quanto si preoccupasse per Yoko, quando mi chiamava, mi chiedeva sempre di lei,cosa faceva, come stava e se andava bene a scuola,voleva sapere ogni cosa e ogni minimo dettaglio sulla sua bambina.
Yoko non sembrava del tutto d' accordo con me, ma ciò nonostante non disse nulla poi si inventò una scusa per potersene tornare nella sua stanza dicendo che doveva finire di studiare, poi mi scusai con Nageshi perché non avevamo una stanza dove farlo dormire, anche se in realtà mi sarei scusato con lui per qualcos'altro.
“Non ti preoccupare, posso dormire sul divano” disse posando la valigia all' ingresso dove c'erano ben tre divani.
Poi si sedette sul divano invitandomi a fare lo stesso, l' idea di esser rimasto da solo con lui, mi rendeva irrequieto, avevo paura che potesse farmi qualche domanda indiscreta sul rapporto che c'era fra me e Yoko.
Sembrava triste, forse per il comportamento scontroso di Yoko, cercai di tranquillizzarlo dicendogli che in realtà non ce l' aveva veramente con lui, era soltanto un po' scontrosa e sulla difensiva con gli uomini che avessero qualcosa in comune con Keitawa.
“Non sono di malumore per questo motivo, è solo che vedendola, mi è tornata in mente sua madre, le somiglia molto” disse tirando fuori dalla sua valigia una foto, era la stessa che era stata censurata dai giornalisti.
Me la mostrò, osservai il volto della donna che sembrava Yoko da adulta con accanto un Nageshi giovane e allegro che non sembrava neppure lui, era quasi irriconoscibile, aveva quell' aria trasandata e ribelle che ormai non possedeva più.
Poi osservai i vestiti della donna, non sembrava una prostituta, era vestita come una ragazza comune, nessuno avrebbe mai potuto mai dirlo che fosse una poco di buono se non per quel trucco esagerato che si contrapponeva al suo viso dolce e privo di volgarità.
“Tu pensi che dovrei dirglielo che sono suo padre?” mi chiese osservandomi con un espressione pensierosa.
“Si, penso che dovrebbe farlo e anzi più presto possibile, perché più tarderà a farlo e più sarà lo choc che avrà non appena glie lo dirà...” affermai pensando a quale reazione potesse avere Yoko non appena glie lo avrebbe detto.
“Credo tu abbia ragione, però non è facile...” mi rispose perplesso.
Poi mi osservò in un modo strano, come se volesse chiedermi qualcosa, tuttavia non lo fece ed ebbi come l' impressione che volesse farmi qualche domanda indiscreta sul rapporto che c'era fra me e sua figlia, quindi fui contento non appena costatai che non si decideva ad aprir bocca,ma rimanevo all' erta con il timore che da un momentoall' altro avrebbe tirato fuori quella bomba che mi avrebbe messo in difficoltà.
“Rimarrò qui per un po' di giorni”
“Quanti?” gli chiesi sorpreso.
“All' incirca cinque giorni, ti crea forse qualche problema?” mi chiese sospettoso.
“No, nessun problema!” affermai pensando il peggio, se il padre di Yoko avesse scoperto che io e sua figlia eravamo diventati molto intimi non osavo pensare cosa sarebbe successo e rimanendo all' incirca cinque giorni sotto lo stesso tetto, forse lo avrebbe intuito o scoperto in qualche modo.
Dopo un po' si recò speditamente nella stanza di Yoko dicendo che le doveva dare una cosa, lo lasciai andare, mentre osservavo attentamente l' oggetto che avesse in mano, era un diario.


Yoko:
Non avevo più alcuna voglia di stare insieme a quel politico, sopratutto perché da quando quell'uomo aveva messo piede in casa Kyo si comportava come se non esistessi e tutto ciò era piuttosto irritante,così mi inventai una scusa per potermene tornare nella mia stanza.
Mi buttai a peso morto sul letto, nello stesso letto con cui prima io e Kyo avevamo fatto l'amore, mentre adesso lui era troppo impegnato ad intrattenere quello scocciatore,pensai seccata accedendo la tv per distrarmi, ma qualsiasi canale mettessi non facevano altro che parlare di Keitawa e Nageshi, poi sentii bussare alla porta.
