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Autore: Alchimista    31/01/2010    7 recensioni
Un nuovo anno si apre di fronte agli uomini del X Tuscolano e con esso nuove avventure che metteranno alla prova la loro bravura. Tra sparatorie, sopralluoghi ed amori ecco la mia prima ff... ed un'ombra oscura si avvicina... un'ombra che viene dal passato.
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 12°_ BENE E MALE

 

Chi può decidere cosa sia giusto o sbagliato? Chi può sapere dove risieda il bene e dove il male? Ogni cosa, in questi due frangenti, è puramente soggettiva. Ciò che per uno è sbagliato per un altro potrebbe risultare, al contrario, giusto e nessuno dei due avrebbe torto o ragione.

Un proverbio dice: “La verità sta nel mezzo”, dunque tra bene e male? E se si trova nel mezzo come fare a seguirla?

Né bene, né male; né carne, né pesce… nulla…

Bisogna agire come meglio si crede… ciò vale, anche se significa tradire tutto ciò a cui si è stati devoti per quasi un anno?

Troppe domande e nessuna certezza. Il dubbio sa uccidere molto più di mille parole; l’inattività rende pazzi e la pazzia è la fine di tutto.

Quindi, giusta o sbagliata che sia, bisogna prendere una decisione ed accettarne tutte le conseguenze senza alcun ripensamento.

Una risata amara.

A parole sembra tutto di una facilità assoluta, ma quando si viene ai fatti è tutta un’altra cosa e, dunque, di nuovo il dubbio ed il tormento. Che fare?

 

Davide tremava come poche altre volte in vita sua. L’alba era ormai sorta e lui era rimasto tutto il tempo lì a fissare il disturbato riposo di un dolorante Marco senza fare nulla, senza dire nulla; nonostante ormai sapesse la verità.

Un rumore sordo lo riportò alla realtà: qualcuno aveva aperto la porta ed era dietro di lui. Sussultò quando la voce di un uomo ruppe il silenzio.

«Riposa ancora?» chiese quasi senza espressione Hector.

Davide si limitò ad annuire perché se avesse parlato, la voce avrebbe sicuramente – e in realtà inspiegabilmente – tremato.

In quel momento Marco voltò il capo verso i due uomini in piedi e con un’immane fatica sussurrò il nome di Hector.

«Ci scuseresti qualche istante?» chiese, sempre con la stessa tonalità, l’uomo chiamato in causa.

Davide lo guardò per qualche istante, poi annuì con volto teso ed uscì.

Mauro si gettò al capezzale di Luca con uno slancio non indifferente ed un sorriso tirato si fece forza sul suo viso quando vide il verde dello sguardo dell’amico.

«Ma che scherzi sono questi?» sussurrò per sdrammatizzare quella strana e alquanto sconosciuta situazione.

Anche Luca tentò di sorridere, ma con minore successo.

«Come vanno le cose qui?» chiese con grande sforzo.

«Ancora bene, almeno per ora… anche se “siamo allarmati dalla situazione”: insomma una cosa simile non era mai accaduta… “bisogna” fare presto ora, prima che le cose si aggravino e si corra il rischio “di non poter più tornare indietro”…»

Luca annuì: la facilità con cui Mauro gli aveva spiegato la situazione, nonostante solo un muro li separasse da Davide, era sorprendente e dimostrava ancora una volta quanta esperienza avesse maturato in quel lavoro. Un’esperienza di vitale importanza, che lui non aveva.

Annuì e chiuse gli occhi: il fianco gli faceva male da impazzire.

«Tieni duro ancora un po’» lo incoraggiò Mauro con un’enfasi che non era certo di Hector «Tra poco andremo via di qui»

«Quando?» chiese Luca ravvivato da quelle ultime parole: possibile che si stesse davvero per concludere ogni cosa?

«Subito dopo l’operazione delle donne: i capi hanno deciso che sarà l’ultimo colpo, poi andremo via. “Abbiamo dovuto affrettare ogni cosa”» disse poi e anche questa volta non fu difficile cogliere il secondo significato della frase.

«Hector?»

Una voce interruppe i due. L’interpellato si voltò e vide William che lo attendeva sulla porta.

«È ora di andare» lo informò serio, poi il suo sguardo cadde sul ferito «Marco… come va?»

«Potrebbe andare peggio: potrei essere morto… Piuttosto mi dispiace: ho rovinato tutto…»

Il volto di William cambiò velocemente espressione più volte: ad un improvviso e fulmineo stupore, si sostituì una faccia quasi sorridente e poi una seria, come se Marco avesse detto qualcosa di assolutamente sbagliato.

«Non dire stupidaggini! Non è stata affatto colpa tua! Piuttosto riposati: andremo via di qui il prima possibile» lo rassicurò uscendo con Hector e lasciandolo solo nella cella.

Fuori Davide era appoggiato con la schiena contro il muro umido del corridoio.

«Hai già fatto ciò che ti era stato chiesto?» gli domandò il capo.

Un brivido attraversò la schiena dei due uomini accanto al capo. Cosa sarebbe successo ora? Chi avrebbe parlato? E soprattutto cosa sarebbe stato detto?

«Sto provvedendo…» disse Davide controllando stranamente la voce «… ma non ho ancora ottenuto risultati» e in parte non era una bugia: non sapeva che cosa fare… non ancora.

Aveva bisogno di accertarsi che ciò che aveva scoperto fosse vero e… parlare con Marco.

Il capo annuì e si allontanò; Mauro tirò un respiro di sollievo e lo seguì, lasciando comunque a malincuore la cella di Luca: in fondo, però, sarebbe finito tutto presto.

