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Autore: kiku77    03/02/2010    8 recensioni
seguito di "ALLA RICERCA DELLA FELICITA'"
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Kumiko Sugimoto/Susie Spencer
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutte! Grazie infinite come sempre per le vostre recensioni ( P.S. scusate se ieri ad alcune ho risposto in gruppo… spero non l’abbiate trovato di cattivo gusto…). Grazie anche a tutte le persone che stanno seguendo la storia e l’hanno messa fra le loro preferite e seguite!

Sanae78: grazie infinite per tutto quello che mi hai scritto e per il tempo che hai dedicato a recensire questi capitoli. Si’… il piccolo Taro ha un ruolo molo importante.. vedremo cosa succederà…

Giusyna: la tua recensione è stupenda; ti ringrazio veramente di cuore. Non solo perché mi fai i complimenti, ma per la profondità con cui li motivi e spieghi il tuo pensiero, oltre che i dettagli che hai sottolineato. Io ci sto molto attenta: potrei dire che non c’è una sola parola a caso… e se qualcuno lo percepisce, non può che rendermi felice… grazie

Miki87:Divertente la definizione di Genzo!....grazie mille per scrivere, per trovare sempre un modo così ironico e acuto di esprimere la tua reazione al cap…e ..sono felice che ti sei immaginata le scene!

Makiolina: semplicemente grazie….( non so come prenderai il cap di stasera – uno dei più difficili per me da scrivere….)

Hikarisan: uhelà…! Bentornata! No a parte gli scherzi.. speravo che prima o poi mi mandassi anche solo una riga …ti ringrazio moltissimo per continuare a leggere. So bene che siete tutte super impegnate e so che il tempo è sempre poco quindi la tua rec mi fa ancora più piacere!

Marychan82: Ciao.. grazie per la tua rec! Sono contentissima che la storia ti stia piacendo e mi ha fatto piacere leggere tute le tue osservazioni! Spero continuerai a leggere!

Vi lascio al cap che è abbastanza lungo e articolato.. spero non ci siano errori di battitura...vado un po' di fretta e lo rileggo solo una volta...se ce ne sono, scusatemi sin da ora...

A presto….

_____

 

Fu così che quasi ogni giorno Genzo chiamava in Giappone e parlava al piccolo Taro.

Quando sapeva che il bambino non aveva gli allenamenti, Genzo puntava la sveglia alle 8 del mattino così che potessero parlare mentre in Giappone era pomeriggio. Se invece era lui ad avere gli allenamenti, provava fra una  sua pausa e l’altra. Stavano al telefono e parlavano più che altro di pallone e facevano battute; Kumiko sentiva Taro ridere e scherzare e sempre di più si chiedeva come potesse scatenare in Genzo tutta questa gioia. L’impatto che il bambino aveva sul portiere era incredibile.

Ogni tanto Genzo parlava anche a lei ma tra loro più che le parole passavano delle pause di silenzio: erano attimi intensissimi, in cui sia lui che lei cercavano di trovare una frase qualsiasi, un accenno di rumore a cui aggrapparsi, tanti erano i pensieri che offuscavano le loro menti. Kumiko restava in attesa di un cenno, di una gentilezza da parte del portiere; Genzo, appena percepiva il suo respiro, perdeva il controllo e, nella paura di dire qualcosa di troppo, finiva col non dire niente.

Nel frattempo Taro era stato inserito nella squadra del Tokyo e aveva cominciato a giocare: gli era stata assegnata la maglia numero 10 ed era sempre più bravo; più passava il tempo più lui sembrava spensierato e felice ed era questo che dava forza a Kumiko. A se stessa, al suo amore per Genzo cercava in tutti i modi di non pensare.

 

A Genzo il tempo non passava mai. Fu la prima volta che egoisticamente sperò con tutto il cuore di uscire dalla Champions per poter tornare in Giappone appena fosse finita la Liga. E questa volta il destino fu dalla sua parte.

