CAPITOLO
12°_ BENE E MALE
Chi può decidere
cosa sia giusto o sbagliato? Chi può sapere dove risieda il bene e dove il
male? Ogni cosa, in questi due frangenti, è puramente soggettiva. Ciò che per
uno è sbagliato per un altro potrebbe risultare, al contrario, giusto e nessuno
dei due avrebbe torto o ragione.
Un proverbio
dice: “La
verità sta nel mezzo”, dunque tra bene e
male? E se si trova nel mezzo come fare a seguirla?
Né
bene, né male; né carne, né pesce… nulla…
Bisogna agire
come meglio si crede… ciò vale, anche se significa tradire tutto ciò a cui si è
stati devoti per quasi un anno?
Troppe domande e
nessuna certezza. Il dubbio sa uccidere molto più di mille parole; l’inattività
rende pazzi e la pazzia è la fine di tutto.
Quindi, giusta o
sbagliata che sia, bisogna prendere una decisione ed accettarne tutte le
conseguenze senza alcun ripensamento.
Una
risata amara.
A parole sembra
tutto di una facilità assoluta, ma quando si viene ai fatti è tutta un’altra
cosa e, dunque, di nuovo il dubbio ed il tormento. Che fare?
Davide
tremava come poche altre volte in vita sua. L’alba era ormai sorta e lui era
rimasto tutto il tempo lì a fissare il disturbato riposo di un dolorante Marco
senza fare nulla, senza dire nulla; nonostante ormai sapesse la verità.
Un
rumore sordo lo riportò alla realtà: qualcuno aveva aperto la porta ed era
dietro di lui. Sussultò quando la voce di un uomo ruppe il silenzio.
«Riposa
ancora?» chiese quasi senza espressione Hector.
Davide
si limitò ad annuire perché se avesse parlato, la voce avrebbe sicuramente – e
in realtà inspiegabilmente – tremato.
In
quel momento Marco voltò il capo verso i due uomini in piedi e con un’immane
fatica sussurrò il nome di Hector.
«Ci
scuseresti qualche istante?» chiese, sempre con la stessa tonalità, l’uomo
chiamato in causa.
Davide
lo guardò per qualche istante, poi annuì con volto teso ed uscì.
Mauro
si gettò al capezzale di Luca con uno slancio non indifferente ed un sorriso
tirato si fece forza sul suo viso quando vide il verde dello sguardo
dell’amico.
«Ma
che scherzi sono questi?» sussurrò per sdrammatizzare quella strana e alquanto
sconosciuta situazione.
Anche
Luca tentò di sorridere, ma con minore successo.
«Come
vanno le cose qui?» chiese con grande sforzo.
«Ancora
bene, almeno per ora… anche se “siamo allarmati dalla situazione”: insomma una
cosa simile non era mai accaduta… “bisogna” fare presto ora, prima che le cose
si aggravino e si corra il rischio “di non poter più tornare indietro”…»
Luca
annuì: la facilità con cui Mauro gli aveva spiegato la situazione, nonostante
solo un muro li separasse da Davide, era sorprendente e dimostrava ancora una
volta quanta esperienza avesse maturato in quel lavoro. Un’esperienza di vitale
importanza, che lui non aveva.
Annuì
e chiuse gli occhi: il fianco gli faceva male da impazzire.
«Tieni
duro ancora un po’» lo incoraggiò Mauro con un’enfasi che non era certo di
Hector «Tra poco andremo via di qui»
«Quando?»
chiese Luca ravvivato da quelle ultime parole: possibile che si stesse davvero
per concludere ogni cosa?
«Subito
dopo l’operazione delle donne: i capi hanno deciso che sarà l’ultimo colpo, poi
andremo via. “Abbiamo dovuto affrettare ogni cosa”» disse poi e anche questa
volta non fu difficile cogliere il secondo significato della frase.
«Hector?»
Una
voce interruppe i due. L’interpellato si voltò e vide William che lo attendeva
sulla porta.
«È
ora di andare» lo informò serio, poi il suo sguardo cadde sul ferito «Marco…
come va?»
«Potrebbe
andare peggio: potrei essere morto… Piuttosto mi dispiace: ho rovinato tutto…»
Il
volto di William cambiò velocemente espressione più volte: ad un improvviso e
fulmineo stupore, si sostituì una faccia quasi sorridente e poi una seria, come
se Marco avesse detto qualcosa di assolutamente sbagliato.
«Non
dire stupidaggini! Non è stata affatto colpa tua! Piuttosto riposati: andremo
via di qui il prima possibile» lo rassicurò uscendo con Hector e lasciandolo
solo nella cella.
Fuori
Davide era appoggiato con la schiena contro il muro umido del corridoio.
«Hai
già fatto ciò che ti era stato chiesto?» gli domandò il capo.
Un
brivido attraversò la schiena dei due uomini accanto al capo. Cosa sarebbe
successo ora? Chi avrebbe parlato? E soprattutto cosa sarebbe stato detto?
«Sto
provvedendo…» disse Davide controllando stranamente la voce «… ma non ho ancora
ottenuto risultati» e in parte non era una bugia: non sapeva che cosa fare… non
ancora.
Aveva
bisogno di accertarsi che ciò che aveva scoperto fosse vero e… parlare con
Marco.
Il
capo annuì e si allontanò; Mauro tirò un respiro di sollievo e lo seguì,
lasciando comunque a malincuore la cella di Luca: in fondo, però, sarebbe
finito tutto presto.
«E
non sai chi fosse… giusto?» chiese Alessandro con ancora un po’ d’ansia nella
voce, quando Elena concluse il suo lineare racconto “dell’aggressione” che
aveva – almeno lo speravano con tutto il cuore – salvato la vita di Luca.