 

«E non sai chi fosse… giusto?» chiese Alessandro con ancora un po’ d’ansia nella voce, quando Elena concluse il suo lineare racconto “dell’aggressione” che aveva – almeno lo speravano con tutto il cuore – salvato la vita di Luca.

Elena annuì: in tutta l’agitazione del momento non si era di certo voltata per vedere chi fosse il suo “aggressore/salvatore”.

«Ma come poteva…? Insomma che ne sapeva lui di tutto questo?» chiese agitato.

Nessuno era in grado di rispondergli; Anna non riusciva neanche a parlare: la consapevolezza di quanto Luca stesse rischiando – e, soprattutto, del fatto che, almeno in parte, fosse colpa sua – la opprimeva sempre più…

«Noi… noi dobbiamo tirarlo fuori di lì! Basta: ciò che ha visto, ciò che ha scoperto… ciò che ha rischiato è più che sufficiente! E se anche non lo fosse, non mi importa! Deve andare via… non può più rimanere lì!»

Le parole uscirono dalla sua bocca istintive: erano quello sfogo dell’anima che la freddezza e la razionalità della mente avevano sempre bloccato, lasciandolo trasparire solo da qualche lacrima. Non le importava cosa avrebbero detto i suoi colleghi, se l’avrebbero considerata una bambina capricciosa o troppo emotiva per resistere a quella situazione o, anche, per fare quel mestiere. Ora voleva solo Luca accanto a lei.

«Chiamo la DIA e chiedo informazioni… faccio il prima possibile, scusate» disse Ale sorprendendo Anna che – ora si rendeva conto di quanto fosse stata stupida – si era sorpresa a quell’esclamazione.

«Presto sarà qui» le disse Elena e lei sorrise.

Alessandro digitò rapido il numero di Patrizi: l’ultima volta li aveva aiutati… forse avrebbe potuto fare qualcosa anche in questa situazione.

«Pronto?»

«Patrizi? Sono Berti, del X…»

«Ah, Berti: mi dica»

«Abbiamo bisogno del suo aiuto: noi… dobbiamo tirare fuori dall’organizzazione Luca…»

Il silenzio scene in quella telefonata.

«Si rende conto di ciò che mi sta chiedendo? Il suo commissario è in una pericolosa operazione sotto copertura: non posso fare improvvisamente irruzione lì, comprometterei tutto!»

«Ma è già tutto compromesso!» urlò Alessandro «In questo momento Luca potrebbe essere morto!»

«Lei non si preoccupi» disse all’improvviso Patrizi con una strana calma nella voce «Si risolverà tutto per il meglio, mi creda»

«E come? Ha forse la sfera di cristallo?» disse l’ispettore sarcastico.

«No… ora… devo andare! La chiamo il prima possibile e le faccio sapere…»

«Ma… cosa…?» Alessandro non riuscì a finire la domanda che il suono ad intermittenza del telefono gli segnalò che Patrizi aveva riattaccato.

Rimase per alcuni istanti interdetto, fissando il display del cellulare.

«Allora?» chiese Elena incuriosita dall’espressione del compagno.

«Io gli ho detto che con molta probabilità stanno per fare fuori Luca – se non è già accaduto –… e lui mi ha risposto che si risolverà tutto per il meglio e che non devo preoccuparmi» rispose l’ispettore ancora shoccato.

Elena sgranò gli occhi.

«Ma che diavolo di risposte sono?» chiese improvvisamente infuriata.

«Non lo so… ma non possiamo fare altro che aspettare notizie che, mi ha detto, ci farà avere il prima possibile»

«Come?»

Alessandro scosse di nuovo la testa: non c’era alcuna certezza in quella situazione.

 

Mezz’ora. Gli era servita mezz’ora per trovare la forza – e il coraggio? – per affrontare la verità ed ora il suo cuore batteva all’impazzata. Perché ormai era praticamente inutile, e soprattutto sciocco e patetico negare a se stesso che faceva male saperlo una spia, che gli si era affezionato, che gli ricordava in modo terribile suo figlio Pietro…

«Divertente, non trovi? Essere colpito da qualcuno che ritieni tuo amico?» cominciò con voce sorprendentemente sicura.

Luca aprì gli occhi e li puntò sull’uomo: non capiva ciò di cui stava parlando, o meglio, capiva, ma non voleva credere che fosse arrivata la fine di tutto.

«E pensare che questa cosa è capitata ad entrambi! Che sciocchi!»

«Non capisco di cosa tu stia parlando» disse Luca a fatica, sicuro che ormai non poteva porre rimedio alla situazione in alcun modo.

«Tu sei stato colpito da uno dei tuoi colleghi poliziotti, durante il loro blitz ed io sono stato tradito dall’unica persona nell’organizzazione per la quale ho provato un qualche sentimento d’affetto: tu!»

A quel punto Luca capì che era davvero tutto finito: Davide era stato astuto, aveva aspettato che tutti andassero via, che Hector andasse via e poi lo aveva messo alle strette senza dargli alcuna possibilità di scapo.

«Quello che mi fa davvero male è che io mi sono fidato di te! Ti ho preso sotto la mia ala per i primi tempi, quando eri seguito giorno e notte, quando nessuno si fidava di te ed erano indecisi se farti fuori o meno! Mi sono affezionato a te, ti volevo bene! Per un istante ho persino creduto di aver ritrovato…» poi si bloccò rendendosi improvvisamente contro di essere andato troppo oltre con le parole.