Vinsero il campionato ma non riuscirono ad accedere alla fase finale della Champions così, i calciatori alla fine di maggio furono liberi di andare in vacanza. Sanae e Tsubasa, prima di andare in Giappone, decisero di passare un po’ di tempo a Miami, nella casa che avevano ricevuto in eredità dalla Signora Wakabayashi. Chiesero anche a Genzo se volesse andare con loro, ma lui scelse invece di tornare subito a casa.

In tutto quel tempo, dopo aver conosciuto suo figlio, aveva riflettuto a lungo ed ora vedeva chiaramente i suoi sbagli: capiva perfettamente i momenti in cui la paura lo aveva paralizzato  e riconosceva nitidamente tutti i frangenti in cui avrebbe dovuto comportarsi diversamente.

Adesso era tempo di mettere a posto le cose. Era tempo di vivere davvero.

 

Appena uscì dall’aeroporto, si fece accompagnare alla pasticceria. Non chiudeva occhio da diversi giorni per via della tensione e dell’agitazione.

Una volta entrato vide Ikeda e lo salutò.

“Hey… come va? Bentornato” gli disse il ragazzo, con un po’ di diffidenza.

“Ciao… bene…. C’è Kumiko?”

“Sì, è di sopra con il commercialista. Vai pure” gli disse.

Genzo salì con foga le scale e attraversò il corridoio. La stanza era aperta e sentì una voce di uomo, così pensò di aspettare ad entrare.

“……è tutto a posto. Le tasse sono state versate e al momento è tutto in ordine. Se per caso hai qualche domanda, puoi chiamare la mia segretaria”

“No, è tutto chiaro. Sono contenta che stia andando tutto bene. ….”

“Vieni a cena con me stasera?” disse la voce maschile.

Kumiko rimase in silenzio.

“No…..”

“Cosa devo fare per portarti fuori?”

“Niente….io non esco con nessuno, lo sai, è inutile che ci provi…”

“… hai fatto voto di castità eterna?” chiese l’uomo ironicamente.

“ Non sono fatti tuoi…..”

“Kumiko, senti sei così giovane….il fatto che tu abbia avuto un figlio non può precluderti ad avere una storia con qualcuno…. Cioè da quant’è che non esci? Dopo la nascita di Taro ti sei vista con qualcuno? Dimmi la verità?”

“Sono cose che non ti riguardano….non mi serve un uomo….. non lo voglio…. Io non sono fatta per stare con qualcuno………”

“Non ti ho mica chiesto di sposarmi! Accidenti…. “ disse lui un po’ risentito.

“Ma mi stai chiedendo di uscire per cosa? Per finire a letto con te? No? A che scopo?....Io…non posso fare sesso con te…con nessuno…..io…io dentro sono stata come “interrotta”. Credimi… è meglio che tu mi stia lontano…”

“Guarda che io non mi arrendo facilmente….”

“Me ne sono accorta….tutte le volte che vieni è la solita storia!” disse lei quasi ridendo.

“Prima o poi vuoi vedere che cedi?”

“Cercati una brava ragazza e fatti una bella famiglia….sii felice…..e…stammi alla larga…. Io porto guai!”

L’uomo si alzò.

“Però sei così bella…. “ disse ancora.

“ma smetti! Io non sono bella per niente!” disse Kumiko cercando di sdrammatizzare.

“Allora ciao….”

“ciao….”

L’uomo, una volta fuori, si ritrovò di fronte Genzo.

Il portiere, che aveva sentito tutto, gli fece cenno con il dito di non dire niente e lo salutò con la mano.

Lui, un po’ stordito e imbarazzato, ricambiò il saluto e se ne andò.

Genzo bussò la porta spalancata.

“Che vuoi ancora?” chiese Kumiko che nel frattempo aveva iniziato a stirare prendendo i panni da una montagna appoggiata sul divano.

“Ciao…” disse Genzo entrando.

Kumiko lo squadrò, imbarazzata e stupita.

“Che ci fai qui?....da quanto tempo eri lì?”

“Ah..io? io sono arrivato adesso…. Ho giusto sentito lui che ti diceva che sei bella…..” disse Genzo, mentendo.

Lei arrossì, abbassando lo sguardo.

“Come stai? “ chiese il portiere, impacciato e molto a disagio.