Elena
annuì: in tutta l’agitazione del momento non si era di certo voltata per vedere
chi fosse il suo “aggressore/salvatore”.
«Ma
come poteva…? Insomma che ne sapeva lui di tutto questo?» chiese agitato.
Nessuno
era in grado di rispondergli; Anna non riusciva neanche a parlare: la
consapevolezza di quanto Luca stesse rischiando – e, soprattutto, del fatto
che, almeno in parte, fosse colpa sua – la opprimeva sempre più…
«Noi…
noi dobbiamo tirarlo fuori di lì! Basta: ciò che ha visto, ciò che ha scoperto…
ciò che ha rischiato è più che sufficiente! E se anche non lo fosse, non mi
importa! Deve andare via… non può più rimanere lì!»
Le
parole uscirono dalla sua bocca istintive: erano quello sfogo dell’anima che la
freddezza e la razionalità della mente avevano sempre bloccato, lasciandolo
trasparire solo da qualche lacrima. Non le importava cosa avrebbero detto i
suoi colleghi, se l’avrebbero considerata una bambina capricciosa o troppo
emotiva per resistere a quella situazione o, anche, per fare quel mestiere. Ora
voleva solo Luca accanto a lei.
«Chiamo
«Presto
sarà qui» le disse Elena e lei sorrise.
Alessandro
digitò rapido il numero di Patrizi: l’ultima volta li aveva aiutati… forse
avrebbe potuto fare qualcosa anche in questa situazione.
«Pronto?»
«Patrizi?
Sono Berti, del X…»
«Ah,
Berti: mi dica»
«Abbiamo
bisogno del suo aiuto: noi… dobbiamo tirare fuori dall’organizzazione Luca…»
Il
silenzio scene in quella telefonata.
«Si
rende conto di ciò che mi sta chiedendo? Il suo commissario è in una pericolosa
operazione sotto copertura: non posso fare improvvisamente irruzione lì,
comprometterei tutto!»
«Ma
è già tutto compromesso!» urlò Alessandro «In questo momento Luca potrebbe
essere morto!»
«Lei
non si preoccupi» disse all’improvviso Patrizi con una strana calma nella voce
«Si risolverà tutto per il meglio, mi creda»
«E
come? Ha forse la sfera di cristallo?» disse l’ispettore sarcastico.
«No…
ora… devo andare! La chiamo il prima possibile e le faccio sapere…»
«Ma…
cosa…?» Alessandro non riuscì a finire la domanda che il suono ad intermittenza
del telefono gli segnalò che Patrizi aveva riattaccato.
Rimase
per alcuni istanti interdetto, fissando il display del cellulare.
«Allora?»
chiese Elena incuriosita dall’espressione del compagno.
«Io
gli ho detto che con molta probabilità stanno per fare fuori Luca – se non è
già accaduto –… e lui mi ha risposto che si risolverà tutto per il meglio e che
non devo preoccuparmi» rispose l’ispettore ancora shoccato.
Elena
sgranò gli occhi.
«Ma
che diavolo di risposte sono?» chiese improvvisamente infuriata.
«Non
lo so… ma non possiamo fare altro che aspettare notizie che, mi ha detto, ci
farà avere il prima possibile»
«Come?»
Alessandro
scosse di nuovo la testa: non c’era alcuna certezza in quella situazione.
Mezz’ora.
Gli era servita mezz’ora per trovare la forza – e il coraggio? – per affrontare
la verità ed ora il suo cuore batteva all’impazzata. Perché ormai era
praticamente inutile, e soprattutto sciocco e patetico negare a se stesso che
faceva male saperlo una spia, che gli si era affezionato, che gli ricordava in modo terribile suo figlio Pietro…
«Divertente,
non trovi? Essere colpito da qualcuno che ritieni tuo amico?» cominciò con voce
sorprendentemente sicura.
Luca
aprì gli occhi e li puntò sull’uomo: non capiva ciò di cui stava parlando, o
meglio, capiva, ma non voleva credere che fosse arrivata la fine di tutto.
«E
pensare che questa cosa è capitata ad entrambi! Che sciocchi!»
«Non
capisco di cosa tu stia parlando» disse Luca a fatica, sicuro che ormai non
poteva porre rimedio alla situazione in alcun modo.
«Tu
sei stato colpito da uno dei tuoi colleghi poliziotti, durante il loro blitz ed
io sono stato tradito dall’unica persona nell’organizzazione per la quale ho
provato un qualche sentimento d’affetto: tu!»
A
quel punto Luca capì che era davvero tutto finito: Davide era stato astuto,
aveva aspettato che tutti andassero via, che Hector andasse via e poi lo aveva
messo alle strette senza dargli alcuna possibilità di scapo.
«Quello
che mi fa davvero male è che io mi sono fidato di te! Ti ho preso sotto la mia
ala per i primi tempi, quando eri seguito giorno e notte, quando nessuno si
fidava di te ed erano indecisi se farti fuori o meno! Mi sono affezionato a te,
ti volevo bene! Per un istante ho persino creduto di aver ritrovato…» poi si
bloccò rendendosi improvvisamente contro di essere andato troppo oltre con le
parole.
«Aver
ritrovato… chi?» chiese Luca forse per guadagnare tempo o, più semplicemente,
per quella strana curiosità che prende, senza alcun tempismo, pochi istanti
prima della morte, come se ogni cosa chiesta, ogni informazione guadagnata
potesse avere un più grande, immenso valore perche ricevuta negli ultimi
istanti della propria vita.