«Aver ritrovato… chi?» chiese Luca forse per guadagnare tempo o, più semplicemente, per quella strana curiosità che prende, senza alcun tempismo, pochi istanti prima della morte, come se ogni cosa chiesta, ogni informazione guadagnata potesse avere un più grande, immenso valore perche ricevuta negli ultimi istanti della propria vita.  

Davide lo guardò. Cosa poteva interessargli della sua vita? Dopo tutte le menzogne che gli aveva detto non aveva alcun diritto di fargli domande.

«Mio figlio» sussurro, invece ,contro ogni pensiero prima formulato e si rese conto che, per quanto lo odiasse, si sentiva meglio parlandogli, raccontandogli cose di cui nessuno sapeva nulla.

Luca lo guardò: davanti a se non vedeva altro che un uomo logorato dal dolore, un uomo senza alcuna speranza, che gli si era aggrappato con molto più bisogno e disperazione di quelli che immaginasse e che lui aveva brutalmente tradito. Si sentì un vigliacco, un verme e provò quasi disgusto per se stesso.

«Aveva 20 anni … una vita davanti a sé; diceva di voler fare il dottore, di voler aiutare la gente ed aveva cominciato a studiare nell’Università di Medicina qui a Roma. Sembrava andare tutto bene… e invece un bastardo ha rovinato tutto! Pietro quella mattina era in banca, stava semplicemente pagando una bolletta, quando un folle è entrato armato e li ha presi in ostaggio. Voleva quanti più soldi possibile e scappare via e per farlo prese in ostaggio una donna incinta; ovviamente Pietro si sentì in obbligo di aiutarla e così si gettò sul malvivente. Il colpo che partì dalla pistola lo prese in pieno petto: morì prima di giungere in ospedale; quel bastardo, invece, riuscì a scappare. Da quel giorno mia moglie cadde in una profonda depressione che la portò via in pochi mesi. Rimasi solo, contro l’uomo che aveva distrutto la mia vita…»

«Ma la polizia…» azzardò Luca, ma Davide lo fulminò con uno sguardo.

«La polizia?!» urlò «Mi chiedi dove fosse la polizia?! Per le prime settimane fece finta di cercare l’assassino di Pietro, poi si dimenticò completamente di quel caso… Ma in fondo non è così che va sempre? Provate per un po’ a vedere se riuscite a risolvere la situazione, poi vi scocciate e lasciate perdere, come se fosse solo tutto un gioco da buttar via quando vi annoia. Tanto quelli morti o sofferenti sono altri, non certo voi!»

«Ti sbagli!» urlò Luca ritrovando nella rabbia per quelle parole un po’ dell’energia perduta «Non è così, non è affatto così!»

«Ah, no? E allora spiegami perché l’assassino di mio figlio è ancora libero e impunito; spiegami perché, dopo le prime visite, i poliziotti che mi avevano promesso giustizia le hanno provate tutte per sfuggire ai miei incontri, fino a minacciarmi con provvedimenti legali se non avessi concluso una volta per tutte quella “persecuzione”! Avanti: trovami una spiegazione sensata a questi atteggiamenti Marco!» poi si bloccò preso per qualche fulmineo istante da un pensiero «In realtà non so neanche il tuo vero nome…» concluse con voce improvvisamente afflitta, come se fosse una gravissima mancanza.

«Luca, mi chiamo Luca…» disse il commissario con difficoltà; si fermò per riprendere fiato: quella strana discussione lo stava davvero sfinendo.

«Non siamo tutti così» rispese poi «Non posso negare che i poliziotti che hai incontrato siano stati superficiali e non abbiano fatto il loro dovere, ma tu non puoi fare di tutta l’erba un fascio: io e i miei uomini, ad esempio, facciamo quant’è possibile per assolvere ai nostri doveri e non è raro che qualcuno rischi anche la vita… Ho visto alcuni colleghi, alcuni amici andar via per sempre, mentre cercavano di portare alla luce la verità…»

Davide lo guardò con strano interesse: ammirava il modo in cui si stava difendendo da quelle accuse e aveva quasi dimenticato il suo tradimento.

«Perché sei finito così?» chiese all’improvviso il ragazzo e stavolta l’interesse nasceva sicuramente dall’affetto che, nonostante tutto, in quei mesi lo aveva legato a Davide; perché lui non riusciva a celare le sue emozioni o annullarle come faceva Hector e poi… lo aveva sempre saputo che Davide era diverso dagli altri dell’Organizzazione…

«Dopo la morte di Pietro e di mia moglie, sono rimasto solo… inizialmente mi sono aggrappato alla speranza di prendere quel bastardo, poi, quando anche quella è venuta meno, mi sono semplicemente sentito perso. La depressione ha colto anche me per alcune settimane; poco tempo, certo, ma sufficiente per farmi perdere il posto di lavoro. Facevo il programmatore di computer, sai? Ma dopo il licenziamento non sono riuscito più a trovare un lavoro. Avevo bisogno di soldi, ero sul lastrico e così ho fatto fruttare le mie conoscenze e da programmatore sono diventato un Hacker. Non facevo male a nessuno, in verità: toglievo pochi soldi – quelli necessari per andare avanti – dai conti di quelli che neanche si accorgevano della perdita. Per loro erano spiccioli, per me la vita. La fortuna – o sfortuna, non so bene come chiamarla – si è fatta avanti quando ho arrotondato il conto di un uomo dell’Organizzazione: William. Sono un abile Hacker, ma anche gli uomini che allora erano al suo servizio non erano principianti e in pochi giorni riuscirono a trovarmi. Ignaro di tutto, mi trovai con quattro pistole puntate alla testa ed una proposta: entrare a far parte della “banda”, la mia esperienza poteva tornare utile ai capi».