Doveva essere Kyo, così mi affrettai a rispondere che non avevo alcuna voglia di vederlo, non dopo come si era comportato nei miei confronti, ma continuò a bussare con insistenza, così rassegnata gli dissi di entrare, sentii spalancare la porta, poi incrociai lo sguardo dell'uomo, non era affatto Kyo, ma Nageshi notai con estrema delusione.
“E tu? Che vuoi?” chiesi perplessa e scocciata.
“Volevo restituirti questo...” affermò l'uomo con aria incerta.
Osservai l' oggetto che mi stava consegnando, mi era familiare, era il diario in cui avevo sempre scritto da bambina, perché lo aveva lui?
“Perchè hai il mio diario?” chiesi stupefatta.
“E' complicato da spiegare...” affermò porgendomelo.
Lo presi, osservando la sua copertina rigida blu scuro, poi aprì una pagina a casaccio e vidi una grafia disordinata e gigantesca, le frasi erano semplici e scoordinate fra di loro e poi c'erano un mucchio di cancellature a penna che formavano degli enormi scarabocchi e delle macchie di inchiostro sparse un po' qua e là.
“Anche se è complicato io voglio che tu mi spiega come fai ad avere il mio diario?” gli chiesi con insistenza e con un certo fastidio, perché quel diario conteneva dei pensieri miei e intimi di bimba.
“ Me l' ha dato Keitawa, gli ho chiesto io di darmelo...” affermò irrequieto.
“Perchè?” chiesi sbalordita.
“Volevo sapere qualcosa di più di te...perchè sei mia figlia...” affermò serio in viso.
Non appena sentii quelle parole, mi sentii strana, come se fossi morta, non avevo la forza di parlare e il mio cervello sembrò spegnersi di colpo, superato lo choc mi infuriai e incominciai a dibattermi contro quell'uomo.
Era stato lui a far soffrire mia madre e ad averci abbandonato e adesso aveva pure la faccia tosta di farsi vedere e di dirmi in tutta tranquillità che lui era mio padre, dopo che non c'era mai stato per me, aveva la presunzione di definirsi tale.
“Che cosa vuoi da me?” gli urlai contro.
“Io voglio soltanto starti vicino...insomma fare ciò che dovrebbe fare un padre...” affermò osservandomi con dolcezza.
“Ah, adesso hai deciso di metterti a fare il padre, guarda che ormai è troppo tardi!” affermai in collera.
“Non parlare come se io ti avessi abbandonato, io non l' ho fatto, vedi il punto è che neppure sapevo che tua madre fosse incinta...” mi rispose pronto a difendersi.
“E allora se non te l' ha detto deve esserci pur stato un motivo, del resto eri uno dei suoi tanti clienti, non c'era alcuna ragione per il quale dovesse dirtelo” esclamai ripugnata, era uno dei tanti che si era sollazzato con mia madre solo per puro piacere e non per amore e questo pensiero mi ripugnava, perché io ero nata da un semplice rapporto sessuale tra una prostituta e un suo cliente, era davvero squallido.
“Non ti permetto di dire una cosa del genere, io amavo veramente tua madre!” affermò alterato.
Poi mi raccontò di come si erano conosciuti, lui era insieme a dei suoi amici, andavano a divertirsi in qualche locale e come si usa tra alcuni giovani, per concludere in bellezza una serata si andava a letto con qualche prostituta, ma mio padre era un po' scettico, l' idea di andare con una prostituta non lo attirava perché erano troppo squallide e volgari, poi però tra le varie donne mezze nude vide mia madre ferma sul marciapiede.
Era diversa dalle altre, il suo abbigliamento non era volgare, anche il suo viso era dolce e privo di volgarità, nonostante il trucco pesante che avesse messo, poi la vide tossire e notò il suo vestito dalle maniche corte indossato in pieno dicembre e per giunta di sera tarda.
Si impietosi a guardarla mentre tremava per il freddo e zoppicava per un tacco rotto che continuava ad indossare nonostante tutto,così si fermò e la portò con sé in un love hotel.
Lui le faceva delle domande sulla sua famiglia e su altre cose che la riguardavano, ma lei non rispondeva si limitava a svolgere il suo lavoro parlando poco, lui rassegnato la lasciò fare intuendo che non si sarebbe mai confidata, poiché era solo un suo cliente, ma ciò nonostante lui ne rimase particolarmente attratto che finii più volte a tornare su quel marciapiede a cercarla, la trovava sempre lì con la pioggia, con la neve e con il vento che soffiava fortissimo ed era sempre vestita a maniche corte.
