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Autore: Tetide    03/02/2010    4 recensioni
D'Artagnan & C. ai giorni nostri: loro sono poliziotti a Parigi, tra di loro c'è Aramis che ha una sorella gemella sensibile e coraggiosa, che sarà capace di portare imprevedibili sviluppi nel dipartimento: sarà lei, infatti, a svelare le losche trame di un giudice corrotto e prepotente, di nome Mansonne.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6- Come dentro ad uno specchio CAPITOLO 6
COME DENTRO AD UNO SPECCHIO


Nota dell’autrice: in questo capitolo è presente una piccola cross-over con i due protagonisti del film “Angelica”, di Bernard Borderie, che, temporalmente, è di poco successivo all’epoca del romanzo di Dumas; non ho voluto dare la nota “cross-over” all’intera storia, dato che questo particolare si riferisce solo ad alcune parti, per di più marginali, di questo capitolo. Buona lettura a tutti.


Aramis e Francine sedevano su di un’assolata terrazza con vista sulle piste; era un bel pomeriggio di fine Dicembre, e davanti a loro sul tavolino avevano due cioccolate fumanti.
“Che sogno!” sospirava Francine,
“Finalmente, un po’ di tempo solo per noi” le faceva eco Aramis,
“Certo che stamattina li abbiamo fatti neri tutti, in pista! Vero?”,
“Direi proprio di sì” Aramis sorseggiò la sua cioccolata “Con la tua agilità, non c’era da dubitarne”.
Francine sorrise, guardandolo da sotto le lunghe ciglia. Era felice di poter passare qualche giorno sola con il suo amore, senza casini in giro.
“Francine!” una voce la fece girare di botto.
“Angelica! Siamo qui!” la ragazza sorrise ed alzò un braccio, agitandolo in segno di saluto verso colei che aveva parlato; poi si volse al fidanzato.
“Ci sono i Peyrac! Dài, facciamogli un po’ di posto!”.
Il ragazzo si alzò e prese due sedie da un tavolo vicino, vuoto; poi, andò incontro ad un uomo alto e moro che gli veniva incontro, dandogli la mano in una stretta virile.
“Jeoffrey! Ma vi eravate persi nei boschi?!?”.
I due uomini si diedero due amichevoli pacche sulle spalle.
Francine e Angelica si scambiarono due baci “E’ un piacere avervi con noi; venite, sedetevi!”, Fran le indicò le due sedie.
La coppia dei nuovi arrivati prese posto.
Angelica e Jeoffrey Peyrac erano una coppia di Parigi, anche loro in vacanza d’amore in fuga dalla famiglia e dagli impegni quotidiani; lui era docente universitario di chimica, lei aveva una grande dolceria nel centro di Parigi, che attirava gente molto “in”.
“Ah, che posto! E che bella giornata!” Jeoffrey si dondolò appoggiando la testa sulle proprie braccia incrociate,
“E’ stupendo” aggiunse Francine,
“Caro, ho telefonato a casa: Florimond sta studiando come un matto, e Cadronne si diverte!”, disse la Peyrac,
“Avrei dovuto immaginarlo!” le rispose il marito “Ogni volta che li lasciamo con i miei, Cadronne se la spassa! Quanto a Florimond, fa proprio bene a studiare”, rise Jeoffrey,
“L’estate scorsa era stato rimandato in matematica e Latino” fece Angelica ponendo una mano su quelle di Francine.
Aramis non disse nulla; volse lo sguardo verso la distesa bianca della pista, dove erano rimasti pochi sciatori, lontani come puntini neri in movimento, illuminati dal rossore del sole che si avviava a tramontare.