«E non avevano torto…» convenne Luca riportando entrambi alla realtà della situazione: un uomo che aveva scoperto una talpa nell’organizzazione a cui era devoto.

«Conosco la verità da ore» riprese Davide «Ma i tuoi colleghi sono stati bravi: non so come tu abbia fatto, ma sei riuscito ad avvertirli in tempo perché è stata una questione di attimi e tutti i dati sul tuo conto sono spariti»

Il commissario sorrise: ancora una volta era vivo solo grazie all’intervento di Mauro, ancora una volta il destino gli dava l’opportunità di capire che non era affatto pronto per missioni del genere.

Per quanto ancora vorrai ignorare questi avvertimenti? si chiese, poi si rese conto di quanto quell’osservazione fosse sciocca: lui non aveva più tempo.

«A quest’ora tu non dovresti essere neanche più qui» continuò l’uomo.

«E perché invece ci sono?» chiese Luca con finta ingenuità.

Davide fece cadere ancora una volta il suo sguardo sul “compagno”: più osservava i suoi atteggiamenti, più ascoltava le sue parole e più gli sembrava di aver di fronte suo figlio. La stessa sfacciataggine di fronte ai problemi, lo stesso atteggiamento sicuro di se che in realtà nasconde molte più preoccupazioni di quante non ne dimostri, e soprattutto, la stessa furbizia e dote di ragionamento che rendeva entrambi brillanti e carismatici. Era stato questo ad attirarlo, all’inizio, verso quel novellino che poteva finire davvero male senza un aiuto ed era questo che ora gli impediva di essere coerente con se stesso e fare la cosa più logica.

Non esiste un bene o un male oggettivo… bisogna agire come meglio si crede facendo in modo di poter convivere con le proprie scelte… rammentò.

«Sei qui perché io non voglio essere l’assassino di mio figlio… Se decretassi la tua morte, farei la cosa più giusta per l’Organizzazione, ma ucciderei me stesso: non posso sopportare di perdere di nuovo mio figlio, Luca; non posso. E poi ormai è tardi: presto saranno qui»

Lo sguardo di Luca si animò di entusiasmo e preoccupazione.

«E… e tu cosa… ne sai?»

«Se sanno che sei ferito e che ci sono possibilità che ti abbiano scoperto, non tarderanno ad arrivare: ormai è questione di minuti. È finito tutto e, a dirti la verità, non mi dispiace: non è questo che volevo fare…»

«Ma cosa diavolo stai dicendo? Che fine ha fatto tutta la tua determinazione?» urlò il commissario improvvisamente preoccupato per Davide.    

«In fondo io sono già diventato l’assassino di mio figlio… l’assassino dei figli e delle figlie di molti padri; ma prima di incontrare te non m’ero mai reso conto. Tu mi hai fatto riflettere davvero dopo molto tempo e te ne sono grato. Ora è tempo che mi fermi, che tutti si fermino e mettano fine a questa scia di sangue… abbiamo fatto male a molti e bisogna che paghiamo…»

«No no, smettila!» gridò ancora Luca «Tu non c’entri nulla con loro! Tu non sei cattivo, non hai fatto nulla di male… tu puoi ancora salvarti! Va via di qui e ricomincia una nuova vita: fa tesoro di queste esperienze e trova la serenità che meriti!» continuò in quello che, più che un grido, sembrava un gemito di dolore disperato.

L’uomo sorrise all’ingenuità del ragazzo.

«Non è possibile, Luca: mi sono spinto troppo oltre per poter tornare indietro e, se anche cominciassi d’accapo, ci sarebbe un intero passato a separarmi dal mondo. Non credere che io non abbia la mia parte di responsabilità, che non abbia fatto il mio male».

Luca non sapeva cosa dire: improvvisamente avrebbe voluto che Davide non fosse lì, che i suoi colleghi non lo arrestassero. Si era affezionato a quell’uomo in un modo che, fino a quel momento, neanche lui aveva compreso a pieno ed ora saperlo in carcere gli faceva davvero male. Perché era riuscito a leggere nel suo cuore e sapeva quanto fosse diverso dagli altri, quanta responsabilità il destino aveva nelle sue colpe e, soprattutto, era sicuro che il male che aveva fatto aveva dilaniato anche lui, che aveva passato notti in bianco ripensando ai genitori e parenti che non avrebbero più visto le loro figlie e i loro figli… Non era giusto che pagasse le stesse colpe di coloro che avevano fatto del male con consapevolezza, solo per profitto personale…

«Non straziarti con inutili pensieri, Luca: ormai non c’è più nulla che tu possa fare… ma sono felice: finalmente tutto questo è finito, solo libero e soprattutto, per la prima volta, ho fatto la scelta giusta»

Quando Davide smise di parlare Luca poté sentire in lontananza il ritmico rumore di sirene che si avvicinavano e comprese che, finalmente, stavano venendo a prenderlo. Poi i rumori si fecero ovattati, tutti parve annebbiarsi e l’ultima cosa che vide fu un sorriso sincero sul volto di Davide e sentì che con delicatezza lo faceva scivolare sul letto della cella. Poi il nero lo avvolse.  

 

Due uomini sostavano nel corridoio dell’ospedale, intenti in una fitta conversazione.

