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Autore: shanna_b    03/02/2010    10 recensioni
Una classica storia d'amore di Natale.
Dedicata, con tanti e tanti auguri, a tutte le Echelon.
(E, al solito, tutti i personaggi, anche se hanno un nome e un cognome famoso o meno, sono da me inventati di sana pianta e non scrivo a scopo di lucro, ma se volete contribuire alle mie finanze, fate pure un bonifico :-P).
Ha partecipato al Settimo Turno dei Never Ending Story Awards ed ha vinto Best Female (nonna Ruby), Best Fluff, Best WIP, Best FF e Best FF Readers' Choice.
Baci e buona lettura!
Shanna.
Genere: Romantico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Di prima mattina, un tintinnio sinistro e sgradevole trapanò il cervello di Shannon, semi addormentato con la testa appoggiata sul petto di Sharona come se fosse un cuscino, e lo costrinse a svegliarsi del tutto, infastidito: era il suo blackberry, nottetempo risorto.

Anzi, suo fratello Jared che lo chiamava al blackberry, con associata la suoneria più fastidiosa che Shannon era riuscito a scovare su internet.

“Non rispondi?”, gli chiese Sharona, svegliandosi a sua volta, sbadigliando e scompigliandogli dolcemente i capelli.

Shannon le si strinse addosso di più e si appoggiò meglio su di lei, strofinando il viso sulla pelle della ragazza, sul suo seno. “Devo?”

“Tanto per capire se va il tuo cellulare…”, sorrise Sharona.

“No…”, sbuffò l’uomo, alzando la testa per guardarla negli occhi, “Lo provo dopo… ora ho altro da fare…” Shannon, con un sorriso sornione sulle labbra, scivolando su di lei, si spostò per riuscire a poggiarle un bacio leggero sulla bocca, mentre le scostava la frangetta dalla fronte. “Buongiorno…”

La ragazza, con i capelli sciolti sul cuscino e gli occhi sfavillanti, gli passò un braccio attorno al collo e si alzò a sua volta per cercare ed assaggiare per un attimo le labbra di Shannon per l’ennesima volta, con il cellulare che smise subito di suonare. “Buongiorno…”

“Come stai?”, le chiese lui, passandole un dito a disegnarle un sopracciglio, incantato dall’espressione sognante del viso della ragazza.

Sharona sorrise, dimenticandosi di tutti i dubbi che aveva avuto quella  notte, di quella mezzora passata a chiedersi tante cose, spazzata via in un attimo da quell’uomo delizioso: “Bene. E tu?”

“Da dio… mai stato meglio… grazie a te…”

La ragazza arrossì, accarezzandogli la barba lunga, la luce del mattino che entrava dalle finestre e dava agli occhi di Shannon una tonalità di verde straordinaria. Prese a fissarlo in viso, in quegli occhi ammaliatori. Che cosa si doveva dire dopo una notte come quella appena trascorsa? Sharona non sapeva nemmeno da dove partire per mettere in fila un ragionamento di un qualche tipo, visto che non sapeva nemmeno dove andare a parare, non sapeva come avrebbe dovuto sentirsi, che cosa provare, se sentirsi in colpa o meno, visto che ora sia Doug che la ragazza di Shannon portavano un bel paio di corna.

Sentì, invece, qualcosa di prettamente fisico: il corpo di Shannon appoggiato al suo cominciava a risvegliarsi, il sangue le scorreva nelle vene più velocemente, il desiderio per lui si faceva sentire ancora e cominciava a sentire un gran caldo. “Shannon, io…”, iniziò, col fiato corto, accarezzandogli la fronte con le dita, ma il blackberry riprese a suonare con la stessa odiosa suoneria di prima.

“Uffa…”, sbuffò Shannon, baciandole la punta del naso,  sospirando e alzandosi in piedi di malavoglia, “Rispondo… sennò poi mio fratello mi chiama ventimila volte…”

 “Va be…”, ma la ragazza non riuscì nemmeno a completare la frase, visto che in quel momento cominciò a suonare anche il suo telefono fisso.