Ormai vedendosi sempre, finirono tutti e due per innamorarsi l' uno dell' altra e mia madre incominciò a confidarsi con lui parlando della sua famiglia che era piena di debiti di gioco del padre e che quei debiti con la sua morte erano a suo carico, inoltre era stata più volte licenziata per un motivo o per un altro e alla fine dopo il terzo licenziamento non riuscii più a trovare lavoro, perché chi viene licenziato difficilmente viene ripescato nel mondo del lavoro, per questo molti giapponesi tentano il suicidio, perché sono certi che dopo un licenziamento non riusciranno più a trovare lavoro, oltre al fatto che per loro il lavoro è tutto ed il luogo dove passano gran parte della loro esistenza.
Poi però un giorno mia madre divenne scontrosa nei suoi confronti e gli disse di non farsi più vivo, perché a causa sua non riusciva a fare bene il suo lavoro, ma lui continuava ad andarci lasciandole una consistente somma di denaro, che mia madre rifiutò più volte e poi le disse ancora una volta di non cercarla più fino a quando non finii per ignorarlo e per andare con altri uomini sotto i suoi stessi occhi,almeno questa era la sua versione dei fatti, ma non volevo crederci che fosse andata veramente così.
“Sei un bugiardo, sono certa che sei stato tu ad abbandonarla!” affermai infuriata.
Da sempre avevo pensato che mio padre ci avesse abbandonato e scoprire invece che non era andata proprio così mi scosse molto, perché dall' espressione triste di mia madre era come se fosse stato lui ad averla abbandonata, quindi mi intestardii e non volli dar credito alle sue parole,dopotutto era un politico come Keitawa, anche lui bravo a mentire.
Infuriata mi infilai un paio di scarpe e poi fui pronta per andarmene via, non avevo idea di dove andare, l'unica cosa che sapevo e che non potevo rimanere lì per sentire altre bugie,così scappai via, mentre Nageshi cercava di braccarmi, ma fortunatamente fui più veloce di lui.
Ormai fuori di casa incominciai a guardarmi attorno, non avevo idea di dove andare, non conoscevo le strade di Okinawa quindi allentai il passo e con titubanza, poi scelsi una direzione con il timore di potermi perdere, ma dopo un po' sentii una voce familiare chiamarmi, era la voce di Kyo.
Me lo ritrovai di fronte, lui mi guardò con un espressione sollevata “Menomale che ti ho trovata!”
“Tu lo sapevi che lui era mio padre e non mi hai detto niente!” affermai furibonda,certa che lui ne fosse a conoscenza, di sicuro era questo che mi aveva nascosto per tutto quel tempo.
“Yoko...avrei voluto dirtelo, ma ho ritenuto che fosse più giusto che te lo dicesse lui...” disse un po' dispiaciuto.
“Lasciami in pace, voglio stare da sola!” affermai infuriata.
“Ma se neanche sai le strade di Okinawa, vuoi per caso perderti?”
“Come se tu le conoscessi!” affermai scettica.
“Si, ma io ho la cartina” esclamò mostrando un sorriso.
“E allora dammela e lasciami in pace!” affermai indispettita.
“No, perché ho come l' impressione che tu voglia fare una qualche sciocchezza...” disse stringendo forte la cartina che cercavo di strappargli dalle mani.
“Non ti intromettere!” esclamai rabbiosa, ormai con le lacrime agli occhi mollando la presa sulla cartina.
Kyo mi abbracciò per calmarmi, ma mi divincolai infuriata, perché lui mi aveva nascosto che quell'uomo fosse mio padre e non ero disposta a perdonarlo e poi lo aveva trattato fin troppo bene, nonostante lui non ci fosse mai stato per me, Kyo si azzardava ad essere cordiale e disponibile con lui come se fosse stato un padre modello con me.
La sua stretta era talmente forte che non riuscivo a liberarmi, mentre io continuavo i miei piagnistei gridandogli contro di lasciarmi stare, ma lui non mi ascoltava affatto e continuava ad esercitare la sua forza su di me con quell' abbraccio che mi impediva di scappare.
