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Autore: Riel_FaithfulAshes    02/02/2010    0 recensioni
Storia di una malata di mente.Interpretate a vostro piacimento,si evolverà con il tempo,e forse non aggiornerò di frequente.E' nonsense,confusionaria,dalla descrizione poco particolareggiata e a volte fuorviante.Sentimenti,emozioni,sguardi da comprendere,lei non sa bene del suo ricovero.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bulimia di attimi

Il turbinio della notte si confondeva con i sapori del mio essere,che più da molto tempo non riuscivo a percepire se non sulle labbra. Giunti alla punta della lingua si disperdevano,si dipanavano,formando una confusa e libidinosa orgia di sentimentalismi. L’oscena vanità,il serbante rancore,il plagio dell’anima intriso di angoscia e dolore costruito:questo mi elevava,rappresentava,fino a distorcermi,acuire il mio smarrimento. Incapace di ripercorrere gli eventi trascorsi,vagavo lungo le sponde di un fiume immaginario,ignara che questo potesse rapidamente trasformarsi nel bordo di un materasso gettato in un vicolo,oppure in un letto scomodo ma pulito,sino a divenire un nastro opaco e scolorito allungato sull’asfalto.
Simile al momento di un pasto,le mani tese verso gli alimenti,la bocca che lentamente si spalanca per poi cibarsi con voracità. I denti che cozzano contro la materia,la lingua che assapora,la gola che avverte il pasto sminuzzato,lo stomaco che si sforza di contenere. E poi inebriarsi,e successivamente confondersi,satura di differenti sapori,di vitamine,principi nutritivi in lotta,gonfia di pensieri che rallentano la digestione. E,molto spesso,l’improvviso rigetto: una debilitante malattia,un’insana sofferenza,ecco che ci si libera del troppo per votarsi al nulla,alla pulizia totale. Gli acidi che distruggono la gola,i sapori distorti; come in un principio bulimico,arrivai ad appropriarmi di tutto,per poi esserne sopraffatta,e dover rinunciare,esplodere,nuovamente non comprendendo,persa fra silenzi,oblio,voci chiassose. La minaccia di un passaggio,la difficoltà di un cammino,una strada offuscata dalla nebbia. Eppure l’incapacità di avvertire tutto ciò mi scuoteva,facendomi affogare in un mare di caos,serpeggiante stupidità,ingenua malinconia. Non possedevo un essere,non serbavo un passato,mentre il futuro era leggiadro ed invisibile come la tela di un ragno. Semplice da spezzare,dunque,ed impossibile da ricostruire.
La mente vagava lungo meandri sconosciuti,austere poltrone color ruggine mi assillano,luci e fanali mi accecano di continuo;sono tutt’ora il mio tormento. A volte mi ritrovo le braccia tese dinanzi al corpo,e piccoli fori punteggiano la pelle,dove le vene si delineano marcatamente,violacee,ed un lancinante dolore tamburella sul fondo dello stomaco. Rammento il bianco,il candore di un ambiente statico,falso,quasi superficiale; immagine di contegno,comprensione,tutto fuso in un’ipocrita area di speranza. E lunghe aste metalliche si stagliano nella fantasia come onde lungo la costa,mi è impossibile discernere il ricordo reale dall’immaginario. Degli occhiali,una penna. Quale il loro significato? Numerosi fogli bianchi mi scivolano addosso,feriscono il mio corpo,mentre il sangue brucia all’altezza delle gengive. Un gusto indistinto,pungente,dal forte odore mi pervade le cellule cerebrali,appanna la vista che non possiedo. Sono nel turbine,il vortice della tempesta si acquieta e contemporaneamente mi ossessiona,mi sibila nelle orecchie. Una pianta,boccioli ancora verdi,e il buio di fianco. Per quale motivo?Sono mattoni,sicuramente. Hanno un’ombreggiatura rossastra,una conformazione quadrangolare;li vedo dinanzi ai miei occhi,conferiscono all’atmosfera un autentico tocco di anfratto londinese,rustico,o meglio adatto al contesto,degradato. Su un sudicio marciapiede bottiglie di Chardonet e calici di cristallo si frantumano in miliardi di schegge,mentre un tavolo austeramente apparecchiato troneggia sul ciglio della strada angusta,e i tovaglioli di seta mi coprono il viso. All’istante non vedo più nulla,un corto circuito al cervello blocca le facoltà conoscitive ed uditive. E’ forse questo il momento migliore: tra ricordi sconnessi e discordanti mi mantengo in bilico costante,e il grigiore di un ambiente indefinibile mi accoglie,mi conforta,mi rende unica e possidente del nulla che mi resta.

Sabbia umida mi si incolla al viso,eppure non sono io,quella. Non trattengo il ricordo,scivola come acqua in un tubo di scarico,si prosciuga come una pozzanghera sotto il sole arido. Mi lascia sola,senza me stessa,priva di un tempo. Non mi vengano poste domande riguardo le miei giornate,non saprei offrirvi risposte o logicità. Le calze a rete strappate forse non sono mie,quella tuta arancione lambisce le miei sinapsi,strane figure si agitano,inquiete,calcoli matematici guizzano da fogli geometricamente squadrati alle pupille dei miei occhi. Palpita il cuore,arresto improvviso. Avverto l’abbaiare di un cane,sebbene le mie dita stiano sondando il corpo nudo di un uomo,o forse carezzano il soffice pelo di un felino. Urla,pianti,lamenti,un coltello da cucina: non riesco a ricostruire nulla,questa camera soffoca ogni pensiero,il valium mi intorpidisce i sensi. Valium?Di cosa si tratta? Il flash,assomiglia ad una macchina fotografica.

Ma tante siringhe mi circondano.

  
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