Davide
lo guardò. Cosa poteva interessargli della sua vita? Dopo tutte le menzogne che
gli aveva detto non aveva alcun diritto di fargli domande.
«Mio
figlio» sussurro, invece ,contro ogni pensiero prima formulato e si rese conto
che, per quanto lo odiasse, si sentiva meglio parlandogli, raccontandogli cose
di cui nessuno sapeva nulla.
Luca
lo guardò: davanti a se non vedeva altro che un uomo logorato dal dolore, un
uomo senza alcuna speranza, che gli si era aggrappato con molto più bisogno e
disperazione di quelli che immaginasse e che lui aveva brutalmente tradito. Si
sentì un vigliacco, un verme e provò quasi disgusto per se stesso.
«Aveva
20 anni … una vita davanti a sé; diceva di voler fare il dottore, di voler
aiutare la gente ed aveva cominciato a studiare nell’Università di Medicina qui
a Roma. Sembrava andare tutto bene… e invece un bastardo ha rovinato tutto!
Pietro quella mattina era in banca, stava semplicemente pagando una bolletta,
quando un folle è entrato armato e li ha presi in ostaggio. Voleva quanti più
soldi possibile e scappare via e per farlo prese in ostaggio una donna incinta;
ovviamente Pietro si sentì in obbligo di aiutarla e così si gettò sul
malvivente. Il colpo che partì dalla pistola lo prese in pieno petto: morì
prima di giungere in ospedale; quel bastardo, invece, riuscì a scappare. Da
quel giorno mia moglie cadde in una profonda depressione che la portò via in
pochi mesi. Rimasi solo, contro l’uomo che aveva distrutto la mia vita…»
«Ma
la polizia…» azzardò Luca, ma Davide lo fulminò con uno sguardo.
«La
polizia?!» urlò «Mi chiedi dove fosse la polizia?! Per le prime settimane fece
finta di cercare l’assassino di Pietro, poi si dimenticò completamente di quel
caso… Ma in fondo non è così che va sempre? Provate per un po’ a vedere se
riuscite a risolvere la situazione, poi vi scocciate e lasciate perdere, come
se fosse solo tutto un gioco da buttar via quando vi annoia. Tanto quelli morti
o sofferenti sono altri, non certo voi!»
«Ti
sbagli!» urlò Luca ritrovando nella rabbia per quelle parole un po’
dell’energia perduta «Non è così, non è affatto così!»
«Ah,
no? E allora spiegami perché l’assassino di mio figlio è ancora libero e
impunito; spiegami perché, dopo le prime visite, i poliziotti che mi avevano
promesso giustizia le hanno provate tutte per sfuggire ai miei incontri, fino a
minacciarmi con provvedimenti legali se non avessi concluso una volta per tutte
quella “persecuzione”! Avanti: trovami una spiegazione sensata a questi atteggiamenti
Marco!» poi si bloccò preso per qualche fulmineo istante da un pensiero «In
realtà non so neanche il tuo vero nome…» concluse con voce improvvisamente
afflitta, come se fosse una gravissima mancanza.
«Luca,
mi chiamo Luca…» disse il commissario con difficoltà; si fermò per riprendere
fiato: quella strana discussione lo stava davvero sfinendo.
«Non
siamo tutti così» rispese poi «Non posso negare che i poliziotti che hai
incontrato siano stati superficiali e non abbiano fatto il loro dovere, ma tu
non puoi fare di tutta l’erba un fascio: io e i miei uomini, ad esempio,
facciamo quant’è possibile per assolvere ai nostri doveri e non è raro che
qualcuno rischi anche la vita… Ho visto alcuni colleghi, alcuni amici andar via
per sempre, mentre cercavano di portare alla luce la verità…»
Davide
lo guardò con strano interesse: ammirava il modo in cui si stava difendendo da
quelle accuse e aveva quasi dimenticato il suo tradimento.
«Perché
sei finito così?» chiese all’improvviso il ragazzo e stavolta l’interesse
nasceva sicuramente dall’affetto che, nonostante tutto, in quei mesi lo aveva
legato a Davide; perché lui non riusciva a celare le sue emozioni o annullarle
come faceva Hector e poi… lo aveva sempre saputo che Davide era diverso dagli
altri dell’Organizzazione…
«Dopo
la morte di Pietro e di mia moglie, sono rimasto solo… inizialmente mi sono
aggrappato alla speranza di prendere quel bastardo, poi, quando anche quella è
venuta meno, mi sono semplicemente sentito perso. La depressione ha colto anche
me per alcune settimane; poco tempo, certo, ma sufficiente per farmi perdere il
posto di lavoro. Facevo il programmatore di computer, sai? Ma dopo il
licenziamento non sono riuscito più a trovare un lavoro. Avevo bisogno di
soldi, ero sul lastrico e così ho fatto fruttare le mie conoscenze e da
programmatore sono diventato un Hacker. Non facevo male a nessuno, in verità:
toglievo pochi soldi – quelli necessari per andare avanti – dai conti di quelli
che neanche si accorgevano della perdita. Per loro erano spiccioli, per me la
vita. La fortuna – o sfortuna, non so bene come chiamarla – si è fatta avanti
quando ho arrotondato il conto di un uomo dell’Organizzazione: William. Sono un
abile Hacker, ma anche gli uomini che allora erano al suo servizio non erano principianti
e in pochi giorni riuscirono a trovarmi. Ignaro di tutto, mi trovai con quattro
pistole puntate alla testa ed una proposta: entrare a far parte della “banda”,
la mia esperienza poteva tornare utile ai capi».