“Il solito….tutto nella norma…. E tu? Complimenti per il campionato…” disse Kumiko cercando di sembrare fredda e indifferente.

“grazie…. Sono arrivato ora…..”

Kumiko si rimise a stirare.

“Taro è a scuola; esce tra poco.”

“Lo so…sono venuto a chiederti se posso andare a prenderlo io. Ho molta voglia di vederlo. …Mi manca… mi è mancato così tanto…..”

Lei sentiva il pianto che le veniva su da dentro. Ascoltare quelle frasi, la dolcezza con cui parlava del bambino la facevano emozionare. Era più forte di lei.

“Certo… vai… sarà molto felice anche lui di vederti… non c’era bisogno che passassi: potevi chiamarmi e basta…”

Genzo si aggiustò il berretto.

“No è che io…. Kumiko, io ho pensato molto in questo periodo …. e voglio… vorrei dargli il mio cognome. Vorrei dirgli che è mio….che sono suo padre…..”

Kumiko si fermò. Sentiva che gli occhi non avrebbero retto per molto e allora si strofinò la fronte per vedere se riusciva a nascondere l’agitazione.

“Sei sicuro?”

Genzo la fissò.

“Sì….sono  molto sicuro. Ma tu cosa pensi?”

Lei riprese a stirare.

“Se sei convinto….per me va bene.” Kumiko fece una breve pausa, smise di stirare e andò verso la finestra. Poi riprese:”Ma sappi che con i figli non si torna indietro. Se decidi di esserci, dovrai veramente esserci. Per sempre……”

Genzo si sedette spostando la montagna di panni.

“Lo so che hai sofferto molto a causa mia. Io…sono … io non valgo niente….so solo parare due tiri…come dici sempre tu…… Vorrei essere migliore, perchè Taro è un bambino stupendo….e unicamente grazie a te. Ho provato a cambiare ma … alla fine sono sempre io… Per lui però credo che non faccia differenza. Credo che lui mi saprà amare per quello che sono….è l’unica cosa buona che abbia fatto in tutta la mia vita. Non me la voglio perdere…..”

Aveva tenuto gli occhi bassi.

Kumiko aveva continuato a guardare fuori e si era messa a piangere senza accorgersene.

“Ok….Vai… vai pure….” disse lei.

“Grazie” rispose Genzo.

 

 

All’uscita da scuola Taro si guardò intorno per cercare sua madre e con molto stupore non riuscì a vederla. Gli parve strano perché lei era sempre lì, ad aspettarlo. Si mise a sedere sui gradini dell’entrata e non era turbato più di tanto: di sicuro sarebbe arrivata a minuti.

“Hey….ciao” disse Genzo.

“ciao Genzo! Sei tornato!” disse il bambino andandogli incontro e facendosi prendere in braccio.

“Come stai?”

“Bene… sto aspettando la mamma….”

“Mi ha dato il permesso di venirti a prendere… sei contento?”

Taro sorrise e lo abbracciò più forte.

Genzo lo strinse a sé.

“Mi sei mancato, lo sai?”

Taro sorrise ma non rispose. In fondo non capiva bene come mai quel ragazzo fosse così affettuoso con lui.

“Ti porto a casa mia, ti va?”

Taro fece cenno di sì con la testa e cominciò a raccontargli tutto quello che aveva fatto al mattino.

Arrivarono alla villa e Taro finalmente si calmò. Rimase senza parole di fronte alla bellezza e grandezza della casa.

“Ma tu stai qui?”

“Sì…” disse Genzo ridendo “ti piace?”

“E’…. è bellissimo…oh guarda! Hai l’albero della nonna!”

Genzo lo guardò e seguì il ditino del piccolo che indicava l’albero di fragipani.

“Lo sai che la mia nonna mi ha regalato un albero come quello?” disse Taro, ingenuamente “Ne abbiamo uno nel nostro piccolo giardino… alla mamma piace così tanto….è l’albero del Buddha, lo sai?”

Genzo era rimasto immobile a fissare quel piccolo a cui la madre non aveva negato nulla e a cui era stato dato un mondo intatto, perfetto, pieno di ricordi che nessuno avrebbe mai potuto portargli via.

