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Autore: Regina Oscura    05/02/2010    2 recensioni
Storia all'inizio molto misteriosa, il primo capitolo è piuttosto strano beh...questo per me che scrivo sempre storie comiche. Il protaonista del primo capitolo è un ragazzo piuttosto bizzarro: Aveva lunghi capelli mori legati in una coda che quasi toccava la coscia, una pelle lattea, eterea e così pallida che sembrava non aver mai visto la luce del sole.E gli occhi... Sorpresa!!!leggete e scoprite! *Milli lin* p.s non so, mi sa che ho sbagliato a postarlo in azione, ditemi voi dove spostarlo please ^^
Genere: Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mesi e mesi di ritardo, ma vedete, nella mia testa c’è tutto, sulla carta qualcosa, ma sul pc…nulla.

Il vuoto più desertico, la tristezza più infinita e la pagina bianca che mi fissava austera.

Insomma avevo il blocco delle tecno-scrittrice, se l’avessi potuto scrivere con la macchina da scrivere (sì, come la signora Fletcher) sarebbe stato tutto diverso.

Invece il computer, boh non so, mi da una strana sensazione….vabbè leggete pure o pochi che ne avete il coraggio! ^^ (scusateeeeee >_<)

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Capitolo 21

Caen stava seduto su una sedia di legno torturandosi le mani.

Il mantello, lungo e scuro, lo avvolgeva toccando terra e incorniciando le gambe della sedia, davanti a lui si stagliava un alto e infinito tavolo color ebano illuminato da rade e deboli lanterne.

Sul tavolo una vicina all’altra in ordine millimetrale stavano imponenti gabbie di reti fitte tanto da non vederci traverso ed etichette su cui erano indicate infinite date e altrettanti nomi.

Gabbie per le anime, una lunga, infinita fila di trappole, terribili trappole, che stringevano nelle loro spire milioni di vite.

Legata a una piccola gabbia, proprio davanti a lui, illuminava fredda e imperiosa una fiamma celeste che si agitava bloccata da una sottile catena d’argento.

Una stretta allo stomaco gli impediva di toccarla in qualsiasi modo, era stata parte di Amy, e quasi un pezzo di Josh.

Era stata una ragazza, prima, un essere umano, che aveva provato sentimenti.

Amore. Odio. Felicità. Tristezza.

Era stata viva.

Questi pensieri un tempo non lo sfioravano nemmeno, prima per lui quelle anime erano solo un mezzo, un qualcosa per la Madre, nulla di più.

I loro pensieri, i loro ricordi, anche quando lo attraversavano, per lui erano vuoti, inutili, come se non esistessero.

Anche quando li cancellava e se li vedeva passare tutti davanti come se lui stesso li avesse vissuti, non provava nulla, era esterno a tutto, non capiva l’oppressione che provavano dentro le Gabbie per le anime, non capiva i dolori e le felicità che avevano avuto in vita.

Era forte, molto più forte, ma ora era diverso, ora non era più così.

Una voce lo richiamò alla realtà facendolo sussultare: -Caen, Va tutto bene?Che stai facendo?

Il rosso si voltò, l’espressione scioccata, sentiva di essere come colpevole, non stava eseguendo il suo compito, non stava lavorando.

Aveva gli stessi movimenti di un bambino scoperto mentre ruba la marmellata che non dovrebbe mangiare, mani alzate, occhi sgranati e il volto tirato in una smorfia di paura.

La voce che lo aveva chiamato apparteneva alla figura esile di una donna, infagottata in un mantello color cresimi che mostrava un aderente corpetto nero e degli attillati calzoni dello stesso colore percorsi dalla caviglia al fianco da una cerniera.

I capelli, lunghi, biondi e striati di mesh verdi, le incorniciavano un volto magro e dal mento sfuggente.

-Ah, Irea sei tu…- Caen riprese a respirare, non si ricordava quando aveva smesso.

Lei gli dedicò uno sguardo glaciale e indecifrabile -Devi portare tu le anime ai sacerdoti, la ragazza che lo faceva è stata assegnata alle prigioni.

La donna s'interruppe un attimo, la sua espressione spenta e indecifrabile si accese in un sorriso malizioso -Cosa stavi facendo?

Il rosso cercò di mantenere la calma, nessuna emozione doveva trasparire dalla sua espressione.

-Nulla- sperò che la sua voce non lo tradisse in alcun modo e non tremasse mentre lo diceva.

Irea lo fissò negli occhi e rimase un attimo interdetta -Caen, ma i tuoi occhi…cioè…sono sempre stati così?

