Quello che nessun lettore ha
mai letto.
« È con
cuore molto pesante che prendo la penna per scrivere queste parole, le ultime
con le quali avrò mai più occasione di ricordare al mondo le straordinarie
capacità che il mio amico Sherlock Holmes possedeva. »
Poi? Com’è che continua? Quali sono le parole da
usare dopo queste? C’è davvero un continuo da scrivere?
Ma certo che c’è Watson! Mi pare evidente! Ah, lei si lascia trasportare
fin troppo dai sentimenti, mio caro Boswell!
Mi sembra di sentire la sua voce, maledetta mente! Come
se ora, voltandomi, fosse al mio fianco, chino sul foglio bianco che mi
appresto a sporcare, curioso di quella strana e – per lui – affascinante indole
che ho di mettere per iscritto lei sue avventurose indagini.
Non sarebbe il momento più opportuno mi dico come
scusa in fondo è passata solo una
settimana… è normale che tu stia così… che non abbia alcuna voglia di… ricordarlo.
Eppure non devo fermarmi, non posso: perché se il
mio cervello non si applica su qualcosa all’ora tornerà sempre lì!
Scrivere, scrivere, concentrarsi sul passato per
dare alla memoria un futuro, qualcosa che gli altri possano leggere per non
dimenticare. Ma che ne sanno gli altri di ciò che si prova? Che ne sanno di
quello che si nasconde dietro le righe di uno scrittore?
Una lacrima, di cui non mi sono accorto, bagna il
foglio schiarendo e sfocando i contorni della parola “cuore”. Mi alzo,
asciugando con rabbia quelle maledette gocce d’acqua salata che senza alcun
pudore continuano a bagnarmi il volto.
Mi avvicino al camino e – appoggiato un braccio
sulla sua mensola – lascio che la testa gli ci scivoli sopra senza più forze,
mentre i nuovi spasmi del pianto fanno tremare il mio petto.
Perché mi chiedo perché
è accaduto tutto questo? Perché non si è fermato pur sapendo il destino a cui
andava incontro? Mio Dio… mi sento di morire…
Il mio respiro comincia a diventare innaturale,
febbrile e la testa comincia a girare. Il braccio su cui sono appoggiato
scivola all’improvviso sotto il troppo peso e riesco a mantenermi in equilibrio
per pura fortuna.
Sprofondo, stanco e assonnato, sulla poltrona –
quella in cui si sedeva sempre lui, constato meccanicamente – e, nonostante la
vista semi-offuscata, scorgo un foglio di carta che ha appena toccato il
pavimento.
Mi sporgo per prenderlo e sono sicuro di fare una
faccia masochisticamente(*) ironica quando mi rendo conto che sono le ultime
parole di Holmes.
Senza possibilità di scampo – non che lo volessi –
gli occhi ripercorrono quelle poche righe.
« Mio caro Watson
Le scrivo queste poche righe grazie alla cortesia del signor Moriarty che
gentilmente aspetta che io abbia terminato prima di discutere circa le
questioni in sospeso fra noi. Mi ha illustrato brevemente il modo in cui ha
evitato la polizia inglese e si è tenuto al corrente dei nostri spostamenti.
Confermandomi così l'altissima opinione che mi ero fatta delle sue capacità.
Sono lieto di pensare che potrò liberare la società da ulteriori effetti della
sua presenza anche se, temo, a un prezzo che addolorerà i miei amici e
specialmente lei, mio caro Watson. Comunque, le ho già spiegato che, in ogni
caso, la mia carriera era arrivata a un punto critico e che nessun'altra
conclusione potrebbe andarmi meglio di questa. Anzi, per dirle tutta la verità,
ero sicurissimo che la lettera da Meiringen non fosse che un trucco e la lasciai andare solo perché ero convinto che
ci sarebbero stati degli sviluppi. Dica all'ispettore Patterson che i documenti
che gli occorrono per mandare in galera tutta la banda, si trovano nel
casellario M, dentro una busta azzurra su cui è scritto «Moriarty». Ho lasciato
precise disposizioni circa i miei averi prima di lasciare Londra, e le ho consegnate a mio fratello Mycroft. La prego di dare i miei saluti alla signora Watson e mi creda, amico
mio,
il suo affezionatissimo»
Sherlock Holmes concludo.
Già: è stato facile per lei scrivere queste parole,
non è così? Dice che quello che sta per accadergli addolorerà i suoi amici e me
in particolare, ma la verità è che lei non sa realmente cosa ha fatto. Quanto
male ha fatto!
Mi accordo di tremare, ma stavolta non di dolore
bensì di rabbia. Rabbia ceca, folle e senza alcuna giustifica, ma forse ancora
più forte proprio per quegli attributi.
«Perché mi ha lasciato solo?!» grido al massimo del
patetico e dell’infantile «Sarebbe stato meglio se Moriarty avesse ucciso anche
me a questo punto, non le pare? Egoista, è sempre stato un egoista! Io… io la
disprezzo!» continuo ormai senza più possibilità di fermare quello sfogo senza
senso «Non solo è andato via, ma mi ha anche tolto l’unica cosa che avrebbe
potuto sostenermi in questi giorni: la vendetta! Ha portato con se anche lui e
ora io… io… non so che fare… non so cosa dire… che pensare…» man mano la mia
voce torna normale e poi diventa un sussurro mentre stringo forte le braccia al
petto travolto da una nuova ondata di quel freddo che sa essere tanto pungente
solo per la forza del dolore.
Ah… Watson… Dopo il dolore c’è sempre la rabbia, tanto forte quanto
insensata: crede davvero che una persona voglia volontariamente lasciare solo
un caro amico?