“Si’…è l’albero di tua nonna…..è bellissimo…. tua mamma è venuta qui a prendere i semi e tu eri già dentro di lei, lo sai?”

“davvero?Ma allora tu la mia mamma la conosci da tanto?”

“Sì…….”

Genzo mostrò tutte le stanze e poi si misero in giardino.

“Ho qualcosa per te…” disse lui, tirando fuori dalla tasca la sua fotografia.

Taro gli sorrise e la fissò.

“Ma chi sono quei due signori che sono con me? io non li conosco….”

“Non sei tu….quel bambino sono io….e quelli sono i miei genitori” disse Genzo.

Taro riguardò meglio.

“Scusa… mi sembravo io…”

“Ci credo! Siamo uguali….” disse Genzo accarezzandogli la testa.

“Senti Taro io devo dirti una cosa …ma ho un po’ di paura…”

Taro lo guardò e scoppiò a ridere.

“Perché?” chiese con curiosità.

Genzo aveva pensato a lungo durante quei mesi su come porsi e come dirglielo, ma  adesso che si ritrovava di fronte a lui, gli sembrava impossibile tirare fuori quella frase.

“Io….  sono il tuo papà….”

Alla fine lo disse senza fare nessuna pausa. Lo disse e si sentì più vero: gli sembrò di avere finalmente su di sé un po’ di quella verità che tante volte aveva visto in Kumiko e non aveva voluto accettare. Il cuore andava a mille ma era leggero. Leggero come una piuma.

Taro era rimasto ad ascoltare e non era sicuro di aver capito.

“Sei tu?...sei proprio tu?” chiese. Prese di nuovo in mano la foto. La guardò; poi guardò Genzo e di nuovo la foto.

“Sì….”

“E perché non mi volevi? Perché non volevi la mia mamma? La mia mamma è bellissima….” disse il bambino un po’ smarrito e anche un po’ triste.

Genzo lo prese in braccio.

“Tu hai mai avuto paura di qualcosa?” chiese il portiere.

“Si’….”

“Ecco io avevo paura di amarti….. avevo paura di amare la mamma.Non è che non la volevo…La volevo eccome….ma avevo anche paura. E sono scappato. Sai…io non sono coraggioso come te….” disse lui.

Taro ascoltava e sembrava molto attento.

“Ma alla mamma gli vuoi bene?”

Genzo lo baciò sulla testa.

“L’ho amata moltissimo…. Solo che è un po’ complicato….”

“Ma cosa c’è di complicato…..non la trovi bella?”

“Sì….lei è bellissima…..ma….” Genzo s’interruppe di nuovo. Come poteva spiegare come fossero andate le cose e i motivi per cui tutto era andato così male?

Taro si liberò dal suo abbraccio e si mise a sedere di fianco al padre. Ora era confuso e in attesa di un risposta.

“Vedi…. è che  per i grandi i sentimenti non sono come per i bambini…. È tutto complicato…..” riprese, senza però spiegarsi bene.

Taro lo guardò; si alzò e andò verso un pallone che era accanto alla siepe.

Si mise a palleggiare: sembrava distante e assente, come se volesse sfuggire a quel momento. Non era rimasto soddisfatto di quella risposta, che effettivamente, era sconnessa e avrebbe fatto imbestialire anche il più calmo degli adulti.

Per qualche minuto restarono così: il bambino a palleggiare da solo e Genzo seduto a guardarlo senza riuscire ad andare avanti nel suo “discorso”.

“Giochiamo?” chiese allora Taro, visto che il portiere sembrava paralizzato.

“Certo….” disse lui.

Ebbe la sensazione che fosse stato un fallimento completo; s’immaginò di riportare il bambino a casa e di vederlo correre verso la madre in lacrime per la tristezza di aver saputo la verità.

Continuarono  giocare senza dirsi altro e dopo poco sentirono suonare alla porta.

Taro si fermò.

“Vuoi andare tu a vedere chi è?” chiese Genzo con dolcezza.

Taro gli sorrise e fece di “sì” con la testa: per lui era tutto nuovo ed era curioso.