Il Depuratore si limitò a fare una breve smorfia contrariata -Certo uno nero e uno azzurro, come i tuoi sono uno azzurro e uno marrone.

Lei continuò a guardarlo negli occhi ancora, non era convinta, era certa che, anche in quella penombra, uno dei suoi occhi fosse grigio, non nero.

Poi improvvisamente fu attratta da altro, alle spalle del ragazzo, e i suoi occhi scrutarono l’anima di Katia che si dimenava nella sua catena -Ma, non hai ancora finito?Ormai è mattina.

-Sì lo so... - si scusò Caen, non poteva dire che non c’è l’avrebbe mai fatta -Lo farò tra poco.

-Ok, ma poi portala con le altre alla Signora, perché tra poco sarà Quel giorno.- sottolineò le parole con enfasi, era un grande avvenimento, anche se era permesso solo ai Sacerdoti di assistervi.

Irea lo salutò -Beh, io vado, tu finisci e porta tutto ai sacerdoti, dovrebbero trovarsi nella biblioteca.

Caen si limitò ad annuire mentre lei se ne andava, sarebbe riuscito a cancellare l’anima di Katia?

Doveva farlo, perché lui era una marionetta e la mano che lo calzava gli diceva di farlo.

 

Josh uscì da scuola sollevato, quasi felice, un giorno, il primo della sua nuova vita, era passato.

Un giorno normale, neutro, un giorno come prima ne erano stati tanti.

Sorrise camminando, sì, dopotutto gli andava bene anche così, tutto poteva ricominciare senza tragedie, senza problemi…

-Josh?- la voce di Amy lo richiamò e lui si voltò sorridendole.

Anche lei rispose al sorriso -Ah allora non sei arrabbiato con me…io dicevo di sì, oggi sei sempre stato scortese, perché?

Josh la fissò in silenzio, perché? Perché mi sembra impossibile che tu sia tornata davvero, perché è successo un disastro e tu non lo sai, perché tutto questo sembra impossibile.

-Perché avevo mal di testa- mentì lui

Amy sorrise e lo superò -Bene, sono felice che non sei arrabbiato con me!

Improvvisamente Josh si voltò indietro e smise di camminare, la ragazza si voltò -Beh? Perché ti fermi?

E poi lo notò, Harry stava arrivano correndo verso di loro e sorrideva rivolto a Josh, questo era troppo strano, com’era possibile?

-Da-da quando siete amici voi due?- balbettò Amy sgranando gli occhi poi continuò con aria investigativa -Cosa avete combinato mentre non c’ero?

I due ragazzi risposero prontamente in coro -Niente di speciale...- .

La ragazza rabbrividì -Ah! Parlate anche in coro! Siete posseduti!- Josh si stufò e la sorpassò indifferente infilandosi le mani in tasca.

-Smetti di parlare a vanvera e cammina, scema…- sibilò continuando a camminare senza voltarsi verso di lei.

-Aspetta!- sbuffò lei correndogli dietro seguita da quello strano e sorridente Harry.

Strano, c’era qualcosa di troppo strano e anormale in tutta quella situazione, perché erano tutti così lunatici?

 

Le immagini lo perforavano, lo dilaniavano strappandogli un lembo per volta, lentamente, per farlo soffrire.

Sentiva il cuore esplodergli, mentre gli batteva frenetico nel petto, immagini su immagini si sommavano formando un’intera vita.

Una lacrima brillò nell’angolo degli occhi chiusi di Caen, il mantello era agitato e gonfiato da un vento invisibile e la fiamma dell’anima di Katia gli danzava rossa tra le dita formando una luce che lo avvolgeva soffocandolo.

La fiamma s'ingrossava agitandosi mentre la sua luce scemava penetrando nelle mani di Caen.

Le immagini gli arrivavano gelide, forti come schiaffi, tristezza infinita, tremenda, lancinante.

Lacrime, una vita senza senso, malattia, morte….

No, no, basta! Caen non resistette più, allargo le mani e la fiamma guizzò via cadendo leggera a terra.

Ormai vuota l’anima si aggrappava alle poche immagini che le rimanevano, non voleva sparire, non voleva dimenticare tutto, non voleva…

Il ragazzo era in ginocchio a terra, i capelli rossi che gli ricadevano davanti agli occhi, un fremito che lo agitava e le mani tremanti, nervose.

Cercava di ricordarsi come faceva prima, come poteva dimenticare così facilmente la vita di una persona?

Si rialzò in piedi e riprese fra le dita l’anima, riusciva a sentirla implorare disperata, aggrapparsi a quelle poche memorie che le rimanevano e fissarlo chiedendogli in silenzio pietà.