«È stato davvero bravo, Belli: grazie a lei abbiamo preso tutti i membri dell’Organizzazione e anche e gli emissari del boss a cui erano destinate le ragazze»

«Ed ora come stanno?»

«Bene. Sono un po’ scosse, hanno qualche graffio e sono un po’ disidratate e denutrite, ma sostanzialmente stanno bene»

«Riusciranno a superare tutto questo?»

«Sì… credo di sì» poi l’uomo della DIA sorrise «Da quanto le interessano queste cose

Mauro lo gelò con uno sguardo al quale, nonostante lavorasse con la DIA da anni, l’uomo non si era ancora abituato: vedeva tutta la rabbia, il dolore e la tristezza che poteva provare un uomo e rabbrividì al solo pensiero di come potesse sentirsi.

«Il commissario?» chiese Mauro con voce seria, cambiando argomento.

«È in sala operatoria: i dottori hanno detto che la ferita non è grave, ma che ha perso molto sangue. Ah, visto che ha introdotto l’argomento, deve andar via prima che si svegli…. Non avrebbe dovuto neanche vederla, ma di questo mi occuperò io…»

«Che intende?» fece quello con voce palesemente minacciosa.

«Oh, non faccia cattivi pensieri! Quando l’operazione sarà terminata e Benvenuto si sarà svegliato, gli spiegherò la situazione: non avrà scelta che stare in silenzio»

Come tutti del resto… con voi nessuno ha scelta… pensò Mauro; poi una seconda ipotesi su ciò che quell’uomo avrebbe potuto fare lo pervase ancora più violenta della prima.

«Tornerà alla sua vita, vero?» chiese con voce ugualmente minacciosa «Non interverrete nella sua vita, come avete fatto con me, giusto?»

L’uomo sorrise, un sorriso strafottente e quasi sdegnoso, che irritò l’ex ispettore.

«Oh, Belli: lei parla di noi quasi come esseri divini aventi poteri supernaturali… Non abbiamo di certo il potere di governare il destino altrui… Siamo semplici esseri umano, dopotutto…»

«Ah, davvero? Non l’avete? Eppure mi sembra che, con la mia vita, tale potere ve lo siate arrogato senza alcuno scrupolo! Quindi, per favore, ora non faccia la faccia d’ignaro santarellino e mi assicuri che Luca tornerà alla sua vita!»

«Le abbiamo già spiegato che il suo caso era completamente diverso: la sua esperienza, il suo coraggio e le sue precarie condizioni di vita del momento hanno reso il nostro intervento facile quanto necessario; inoltre avevamo bisogno di una persona come lei. Con Benvenuto non sarà lo stesso»

Mauro annuì con fare meccanico alle – ormai monotone – spiegazioni fornitegli dalla DIA sul suo caso e fu rassicurato solo quando sentì che tutto sarebbe andato come doveva.

Poi senza dire nulla si voltò e andò via: aveva sperato, nonostante tutto quello che aveva detto a Luca, aveva sperato che stavolta le cose sarebbero andate in modo differente, ma ora si rendeva conto che era stato semplicemente un illuso.

L’uomo della DIA si sedette su uno dei seggiolini del corridoio ed attese che la luce della sala operatoria si spegnesse.

 

Il buio lo avvolgeva, si sentiva soffocare come se fosse in mare aperto e le onde lo trascinassero giu. Seduta sul fondo del mare… gli aveva detto una volta Giulia, il suo ex commissario, quando era miracolosamente sopravvissuta ad un proiettile che le aveva trafitto il petto. Ora comprendeva in pieno quelle parole: la sensazione era proprio quella e poi… come se qualcuno ti tirasse su per i capelli e la luce del mondo esterno, una volta fuori, ti trafiggesse gli occhi.

Si svegliò, i suoi occhi rividero la luce della stanza bianca in cui si trovava e riprese fiato, come se fosse davvero uscito da una lunga apnea subacquea.

Era confuso, sentiva un fastidiosissimo cerchio alla testa e soprattutto non si era mai sentito così stanco in vita sua: faceva fatica anche solo a respirare e gli sembrava di poter svenire da un momento all’altro.

Ad un tratto però, con uno sforzo enorme, riuscì a fare mente locale e a ricordare cos’era successo: vedeva Davide che gli parlava, il suo sorriso e sentiva le sirene delle vetture della polizia in lontananza…

Allora doveva dedurne che ne era fuori? Che era tutto finito? Che finalmente era libero? Un’assoluta felicità, un senso di leggera liberazione s’impossessò del suo petto e gli parve di respirare improvvisamente meglio: tutto finito… ogni cosa sarebbe tornata come prima…

Quella liberazione, però, si trasformò improvvisamente in puro terrore: che fine aveva fatto Davide? E soprattutto dov’era Mauro? Perché non era lì con lui?

Mentre ancora la sua mente formulava tali pensieri, il suo udito percepì lo stridulo rumore della porta della stanza che si apriva e sentimenti contrastanti lo travolsero in modo tanto rapido che egli stesso non ne ebbe effettiva concezione: al placarsi della paura per il pensiero che colui che aveva aperto la porta fosse sicuramente Mauro, si sostituì, in poche frazioni di secondo, una lampante delusione e un certo stupore quando i suoi occhi si resero conto che colui che ora gli era di fronte non aveva nulla di simile al suo ex collega.

L’uomo, che sostava poco lontano dal suo letto, sfoggiava un rigoroso vestito nero ed un irritante sorriso che – Luca n’era sicuro – non prometteva nulla di buono.