                                      **********

Renée si scoccò un’ultima occhiata allo specchio. Sorrise. Il suo lavoro era proprio perfetto, pensò.
Aveva capito subito quanto quella missione, e la conseguente promozione, fossero importanti per il fratello; ma allo stesso tempo, sapeva anche quanto per lui fosse importante passare un po’ di tempo in intimità con la sua fidanzata. Ed allora, cosa avrebbe potuto fare per aiutarlo?
Poi, vedendo la propria immagine riflessa in uno specchio, aveva trovata la risposta: sostituirsi a lui!
La loro somiglianza da sempre era stata evidente sotto gli occhi di tutti; ed in ogni singola occasione era stata il loro cemento, la fonte della loro intesa, la scintilla che li aveva sempre aiutati nei momenti difficili della vita. Ed adesso, lo sarebbe stata come non mai.
Lei sarebbe stata Aramis!
Almeno, per tutta la durata del processo, in modo da fargli avere la promozione, ma senza rovinargli la vacanza d’amore.
Che idea grandiosa aveva avuto!
Certo, indossare l’uniforme del fratello non era stato uno scherzo: in fondo, Aramis era alto ed atletico, con due spalle ampie e possenti che tanto piacevano alle donne, e lei, per riprodurle in qualche modo, aveva dovuto imbottire di parecchio le spallotte della divisa; poi, aveva dovuto simulare un accenno di barba con un pigmento da trucco ben camuffato sul viso. Il risultato finale era stato soddisfacente, ma… la voce? Come avrebbe fatto a camuffare anche quella?
Provò a distorcerla, ma non era affatto convincente… forse avrebbe dovuto simulare un mal di gola, o qualcosa di simile… ad ogni modo, avrebbe dovuto cercare di non avvicinarsi troppo ai colleghi, in particolar modo ad Athos.
Indossò il berretto, calcandoselo sugli occhi: era ora di andare, coraggio!

Arrivò in caserma che non era ancora pomeriggio inoltrato. Facendosi coraggio, si diresse verso le scale che conducevano al portone d’ingresso.
In fondo al cortile vide due colleghi del fratello che le si facevano incontro; ecco, beccata!, pensò; ma i due le passarono accanto senza dare segno di aver capito nulla; uno dei due, anzi, alzò una mano, dicendole: “Ciao Ara, bentornato!”.
Quando l’ebbero oltrepassata, Renée tirò un sospiro di sollievo: il travestimento funzionava, dunque! Entrò nell’edificio.
Salendo le scale verso il terzo piano, dove sapeva trovarsi l’ufficio di suo fratello, incontrò Porthos, che usciva per un giro di ronda.
Ecco, pensò, questa è una prova: se non mi riconosce nemmeno Porthos… vuol dire che è fatta!
“Ehi, Aramis! Allora sei tornato! Mi dispiace che abbiate interrotto sul più bello la vacanza…”.
Impostandosi la voce sul tono più basso possibile, Renée rispose: “Non ci pensare, Port! Il dovere è dovere!”,
“Però ti sei beccato un bel mal di gola, a quanto sento! Hai una voce alquanto cavernosa!”,
“Eh, già, proprio così!”, Renée simulò un paio di colpetti di tosse.
L’altro le si avvicinò all’orecchio, dicendole “Cos’è, Fran ti ha fatto stare senza vestiti anche in pista da sci?”, e le strizzò un occhio. Renée finse di ridere.
“Ora devo andare, Ara. Scusami, ma sembra che a Pigalle ci sia una rissa tra ubriachi. Ci vediamo!”, Porthos alzò una mano e si allontanò.
Renée era stupefatta: il suo travestimento era davvero riuscito tanto bene? Se era così, era stata davvero brava!
Riprese a salire le scale, subito interrotta dalla voce di Porthos che proveniva dall’atrio al pian terreno.
“Ah, e prova col paracetamolo!”,
“Per cosa?” Renée si girò,
“Per il mal di gola!”,
“Ah, grazie!” gli sorrise, e riprese a salire le scale.
Raggiunse il terzo piano, infilò il corridoio, e trovò D’Artagnan con in mano una pila di fogli.
“Bentornato, Ara! Tuo zio ti sta aspettando”.
Lo salutò con un sorriso, e si diresse all’ufficio di De Treville.
Bussò; si sentì rispondere “Avanti!” ed entrò, aprendo la porta.
“Zio, che è successo?”,
“Ah, Aramis! Menomale che sei tornato!”,
“Renée, per telefono, mi ha detto che mi cercavi”,
“Infatti. Quell’idiota di un Mansonne sta tornando: la Corte ha deciso di riprendere il processo”.
Il commissario le si era avvicinato.
“Sei più pallido del solito, nipote. Mi dispiace di averti fatto interrompere la tua vacanza, ma… non dirmi che hai guidato tutto il tempo, per di più correndo come un matto!”.
Guidare una macchina! Che idea! Aramis detestava guidare le macchine, vi saliva dentro solo come passeggero; e poi, anche con tutta la buona volontà del mondo, come avrebbe fatto a giungere a Parigi in due ore dai Pirenei?
“No, zio… io e Fran siamo andati in aereo… la sua macchina ci è servita solo per trasportare l’attrezzatura da sci fino all’aeroporto”, era l’unica cosa vera che stava dicendo a suo zio, pensava.
“Però, hai un bel raffreddore!” le disse,
“Già”, rispose lei, pensando a cosa sarebbe successo se, per puro caso, uno degli agenti avesse trovato la macchina di Francine ancora nel garage dell’aeroporto, anziché in quello di casa della ragazza.
“Ad ogni modo, non c’è tempo da perdere! Dobbiamo organizzare la scorta, quello arriva stasera!”,
“Sì, zio. Vado subito”.
Uscendo dall’ufficio, Renée si sentì più tranquilla: se nemmeno lo zio l’aveva riconosciuta, la promozione di Ara era salva.
Entrò nell’ufficio del fratello; lo conosceva abbastanza bene per esservi stata molte volte, e sapeva bene dove erano conservati i vari materiali, così come conosceva alcune strategie di preparazione delle scorte speciali, che Aramis le aveva insegnato per gioco in qualche sera d’estate in cui non avevano niente di meglio da fare.
Meravigliandosi da sé stessa delle proprie capacità, organizzò la scorta; alle nove della mattina successiva, era in auto, in testa alla colonna che andava a prendere l’ambiguo giudice all’Hotel Concorde Lafayette.
Quando gli aprì la portiera per farlo accomodare in macchina, Renée vide il sorriso viscido che le lanciò; e all’improvviso, ricordò ciò che il fratello le aveva detto su quell’individuo, che era falso e corrotto, e probabilmente implicato in tutta la faccenda.