Ma lui non poteva fermarsi, terminò velocemente l’incantesimo cercando di non pensare a nulla, di svuotare la mente e lasciar passare quelle ultime immagini velocemente.

L’anima tremò ancora qualche secondo fra le sue mani, poi si accasciò e continuò a bruciare in silenzio, grigia, vuota e ormai morta.

La ripose in una gabbia per le anime e il nome della ragazza apparve sull’etichetta in una grafia dolce e arzigogolata.

-Beh è ora di portarvi dai Sacerdoti- commentò prendendo due gabbie per il manico e chiudendosi la porta dietro.

Camminò solo per quel buio innaturale, in quel luogo regnava eterno come se fosse sempre notte, un’infinita notte senza luna né stelle né finestre per poterle vedere.

Seguì il corridoio quasi correndo, camminando a grandi passi, prima finiva, meglio era, ormai mattina inoltrata.

Guardò l’orologio che portava sempre al polso, erano le sette ormai da parecchi minuti, suo fratello doveva essersi appena svegliato.

Camminò ancora seguendo le porte con lo sguardo, se si ricordava bene, doveva essere una porta di metallo argenteo.

Ed eccola, più piccola e meno vistosa delle altre, di un metallo lucente e brillante sebbene non potesse riflettere alcuna luce se non quella di qualche torcia.

La aprì con una spalla cercando di non fare cadere le gabbie dalle mani.

-È permesso?- chiese appena fu dentro.

Il soffitto non era molto alto e le pareti erano impregnate dall’odore di muffa e di vecchi libri, la calda luce delle fiamme delle troppe torce per un luogo tanto angusto donava all’ambiente ombre di un nero assoluto e luci rosso sangue.

Si guardò attorno, il luogo sembrava deserto, però i sacerdoti spesso erano come ombre invisibili, sottili e malvagi, loro, fedeli servi della Madre, illuminati dalla sua luce più grande.

Così recitavano i testi che parlavano di loro, testi encomiastici che elogiavano le loro lodi e ne narravano le loro gesta.

Tutti i Dominatori erano costretti a leggerne alcuni durante la loro vita.

Aspettò ancora un attimo in silenzio, l’unico suono era il crepitare del fuoco delle torcie.

-Signori Sacerdoti?- ancora nessuna risposta.

–Scusate avrei le gabbie per le anime, dovete …?- incominciò ad avanzare per la stanza a passi cauti guardandosi attorno furtivo, c’era qualcosa di strano in quella situazione.

Prima di riuscire a terminare la frase inciampò in uno scatolone di libri e sbatte contro una libreria che  si trovava davanti a lui.

Il mobile traballò pericolosamente, Caen cercò di tenerla ferma, ma una pila di libri bianchi gli cadde comunque addosso.

Bianchi? Non ricordava dei libri candidi nella libreria Ne raccolse uno, e se lo rigirò fra le dita: un’appariscente croce rossa ne segnava la copertina La libreria eretica!

Ma allora aveva sbagliato, un errore madornale, tremendo, mortale.

Rimise velocemente al loro posto i libri, aveva sbagliato porta, lì era vietato anche solo entrare figuriamoci toccare o, peggio ancora, leggere i tomi proibiti.

Li stava impilando alla rinfusa nel mobile quando un piccolo libro nero attrasse il suo sguardo, Nero?Perché un libro di magia si trova qui?

Lo raccolse, e lo fissò a lungo, sembrava un libro normalissimo, iniziò a sfogliarlo titubante.

Si trattava di un manoscritto, anzi un diario, era riempito di date, schizzi e appunti, la calligrafia era minuta, spesso frettolosa e sporca ma dolce.

Perché si trovava in quella libreria?

Si sedette a terra e sotto la luce color tramonto della torcia iniziò a leggere:

Diario di Sofia giorno uno”

Aveva già sentito quel nome? Incurante delle regole la curiosità lo vinse e si vide trasportato in un mondo a lui proibito, aprendo le porte a un segreto che doveva rimanere tale.

 

Josh tornò a casa esausto, ma in fondo era felice, Amy era con lui no?

Era viva, cosa c’era di più importante di questo?

Non importava che non avesse più i ricordi con lui, non importava che avesse dimenticato tutto.

Eppure, quando finalmente pensava di essere riuscito a dirle chi era veramente, eccoli di nuovo da capo, senza passi in avanti senza nessun ricordo della verità, che vagava nell’oblio delle false memorie create da Caen.