«Comprendo il suo stupore: forse non sono la persona che si aspettava accanto al suo letto, ma era necessario che fossi io il primo a vederla, caro commissario. Ci sono cose urgenti di cui dobbiamo parlare senza alcuna interruzione esterna» disse tutto d’un fiato ed il sorriso – scomparso durante le sue parole – riapparve su viso spigoloso e lievemente pallido, forse stanco dell’uomo.

«Ma… lei chi è?»

«Mi perdoni, non mi sono presentato: il mio nome è Orlando di Melli, sono un uomo della DIA»

«DIA? Mauro…?» chiese in modo sconclusionato Luca.

«Perfetto: vedo che introduce proprio lei l’argomento» disse quello con aria di finto apprezzamento «Era proprio di questo che volevo parlarle: Belli sta bene ed ora è tornato alla base. La pregherei, quindi, di non fare parola a nessuno della sua presenza nell’Organizzazione, né della sua esistenza in generale: ne va delle sue future missioni».

«Missioni future? No, aspetti… Mauro ha una vita, una famiglia: lei, voi… non potete strappargliele così, non aveva alcun diritto di farlo!»

L’uomo sbuffò scocciato: ecco un’altra testa calda che voleva cambiare le cose quando ormai erano già state stabilite senza alcuna possibilità di tornare indietro. Che seccante scocciatura!

«Senta: ormai ciò che è fatto è fatto e non si può tornare indietro, soprattutto dopo tre anni! Inoltre – e queste sono parole dello stesso Belli – a lui sta bene così. Perciò, anche e soprattutto a nome suo, le prego di restare in silenzio e di fare come se nulla fosse accaduto: non vorrà procurare altro dolore oltre a tutto quello che è stato già provato…» concluse di Melli dando all’ultima frase una melodrammatica e falsa cadenza tragica, come se davvero gliene importasse di ciò che provava Mauro; la verità era che non aveva mai sopportato quell’uomo, troppo indipendente e poco rispettoso delle regole per potergli essere simpatico.

Luca non sapeva più cosa dire: alla fine, Mauro aveva fatto a modo suo, a nulla erano valsi i suoi discorsi e la promessa di riportarlo indietro; era andato via prima che lui potesse fermarlo ed ora doveva tornare tutto com’era. Un grande e fastidioso senso d’impotenza lo travolse: prima Davide e poi Mauro… non era riuscito a salvare nessuno dei due…

«Non si stressi ancora con inutili pensieri: non serve a nulla. Piuttosto dovrebbe essere felice: è tornato a casa, potrà rivedere i suoi amici, i suoi colleghi; anzi, prima che mi dimentichi, provvedo ad avvisarli personalmente. Lei si riposi: ha perso molto sangue, è debole».

Detto ciò l’uomo uscì veloce dalla stanza, così com’era entrato senza, però, portare via con lui il macigno di parole ed emozioni che ora opprimevano Luca: quell’uomo si sbagliava, lui non era tornato, non sarebbe mai tornato… ora non più…

Chiuse gli occhi e si distese senza però riuscire a rilassarsi, mentre lacrime cominciavano a rigare il suo viso.

 

Da quando aveva risposto al telefono, il suo cervello era entrato praticamente in tilt, come se non fosse più in grado di pensare. Le poche parole dell’uomo impegnavano tutta la sua concentrazione perché ogni istante doveva ripetersi che non le aveva immaginate, e che quello non era uno dei suoi tanti sogni, ma la realtà, pura, semplice e spaventosa.

Salì le scale in modo automatico, senza neanche rendersi conto di farlo e si fermò cercando di comprendere gli strani segni affissi su ogni porta di quel lungo corridoio.

«Stanza 103» gli sussurrò Elena che era riuscita a raggiungerla seguita da Alessandro e Raffaele.

Numeri! Ecco cos’erano quei simboli: numeri. Come se avesse assunto quell’informazione per la prima volta, Anna riguardò i simboli sulle porte e cominciò a riconoscere le varie cifre del sistema decimale.

87, 88, 89… era ancora lontana. Cominciò a correre facendo scorrere veloce lo sguardo sui vari numeri, per paura di poter involontariamente superare la stanza.

98, 99, 100… c’era quasi, mancavano poche stanze…

103. Il cuore perse un battito: solo una semplice barriera di legno spessa poco più di tre dita la divideva da Luca. Con lentezza aprì la porta, come se avesse paura di disturbare l’inquilino della stanza e finalmente poté scorgere Luca: il corpo coperto da un sottile lenzuolo, il volto stanco e forse un po’ pallido, i capelli, che al momento della partenza erano di media lunghezza, ora erano tornati corti come prima e allo stesso modo la barba, che allora gli circondava tutto il volto, ora si era ridotta solo intorno alle labbra rimaste rosse e carnose. Era lui… era tornato… era lì davanti a lei, non stava sognando!

«Luca…» sussurrò senza neanche rendersene conto ed il ragazzo aprì i suoi stanchi occhi verdi che, con gesto inconsapevole, incontrarono quelli marroni dell’ispettrice.

Entrambi trattennero il fiato in modo istintivo come se avessero dimenticato – e in un certo senso era così – quali sensazioni provassero a quell’incontro e in un istante compresero che si capisce la reale importanza di una persona non quando la si perde ma quando la si ritrova dopo tanto tempo…

Anna non dovette neanche pensarlo – e forse fu meglio – e in un attimo fu tra le braccia di Luca; si strinsero con foga nonostante nessuno dei due avesse le forze necessarie per farlo, come per rassicurare il proprio cuore che fosse la realtà e poi, finalmente, le loro labbra si ritrovarono in un connubio di sensazioni nuove e vecchie, ritrovate forse proprio perché, in verità, non le avevano mai perdute del tutto.