                                           **********

ASSOLTO PER INSUFFICIENZA DI PROVE.
Questo era stato l’incredibile verdetto che Mansonne aveva pronunciato nei confronti dell’ex-sindaco Luigi Capeto.
Tutti erano rimasti senza parole, Renée per prima.
Insieme a D’Artagnan, Athos e Porthos, era uscita dall’aula delle udienze.
“Avete sentito che tracotanza?” fece D’Artagnan,
“Ha azzittito tutti i testimoni!” fece eco Porthos,
“Ma tutte le prove erano contro di lui! Come ha potuto negare l’evidenza?” Athos era soprappensiero,
“Probabilmente ha mascherato le prove” disse Renée,
“Che schifo!!” D’Artagnan era fuori di sé “Ma come avrà fatto? Non è facile avere accesso a quei documenti, neanche per chi frequenta gli archivi del Palazzo di Giustizia: ci sono sempre i nostri colleghi a sorvegliare sulla correttezza”,
“Allora lo ha fatto prima!” ribatté Athos,
“Ma prima, quando?” chiese Porthos.
In quel momento, una lucina si accese nella testa di Renée. Il fratello le aveva raccontato tutta la faccenda, compreso il suo sospetto che Mansonne fosse proprio il prestanome della società fantasma, la “Maschera di Ferro, Inc”: ed ora, anche lei ne era più che convinta!
“Prima… lo ha fatto prima… perché il prestanome è lui! Athos, dov’è ora quel tipo?” disse, voltandosi verso l’amico,
“E’ ancora in camera di consiglio; ne avrà per altre due ore, all’incirca. Perché?”,
“Perché dobbiamo assolutamente vedere le carte che custodisce così gelosamente dentro a quella sua borsa! Dove l’ha lasciata?”,
“In macchina. Ma…”.
Non ebbe il tempo di finire. Renée si era letteralmente fiondata verso il parcheggio, seguita a breve dagli altri.
Aprì lo sportello e prese la borsa di Mansonne, iniziando a frugare tra i fogli; all’improvviso gridò “Eureka!! Ci siamo!”.
Si girò; teneva fra le mani un foglietto ripiegato che recava in un angolo il logo della “Maschera di Ferro, Inc.”: “Sono sicura che qui troveremo molte risposte che cerchiamo!” disse.
I quattro rientrarono nel Palazzo di Giustizia, le facce chine sul foglietto.
Entrarono in una stanza laterale, chiusero la porta e Renée srotolò il foglio su di un tavolino.
Iniziarono a leggere; ad ogni parola in più, i loro volti si facevano sempre più corrucciati, per passare, infine al livido.
“Avete visto? Avevo ragione! Quell’uomo è corrotto! Ci è dentro fino al collo, e queste sono le prove” Renée era fuori di sé,
“Eccolo, l’accordo segreto già firmato!” Athos leggeva, ravviandosi i capelli “Era uno dei loro!” concluse,
“Lo è ancora, a quanto sembra” aggiunse D’Artagnan “E adesso che si fa, Ara?”,
“Senza un mandato, nulla. Per l’intanto, facciamo un paio di copie di questo foglio” Renée indicò una fotocopiatrice in un angolo della stanza “poi chiediamo un mandato di arresto; se tutto va bene, domani Mansonne sarà in cella con i suoi soci!”,
“Perfetto!” fecero gli altri, in coro.