Si sedette sul divano e si ritrovò a fissare il soffitto nero superandolo ed entrando in un mondo tutto suo, un mondo che pareva felice, ma trasudava angoscia.

Perché non era umano?

Il destino gli aveva donato un passato triste e un terribile futuro, se solo quelle menzogne fossero durate per sempre…

Sapeva che era impossibile, impossibile come desiderare di essere umano, impossibile come l’amore tra lui e Amy…

Si coprì gli occhi con le mani, mentre sentiva una tristezza infinita ricadergli addosso pesante e insostenibile per le sue sole spalle.

Avrebbe voluto che qualcuno lo sostenesse con lui, Amy magari, o chissà…

Sentì la manica della camicia sfiorargli la ferita alla spalla destra con leggerezza.

Come stava il tatuaggio?

Non aveva più controllato da tempo.

Iniziò a sbottonarsi la camicia lentamente come se ogni bottone potesse distoglierlo da quei pensieri.

Si tolse la maglia con cautela e si passò una mano sulla ferita: la crosta era leggera come al solito eppure sembrava più ampia, era come se non volesse guarire mai, anzi, pareva peggiorare.

Guardò il tatuaggio, ormai cancellato, né rimaneva solo un angolo a bordo spalla, gli sembrava uno spettacolo devastante, come se tutta la sua vita fosse sempre stata racchiusa in quei sottili segni neri sul suo braccio.

Strano, improvvisamente si sentiva stanco, gli occhi pesavano e il corpo voleva cadere e abbandonarsi.

Le palpebre si chiusero lentamente mentre un nero infinito copriva la luce della stanza.

Una voce suadente e allo stesso tempo metallica e rimbombante gli suonava in testa, un ricordo della sua infanzia, qualcosa che da tempo aveva dimenticato.

Vedeva un volto, un sorriso dolcissimo, delle mani guantate che lo abbracciavano e quella voce che gli sembrava così familiare gli parlò calorosa ma allo stesso tempo fredda, distante

-Non preoccuparti- mormorava la donna stringendolo a se–Andrà tutto bene Josh -

Il suo nome gli risuonava in testa milioni di volte sempre più forte sempre più reale sempre più vicino.

-JOSH!!!- una voce lo risvegliò dal suo sonno facendolo sobbalzare proveniva da sotto la sua finestra.

Il ragazzo si rimise in fretta la camicia e si sporse guardando in basso, Amy lo fissava sorridente agitando la mano –Josh, finalmente! È un sacco di tempo che ti chiamo!Dormivi?

-Emh…sì.

-Come i vecchietti…- commentò lei sorridente –Dai verresti con me al compleanno di Leo? Lo festeggia sta sera!

-Co-cosa??? Ma perché non mi ha avvertito quello scemo?Non ho nemmeno un regalo!

-Dai non ti preoccupare ho io un regalo, gliel’ho daremo insieme ok?

-Arrivo subito Amy!

Josh chiuse la finestra e s’incamminò verso l’armadio, cos’era quello strano sogno?

Eppure per quanto s’impegnasse non riusciva a ricordarsi il volto di quella donna, chi era?La Madre?

Possibile che avesse vissuto con lei quando era piccolo?Non riusciva a ricordare, quando ancora faceva le elementari con Amy aveva deciso di cancellare ogni suo ricordo di quando era piccolo.

E così era successo.

Eppure solo adesso si rendeva conto di quanto gli servivano quei ricordi.

 

Harry camminava per strada perso nei suoi pensieri, si era fermato troppo tempo nei negozi e ormai si era fatto buio.

Il cielo sfumava da un blu cobalto a sfumature rosate e dorate, erano bellissime, le nuvole riflettevano quelle luci colorate e affascinanti come fossero batuffoli di morbido e candido cotone.

Un quadro, un quadro che lui trovava meraviglioso

Riprese a camminare più svelto, era tardissimo, forse sua madre era addirittura arrivata a casa e lo attendeva perché doveva aver già finito di far la spesa almeno da un’ora.

Lei l’aveva chiamato chiedendogli quel favore circa due ore prima, si era distratto pensando che fosse ancora presto ed era andato al parco.

Strinse a se le due borse di cartone che portava in braccio e riprese a camminare verso la meta più in fretta, il buio avanzava velocemente.

Improvvisamente si accorse di aver preso la strada più buia e più isolata per arrivare a casa, accidenti, a quell’ora non era sicuro.

Beh, lui sapeva difendersi.

Continuò a camminare quando un mugolio lo distrasse.

Dopo un attimo di esitazione andò nella direzione da dove proveniva lo strano suono.

