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Autore: shanna_b    11/02/2010    10 recensioni
Una classica storia d'amore di Natale.
Dedicata, con tanti e tanti auguri, a tutte le Echelon.
(E, al solito, tutti i personaggi, anche se hanno un nome e un cognome famoso o meno, sono da me inventati di sana pianta e non scrivo a scopo di lucro, ma se volete contribuire alle mie finanze, fate pure un bonifico :-P).
Ha partecipato al Settimo Turno dei Never Ending Story Awards ed ha vinto Best Female (nonna Ruby), Best Fluff, Best WIP, Best FF e Best FF Readers' Choice.
Baci e buona lettura!
Shanna.
Genere: Romantico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mancavano pochi minuti alle sei di sera della Vigilia di Natale e Shannon, con il suo fedele berretto nero di lana in testa e con al braccio nonna Ruby, fece il suo ingresso nella moderna chiesa cattolica di Cristo Re di Bossier City, per la messa prenatalizia.

L’uomo non si ricordava nemmeno da quanto tempo non metteva piede in una chiesa ma, in quello strano soggiorno nella sua città natale, quella sera aveva dovuto fare anche quello, per accompagnare sua nonna alla funzione religiosa.

Mentre si muovevano lungo il corridoio centrale in cerca di qualche posto libero su uno dei banchi già quasi pieni di fedeli, ricordi fuggenti di preghiere cristiane in cui ci si rivolgeva ad un “Padre nei cieli” e ad una “Vergine Maria” gli passarono velocemente in testa, come polvere sollevata dal vento, ma l’uomo non si ricordava quasi più nulla.

Erano anni che non pregava.

Si ricordava di averlo fatto da bambino, al catechismo, ma non essendo sua madre Constance particolarmente credente, ben presto aveva abbandonato ogni forma di preghiera, per poi dimenticarsele del tutto.

Ed erano anni, in realtà, che non pensava alla sua spiritualità, per non dire secoli.

Improvvisa una domanda gli attraversò il cervello: in che cosa credeva lui, ormai?

Probabilmente in nulla.

In niente che fosse trascendente.

E in niente che fosse reale.

Quasi mai nelle buone intenzioni degli altri.

E, certe volte, nemmeno in sé stesso.

E Shannon, sedutosi in quinta fila con la nonna mentre l’organo suonava il canto di apertura e il profumo dell’incenso pervadeva l’ambiente, si sentì improvvisamente incompleto.

Lui era tutto istinto, impulso, dinamismo, corporeità, vita vissuta fino a starne male.

Non era per niente anima, spirito, psichicità, pensieri mistici.

E forse per quello era un essere umano dimezzato: la natura umana esigeva la risposta a certe domande sulla vita che solo un credo religioso, o comunque filosofico, poteva dare.

E che lui non aveva.

E per un momento sentì di comprendere del tutto quello che gli aveva detto Sharona la sera prima, il fatto che sentirsi religiosamente precari la facesse in qualche modo stare male.

Sharona però era alla ricerca di qualcosa, di risposte, di verità, di certezze… una ricerca forse disorganica, farraginosa e caotica, ma pure sempre uno sforzo apprezzabile.

Lui no: non stava ricercando nulla, si stava adagiando.

E Sharona un giorno forse avrebbe trovato delle risposte ai suoi dubbi.

Lui, senza ricercare, non ce l’avrebbe mai fatta…

Sharona avrebbe…

Sharona…

Sharona.

Il pensiero abbandonò immediatamente i suoi dubbi e si posò sul volto della ragazza, sui suoi occhi scuri e sul suo sorriso, ma quella immagine gli fece male.

Non era riuscito a chiamarla.

Arrivato a casa di sua nonna a metà mattina con l’auto aggiustata, aveva dovuto portare di corsa Ruby a fare la spesa e poi aveva dovuto subire l’assalto dei suoi fastidiosi parenti cajun di Bossier City a pranzo e per tutto il pomeriggio, per poi correre in chiesa. Non era riuscito a trovare un minuto in tutto il giorno per consultare l’elenco telefonico della città e trovare il numero della ragazza, e quel mattino era fuggito da casa sua di corsa e non gli era venuto in mente di scriverselo da nessuna parte.

Cominciò a guardarsi intorno, sperando di scorgerla.

Quella non era l’unica chiesa di Bossier City, ce n’erano anche altre, molte di fede battista, e non era detto che Sharona potesse essere proprio in quella, anzi, poteva essere dovunque, probabilmente anche a casa a fare yoga, a massaggiare qualcuno, a leggere, ad ascoltare i suoi adorati The Knack.

Decise che l’avrebbe chiamata quella sera, come prima cosa da fare una volta rientrato a casa.

Ma poi, quando ormai aveva perso le speranze, la vide avanzare lungo il corridoio, vestita con un cappotto azzurro, berretto e sciarpa bianchi.

E non da sola.

Subito Shannon si irrigidì: Sharona era assieme ad un uomo, quasi sicuramente il suo fidanzato, un ragazzone enorme, altissimo e ben piazzato, biondo con i capelli corti tagliati a spazzola e l’espressione un po’ feroce, esattamente come Shannon si era immaginato.

L’uomo ci rimase male.

Esisteva davvero Doug Lagrance, allora.

Purtroppo.

Shannon non staccò gli occhi di dosso alla coppia per tutta l’ora della messa, visto che i due si erano seduti un po’ più avanti sulla destra e lui li vedeva benissimo: osservava Sharona mentre si rivolgeva al suo ragazzo, gli sorrideva, lo guardava, gli prendeva la mano… e nello stesso tempo pensava alla notte precedente, al corpo della ragazza contro il suo, al calore della sua pelle, al suo odore di donna. Gli pareva di sentirlo nelle narici, gli sembrava di sentire il sapore della sua saliva, la consistenza della sua carne, l’ardore con cui gli si era donata ogni volta che avevano fatto l’amore.