                                         **********
Francine ricadde letteralmente sul letto, sospirando soddisfatta “Mi hai sfinita!!” soffiò in faccia al fidanzato.
Aramis sorrise “Ti sono piaciuto?”. Lei gli si sdraiò addosso, e gli diede un bacio “Non mi sazio mai di te!”, gli disse.
I due si rotolarono nel letto nudi, incuranti del freddo vento nevoso che soffiava fuori della finestra.
Aramis non aveva sbagliato: quella stava davvero riuscendo come una vacanza d’amore, per loro; Francine ne era contenta, ed anche lui.
Per niente al mondo avrebbe voluto interromperla.
“Hai fame?” le chiese “Dopotutto, è l’ora di cena!”,
“Un po’… ci vestiamo e raggiungiamo Angelica e Jeoffrey in sala ristorante?”,
“No, ho un’idea migliore!” Aramis prese la cornetta del telefono “Pronto, servizio in camera? Per favore, può portare due arrosti misti con sformato di verdure al 41? Ah, e non dimentichi un buon vino rosso!”.
Francine rideva “Sei un vulcano!!”,
“E non ti piace?” Aramis mise giù il telefono,
“Però, hai dimenticato il dessert!” gli sussurrò in un orecchio, carezzandogli il viso,
“Vorrà dire che scenderemo a prendere una creme brulée in compagnia di Jeoffrey ed Angelica!” rise lui.
Si baciarono di nuovo, nella luce soffusa filtrata dai paralumi gialli.

                                           **********

“Ecco il mandato, tenente!” , il giovane gendarme faceva il saluto militare a Renée porgendole un documento,
“Bene! Adesso non potrà scappare! Grazie Edmond!”,
“Dovere, tenente!”.
Il ragazzo uscì.
Renée era raggiante: aveva procurata al fratello una superpromozione, e senza fargli interrompere la sua sospirata vacanza sulle nevi! Mandò a chiamare la sua squadra: dovevano recarsi subito all’albergo di Mansonne, per arrestarlo.

Già il giorno precedente, Athos aveva notato che Aramis aveva qualcosa di strano rispetto al solito, ma preso come’era dagli avvenimenti, non aveva approfondito oltre.
Ora, però, mentre attendeva la chiamata del suo tenente per la tanto attesa azione contro il giudice Mansonne, aveva il tempo per riflettere: innanzitutto, la voce dell’amico era più stridula, anche se di poco, e questo non si poteva certamente attribuire al mal di gola che sbandierava di avere (tra l’altro, all’improvviso, perché la notte di Natale sembrava stare benissimo!); poi, le sue movenze erano più agili, quasi feline, e l’uniforme sembrava andargli larga.
Che stava succedendo?
Quel ritorno improvviso, il giorno stesso della sua partenza per la tanto sospirata fuga d’amore, Francine che non faceva una piega ed anzi nemmeno veniva in ufficio… e soprattutto Renée che non si faceva viva con lui da due giorni circa… il cervello di Athos iniziò a fare due più due… Aramis attendeva da tempo una promozione, e Renée adorava letteralmente suo fratello; lui teneva molto tanto alla vacanza che alla promozione, e lei lo sapeva bene… e se fosse… ma no, non poteva essere possibile! Renée era sì coraggiosa, ma non era tanto pazza da fare una cosa simile!
Non poteva essersi sostituita ad Aramis!
In quel mentre, vide arrivare i suoi compagni.