I lampioni finivano, la luce era minima, la calda e colorata luce del tramonto illuminava i contorni delle case, case grigie, alte che gli mostravano solo un rettangolo di cielo dorato.

Il mugolio continuava disperato, simile ad un singhiozzo, parole confuse, dette con voce strozzata, come se qualcuno gli impedisse di parlare.

Ma che stava succedendo?

-No…non lo fare…ti prego- era la voce di una donna, poteva essere in pericolo.

Harry cominciò a correre in direzione della voce e allora lo vide.

Tra un misto di orrore e sorpresa vide un uomo che strozzava una ragazza, la teneva sollevata da terra tra le sue dita.

Le braccia dell’uomo erano muscolose e tese dallo spasmo, il castano era dietro di lui, vedeva il volto della donna tirato in una smorfia di dolore, gli occhi chiusi, le mani strette sopra quelle dell’uomo nel vano tentativo di allentare quella presa ferrea.

Uno stupratore? Harry fissò il mantello dell’uomo No, peggio, un Cacciatore.

-Perché non sei stata buona stupida?- disse feroce la voce del Dominatore –Se fossi stata ferma sarebbe stato più facile toglierti l’anima.

La ragazza stava perdendo i sensi e si accasciava morbidamente tra le mani dell’uomo senza più alcuna protesta.

Le braccia che allentavano la presa e le cadevano lungo i fianchi.

Il Cacciatore la lasciò cadere a terra senza alcun riguardo –Finalmente hai ceduto- diede un calcio al corpo inerme di lei –E ora…-

Le sue mani iniziarono a brillare di una luce fredda e potente.

Harry non poteva rimanere lì a guardare, ma se fosse intervenuto, avrebbe sicuramente ucciso l’uomo, sentiva già un odio, una furia ceca crescere dentro di se, il suo occhio sinistro bruciava rosso e insanguinato.

Non poteva resistere, doveva fare qualcosa, ma cosa? Si era ripromesso di non uccidere più nessuno, non voleva…

Eppure, si stritolò le mani in una morsa fino a far diventare le nocche bianche

Fece un passo in avanti e il suo piede destro sbatte contro una bottiglia di plastica che rotolò rumorosamente per la strada.

Il Cacciatore distratto dal rumore si voltò verso di lui, l’incantesimo nelle sue mani si spezzò e si avvicinò a grandi passi verso Harry.

-Ma cosa abbiamo qui?- disse con un ghigno feroce –Uno spione?O un povero sfortunato?

Harry non si fece spaventare e sostenne il suo sguardo con rabbia, il suo occhio sinistro fremeva ma rimaneva grigio, le sue mani non riuscivano a non tremare, ma lui doveva trattenersi.

L’uomo era alto, taurino e vigoroso, la pelle era stranamente olivastra e gli occhi brillavano chiari su quel viso così scuro, un azzurro e l’altro quasi dorato.

-Lasciala stare.- dichiarò il castano con meno sicurezza di quanto pensasse.

Il Dominatore rise beffardo –Abbiamo un coraggioso è? Cosa vorresti farmi uccidermi? Sei proprio uno stupido.

Le mani di Harry si mossero quasi contro la sua volontà, furono veloci,anche troppo, prima che lui potesse anche solo ragionarci avevano aggrappato il collo dell’uomo e lo strinsero con forza.

Una parte del ragazzo voleva dirgli di smettere, ma il suo grido fu coperto dal ruggito della rabbia repressa che provava verso i Cacciatori.

-Con me non si scherza capito?- ringhiò con rabbia –Vuoi provare anche tu quello che ha provato lei?

Il suo occhio si accese insanguinato e violento, fissava con un odio innaturale l’uomo –Assassino che non sei altro sei solo un bastardo-, continuò Harry senza lasciare la presa del collo dell’uomo.

-Tu…tu…- mormorò il Cacciatore con voce strozzata –Sei..un…Predatore?

Un sorriso enigmatico e feroce si dipinse sul volto del castano, ma lasciò il collo del Dominatore che s’inginocchiò a terra tossendo.

-Sappi che non ti ucciso solo per pietà- mentì Harry mentre prendeva in braccio la donna e recuperava le borse della spesa –Se ti rivedrò ancora non so se ti andrà tanto bene.

Il Cacciatore lo guardò con odio, ma non osò muoversi da dove si trovava.

Harry chiuse gli occhi, aveva di nuovo sbagliato, non avrebbe dovuto, per poco non lo aveva ucciso, gli mancava pochissimo.

Era un mostro, lui non era diverso da loro non era nient’altro che un mostro.

 

*Milli Lin*

   
 
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