«E
non avevano torto…» convenne Luca riportando entrambi alla realtà della
situazione: un uomo che aveva scoperto una talpa nell’organizzazione a cui era
devoto.
«Conosco
la verità da ore» riprese Davide «Ma i tuoi colleghi sono stati bravi: non so
come tu abbia fatto, ma sei riuscito ad avvertirli in tempo perché è stata una
questione di attimi e tutti i dati sul tuo conto sono spariti»
Il
commissario sorrise: ancora una volta era vivo solo grazie all’intervento di
Mauro, ancora una volta il destino gli dava l’opportunità di capire che non era
affatto pronto per missioni del genere.
Per quanto
ancora vorrai ignorare questi avvertimenti? si chiese, poi si rese conto di
quanto quell’osservazione fosse sciocca: lui
non aveva più tempo.
«A
quest’ora tu non dovresti essere neanche più qui» continuò l’uomo.
«E
perché invece ci sono?» chiese Luca con finta ingenuità.
Davide
fece cadere ancora una volta il suo sguardo sul “compagno”: più osservava i
suoi atteggiamenti, più ascoltava le sue parole e più gli sembrava di aver di
fronte suo figlio. La stessa sfacciataggine di fronte ai problemi, lo stesso
atteggiamento sicuro di se che in realtà nasconde molte più preoccupazioni di
quante non ne dimostri, e soprattutto, la stessa furbizia e dote di
ragionamento che rendeva entrambi brillanti e carismatici. Era stato questo ad
attirarlo, all’inizio, verso quel novellino che poteva finire davvero male
senza un aiuto ed era questo che ora gli impediva di essere coerente con se
stesso e fare la cosa più logica.
Non esiste un
bene o un male oggettivo… bisogna agire come meglio si crede facendo in modo di
poter convivere con le proprie scelte… rammentò.
«Sei
qui perché io non voglio essere l’assassino di mio figlio… Se decretassi la tua
morte, farei la cosa più giusta per l’Organizzazione, ma ucciderei me stesso: non
posso sopportare di perdere di nuovo mio figlio, Luca; non posso. E poi ormai è
tardi: presto saranno qui»
Lo
sguardo di Luca si animò di entusiasmo e preoccupazione.
«E…
e tu cosa… ne sai?»
«Se
sanno che sei ferito e che ci sono possibilità che ti abbiano scoperto, non
tarderanno ad arrivare: ormai è questione di minuti. È finito tutto e, a dirti
la verità, non mi dispiace: non è questo che volevo fare…»
«Ma
cosa diavolo stai dicendo? Che fine ha fatto tutta la tua determinazione?» urlò
il commissario improvvisamente preoccupato per Davide.
«In
fondo io sono già diventato l’assassino di mio figlio… l’assassino dei figli e
delle figlie di molti padri; ma prima di incontrare te non m’ero mai reso
conto. Tu mi hai fatto riflettere davvero dopo molto tempo e te ne sono grato.
Ora è tempo che mi fermi, che tutti si fermino e mettano fine a questa scia di
sangue… abbiamo fatto male a molti e bisogna che paghiamo…»
«No
no, smettila!» gridò ancora Luca «Tu non c’entri
nulla con loro! Tu non sei cattivo, non hai fatto nulla di male… tu puoi ancora
salvarti! Va via di qui e ricomincia una nuova vita: fa tesoro di queste
esperienze e trova la serenità che meriti!» continuò in quello che, più che un
grido, sembrava un gemito di dolore disperato.
L’uomo
sorrise all’ingenuità del ragazzo.
«Non
è possibile, Luca: mi sono spinto troppo oltre per poter tornare indietro e, se
anche cominciassi d’accapo, ci sarebbe un intero passato a separarmi dal mondo.
Non credere che io non abbia la mia parte di responsabilità, che non abbia
fatto il mio male».
Luca
non sapeva cosa dire: improvvisamente avrebbe voluto che Davide non fosse lì,
che i suoi colleghi non lo arrestassero. Si era affezionato a quell’uomo in un
modo che, fino a quel momento, neanche lui aveva compreso a pieno ed ora
saperlo in carcere gli faceva davvero male. Perché era riuscito a leggere nel
suo cuore e sapeva quanto fosse diverso dagli altri, quanta responsabilità il
destino aveva nelle sue colpe e, soprattutto, era sicuro che il male che aveva
fatto aveva dilaniato anche lui, che aveva passato notti in bianco ripensando
ai genitori e parenti che non avrebbero più visto le loro figlie e i loro
figli… Non era giusto che pagasse le stesse colpe di coloro che avevano fatto
del male con consapevolezza, solo per profitto personale…
«Non
straziarti con inutili pensieri, Luca: ormai non c’è più nulla che tu possa
fare… ma sono felice: finalmente tutto questo è finito, solo libero e
soprattutto, per la prima volta, ho fatto la scelta giusta»
Quando
Davide smise di parlare Luca poté sentire in lontananza il ritmico rumore di
sirene che si avvicinavano e comprese che, finalmente, stavano venendo a
prenderlo. Poi i rumori si fecero ovattati, tutti parve annebbiarsi e l’ultima
cosa che vide fu un sorriso sincero sul volto di Davide e sentì che con
delicatezza lo faceva scivolare sul letto della cella. Poi il nero lo
avvolse.
Due
uomini sostavano nel corridoio dell’ospedale, intenti in una fitta
conversazione.
«È
stato davvero bravo, Belli: grazie a lei abbiamo preso tutti i membri
dell’Organizzazione e anche e gli emissari del boss a cui erano destinate le
ragazze»
«Ed
ora come stanno?»
«Bene.