Sharona scattò in piedi, abbrancando la coperta e mettendosela attorno al corpo, per avviarsi in corridoio di corsa, mentre Shannon, nudo e appoggiato al caminetto spento, già alle prese con una quasi discussione con Jared, la guardava allontanarsi con la coda dell’occhio: “Sì Jay, lo so che sei già in attività, ma sono le sette e mezza del mattino, sono in vacanza e se non mi rompi mi fai pure un piacere, anzi, prima che ti mandi a cagare ti conviene mettere giù e mollarmi… ”

Sharona, invece, rispose con più titubanza, chiudendosi la porta della cucina dietro per non fare sentire la voce di Shannon: al telefono poteva essere chiunque e lei doveva fare finta di nulla. Tranne che con nonna Ruby ed il meccanico, doveva fingere che in casa sua non ci fosse nessuno, tanto meno un uomo: “P-pronto?”

Per fortuna era soltanto George. Che le chiedeva di conferire i soldi al centro anziani il prima possibile e, soprattutto, di riportare il vestito da Mrs Christmas, da spedire in pulitura. Sharona respirò sollevata e mise giù quasi subito, liquidandolo frettolosamente con una sfilza di convincenti ‘va bene, ok’.

Shannon e Sharona, finite le relative telefonate, si ritrovarono sulla porta della cucina, aprendola, e si sorrisero, complici.

“Dove eravamo?”, disse subito Shannon con un sorrisetto che era tutto un programma a luci rosse, tendendole una mano.

“Non so, non mi ricordo… Temo che dovremmo ricominciare da capo…”, rispose maliziosamente la ragazza, avvicinandosi, passandogli le braccia attorno al collo e appoggiandosi a lui.

Shannon la prese subito per i fianchi e cominciò a baciarla sul collo e mentre la coperta stava per scivolare per terra, il campanello di casa suonò e subito dopo, nuovamente, anche il blackberry che l’uomo teneva in mano, con una suoneria diversa, facendoli trasalire.

“Tim, che cazzo vuoi all’alba?”, rispose di scatto Shannon quasi gridando, mentre la ragazza, recuperata la coperta, con il cuore in gola, spiava dallo spioncino e vedeva il tanto sospirato meccanico, con l’altrettanto sospirato carro attrezzi parcheggiato vicino alla Chevrolet Malibù.

Sharona tentò di richiamare l’attenzione di Shannon, ma lui si era già dileguato in salotto, proclamando al cellulare un convintissimo “Te l’ho già detto ieri, Tim… Non appena andiamo in tour ti chiamiamo. Chiamiamo TE e nessun altro, d’accordo?”

“Shan, c’è il meccanico…”, tentò di avvertirlo, ma Shannon, in costume adamitico e pacifico, si era dapprima seduto per terra vicino al caminetto spento e ora si stava sdraiando di nuovo per terra sul tappeto, appoggiato sul cuscino e con un braccio sotto la testa, e continuava la sua filippica sul fatto che Tim doveva impararsi tutte le parti di basso delle canzoni nuove.

Il meccanico riprese a suonare il campanello, come se lo volesse togliere dal muro e portarselo a casa. E, già che c’era, bussò anche alla porta, gridando “Signor Letoooo?”

Sharona si portò in salotto e si mise davanti a Shannon a fargli dei segni, come se giocasse al mimo. “M-e-c-c-a-n-i-c-o…” mimava, con l’alfabeto dei muti. Shannon la guardò un attimo divertito e quasi gli venne da ridere visto che per la ragazza si agitava, i capelli le si muovevano attorno e le stava cadendo di dosso la coperta, di nuovo. Ma poi si rese conto di cosa volesse dire.

“C’è il meccanico! Tim, ti chiamo dopo…”, esclamò Shannon, chiudendo la comunicazione, recuperando velocemente il cuscino ed avviandosi di corsa alla porta di casa, aprendola di colpo.

E, sorpresa, di neve non c’era quasi più traccia: la pioggia battente della notte l’aveva spazzata via quasi del tutto. Ne rimaneva solo qualche cumulo sparso ed un sole scintillante faceva capolino in mezzo ad un residuo di nuvole che correvano nel cielo disperse dal vento. E Shannon in piedi in mezzo al portico, spettinato, nudo con il cuscino davanti e che si guardava intorno esterrefatto, fece scoppiare a ridere il meccanico, il quale gli disse subito, sogghignando e sistemandosi il berretto col frontino sulla testa, la faccia da uomo di mondo: “Nottatina intensa, eh?”