“Ti capisco, anche mia madre non c'è mai stata per me, però lei a differenza di tuo padre, l' ho conosciuta ed era davvero una poco di buono, ma non come lo poteva essere tua madre che lo faceva per guadagnarsi da vivere, lei lo faceva perché voleva comprarsi vestiti, trucchi e farsi la plastica al seno e per altre banalità... Lei era superficiale, non pensava mai al bene di me e di Toshio e dopo una discussione accesa fra lui e mio padre sorta per queste ragioni, se ne andò via. Mio padre fu violento, le alzò le mani per gelosia, poiché l' aveva trovata a letto con altri uomini più volte. Lei se ne è andata senza pensare ai suoi figli, non glie ne importava nulla di me e Toshio e credo che sia stata anche a causa sua che mio padre sia cambiato così tanto, prima era una brava persona poi però dopo aver ricevuto delusioni su tutti i fronti, sia da sua moglie, dagli amici e da tutti quelli che gli stavano accanto è diventato il Keitawa che conosciamo”
“E' con questo cosa intendi dire?” affermai continuando a fare la scontrosa, nonostante fossi triste per lui.
“ Intendo dire che se una persona ti abbandona non torna indietro e se lo fa vuol dire che non ti ha abbandonato per sua volontà, infatti tuo padre neppure sapeva che tua madre fosse incinta,quindi come potevi essere viva nei suoi pensieri se ignorava persino la tua esistenza”
“Si, ma se lui amava veramente mia madre non avrebbe dovuto lasciarsi convincere da lei” affermai non sapendo più che dire.
“Yoko non so come siano andate le cose, però da quello che vedo tuo padre è una brava persona e ti vuole bene, tutte le volte che mi ha chiamato non ha fatto altro che chiedermi affettuosamente di te e adesso credo che sia preoccupato perché te ne sei scappata via di fretta e furia senza dire nulla...”
“Non può decidere adesso di fare il padre, non dopo che non l' ha mai fatto!” esclamai infastidita.
Kyo smise di stringermi a sé e finì per infuriarsi “ Fa come ti pare,vattene dove vuoi..scappa dai problemi, sono arcistufo di parlare con una persona che non mi ascolta e che non si rende neppure conto della fortuna che ha!”
“Ma quale fortuna?” gli chiesi confusa e indispettita.
“Hai un padre buono che ti vuole bene, mentre io non posso dire di avere la stessa fortuna” esclamò malinconico con le lacrime agli occhi.
Era raro vederlo piangere e quando succedeva finivo per sentirmi triste pure io, così presa dalle sue lacrime incominciai a piangere anch'io, perché mi sentivo terribilmente in colpa, ero sicura che fosse tutta colpa mia se stava piangendo.
Kyo imbarazzato si asciugò le lacrime cercando di porvi fine, ma continuavano a scendere inesorabilmente, poi quando si accorse che stavo piangendo pure io insieme a lui, si scusò dicendo: “Non piangere pure tu, altrimenti cadremo in un circolo senza fine, perché tu piangi perché io piango, poi io piango perché tu piangi e insomma...è un bel casino non credi?”
Mi misi a ridere fra le lacrime, rise anche lui dicendo “Ecco, quando ridi mi sento decisamente meglio!”
“Che egoista, mi fai ridere perché così stai bene tu!” esclamai punzecchiandolo.
“Eh, ma alla fine se tu ridi io rido e se io rido stai bene pure tu, quindi alla fine egoista relativamente, perché lo faccio per fare stare bene anche te...dato che i nostri stati d'animo sono collegati!” affermò Kyo facendomi venire un po' il mal di testa con quei suoi ragionamenti un po' contorti.
“Si, ma io non voglio tornare a casa...non credo di aver la forza di affrontarlo...” affermai agitata.
“D'accordo, allora lo chiamo e gli dico che siamo andati a fare un giro da qualche parte, così non si preoccupa...”
“Grazie, Kyo” affermai grata di quel che stesse facendo, nonostante il mio atteggiamento dovesse fargli saltare i nervi, perché forse lui aveva ragione: io ero stata in un certo senso fortunata più di lui, perché mia madre mi aveva sempre voluto bene e mio padre alla fine non sembrava una cattiva persona, nonostante non lo conoscessi bene, mentre lui aveva avuto una pessima madre e suo padre era diventato un uomo vile.
“Dove vuoi andare?” mi chiese dopo aver concluso la chiamata con mio padre.
“Non saprei...” affermai perplessa.
“D'accordo, allora ti porto in un posto che piace alle ragazzine della tua età...” esclamò ridendo.
“Non mi trattare come se fossi una bambina!” esclamai scocciata.