Sono un po’ scosse, hanno qualche graffio e sono un po’ disidratate e denutrite,
ma sostanzialmente stanno bene»
«Riusciranno
a superare tutto questo?»
«Sì…
credo di sì» poi l’uomo della DIA sorrise «Da quanto le interessano queste cose?»
Mauro
lo gelò con uno sguardo al quale, nonostante lavorasse con
«Il
commissario?» chiese Mauro con voce seria, cambiando argomento.
«È
in sala operatoria: i dottori hanno detto che la ferita non è grave, ma che ha
perso molto sangue. Ah, visto che ha introdotto l’argomento, deve andar via
prima che si svegli…. Non avrebbe dovuto neanche vederla, ma di questo mi
occuperò io…»
«Che
intende?» fece quello con voce palesemente minacciosa.
«Oh,
non faccia cattivi pensieri! Quando l’operazione sarà terminata e Benvenuto si
sarà svegliato, gli spiegherò la situazione: non avrà scelta che stare in
silenzio»
Come tutti del
resto… con voi nessuno ha scelta… pensò Mauro; poi una seconda ipotesi su
ciò che quell’uomo avrebbe potuto fare lo pervase ancora più violenta della
prima.
«Tornerà
alla sua vita, vero?» chiese con voce ugualmente minacciosa «Non interverrete
nella sua vita, come avete fatto con me, giusto?»
L’uomo
sorrise, un sorriso strafottente e quasi sdegnoso, che irritò l’ex ispettore.
«Oh,
Belli: lei parla di noi quasi come esseri divini aventi poteri supernaturali…
Non abbiamo di certo il potere di governare il destino altrui… Siamo semplici
esseri umano, dopotutto…»
«Ah,
davvero? Non l’avete? Eppure mi sembra che, con la mia vita, tale potere ve lo
siate arrogato senza alcuno scrupolo! Quindi, per favore, ora non faccia la
faccia d’ignaro santarellino e mi assicuri che Luca tornerà alla sua vita!»
«Le
abbiamo già spiegato che il suo caso era completamente diverso: la sua
esperienza, il suo coraggio e le sue precarie condizioni di vita del momento
hanno reso il nostro intervento facile quanto necessario; inoltre avevamo
bisogno di una persona come lei. Con Benvenuto non sarà lo stesso»
Mauro
annuì con fare meccanico alle – ormai monotone – spiegazioni fornitegli dalla
DIA sul suo caso e fu rassicurato solo quando sentì che tutto sarebbe andato
come doveva.
Poi
senza dire nulla si voltò e andò via: aveva sperato, nonostante tutto quello
che aveva detto a Luca, aveva sperato che stavolta le cose sarebbero andate in
modo differente, ma ora si rendeva conto che era stato semplicemente un illuso.
L’uomo
della DIA si sedette su uno dei seggiolini del corridoio ed attese che la luce
della sala operatoria si spegnesse.
Il
buio lo avvolgeva, si sentiva soffocare come se fosse in mare aperto e le onde
lo trascinassero giu. Seduta sul fondo
del mare… gli aveva detto una volta Giulia, il suo ex commissario, quando
era miracolosamente sopravvissuta ad un proiettile che le aveva trafitto il
petto. Ora comprendeva in pieno quelle parole: la sensazione era proprio quella
e poi… come se qualcuno ti tirasse su per i capelli e la luce del mondo
esterno, una volta fuori, ti trafiggesse gli occhi.
Si
svegliò, i suoi occhi rividero la luce della stanza bianca in cui si trovava e
riprese fiato, come se fosse davvero uscito da una lunga apnea subacquea.
Era
confuso, sentiva un fastidiosissimo cerchio alla testa e soprattutto non si era
mai sentito così stanco in vita sua: faceva fatica anche solo a respirare e gli
sembrava di poter svenire da un momento all’altro.
Ad
un tratto però, con uno sforzo enorme, riuscì a fare mente locale e a ricordare
cos’era successo: vedeva Davide che gli parlava, il suo sorriso e sentiva le
sirene delle vetture della polizia in lontananza…
Allora
doveva dedurne che ne era fuori? Che era tutto finito? Che finalmente era
libero? Un’assoluta felicità, un senso di leggera liberazione s’impossessò del
suo petto e gli parve di respirare improvvisamente meglio: tutto finito… ogni
cosa sarebbe tornata come prima…
Quella
liberazione, però, si trasformò improvvisamente in puro terrore: che fine aveva
fatto Davide? E soprattutto dov’era Mauro? Perché non era lì con lui?
Mentre
ancora la sua mente formulava tali pensieri, il suo udito percepì lo stridulo
rumore della porta della stanza che si apriva e sentimenti contrastanti lo
travolsero in modo tanto rapido che egli stesso non ne ebbe effettiva
concezione: al placarsi della paura per il pensiero che colui che aveva aperto
la porta fosse sicuramente Mauro, si sostituì, in poche frazioni di secondo,
una lampante delusione e un certo stupore quando i suoi occhi si resero conto
che colui che ora gli era di fronte non aveva nulla di simile al suo ex
collega.
L’uomo,
che sostava poco lontano dal suo letto, sfoggiava un rigoroso vestito nero ed
un irritante sorriso che – Luca n’era sicuro – non prometteva nulla di buono.
«Comprendo
il suo stupore: forse non sono la persona che si aspettava accanto al suo
letto, ma era necessario che fossi io il primo a vederla, caro commissario. Ci
sono cose urgenti di cui dobbiamo parlare senza alcuna interruzione esterna»
disse tutto d’un fiato ed il sorriso – scomparso durante le sue parole –
riapparve su viso spigoloso e lievemente pallido, forse stanco dell’uomo.