Shannon gli spostò gli occhi in faccia e cominciò a spiegargli i problemi della Chevrolet ma il suo blackberry suonò di nuovo e stavolta a cercarlo era proprio la proprietaria dell’auto. “Sì, nonna, sto bene… no, non sono morto sotto la neve… sì, ti porto a far la spesa… no, non occorreva che telefonassi a tutti gli ospedali… sì, adesso arrivo… no, non farò tardi… sì, ciao nonna…”, rispose l’uomo rientrando ed accorgendosi che Sharona era al telefono con gli occhi spalancati verso di lui che gli faceva segno di stare zitto e diceva: “Sì, Doug, qui tutto OK, niente da segnalare… Sì, tra un’ora arrivi, va bene… ti aspetto qui a casa…”

Ecco, dopo la nonna apprensiva ci mancava il fidanzato opprimente, si disse Shannon, rientrando in salotto, quando lui avrebbe voluto ben altro, quel mattino. “Ma c’è qualcuno che non ci cerca, stamattina?”, ruggì, cercando i suoi vestiti sparsi vicino al divano.

Si vestì in fretta e furia e quando uscì dal salotto vide che Sharona era rimasta in corridoio con la coperta attorno al corpo, ancora ferma vicino al telefono con la mano sulla cornetta, un po’ allucinata da quell’assurdo via vai di telefonate.

Si fermò a fissarla, mentre si infilava gli anfibi e poi la giacca: la ragazza aveva i capelli scompigliati e si teneva la coperta chiusa davanti con un braccio, guardandolo con una strana espressione in volto. Chiaramente reduce da una notte di sesso, alla luce del mattino aveva il viso pallido, un segno su una spalla e sembrava una bambina dispersa.

E Shannon si rese conto che non aveva nessuna voglia di andarsene: voleva rimanere ancora lì, toglierle quella coperta di dosso, prenderla tra le braccia, sentire il suo calore, avere il tempo di dirle qualcosa.

Cosa, non sapeva nemmeno lui.

Non ne aveva idea.

La ragazza gli piaceva ma… ma…

Ma non capiva nemmeno come avrebbe dovuto sentirsi, che cosa provare. Era stato tutto così piacevole ma talmente improvviso, in barba a tutti i dubbi che aveva avuto, che…

L’uomo le si avvicinò, la guardò un attimo in viso e poi le passò un braccio attorno alla vita per stringerla a sé, per baciarla con trasporto ancora una volta sulla bocca, per accarezzarle il collo. “Devo andare ora, ma… ti chiamo più tardi…”, le sussurrò, sulle labbra.

“OK.” Sharona appoggiò la fronte sulla sua sorridendo e accarezzandogli le spalle. “Va bene…”

“Ciao, Sharona.”, le sussurrò sul collo.

La ragazza alzò una mano a sfiorargli una guancia, dolcemente, guardandolo intensamente come se si volesse imprimere il suo viso in mente: “Ciao, Shan.”

Prima di lasciarla, Shannon indugiò a farle una carezza sul viso e a toccarle una ciocca di capelli, incantato dal quel viso, mentre il clacson del carro attrezzi lo richiamava alla realtà. L’uomo le gettò un’ultima occhiata, prese velocemente la porta e il vialetto, si affrettò a salire vicino al meccanico che trascinava l’auto, e se ne andò salutando con una mano Sharona che lo guardava dalla porta socchiusa.

La ragazza fece lo stesso, gli mandò anche un bacio, ma, quasi senza motivo, in cuor suo sapeva che quella sarebbe stata l’ultima volta che lo vedeva.

“Addio, Shannon…”, sussurrò, rabbrividendo e guardando il carro attrezzi che si allontanava per la via. “Tu… tu sei un essere speciale… e ti auguro che il tuo karma ti regali l’illuminazione…”

 

   
 
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