«Non sai quanto ho aspettato questo momento… siamo finalmente entrambi qui».

«Ho rischiato di impazzire…»

«Anch’io, ma ora è tutto finito: staremo insieme… per sempre, non ti lascerò più!» le promise Luca in un’esplosione di felicità.

Ad Anna, però, quelle parole non fecero lo stesso effetto: si staccò dall’abbraccio del compagno con sguardo sconvolto e stranamente vacuo.

«Che c’è? Anna?»

La ragazza non ebbe il tempo di rispondere che Elena, Alessandro e Raffaele entrarono nella stanza.

«Luca! Luca! Finalmente!» esclamò Elena stringendolo a se con le lacrime agli occhi felice di riavere con se il suo commissario; poi fu il turno di Alessandro e Raffaele che, anche se non furono allo stesso modo espansivi, mostrarono comunque tutta le felicità di aver ritrovato un collega, ma soprattutto un amico e, se si guardava con attenzione, si poteva notare il loro sguardo lucido, accentuato dal sorriso di chi vuole mascherare le lacrime.

Luca, dal canto suo, non si era mai sentito più felice di allora, ma il lieve e mal nascosto senso di spaesamento nello sguardo di Anna lo preoccupava: per i primi istanti era sembrato tutto normale, poi, però, si era adombrata senza un motivo e continua a sembrare a disagio.

«Ma cos’è successo?» chiese Elena, quando il primo entusiasmo si era calmato e nella stanza era tornata la calma.

«Dopo il blitz ed il mio ferimento» ed istintivamente guardò Anna che, però, non sembrava stesse realmente ascoltando «Ma…» si bloccò di nuovo ricordandosi di non poter far parole di Mauro «Maurizio ed Hector mi hanno portato di nuovo al nascondiglio e mi hanno fasciato al meglio» riparò evitando di raccontare un’intera bugia.

«Ti hanno scoperto?»

«Si… uno dell’Organizzazione ha notato delle incongruenze sui file nel database della polizia… e ha capito tutto… ma ha detto che voi avevate provato a cancellare i dati che mi riguardavano…»

«Sì» confermò Elena «La sera dopo il blitz ci hanno avvisato che eri in pericolo e che potevano scoprirti da un momento all’altro… così con l’aiuto di Patrizi abbiamo provato a parti sparire…»

«Ma senza successo…» disse Alessandro.

«Ed è ancora un mistero chi fosse l’uomo che ci ha avvisati» concluse pensieroso Raffaele.

Luca sudò freddo: lui lo sapeva, sapeva che ad avvertirli era stato Mauro, ma questa era un’altra delle cose che non avrebbe potuto rivelare loro. Si chiedeva quanti segreti sarebbero nati fra loro e quanti già li separavano.

Scrollò le spalle e puntò ancora una volta gli occhi su Anna che stavolta guardava distratta fuori dalla finestra della stanza.

«So che anche voi qui vi siete dati da fare» disse senza staccare lo sguardo dalla sua schiena.

Elena sorrise guardando istintivamente Alessandro e prendendogli la mano; gesto che non sfuggì al commissario che, guardando il brillare dei loro occhi, comprese ogni cosa e sorrise.

«Ora è tutto a posto…» disse Raffaele.

A quella frase, però, sia Elena che Anna si incupirono e quest’ultima si voltò puntando uno sguardo quasi accusatorio su Raffaele che però non lo colse.

«Forse è meglio se ci avviamo… tu dovresti riposare…» disse l’ispettrice veloce.

Gli altri annuirono e Raffaele e la coppia si avviarono fuori; anche Anna fece per seguire gli altri, ma Luca, slanciandosi rapido dal letto e ignorando un capogiro, la prese per il polso bloccandola.

«Aspetta! Non c’è nulla che devi dirmi?»

Anna lo guardò spalancando gli occhi.

«No…» sussurrò, ma neanche lei ci credeva.

«Pensi che io non mi sia accorto che c’è qualcosa che ti turba?»

«Ti sbagli…» fece ancora in un sussurro.

«Oh ti prego Anna, non farmi tanto stupido! Il fatto che non sia stato con te per quasi due mesi non vuol dire che non ti conosca: hai uno sguardo vacuo, perso e quasi terrorizzato ed io voglio capire perché!»

Il commissario non si accorse che in queste ultime parole aveva alzato di molto la voce, ma vide Anna tremare davanti a lui capì quanto aveva sbagliato.

«Scusa… scusami, non volevo urlare: è che sono preoccupato per te… Stai così per quello che è successo?» e parlando si sfiorò il fianco, ora adeguatamente fasciato.

Anche Anna posò il suo sguardo sulle bende con un triste sorriso.

«Sono stata male… ho creduto di aver distrutto tutto, di aver ucciso l’unica persona di cui ho davvero bisogno…».

«Ma non è questo… giusto?» concluse Luca.

Anna fu sorpresa: quando Luca aveva tirato in ballo la ferita credeva che sarebbe riuscita a sviarlo con quella, ma il commissario l’aveva immediatamente smentita. Non sapeva che fare: da una parte avrebbe voluto dirglielo, liberarsi di quel peso e magari farsi consigliare da lui o semplicemente sentirlo vicino; ma dall’altra non era sicuro della sua reazione l’ultima cosa che voleva era un’altra batosta…non avrebbe retto.