Pensieri ben poco puri da fare in chiesa, si disse, grattandosi una guancia, ma che gli danzavano in testa in modo troppo preciso per essere messi da parte.

Con fatica riuscì a seguire la funzione, mentre vedeva che Doug parlava in un orecchio a Sharona, la stringeva alla vita, le accarezzava una mano.

E quando la messa finì, Shannon, d’impulso, avrebbe voluto andare da lei. Ma… a dirle cosa? ‘Buon Natale, molla l’energumeno e mettiti con me’? No, era troppo, nella notte trascorsa assieme non si erano detti nulla del genere, e… la sua ragazza in California? La scaricava con un SMS? No, non poteva.

E poi se Doug avesse reagito alzandolo da terra e scaraventandolo sulla fila di banchi? Poteva anche essere. Se doveva parlarle, doveva farlo senza che ci fosse il suo ragazzo altrimenti avrebbe potuto rimetterci l’osso del collo.

Sperò di averne l’occasione di lì a poco, magari nella confusione della gente che usciva, ma, mentre Shannon era fermo vicino alla porta con sua nonna che faceva gli auguri a delle sue amiche, Sharona passò davanti a loro al braccio del suo fidanzato.

Vide Shannon, arrossì copiosamente e poi, sorridendo in un modo che al batterista parve piuttosto distaccato e disincantato, lo salutò con una mano e se ne andò, uscendo dalla chiesa come vi era entrata.

Shannon rimase malissimo e si rese all’improvviso conto che non c’era nulla da fare.

Se Sharona avesse voluto dirgli qualcosa, lo avrebbe sicuramente fatto.

E non lo aveva fatto.

E la realtà, anche se cruda e non piacevole, era che lei era assieme al suo ragazzo.

Che lui sarebbe tornato dalla sua ragazza nel giro di un paio di giorni.

Che era finita.

Finita.

E basta.

La loro relazione era durata poche ore, meno di un giorno, e allora che cosa pretendeva da sé stesso e da lei?

E poi perché mai Sharona gli stava così a cuore? Dopotutto non era la prima volta che aveva avuto relazioni di natura sessuale durate poche ore.

Ma quella volta questa cosa gli stringeva il cuore e gli faceva male.

Molto male.

E non sapeva spiegarsi perché.

Oppure sì.

Sì.

Perché Sharona era speciale.

Era fatta della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni, si disse, ricordandosi una frase che aveva letto in un cioccolatino una volta.

Ma quel sogno era svanito.

Lei non era sua.

‘My Sharona’? Come le aveva sussurrato mentre facevano l’amore? No.

Purtroppo no.

E non lo sarebbe mai stata.

Shannon uscì con sua nonna dalla chiesa come un automa, assorto nei suoi dubbi ed amareggiato.

Salì sulla Chevrolet decisamente abbattuto.

Ma a nonna Ruby, nonostante gli spessi occhiali appoggiati sul naso, non era sfuggito lo sguardo di Shannon puntato sulla ragazza per tutta la messa e anche dopo. “E’ carina Sharona, vero?”, gli disse, mentre l’uomo metteva in moto e partivano.

“Eh? Sì, certo.”, rispose Shannon, tentando di fare l’indifferente.

“Dovresti sistemarti, Shannon.”

“Nonna…”

“Hai un’età, ormai. Hai quasi quarant’anni. Devi farti una famiglia e mettere al mondo dei bambini. Ora. Altrimenti poi è troppo tardi.”

Non era la prima volta che sua nonna attaccava con quella solfa: “Per favore, nonna…”, le rispose, un po’ seccato.

“Vieni via dalla California dove ci sono soltanto donnacce in cerca di soldi e fama e ritorna qui, prima che sia troppo tardi.”

“Smettila, nonna…”

“Sharona ha l’età giusta per te, è pronta per avere dei bambini e… non sta bene con quell’armadio di Doug, starebbe bene con te.” Anche Shannon lo sapeva, lo aveva capito quella notte, sentiva che era così, ma non c’era nulla da fare. Si limitò a sbuffare, mentre sua nonna continuava imperterrita: “Perché non sei tornato, stanotte? Sei stato con lei, vero? Avete fatto l’amore, vero? Ho visto come ti ha guardato…”

Ma, Cristo Santo, sua nonna era una schiacciasassi sotto forma di vecchia signora e lui non aveva mai e poi mai parlato di sesso con lei! “Nonna, per favore… Cosa dici? L’auto era in panne… Come facevo a tornare?”, disse, arrossendo, per la prima volta dopo lustri.

“Sì-sì-come-no… Non sai dire le bugie, Shannon, non ne sei mai stato capace nemmeno da bambino. Ho indovinato, vero?”

Shannon sbuffò nuovamente: “N-no, cioè… insomma… lasciamo perdere, OK?”

Nonna Ruby si arrese, di malavoglia, sapendo di avere visto giusto su tutta la linea. “Vabbè, vabbè… fai un po’ quello che vuoi, tanto sai che ho ragione…”, gli rispose, tenendogli un po’ il muso.

Shannon  non disse nulla e si limitò soltanto a pensare che il giorno dopo, all’arrivo di sua mamma Constance che gli dava il cambio a far compagnia a sua nonna, lui avrebbe di corsa preso l’aereo per tornare a casa.

Cosa che fece.

 

   
 
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