«Ma…
lei chi è?»
«Mi
perdoni, non mi sono presentato: il mio nome è Orlando di Melli,
sono un uomo della DIA»
«DIA?
Mauro…?» chiese in modo sconclusionato Luca.
«Perfetto:
vedo che introduce proprio lei l’argomento» disse quello con aria di finto
apprezzamento «Era proprio di questo che volevo parlarle: Belli sta bene ed ora
è tornato alla base. La pregherei, quindi, di non fare parola a nessuno della
sua presenza nell’Organizzazione, né della sua esistenza in generale: ne va
delle sue future missioni».
«Missioni
future? No, aspetti… Mauro ha una vita, una famiglia: lei, voi… non potete
strappargliele così, non aveva alcun diritto di farlo!»
L’uomo
sbuffò scocciato: ecco un’altra testa calda che voleva cambiare le cose quando
ormai erano già state stabilite senza alcuna possibilità di tornare indietro.
Che seccante scocciatura!
«Senta:
ormai ciò che è fatto è fatto e non si può tornare indietro, soprattutto dopo
tre anni! Inoltre – e queste sono parole dello stesso Belli – a lui sta bene
così. Perciò, anche e soprattutto a nome suo, le prego di restare in silenzio e
di fare come se nulla fosse accaduto: non vorrà procurare altro dolore oltre a
tutto quello che è stato già provato…» concluse di Melli
dando all’ultima frase una melodrammatica e falsa cadenza tragica, come se
davvero gliene importasse di ciò che provava Mauro; la verità era che non aveva
mai sopportato quell’uomo, troppo indipendente e poco rispettoso delle regole
per potergli essere simpatico.
Luca
non sapeva più cosa dire: alla fine, Mauro aveva fatto a modo suo, a nulla
erano valsi i suoi discorsi e la promessa di riportarlo indietro; era andato
via prima che lui potesse fermarlo ed ora doveva
tornare tutto com’era. Un grande e fastidioso senso d’impotenza lo travolse:
prima Davide e poi Mauro… non era riuscito a salvare nessuno dei due…
«Non
si stressi ancora con inutili pensieri: non serve a nulla. Piuttosto dovrebbe
essere felice: è tornato a casa, potrà rivedere i suoi amici, i suoi colleghi;
anzi, prima che mi dimentichi, provvedo ad avvisarli personalmente. Lei si
riposi: ha perso molto sangue, è debole».
Detto
ciò l’uomo uscì veloce dalla stanza, così com’era entrato senza, però, portare
via con lui il macigno di parole ed emozioni che ora opprimevano Luca:
quell’uomo si sbagliava, lui non era tornato, non sarebbe mai tornato… ora non
più…
Chiuse
gli occhi e si distese senza però riuscire a rilassarsi, mentre lacrime cominciavano
a rigare il suo viso.
Da
quando aveva risposto al telefono, il suo cervello era entrato praticamente in
tilt, come se non fosse più in grado di pensare. Le poche parole dell’uomo
impegnavano tutta la sua concentrazione perché ogni istante doveva ripetersi
che non le aveva immaginate, e che quello non era uno dei suoi tanti sogni, ma
la realtà, pura, semplice e spaventosa.
Salì
le scale in modo automatico, senza neanche rendersi conto di farlo e si fermò
cercando di comprendere gli strani segni affissi su ogni porta di quel lungo
corridoio.
«Stanza
103» gli sussurrò Elena che era riuscita a raggiungerla seguita da Alessandro e
Raffaele.
Numeri! Ecco cos’erano
quei simboli: numeri. Come se avesse assunto quell’informazione per la prima
volta, Anna riguardò i simboli sulle porte e cominciò a riconoscere le varie
cifre del sistema decimale.
87,
88, 89… era ancora lontana. Cominciò a correre facendo scorrere veloce lo
sguardo sui vari numeri, per paura di poter involontariamente superare la
stanza.
98,
99, 100… c’era quasi, mancavano poche stanze…
103.
Il cuore perse un battito: solo una semplice barriera di legno spessa poco più
di tre dita la divideva da Luca. Con lentezza aprì la porta, come se avesse
paura di disturbare l’inquilino della stanza e finalmente poté scorgere Luca:
il corpo coperto da un sottile lenzuolo, il volto stanco e forse un po’
pallido, i capelli, che al momento della partenza erano di media lunghezza, ora
erano tornati corti come prima e allo stesso modo la barba, che allora gli circondava
tutto il volto, ora si era ridotta solo intorno alle labbra rimaste rosse e
carnose. Era lui… era tornato… era lì davanti a lei, non stava sognando!
«Luca…»
sussurrò senza neanche rendersene conto ed il ragazzo aprì i suoi stanchi occhi
verdi che, con gesto inconsapevole, incontrarono quelli marroni
dell’ispettrice.
Entrambi
trattennero il fiato in modo istintivo come se avessero dimenticato – e in un
certo senso era così – quali sensazioni provassero a quell’incontro e in un
istante compresero che si capisce la reale importanza di una persona non quando
la si perde ma quando la si ritrova dopo tanto tempo…
Anna
non dovette neanche pensarlo – e forse fu meglio – e in un attimo fu tra le
braccia di Luca; si strinsero con foga nonostante nessuno dei due avesse le
forze necessarie per farlo, come per rassicurare il proprio cuore che fosse la
realtà e poi, finalmente, le loro labbra si ritrovarono in un connubio di
sensazioni nuove e vecchie, ritrovate forse proprio perché, in verità, non le
avevano mai perdute del tutto.