Corse alla porta e si ritrovò di fronte una donnina ben vestita.

“Ciao” disse la signora.

Taro corse a nascondersi dietro alle gambe di Genzo facendo un po’ il vergognoso.

“Salve” disse il ragazzo.

“Buon pomeriggio…. E questo bambino chi è?” chiese.

“E’ il piccolo Taro….  dai fatti vedere, lei è la signora Morimoto…. È la domestica….”

Taro si nascose ancora di più, allora Genzo lo prese in braccio e cominciò a fargli il solletico da tutte le parti. Il bambino scoppiò a ridere.

“Basta… basta… babbo….” disse Taro ancora ridendo.

A quel punto, dopo aver sentito quelle poche parole, Genzo capì che non importava poi troppo se non era riuscito a spiegarsi.

Taro lo stava già accogliendo nel suo mondo senza fare troppe domande e senza chiedere troppe spiegazioni. Per quelle ci sarebbe stato tutto il tempo.

Il portiere si fermò e gli diede un bacio sulla testa.

“E’ il mio bambino…” disse guardando la domestica che era rimasta intenerita ma anche stupita perché in tanti anni che frequentava la villa e nonostante le assenze di Genzo, non era venuta a conoscenza di questo fatto.

“Piacere di conoscerti Taro…” disse la donna con tono affettuoso. Il bambino la salutò con educazione sempre tenendosi appiccicato alla gamba di Genzo.

“Hai fatto la merenda?” chiese dando un’occhiata al portiere.

Genzo si toccò la testa”…veramente no…. Prepara lei qualcosa?”

“Certo..” rispose la signora Morimoto.

 

Taro e Genzo presero posto in cucina e ora scherzavano e facevano battute.

Davanti ai panini al cioccolato che intanto la domestica aveva preparato, Taro si rifece un attimo serio.

“Ma… adesso cosa facciamo?” chiese con ingenuità, ma anche con un tono sicuro, come ad avvertire Genzo che ora voleva una risposta vera.

“Beh…. Adesso, se vuoi, cambieremo il tuo cognome..”

Taro lo scrutò incuriosito.

“E come si fa?”

“Bisogna andare in comune e diciamo all’impiegato che sul tuo foglio di nascita ci deve essere scritto che ti chiami Taro Wakabayashi…..sei contento?”

“Io? Io …però dobbiamo chiedere il permesso alla mamma….”

Genzo scoppiò a ridere.

“Certo….. glielo andiamo a dire?” chiese Genzo  e adesso sembrava un altro; sembrava davvero felice.

 

 

 

 

Appena Taro vide sua madre le corse incontro.

“Mamma mamma! Domani cambiamo il mio cognome?”

Kumiko, che era seduta fuori, aprì le braccia per accoglierlo e lo strinse.

“Cambiamo il cognome?...sì… se vuoi….”

Taro sorrise: “ sì sì…il babbo dice che sei bellissima….., vero babbo?” e si girò per guardare Genzo.

Lui si toccò la testa e sembrava molto imbarazzato.

“Babbo ma mi ascolti?”

Kumiko era diventata tutta rossa. Fra i due c’era molto disagio.

“Sì…..” rispose lui.

“Posso andare a dirlo ad Ikeda?”

“Certo… vai…” disse Kumiko accarezzandolo.

Genzo le si sedette accanto.

“E’ andata bene… a quanto pare….” disse lei.

“Sì…è andata benissimo…..”

Kumiko si alzò ….“Ottimo….”

“…c’è qualcosa che non va?” chiese Genzo, che intanto notava una certa agitazione in lei.

“No… è che è tutto così veloce….spero che vada tutto bene…..”

Anche Genzo si alzò e la guardò negli occhi” Certo che andrà bene…non farei mai del male a Taro….credimi…” Era convinto e a sua volta avrebbe dato sicurezza a chiunque.

Kumiko gli accennò un sorriso, e cercò di nascondere i suoi dubbi ed i suoi timori.

Si accordarono per incontrarsi il giorno dopo, che era l’ultimo di scuola, così da poter andare in comune per fare tutte le pratiche. E si salutarono.

 

 

 

 

 

   
 
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