Poco dopo, tutta la squadra, Renée, D’Artagnan, Athos e Porthos stavano entrando nell’atrio dell’albergo, con un passo deciso che faceva capire che il loro non era il solito accompagnamento da scorta.
Camuffando la voce come si era abituata a fare, Renée si avvicinò al bancone e chiese alla concierge di mandare a chiamare il giudice Mansonne; intimidita dal tono grave dell’ufficiale gendarme, quella non se lo fece ripetere.
Pochi minuti dopo, il giudice scendeva le scale che conducevano all’atrio, accompagnato da due uditori, uno dei quali era Costance.
Vedendola, D’Artagnan trasalì.
“Che è tutta questa fretta oggi, tenente?” chiese il giudice,
“Lei è in arresto, Mansonne!” disse Renée in tono deciso “La sua truffa è stata smascherata, infine!”.
L’uomo restò pietrificato e pallidissimo.
“Co… cosa? Ma di che parla, tenente?”,
“Di questo!” Renée estrasse la copia del compromettente documento.
“Dove lo ha preso?” il viso del giudice, da pallido che era, si andava facendo livido per la rabbia,
“Non ha importanza! Quello che conta è che ora il suo piano è smascherato! Non può più nascondersi, né sfuggire! E’ in arresto, Mansonne!”.
Il giudice tremava, le mani chiuse a pugno e la bocca contratta in una smorfia rabbiosa.
“Bastardi…” sibilava “ve ne pentirete!!”.
Renée avanzò di un passo.
L’uomo rimaneva fermo, gli occhi fiammeggianti piantati in quelli di lei.
Inaspettatamente, e con gran spavento generale, Mansonne tirò fuori una pistola “Che nessuno si muova! Tutti fermi!” gridò.
“Non faccia sciocchezze” la voce di Renée era ferma e decisa,
“Ascoltate bene: io ora me ne vado da qui, e voi non mi seguirete! Altrimenti, a piangerne le conseguenze sarà l’ostaggio!”.
Così dicendo, afferrò Costance per un braccio, e se la mise davanti come scudo, puntandole addosso la pistola.
“D’Artagnan! Aiuto!!” gemette la ragazza,
“Amore!” gridò lui, ma non poté fare nulla: la canna dell’arma era troppo, pericolosamente vicina alla testa della ragazza.
“Metta giù quell’arma, Mansonne! Non capisce che così peggiora solo le cose?” Renée sembrava più identica che mai a suo fratello nella fermezza e nel coraggio,
“Nemmeno per idea! Nessuno toccherà i frutti del mio sudato lavoro! E sicuramente, non per colpa delle debolezze di quell’imbecille di un Capeto, che si è fatto cogliere con le mani nel sacco!!”.
Spinse ancora di più la canna dell’arma contro la testa di Costance; lei lacrimava, in silenzio.
Preso dalla sua folle esaltazione, Mansonne non si era accorto che Porthos, che stava in fondo al gruppo dei colleghi, lo aveva aggirato, trovandosi così alle sue spalle; ma non poteva agire, essendo troppo scoperto.
“D’Artagnan…” il pianto di Costance stava diventando una silente supplica rivolta al fidanzato; questi non ci vide più dalla rabbia, e balzò in avanti.
“Lasciala, bastardo!!”.
Immediatamente, l’uomo allontanò la pistola dalla testa della ragazza per puntarla su D’Artagnan che gli si scagliava contro, e fare fuoco.
Ma Aramis, anzi Renée, che aveva approfittato della confusione per tentare di disarmare Mansonne, gli si avvicinò, afferrandogli con forza un polso.
E fu lei a ricevere il colpo destinato a D’Artagnan.
Cadde a terra.
Era successo tutto in pochi attimi.
Mansonne, gli occhi lucidi per la soddisfazione della sua terribile azione, abbassò per un attimo la canna. Un attimo solo di distrazione. Quello che fu sufficiente a Porthos per balzargli addosso da dietro e disarmarlo.
D’Artagnan raggiunse la compagna, che si accasciò tra le sue braccia.
“Amore! E’ tutto finito!!”.
Athos e Porthos si fiondarono su Renée, mentre gli altri gendarmi si occupavano di Mansonne.
La donna era a terra, sanguinante. Athos le si fece sopra.
“Aramis! Aramis, dove ti ha preso? Aramis, rispondi!”.
Ma Renée era priva di sensi: giaceva a terra, mentre intorno alla sua spalla sinistra si allargava una grossa macchia di sangue.
“Athos, presto, levagli l’uniforme! Dobbiamo arrestare l’emorragia! Io intanto faccio chiamare l’ambulanza”.
Con le mani tremanti, Athos aprì i bottoni della divisa del collega… e lanciò un grido rauco.
Porthos gli si avvicinò di nuovo “Cosa c’è?”,
“Lo sapevo… lo sapevo… ma come ho fatto a non capirlo prima?”,
“Renée…” mormorò Porthos, gli occhi tristi e spalancati.
Tra i lembi della camicia, apparivano delle grosse fasce che contenevano, schiacciandolo, il seno della ragazza.