Dopo un po' mi resi conto che non mi aveva affatto dato ascolto, mi aveva portato in un luogo per poppanti, il luna park, lo guardai storto volendo ucciderlo con lo sguardo, anche se dovevo ammettere che ero contenta dato che non c'era mai andata prima d'ora. Keitawa non era mai stato un padre affettuoso e quindi non mi ci aveva mai portato, si limitava a portarci Shizuka mentre io dovevo rimanere a casa.
“Ti avevo detto di non trattarmi con una bambina!” affermai indispettita.
“Non mi pare che ci siano solo bambine, guarda ci sono pure ragazze più grandi...” affermò guardando delle ragazze su una giostra.
“Si, ma per me queste cose sono infantili!” affermai con superiorità.
“ Alla tua età mio padre mi portava sempre qui quando facevo i capricci ed ero triste”
“A me non mi ci ha mai portato, ci portava sempre Shizuka meno che me...”
“E adesso ti puoi rifare di quelle volte che non ci sei andata...”
“Si ma non pensare che io sia una bambina...”
“Ma non lo penso, lo sei!” affermò con un sorriso disarmante.
“Dove vuoi salire Himechan?”
“Le montagne russe” proposi.
“Sicura? Non è che poi ti senti male?” affermò con un'aria preoccupata, come se fosse lui ad aver paura delle montagne russe e infatti alla fine fu lui a sentirsi male,mentre io mi ero divertita parecchio.
Dopo esser scesi dalle montagne russe, lo vidi barcollare, come se gli girasse forte la testa, gli chiesi se stava bene, ma lui orgoglioso per com'era non avrebbe mai ammesso che le montagne russe lo avevano fatto star male, poi mi disse che doveva soltanto andare un attimo al bagno.
Quando tornò sentii un odore strano provenire dalla sua bocca, era come se avesse appena vomitato, così gli chiesi se stava bene. Lui annui dicendo che era davvero tutto apposto e mi chiese se volessi fare un altro giro sulle montagne russe, ci tenevA tanto a tener salva la faccia da sembrare persino masochista.
Non sapevo se fargliela pagare per il fatto di essere così orgoglioso, da non voler ammettere che le montagne russe lo facessero star male, oppure lasciar perdere e dirgli che mi bastava aver fatto soltanto quel giro, sapendo che aveva appena vomitato, alla fine optai per l'ultima dicendo che ne avevo avuto abbastanza delle montagne russe, poi mi punzecchiò dicendo “Non è che in realtà hai avuto un po' di paura?”
“Ma fammi il piacere quello che ha vomitato sei tu non io...” affermai ridendo, essendomi ormai dimenticata della confessione di Nageshi.
“Non ho vomitato...” affermò con insistenza, poi mi avvicinai per dargli un bacio per poter confermare la mia teoria, se mi allontanava significava che aveva un alito pessimo, poiché aveva vomitato e infatti fu ciò che fece, mi allontanò usando come giustificazione che c'erano troppi bambini per i piedi.
Dopo un po' tornai seria ripensando a mio padre, ancora era difficile da poter realizzare che Nageshi fosse mio padre, sopratutto perché non avevo mai voluto conoscere il mio vero padre, avevo sempre pensato che non mi importasse conoscerlo perché ero certa che fosse una persona cattiva come Keitawa, però Kyo diceva che mi sbagliavo e anche le parole di Nageshi sembravano sempre così sincere. Tuttavia non avevo il coraggio di rivederlo perché un padre è colui che ti vede crescere e che ti sta sempre vicino nei momenti veramente difficili, mentre lui non c'era stato e anche se questo non era avvenuto per colpa sua, non riuscivo a far a meno di ritenerlo un estraneo.
Quando tornammo verso casa, Kyo mi prese per mano per incoraggiarmi poi aprì la porta di casa e mi invitò ad entrare dicendomi di non pormi troppi problemi e di non strafare con le preoccupazioni,così ascoltai il suo consiglio e quando me lo trovai di fronte, rimasi in silenzio non sapendo che dire e che fare, anche lui non disse nulla, ma si limitò ad abbracciarmi. Sentii un calore inondarmi mentre mi stringeva a sé, era diverso dall' abbraccio di Kyo, quello era un' abbraccio affettuoso e paterno che mi era sempre mancato.
