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Autore: Dahlia Hawthorne    02/02/2010    1 recensioni
Harry si passò una mano tremante sul volto sudato, scostandosi un ciuffo di capelli dalla fronte. Fece scorrere le dita sulla cicatrice a forma di saetta e ripensò ai suoi genitori.
Se fossero stati lì, lui non avrebbe fatto quel sogno, e non avrebbe desiderato di poter vivere con Sirius a Grimmauld Place. Ma, purtroppo per lui, né i suoi genitori, né Sirius erano più in vita.

Prima fic su Harry Potter ^^.
Spoiler del settimo libro, I Doni Della Morte u.u
Genere: Triste, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Vernon Dursley
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Mi apro alla chiusura…


Harry si svegliò con il fiatone. Si sentiva come se avesse corso per chilometri, inseguendo una realtà che, ahimè, per lui aveva chiuso le porte.


Ora che era uscito da quell’universo incantato, fatto di una fitta nebbiolina luccicante, considerava il sogno appena fatto quasi come un incubo. Vedeva Sirius… gli parlava… era come quando l’aveva incontrato per la prima volta. Era come quando gli aveva rivelato di essere il suo padrino, e di non essere l’assassino di James e Lily.

Harry sperò con tutto il suo cuore che quello fosse stato più di un frutto della sua mente, un semplice sogno. Sperò che fosse stata la realtà. Avrebbe dato tutto ciò che aveva per poter vivere con Sirius, per poterlo abbracciare ancora un’ultima volta e per sentire il suono della sua voce calda e rassicurante, come quella di ogni padrino.

<< Mi manca… >>, pensò per la prima volta, da quando Sirius Black era caduto oltre il velo nell’Ufficio Misteri al Ministero della Magia.


Harry si passò una mano tremante sul volto sudato, scostandosi un ciuffo di capelli dalla fronte. Fece scorrere le dita sulle cicatrice a forma di saetta e ripensò ai suoi genitori; se fossero stati lì, lui non avrebbe fatto quel sogno, e non avrebbe desiderato di poter vivere con Sirius a Grimmauld Place. Ma, purtroppo per lui, né i suoi genitori, né Sirius erano più in vita, perciò lui era costretto a vivere con i Dursley, due vecchi babbani ripugnanti, e il figlio Dudley, un ragazzo ormai cresciuto, ma che si divertiva sempre a tormentarlo.


Ora più che mai avrebbe voluto che Silente avesse fermato Voldemort, finché era in tempo. Che il preside di Hogwarts avesse intuito che Tom Riddle, un normale studente di Serpeverde, sarebbe diventato il più grande mago oscuro di tutti i tempi.


Solo quando vide la luce accendersi nel corridoio, capì che si era svegliato urlando. Spense la lampada in fretta e furia e si infilò sotto le coperte, facendo finta di dormire.

La porta si spalancò violentemente:-Ragazzo! Che diavolo succede?!-

Alla vista di Harry che dormiva, lo zio Vernon si guardò intorno stupito, e poi richiuse la porta, senza curarsi di non fare rumore per non svegliare suo nipote. Harry tirò un sospiro di sollievo e si rigirò nel letto, senza più addormentarsi osservando la luce della luna che filtrava nella stanza dalla finestra.


**


Erano passati mesi ormai, da quando Harry aveva fatto quel sogno nel suo letto al numero 4 di Privet Drive. Ora stava facendo il suo turno di guardia fuori dalla tenda, mentre Hermione, all’interno, sfogliava Le Fiabe di Beda il Bardo per l’ennesima volta, cercando di capire che messaggio aveva voluto lasciarle Silente.

Era incredibile quanto entrambi sentissero la mancanza di quello stupido di Ron; non riuscivano nemmeno a parlarsi e faticavano perfino a guardarsi in faccia.

Harry alzò la bacchetta e la agitò con un lieve movimento del polso, puntandola verso un rametto spezzato. Il rametto di alzò di qualche centimetro, per poi ricadere improvvisamente alla voce di Hermione:-Harry! Ho trovato!-

Harry si alzò svogliatamente ed entrò nella tenda strascicando i piedi: sapeva che molto probabilmente quello di Hermione era solo un falso allarme… L’aveva chiamato molte volte da quando Ron se n’era andato, forse inconsapevolmente, nella speranza di avere qualcosa da fare, invece di stare seduta in una poltrona a rimuginare su ciò che era successo, ogni tanto versando qualche lacrima, che veniva frettolosamente asciugata.

Ma stavolta si sbagliava.


-Harry, vieni qui… Forse ho trovato qualcosa che potrebbe aiutarci. Dai un’occhiata a questo simbolo, in cima alla pagina.-

-La Storia dei Tre Fratelli? Cosa sarebbe?-

-Beh… Non ne ho idea- replicò Hermione, guadagnandosi un’occhiata scettica da parte di Harry, -ma sicuramente è un aiuto che Silente ci ha lasciato. Vedi… Questo disegno… non è stampato sulla carta. La maggior parte degli altri racconti ha una specie di simbolo che le contraddistingue, ma questo… Questo è stato fatto a mano.-

-Ma cosa significa? Come potrebbe aiutarci a trovare un Horcrux?-

-Non lo so… Ma ho come l’impressione di averlo già visto da qualche parte. Forse… Forse…- esitò un attimo, per poi sgranare gli occhi, con la tipica espressione che aveva quando risolveva un intricato dilemma.

-Ma certo! Al matrimonio di Bill e Fleur! Lo indossava Xenophilius Lovegood!-

Harry assunse un’aria pensosa, cercando di rivivere i momenti trascorsi al matrimonio alla Tana. Tutto ciò che ricordava era molto confuso, a causa del panico che si era diffuso in seguito all’attacco dei Mangiamorte.

-Ehi… Ehi, è vero! Krum aveva detto qualcosa a proposito di quel simbolo… Aveva detto che… beh, che è il simbolo di Grindelwald- disse Harry.

-No, non è possibile… Xenophilius Lovegood non è un sostenitore di Grindelwald, Harry.-

-Beh, Krum ha detto così. Diceva di averlo visto molte volte, inciso sulle mura di Durmstrang.-

-Beh, è possibile… Sarebbe meglio chiedere a Xenophilius, però. Dopotutto era lui ad indossarlo.-

-Sì… suppongo che sarebbe meglio.-


Harry uscì dalla tenda, per continuare il turno di guardia. Nella sua mente affioravano così tanti pensieri, e non aveva idea di quali fossero quelli positivi, e quali quelli negativi. Avrebbe solo voluto che Ron fosse lì, accanto ad Hermione, confabulando sul da farsi, mentre lui, Harry, stava fuori a giocherellare con la bacchetta e a pensare.

Pensava a quanto avrebbe voluto che Silente fosse stato più chiaro. Perché non gli aveva semplicemente detto cosa fare? Perché gli aveva lasciato tutti quegli indizi così ambigui? Perché gli aveva complicato così il lavoro, quando già di per sé era difficile?

Domande a cui, temeva, non avrebbe mai trovato una risposta.

  
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