                                                   **********

Aramis e Francine avevano appena finito la loro sciata mattutina assieme ai Peyrac; era una bella mattina di sole, che illuminava una pista gremita di sciatori in abiti colorati.
“Dunque, ho vinto io!” esclamò Angelica, trionfante,
“E’ vero, sei davvero brava!” fece Aramis,
“Sugli sci, mia moglie è imbattibile!”, Jeoffrey se la strinse addosso,
“Perché non andiamo tutti a farci un caffè per festeggiare?” fu la proposta di Francine,
“Ottima idea!” dissero gli altri in coro.
Si avviarono alla terrazza dell’albergo, dove i camerieri del bar stavano servendo gli eccitati clienti del pre-Capodanno; presero posto ed ordinarono.
Poco dopo, un cameriere si avvicinò a Francine, sussurrandole qualcosa nell’orecchio.
“Che c’è?” chiese Aramis,
“Una chiamata per me da Costance”,
“Cos’è, a Parigi hanno nostalgia di noi?” rise il gendarme a riposo, mentre la ragazza si alzava per andare a rispondere.
Aramis ed i Peyrac ripresero le loro conversazioni.
Ma dopo pochi minuti, Francine fece ritorno, pallidissima.
“Aramis…”,
“Che succede, adesso?”, lui si voltò, l’aria allegra di sempre,
“Ecco… vedi… dobbiamo tornare subito a Parigi…”.

Ciao a tutti! Innanzitutto, grazie a tutti per le belle recensioni che sto ricevendo: francamente, non speravo che questa storia potesse riscuotere tutto questo successo. Poi, grazie anche a chi l'ha messa tra le preferite e le seguite.
Adesso, le risposte personali:
Bay: in effetti, Aramis è molto passionale, l'ho fatto somigliare un pò a me; in quanto a Renée ed alla sua idea... che te ne pare?
Ninfea 306: immaginavo che avresti capito quali erano le intenzioni della nostra Renée... avevi intuito la sostituzione?
ShessomaruJunior: ciao e benvenuto!! Grazie mille per avermi messo tra i preferiti. Spero che la storia continui a piacerti.
Lady Lina 77: spero di averti accontentato riguardo alla romance tra D'Artagnan e Costance con la scena drammatica, ma a lieto fine, di questo capitolo; se non ho potuto far di più è solo perché, come avrai capito, i protagonisti della storia non sono loro... Ah, dimenticavo: anche io adoro il periodo Natalizio, lo trovo magico! Ma adoro anche l'estate!!
A presto, al prossimo capitolo: un bacio a tutti!
  
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