Ancora una volta la mia mente gioca con me: si
diverte – fredda e irrazionale – a pensare rapidamente le battute che l’ormai
silenzioso Holmes mi direbbe se mi vedesse in un simile stato.
«No… lei non voleva, lo so…» rispondo con la voce di
chi chiede scusa e solo allora mi rendo conto che anche Holmes avrà sofferto,
intuendo – come solo sui sa fare –
ciò che avrei provato alla scoperta della sua dipartita.
«Maledizione! Non c’è via d’uscita!» grido
stringendo forte gli occhi.
Sbaglia, mio caro Boswell: c’è sempre una via d’uscita. Basta reagire e
mi creda: la vendetta non le avrebbe fatto bene… e poi non si addice per nulla
a un gentiluomo quale è lei.
Ha ragione: obbiettivamente parlando – e mi chiedo
come faccia in un momento simile ad esserlo – la vendetta sarebbe stata la cosa
più nociva da fare e la sua fine sarebbe stata anche la mia.
Consuma il cuore dell’uomo con una velocità impressionante e quando ci
lascia andare non abbiamo più nulla…
Ma io ora cos’ho? Nulla! Nulla! E allora sarebbe stato
finanche liberatorio trovare fine con la vendetta, essere in pace con se stessi
e sentirsi liberi.
Non è in pace con stesso, mio caro Watson?
Scuoto la testa: no, no che non sono in pace! Non lo
sono affatto! Perché avrei potuto fare qualcosa in più e forse anche evitare
questo destino se solo…
…se solo glielo avessi permesso?Oh, io sono sicurissimo di questo; ma non
pensa che sia stata proprio tale sicurezza a fare in modo che io non la
mettessi in condizioni di essermi d’aiuto? In fondo sono egoista, l’ha detto lei e ho preferito che fosse lei a soffrire ed io a morire,
piuttosto che il contrario: perché dalla sofferenza ci si può rialzare, ma non
mi è ancora giunta notizia di qualcuno che sia stato liberato dalla fredda
stretta della Morte.
Illuminante e saggio come al solito… e sensibile, di una sensibilità che
raramente ha mostrato, ma che io ho sempre saputo nel suo cuore.
Alzo lo guardo e scorgo su un tavolino poco distante
da me la scatola in cui Holmes teneva le sue dosi di cocaina. Chissà se con
quella troverei la pace…
Non una pace eterna – mi affretto a continuare –
solo il tempo necessario per riprendermi, per consentirmi di rialzare la testa
e scorgere ancora la luce del Sole.
Ecco un’altra cosa che non lei si addice minimamente.
Sorrido, rapido, scoprendo che, nonostante le sue parole, non ho mai preso realmente
in considerazione quell’ipotesi: ho sempre odiato quella roba e ciò che è
accaduto non cambierà di certo lo stato delle cose.
Ecco il mio Watson! Di sani e indistruttibili principi! Ora si rialzi,
presto! Torni allo scrittoio e riprenda in mano quella penna!
Mi alzo quasi d’istinto, obbedendo a quell’ordine e
mi siedo sulla sedia, di fronte a quel foglio, con una lucidità di cui non mi
credevo capace. Non mi serve la vendetta, non è quella che mi avrebbe appagato;
da ora in poi sarebbero stati i ricordi, tutti i ricordi impressi sui miei
taccuini e nella mia mente a darmi la forza e – perché no – la gioia di
continuare a vivere.
« È con
cuore molto pesante che prendo la penna per scrivere queste parole, le ultime
con le quali avrò mai più occasione di ricordare al mondo le straordinarie
capacità che il mio amico Sherlock Holmes possedeva. »
Stavolta però è un sorriso ad illuminare la parola
“cuore”, mentre le lettere che cominciano a riempire la carta sono accompagnate
da un sottofondo musicale.
Holmes ha ripreso in mano il suo violino ed ora
l’archetto fa vibrare con potenza le note nella stanza in penombra… note che mi
accompagneranno per tutta la vita, indissolubili.
NOTE DELL’AUTRICE
(*) So che non è un termine molto… “carino” e suona
davvero male, ma non sono riuscita a trovare nulla che avesse la stessa forza…
^^’’’ Scusate…
Salve! Prima che qualcuno mi mandi a quel paese col
supporto di pomodori ed uova marce ci tenevo semplicemente a dire che non so
per quale motivo ho scritto questa One-Shot davvero… demenziale?
Patetica?... insomma trovate voi il termine – in negativo – che possa qualificarla…
Da alcuni giorni mi sono letteralmente fissata con
Sherlock Holmes e le ff che sono in questa sezione… e sto letteralmente
impazzendo nell’attesa di comprare “Tutto Sherlock Holmes” *.*
A tale motivo chiedo venia se ciò che ho scritto non
corrisponde alla realtà raccontata nei libri… sono ignorante in materia ^^’’’
abbiate pazienza.
In ogni caso l’istinto mi ha detto di gettar giù
queste parole e non ho potuto dirgli di no.
Spero di non aver infangato troppo la reputazione di
Holmes e Watson e degli autori e delle autrici di questa sezione… in caso
contrario chiedo ancora scusa.
Ringrazio anticipatamente tutti coloro che
leggeranno questa ff e in particolare quelli che recensiranno o la metteranno
fra le preferite (sarebbe un vero miracolo *.*). Inoltre ci tengo a dire grazie
soprattutto a Bellis e Bebbe5 che mi hanno dato il giusto
slancio per provare a scrivere qualcosa si Holmes/Watson.
Baci…
Vostra Alchimista!