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Autore: Slits    03/02/2010    2 recensioni
Rimase immobile, fra i rimasugli di quello che un tempo forse era stato un marciapiede curato, a bearsi delle prime boccate di carta e polvere bruciati.
E la sentì appena quella spallata, delicata ed impalpabile quasi come la mano di uno spirito suicida, scuoterlo in un punto imprecisato del braccio e farlo vacillare. Occhi freddi, vacui, privi di espressione.
Lo sguardo di un estraneo, in fondo.

Persino il passo più impercettibile fa parlare di sé.
[Law/Sanji]
[!Crack]
{~ To Seiko}
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Sanji, Trafalgar Law
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '• Cold as i would remember [Let Nature Talk]'
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Sky [Let Nature Talk]


Un fiocco insignificante, leggero e delicato come un alito di vento sulla pelle.
Non lo sentii quasi scendere, così impeccabilmente avvolto in quei pesanti vestiti invernali. Vestiva sempre di nero e ad impedire che si confondesse con uno dei tanti spaccati della strada erano soltanto gli occhi.
Quelli erano di un ghiaccio dai tratti alle volte cristallino, altre, invece, talmente torbido da dare l’impressione di esser nient’altro che il vacuo riflesso della miseria di quella neve sporca di fango e terra. Inespressivi con quel taglio raffinato, uno specchio fin troppo accurato fra il turbinio di sensazioni che poche – davvero fin troppe forse, cose riuscissero a scuotergli il petto, in un punto imprecisato.
Li aveva nascosti quanto il più possibile quel giorno, sotto una pesante sciarpa ed il grande bavero del cappotto. Coperti da un ridicolo cappello di lana e mascherati da una ciocca fin troppo chiara per non essere confusa con tutto quel bianco che rivestiva le strade. Almeno per qualche ora, almeno per il tempo di elaborare ogni cosa, si era ripetuto, li avrebbe tenuti così, incapaci di sbattergli in faccia la realtà dei fatti. Perché bruciava, quella, lo sapeva.
Bruciava e graffiava ancora più dei segni delle unghie sulla pelle, penetrava a fondo nell’olfatto mischiandosi a quel sapore acre. Sesso forse, se le sue conoscenze non gli avessero insegnato, con gli anni, che nell’atto non vi è sapore né tantomeno odore.
Si strinse ancora più nelle spalle, affondando istintivamente le mani nelle tasche del soprabito. Sentiva il bisogno di farsi una sigaretta, indirizzare anche solo per qualche istante la mente altrove e concentrarla sull’essenza amara del tabacco.
Sezionarla, studiarla con cura in gola e poi in bocca, prima di mandarla fuori in un unico sibilo dei polmoni.
Estrasse una paglia sgualcita ed un vecchio accendino, difettoso. Probabilmente se ne sarebbe potuto permettere uno nuovo, di zecca, con il bottoncino dello scatto ancora colorato e la marca ben visibile.
Ma non era mai stato quel tipo di persona in grado di sbarazzarsi delle cose vecchie, per quanto inutili potessero apparentemente sembrare. Non era nel suo stile. Non si confaceva a chi, invece, si limitava a trascinarsi dietro il passato, alla stregua di un vecchio bagaglio.
Si fermò per alcuni istanti, sentendo unicamente al terzo scatto andato a vuoto il familiare sapore della nicotina scavare fin dentro la carne e penetrare ancora più a fondo, fino ai polmoni. Rimase immobile, fra i rimasugli di quello che un tempo forse era stato un marciapiede curato, a bearsi delle prime boccate di carta e polvere bruciati.
E la sentì appena quella spallata, delicata ed impalpabile quasi come la mano di uno spirito suicida, scuoterlo in un punto imprecisato del braccio e farlo vacillare. Si concesse di alzare appena un po’ di più lo sguardo, solo per alcuni attimi ed assecondare il proprio istinto.
Per un secondo si convinse di continuare a fissare il vuoto, uno spazio che fra la neve ed il cielo si confondeva per quanto scuro. Occhi freddi, vacui, privi di espressione.
Lo sguardo di un estraneo, in fondo. Qualcuno di cui fino a poche ore prima aveva sentito unicamente le blande carezze ed ora, invece, la semplice estraneità.
Sesso. Era solo sesso.
Senza alcuna ripercussione.
Ricominciò a camminare superandolo in un’unica falcata, evitando le scuse perché quelle, si sa, denotano un dispiacere che da qualche parte deve pur riuscire a farsi sentire.
Un colpo, freddo ed accurato. Lo sentì scivolare sulla schiena, indistinto attraversare il cappotto e solleticare la pelle. Non era gelido, il lieve tepore della mano che lo aveva plasmato era riuscito, in parte, a scaldarne per lo meno il guscio esterno.
Si voltò e la sola cosa che riuscì a vedere su di quel volto fu un sorriso silenzioso, non delle labbra perché quelle, si sa, son fatte per mentire.
Fu l’estraneo a ridergli quasi in faccia e per un attimo, un dannato momento che poi sapeva, oh se lo sapeva bene, avrebbe maledetto, si limitò ad imitarlo, stupidamente.
Un estraneo. Era solo un estraneo del resto.
Eppure una traccia, sulla sua schiena, era riuscito a lasciarla.
Bianca.
Neve, forse.
   
 
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