Dopo quell' abbraccio carico di affetto, il rapporto tra di noi era migliorato, però continuava ad essere un estraneo, dopotutto non potevo subito riconoscerlo come mio padre da un giorno all' altro, ci voleva del tempo per abituarmi all' idea che lui fosse mio padre, così continuai a chiamarlo Nageshi senza chiamarlo mai papà perché mi faceva troppa impressione chiamarlo in quel modo.
Il giorno seguente, Kyo mi accompagnò a scuola come di consueto e un'altra giornata di scuola incominciò, il biondino continuava ad importunarmi, ma fortunatamente Reika riusciva sempre a tirarmi fuori dai guai ed io finivo come al solito per ringraziarla. Quel giorno Reika era piuttosto strana, era come se avesse in mente qualcosa.
Mi trascinò verso l' aula insegnanti durante la ricreazione assicurandosi che non vi fosse alcun insegnante nei paraggi, poi tirò fuori dal suo zaino una scatola con dei biscotti al cioccolato, me ne fece assaggiare uno dicendo che li aveva preparati lei e dovetti ammettere che erano veramente buoni, poi lasciò la scatola su uno di quei banchi, dove c'era un cassettino chiuso a chiave con scritto il cognome del nostro prof di matematica.
La guardai perplessa chiedendogli perché mai stava lasciando quei biscotti al nostro prof di matematica, lei mi guardò con imbarazzo e arrossendo di botto, poi ammise di esserne perdutamente innamorata. Io la guardai come se fosse completamente ammattita, chiedendomi se stessimo parlando della stessa persona, ovvero di quel feroce vecchio che non faceva altro che sbraitare contro gli alunni.
Lei lo difese dalle mie critiche dicendo che aveva solo trenta anni, glie ne avrei dati di più, ma comunque era pur sempre vecchio per i miei gusti, poi aveva un pessimo carattere ed ero sicura che se ci avesse scoperto sarebbe stati guai.
Lei mi guardò dicendo “ Adesso pure tu sai un mio segreto, così potrai stare tranquilla, che non rivelerò in giro il tuo, perché altrimenti tu rivelerai il mio”
Poi le dissi di andarcene più in fretta possibile, perché se ci trovavano lì sarebbero stati guai seri, poi prese un fogliettino con scritta una formula di matematica complicatissima e la lasciò sopra la scatola dei biscotti.
Non appena fummo lontani dall' aula insegnanti gli chiesi cosa significasse quella formula e lei mi raccontò che una volta il professore aveva lasciato un esercizio nel quale andava applicata quella formula che però nessuno comprese e seppe mai fare, persino lei non ci riuscii mai nonostante fosse molto brava in matematica, poi alla fine finii per impegnarsi tantissimo per risolvere quell' esercizio pensando a come lui si fosse alterato quando nessuno riuscii ad eseguirlo e così per amor suo, si impegnò così tanto da riuscire a risolverlo.
“Ma non riconoscerà la scrittura?”
“No, l'ho fatto al computer!” affermò sorridendo.
“Si, ma secondo me lui non apprezzerà il tuo gesto, conoscendolo finirà per buttare i tuoi biscotti!”
“Si, i primi tempi, li buttava poi però un giorno l' ho visto intento a guardarsi attorno per vedere se c'erano i suoi colleghi per i piedi e di nascosto incominciò a mangiarli e di solito ha sempre un bel sorriso quando riceve i miei biscotti...”
“Si, però non sa che sei tu a mandarglieli, se lo sapesse... forse non ne sarebbe felice, perché sei una sua alunna...” affermai pensierosa.
“Ma tanto non verrà mai a saperlo che sono io”
“Si, però ti va bene davvero così?” gli chiesi perplessa.
“Si, perché l'unica cosa che posso fare è fargli quei biscotti mantenendo l' anonimato, perché lo so che il nostro è un amore impossibile...” affermò con le lacrime agli occhi. Tentai inutilmente di consolarla, ma fu tutto inutile ne era veramente innamorata. Era difficile per me poter comprendere il suo amore, come poteva piacergli un uomo del genere. Quando glie lo chiesi lei incominciò a dire che lo apprezzava perchè non era severo come sembrava, perchè tutte le volte che era arrivata a scuola in lacrime, per le discussioni avute con i suoi genitori, lui era sempre stato disponibile, la portava fuori dalla classe senza mai essere invadente. Gli diceva soltanto di tornare a sorridere perchè era bella quando sorrideva e quando si applicava con entusiamo nei suoi esercizi e problemi di matematica.


   
 
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