«Anna!» la richiamò Luca portando pollice e indice sotto il suo mento così da poterla guardare negli occhi senza che lei fuggisse i suoi.

«Che succede?»

«Vuoi sapere che succede? Succede che tu non saresti dovuto andare in questa missione, succede che in queste settimane sono stata malissimo, succede che… che…» mentre parlava aveva più volte colpito il petto il Luca con l’indice e le lacrime finalmente erano scese sul suo pallido volto.

Luca non comprendeva quella reazione: era spaesato, non sapeva cosa fare e guardava Anna allucinato.

«Luca… io sono incinta… e non fare quella faccia di felice sorpresa… perché non c’è nulla di cui essere felice!» disse infine liberando quel segreto che da troppo desiderava uscire.

Poi scappò via senza guardare Luca negli occhi, lasciandolo spazzato, al centro della stanza che ancora sentiva la pressione del suo dito sul petto e le sue ultime parole rimbombanti nella testa.

 

 

 

 

Lo spazio dell’autrice

 

Finalmente dopo secoli – più o meno un mese ^^’’’’ – riesco a pubblicare il terzultimo capitolo di qst ff!! Scusatemi tantissimo per l’attesa… ma tra l’influenza, la ricaduta che continua ancora oggi e il momentaneo decesso del mio pc… è stata un’impresa scrivere questo capitolo!

Allora che ve ne pare? Finalmente ho svelato cosa affligge Anna… Delusi, eh? *si prega di non lanciare pomodori… grazie* Qualcuno lo aveva già intuito, se non tutti, ma non ho potuto svelarlo… scusate x l’ennesima bugia… ^^’’’’

 

Intanto ringrazio i miei angeli:

Uchiha_chan  Ciao! Beh, la volta scorsa dicevi che l’attesa era una gioia… spero che tu la pensi ancora così! Sono contenta che la grande quantità di avvenimenti che assemblo in ogni chappy non sia pesante! Mille grazie per i tuoi immancabili complimenti! Che ne pensi di qst capitolo? Alla prossima, un bacio...

Tinta87  Sono lusingata del fatto che tu abbia letto lo scorso chappy prima di aggiornare la tua storia! I tuoi immancabili complimenti mi rendono davvero felice e mi spronano ad andare avanti… dunque grazie, grazie mille! Come puoi vedere tu stessa i problemi di Luca, che riguardano la missione, sembrano conclusi, anche se c’è ancora qualcosa da sistemare nei rapporti personali… Alla prossima… aspetto i tuoi aggiornamenti… un bacio…

Barby19  Ciao! Sono felice di vedere che leggi la mia storia con così tanto entusiasmo! Ne sono davvero onorata e lusingata! E mille Grazie anche per i tuoi immancabili commenti! Beh… credo che con questo aggiornamento siano tornate le visioni, no? Hihihi… Allora? Delusa dal perché del malessere di Anna, eh? Io avevo avvisato che sarebbe stato una calo di stile tremendo… Purtroppo si: questo è il terzultimo capitolo… per una nuova storia, non saprei… ma niente è impossibile! Un bacio…

Luna95  Hihihi… tra me e te non saprei dire chi delle due è più sadica, tesoro… per questo ho la netta impressione che non uscirà nulla di buono per i protagonisti della storia che stiamo progettando insieme! *ride sadica e gongola felice* Non dovresti stupirti: il fatto che Anna spari a Luca è una pazzia, ma neanch’io sono poi così sana di mente, no? Che te ne pare del capitolo? Non so in che razza di gente hanno infiltrato Luca, ma per fortuna ora ne è fuori! Ma come si dice: concluso un problema, ne esce un altro (ok, ok forse non era proprio così XD). Alla prossima, un bacione… 

Dani85  Oh… sono stata troppo prevedibile? Eh sì… devo dire che la situazione non era delle migliori, ma ora non posso lamentarsi: fisicamente stanno entrambi bene… psicologicamente un po’ meno… Spero che la spiegazione del problema di Anna non ti abbia deluso… anche se credo proprio di sì… Come puoi vedere Davide alla fine è stato coerente con se stessi più che con l’Organizzazione e ha fatto prevalere i buoni sentimenti al profitto personale. Ti ringrazio moltissimo per i tuoi immancabili complimenti! Non so se scriverò altre ff di Distretto… ma non si sa mai… se vengono le idee giuste non esiterò a scriverle! Un bacio… A presto!

Buffy86  *____*  Come sono felice di leggere di nuovo una tua recensione cara! Davvero, quando ho visto il tuo Nick ho fatto salti di gioia! ^^ Mille grazie x i tuoi complimenti, sono felice che i miei capitoli siano stati apprezzati! Spero che il ritardo sia perdonato anche oggi… Come vedi ora Luca sta abbastanza bene, ma ha comunque da risolvere alcuni problemini personali: spero che la rivelazione di ciò che affligge Anna non ti abbia deluso, non preoccuparti per i mancati aggiornamenti: sono felicissima che tu sia tornata! Alla prossima, un bacio…

dolcissima77  mille grazie x aver aggiunto la mia storia tra le preferite! Continua a seguirla e magari lascia un commento… bye

isaisaisa  mille grazie x aver aggiunto la storia tra le seguite! Continua a seguirla e magari lascia un commento… bye!

 

Il prossimo capitolo si intitolerà MISSING MOMENTS e… beh stavolta non posso anticipare nulla… dunque sarà un penultimo (ç___ç) capitolo a sorpresa!

Un grazie a tutti quelli che hanno letto silenziosamente la ff… un bacione!

 

Vostra Alchimista <3 

 

   
 
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