«Non
sai quanto ho aspettato questo momento… siamo finalmente entrambi qui».
«Ho
rischiato di impazzire…»
«Anch’io,
ma ora è tutto finito: staremo insieme… per sempre, non ti lascerò più!» le
promise Luca in un’esplosione di felicità.
Ad
Anna, però, quelle parole non fecero lo stesso effetto: si staccò
dall’abbraccio del compagno con sguardo sconvolto e stranamente vacuo.
«Che
c’è? Anna?»
La
ragazza non ebbe il tempo di rispondere che Elena, Alessandro e Raffaele
entrarono nella stanza.
«Luca!
Luca! Finalmente!» esclamò Elena stringendolo a se con le lacrime agli occhi
felice di riavere con se il suo commissario; poi fu il turno di Alessandro e
Raffaele che, anche se non furono allo stesso modo espansivi, mostrarono
comunque tutta le felicità di aver ritrovato un collega, ma soprattutto un
amico e, se si guardava con attenzione, si poteva notare il loro sguardo
lucido, accentuato dal sorriso di chi vuole mascherare le lacrime.
Luca,
dal canto suo, non si era mai sentito più felice di allora, ma il lieve e mal
nascosto senso di spaesamento nello sguardo di Anna lo preoccupava: per i primi
istanti era sembrato tutto normale, poi, però, si era adombrata senza un motivo
e continua a sembrare a disagio.
«Ma
cos’è successo?» chiese Elena, quando il primo entusiasmo si era calmato e
nella stanza era tornata la calma.
«Dopo
il blitz ed il mio ferimento» ed istintivamente guardò Anna che, però, non
sembrava stesse realmente ascoltando «Ma…» si bloccò di nuovo ricordandosi di
non poter far parole di Mauro «Maurizio ed Hector mi hanno portato di nuovo al
nascondiglio e mi hanno fasciato al meglio» riparò evitando di raccontare
un’intera bugia.
«Ti
hanno scoperto?»
«Si…
uno dell’Organizzazione ha notato delle incongruenze sui file nel database
della polizia… e ha capito tutto… ma ha detto che voi avevate provato a
cancellare i dati che mi riguardavano…»
«Sì»
confermò Elena «La sera dopo il blitz ci hanno avvisato che eri in pericolo e
che potevano scoprirti da un momento all’altro… così con l’aiuto di Patrizi
abbiamo provato a parti sparire…»
«Ma
senza successo…» disse Alessandro.
«Ed
è ancora un mistero chi fosse l’uomo che ci ha avvisati» concluse pensieroso
Raffaele.
Luca
sudò freddo: lui lo sapeva, sapeva che ad avvertirli era stato Mauro, ma questa
era un’altra delle cose che non avrebbe potuto rivelare loro. Si chiedeva
quanti segreti sarebbero nati fra loro e quanti già li separavano.
Scrollò
le spalle e puntò ancora una volta gli occhi su Anna che stavolta guardava
distratta fuori dalla finestra della stanza.
«So
che anche voi qui vi siete dati da fare» disse senza staccare lo sguardo dalla
sua schiena.
Elena
sorrise guardando istintivamente Alessandro e prendendogli la mano; gesto che
non sfuggì al commissario che, guardando il brillare dei loro occhi, comprese
ogni cosa e sorrise.
«Ora
è tutto a posto…» disse Raffaele.
A
quella frase, però, sia Elena che Anna si incupirono e quest’ultima si voltò
puntando uno sguardo quasi accusatorio su Raffaele che però non lo colse.
«Forse
è meglio se ci avviamo… tu dovresti riposare…» disse l’ispettrice veloce.
Gli
altri annuirono e Raffaele e la coppia si avviarono fuori; anche Anna fece per
seguire gli altri, ma Luca, slanciandosi rapido dal letto e ignorando un
capogiro, la prese per il polso bloccandola.
«Aspetta!
Non c’è nulla che devi dirmi?»
Anna
lo guardò spalancando gli occhi.
«No…»
sussurrò, ma neanche lei ci credeva.
«Pensi
che io non mi sia accorto che c’è qualcosa che ti turba?»
«Ti
sbagli…» fece ancora in un sussurro.
«Oh
ti prego Anna, non farmi tanto stupido! Il fatto che non sia stato con te per
quasi due mesi non vuol dire che non ti conosca: hai uno sguardo vacuo, perso e
quasi terrorizzato ed io voglio capire perché!»
Il
commissario non si accorse che in queste ultime parole aveva alzato di molto la
voce, ma vide Anna tremare davanti a lui capì quanto aveva sbagliato.
«Scusa…
scusami, non volevo urlare: è che sono preoccupato per te… Stai così per quello
che è successo?» e parlando si sfiorò il fianco, ora adeguatamente fasciato.
Anche
Anna posò il suo sguardo sulle bende con un triste sorriso.
«Sono
stata male… ho creduto di aver distrutto tutto, di aver ucciso l’unica persona
di cui ho davvero bisogno…».
«Ma
non è questo… giusto?» concluse Luca.
Anna
fu sorpresa: quando Luca aveva tirato in ballo la ferita credeva che sarebbe
riuscita a sviarlo con quella, ma il commissario l’aveva immediatamente
smentita. Non sapeva che fare: da una parte avrebbe voluto dirglielo, liberarsi
di quel peso e magari farsi consigliare da lui o semplicemente sentirlo vicino;
ma dall’altra non era sicuro della sua reazione l’ultima cosa che voleva era
un’altra batosta…non avrebbe retto.
«Anna!»
la richiamò Luca portando pollice e indice sotto il suo mento così da poterla
guardare negli occhi senza che lei fuggisse i suoi.
