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Autore: gothika    11/07/2005    4 recensioni
Non aveva reminescenze di una similare visione da molto tempo ormai, l’unica che gli tornava alla memoria era quella di una lontana notte di luna nuova: il giorno della nascita di quell’abominio. Con lo stesso tuo sangue, padre, generasti l’infamia del tuo nome.
E con il tuo, del mio, indirettamente.
Genere: Avventura, Mistero, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I – “Ciò che vedono i miei occhi…non tocca il mio cuore.”

 

Una radura smorta si apriva dinnanzi ai suoi occhi.

Tutto appassiva ad ogni suo passo, come se una grave coltre di gelo pernicioso spegnesse la vita di ogni essere vivente nel raggio di pochi metri da lui.

Mortali.

A quale ignobile e debole condizione sono destinati: subire la caducità di una vita che non ha niente a che vedere né con la gloria né con il potere. In fondo, tutto quello che li riguardava era poco più che miserabile, una vana perdita di tempo.

In effetti, non ci si può aspettare grandi cose da un umano.

Seguitava camminando piano, scandendo il fondo della selva con la sua cadenza regolare ed altera.

Gli youkai non conoscono la fretta, nemmeno la bramano.

Il tempo eterno di una vita immortale permette loro di compiacersi di ogni cosa, lentamente. Tuttavia, da quando vagava in quel mondo saturo e, al contempo, deserto, non aveva mai goduto di niente. Neppure delle molteplici battaglie che avrebbero dovuto renderlo fiero di nuove vittorie, né del terrore che incuteva negli avversari con la sola sua presenza, apparentemente abulica, ciò nondimeno, estremamente feroce e disumana; nulla era mai riuscito a scuoterlo tanto da fargli aver coscienza di essere improvvisamente diverso, da far sciogliere almeno un po’ l’apatica brina che attanagliava il suo cuore riducendolo inerte e spento come le gelide pietre dei monumenti funerari.

Alzò le calde iridi al cielo. Quella notte la luna era immensamente grande e luminosa, là eminente nella volta stellata dominava ogni cosa dall’alto. Non aveva reminescenze di una similare visione da molto tempo ormai, l’unica che gli tornava alla memoria era quella di una lontana notte di luna nuova: il giorno della nascita di quell’abominio. Con lo stesso tuo sangue, padre, generasti l’infamia del tuo nome. E con il tuo, del mio, indirettamente.

-“Padre, se solo voi foste ancora in vita, io…io…”disse con voce scossa dal risentimento.

Strinse violentemente i pugni lungo i fianchi. Rabbia e rancore fluirono dentro di lui come un fiume in piena che nessun argine avrebbe potuto mai contenere. Suo padre, il più potente demone maggiore di tutte le epoche, era morto penosamente per salvare le inutili vite di…non riusciva nemmeno a pensare a quei nomi. Pronunciarli, per lui, era bestemmia.

“Se fosti stato ancora in vita, padre, vi avrei ucciso per diventare io stesso il demone più insigne. Si…è vero…avrei potuto uccidervi. E lo avrei fatto volentieri. Sareste stato il nemico più grande che io abbia mai battuto. Io, Sesshomaru, l’unico in grado di annientare il più influente demone maggiore qui, nell’epoca Sengoku.”

Si avvicinò ad una roccia levigata e si sedette smarrendo lo sguardo tra gli interminabili astri del cielo. Una brezza lieve attraversò i lunghi fili argentei dei suoi capelli facendoli oscillare in quanto mai morbide onde. Non sapeva perché, ma continuava a tornargli in mente quel volto.

Benché lui l’avesse odiato con tutto se stesso, il ricordo di quel viso non lo aveva mai lasciato e, mai in nessun caso, l’avrebbe fatto. Non se ne sarebbe più liberato.

“Tsk…Quella femmina, quell’umana. Cosa vi aveva spinto ad amarla a tal punto?”

Non capiva. L’amore era qualcosa di così futile ed insignificante, decisamente inservibile.

L’unico suo scopo era indebolire, annientare, distruggere tutto ciò che toccava. Era per questo che una donna non era una cosa a cui prestare particolare attenzione: quegli esseri sapevano tessere catene indissolubili che non lasciavano via di salvezza neppure ad un demone.

 

“Sono meschine, le donne umane. Proprio come lo era lei.”

 

Veniva a cercarlo costantemente ogni notte, tentava di intrappolare con le sue parole dolciastre e con i suoi sguardi carichi di pietà anche lui. Voleva che perfino lui, come suo padre, cadesse in modo biasimevole tra le sue braccia e che si comportasse in modo buono e socievole, passando il resto della sua vita con lei e con suo figlio. Come se lui non fosse più se stesso, come se potesse rinnegare la sua natura demoniaca per vivere la sua esistenza come un mediocre essere umano.

Il giovane youkai tornò a guardare il bosco che andava man mano restringendosi, esibendo esclusivamente la sua parte più inospitale: le alte fronde degli alberi, difatti, si allacciavano l’un l’altro, attorcigliandosi, dando vita ad una stipata oscura galleria, impenetrabile dai raggi dell’opalescente satellite. Neanche il soffuso bagliore delle stelle, che quella sera avevano l'aria d’esser incommensurabili, riusciva a filtrare attraverso il verde fogliame.

Dinnanzi a lui solo una penetrante caligine.

Inclinò il capo di poco, il viso elegante come sempre inespressivo.

Anche se fossero state le profonde oscurità dell’inferno a circondarlo, avrebbe comunque ostentato quello sguardo vuoto, alienato, come se nulla potesse lederlo, scalfirlo.

Non avrebbe mai finito per cedere ad affini pulsioni, tutt’altro, avrebbe preferito di gran lunga morire per mano di un comunissimo demone minore piuttosto che sacrificare la propria vita per qualcun altro, qualcuno che non fosse lui stesso, o in nome di qualche astruso ardore emotivo.

La sorte che toccò a suo padre non avrebbe affatto infierito su di lui giacché esecrava gli infimi esseri umani con ogni fibra del suo essere. Li detestava semplicemente.

Sesshomaru, il glaciale principe dei demoni, non provava dolore, paura, pietà, amore.

Sentimenti di tale sorta lo fuggivano come se fosse stato ammantato dalla peste più devastante.

Le sue labbra fini si serrarono un istante, mentre nelle sue iridi si dipingevano i ricordi della sua infanzia. Ma, fu soltanto un attimo, poiché queste si curvarono istintivamente in un sorriso sprezzante il quale gli lasciò una vaga sensazione di amarezza.

No, erano solo sciocchezze, pensieri per menti grette e limitate come quelle di quel mezzo demone con il quale condivideva le sembianze ed il sangue. Anche se non amava ammetterlo, gli somigliava non poco, se non fosse stato per quelle stomachevoli orecchie e per la mancanza di fregi sulle guance. Sorrise di nuovo, con più forza questa volta, e con più crudeltà.

-“Quella donna poteva illudersi quanto voleva: lei non sapeva, però, che…

…ciò che vedono i miei occhi…non tocca il mio cuore.”

Detto questo, lo youkai si rialzò e continuò ad incedere perdendosi nel folto della boscaglia.

  
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