«Che
succede?»
«Vuoi
sapere che succede? Succede che tu non saresti dovuto andare in questa
missione, succede che in queste settimane sono stata malissimo, succede che…
che…» mentre parlava aveva più volte colpito il petto il Luca con l’indice e le
lacrime finalmente erano scese sul suo pallido volto.
Luca
non comprendeva quella reazione: era spaesato, non sapeva cosa fare e guardava
Anna allucinato.
«Luca…
io sono incinta… e non fare quella
faccia di felice sorpresa… perché non c’è nulla di cui essere felice!» disse
infine liberando quel segreto che da troppo desiderava uscire.
Poi
scappò via senza guardare Luca negli occhi, lasciandolo spazzato, al centro
della stanza che ancora sentiva la pressione del suo dito sul petto e le sue
ultime parole rimbombanti nella testa.
Lo spazio
dell’autrice
Finalmente
dopo secoli – più o meno un mese ^^’’’’ – riesco a pubblicare il terzultimo
capitolo di qst ff!! Scusatemi tantissimo per l’attesa… ma tra l’influenza, la ricaduta
che continua ancora oggi e il momentaneo decesso del mio pc… è stata un’impresa
scrivere questo capitolo!
Allora
che ve ne pare? Finalmente ho svelato cosa affligge Anna… Delusi, eh? *si prega
di non lanciare pomodori… grazie* Qualcuno lo aveva già intuito, se non tutti,
ma non ho potuto svelarlo… scusate x l’ennesima bugia… ^^’’’’
Intanto
ringrazio i miei angeli:
Uchiha_chan Ciao! Beh, la volta scorsa dicevi che l’attesa
era una gioia… spero che tu la pensi ancora così! Sono contenta che la grande
quantità di avvenimenti che assemblo in ogni chappy non sia pesante! Mille
grazie per i tuoi immancabili complimenti! Che ne pensi di qst capitolo? Alla
prossima, un bacio...
Tinta87 Sono lusingata del fatto che tu abbia letto lo
scorso chappy prima di aggiornare la tua storia! I tuoi immancabili complimenti
mi rendono davvero felice e mi spronano ad andare avanti… dunque grazie, grazie
mille! Come puoi vedere tu stessa i problemi di Luca, che riguardano la
missione, sembrano conclusi, anche se c’è ancora qualcosa da sistemare nei
rapporti personali… Alla prossima… aspetto i tuoi aggiornamenti… un bacio…
Barby19 Ciao! Sono felice di vedere che leggi la mia
storia con così tanto entusiasmo! Ne sono davvero onorata e lusingata! E mille
Grazie anche per i tuoi immancabili commenti! Beh… credo che con questo
aggiornamento siano tornate le visioni, no? Hihihi… Allora? Delusa dal perché
del malessere di Anna, eh? Io avevo avvisato che sarebbe stato una calo di
stile tremendo… Purtroppo si: questo è il terzultimo capitolo… per una nuova
storia, non saprei… ma niente è impossibile! Un bacio…
Luna95 Hihihi… tra me e te non saprei dire chi delle
due è più sadica, tesoro… per questo ho la netta impressione che non uscirà
nulla di buono per i protagonisti della storia che stiamo progettando insieme!
*ride sadica e gongola felice* Non dovresti stupirti: il fatto che Anna spari a
Luca è una pazzia, ma neanch’io sono poi così sana di mente, no? Che te ne pare
del capitolo? Non so in che razza di gente hanno infiltrato Luca, ma per
fortuna ora ne è fuori! Ma come si dice: concluso un problema, ne esce un altro
(ok, ok forse non era proprio così XD). Alla prossima, un bacione…
Dani85 Oh… sono stata troppo prevedibile? Eh sì… devo
dire che la situazione non era delle migliori, ma ora non posso lamentarsi:
fisicamente stanno entrambi bene… psicologicamente un po’ meno… Spero che la
spiegazione del problema di Anna non ti abbia deluso… anche se credo proprio di
sì… Come puoi vedere Davide alla fine è stato coerente con se stessi più che
con l’Organizzazione e ha fatto prevalere i buoni sentimenti al profitto
personale. Ti ringrazio moltissimo per i tuoi immancabili complimenti! Non so
se scriverò altre ff di Distretto… ma non si sa mai… se vengono le idee giuste
non esiterò a scriverle! Un bacio… A presto!
Buffy86 *____* Come sono felice di leggere di nuovo una tua
recensione cara! Davvero, quando ho visto il tuo Nick ho fatto salti di gioia!
^^ Mille grazie x i tuoi complimenti, sono felice che i miei capitoli siano
stati apprezzati! Spero che il ritardo sia perdonato anche oggi… Come vedi ora
Luca sta abbastanza bene, ma ha comunque da risolvere alcuni problemini
personali: spero che la rivelazione di ciò che affligge Anna non ti abbia
deluso, non preoccuparti per i mancati aggiornamenti: sono felicissima che tu
sia tornata! Alla prossima, un bacio…
dolcissima77 mille grazie x aver aggiunto la mia storia tra le
preferite! Continua a seguirla e magari lascia un commento… bye
isaisaisa mille grazie x aver aggiunto la storia tra le
seguite! Continua a seguirla e magari lascia un commento… bye!
Il
prossimo capitolo si intitolerà MISSING MOMENTS e… beh stavolta non posso
anticipare nulla… dunque sarà un penultimo (ç___ç) capitolo a sorpresa!
Un grazie
a tutti quelli che hanno letto silenziosamente la ff… un bacione!
Vostra
Alchimista <3