Due
giorni dopo a Camelot giunse una notizia che fece
distrarre i due dai loro sentimenti verso l’altro: era stato ‘avvistato’ un
probabile Stregone sulla via per la città, a pochi chilometri di distanza.
Uther,
ovviamente, chiamò tutti nella Sala del Trono per discutere della questione: vi
erano presenti anche Gaius, medico di corte nonché
tutore di Merlino, e quest’ultimo, appoggiato ad una colonna semi-nascosto dal
medico; Uther decretò che per qualche giorno, fino a
che il pericolo non fosse stato scampato, nessun commerciante sarebbe entrato a
Camelot, fuorché quelli conosciuti e fidati. E non si
dimenticò di ricordare a tutti i presenti quanto la Magia fosse malvagia.
La riunione durava
oramai da quasi un’ora, quando Merlino, stanco di quei discorsi su quanto la
Magia procurava soltanto male, alzò gli occhi al cielo sospirando e,
riabbassandoli lentamente, incontrò due occhi azzurro mare che lo
guardavano...con dolcezza? Merlino avvampò di colpo a quello sguardo così
dolce, e sorrise abbassando la testa.
Perché quello sguardo tanto dolce? Non mi aveva mai guardato
così…che Artù… No, non
penso proprio! Eppure…
Ad Artù, nonostante la
distanza, non sfuggì quel rossore improvviso sul viso del suo servo, e
anch’egli sorrise.
Merlino, Merlino. Se avessi il coraggio di farlo, mi alzerei
da questa sedia, attraverserei tutta la Sala, e ti bacerei qui davanti a
tutti... Diamine, quanto mi piaci quando arrossisci!
“E con questo la nostra
riunione straordinaria si conclude qua. Andate, e fate attenzione! Non si sa
quali terribili trucchi possano usare per entrare a Camelot.
E grazie a tutti voi per esser venuti. Artù.”
“Sì, padre.”
“Voglio che organizzi
dei turni di guardia attorno al castello. Recupera più uomini possibili. E
chiedi anche a Merlino. Mi sembra un ragazzo abbastanza sveglio, ed è molto
fedele a Camelot.”
Artù sorrise. Sì, il
suo Merlino era decisamente un tipetto sveglio!
“Come volete, padre.”,
s’inchinò al Re, “Sono lieto che il mio servo sia di vostro gradimento.”
Uther
sorrise.
“Sembra un bravo ragazzo.
E inoltre ti è molto fedele.”
“Sì, lo è. Entrambe le
cose.”
“Forse...”, disse al
figlio mentre usciva, “Qualche volta lo prenderò in prestito.”
Artù si fermò di colpo.
Immediatamente il cuore
si riempì di rabbia. Rabbia...e gelosia. Perché Merlino era SUO, era SOLO SUO.
Di nessun’altro. Non lo avrebbe mai ceduto a nessuno, mai e poi mai. Nemmeno a
suo padre. Al Re.
Sorrise senza neanche
voltarsi.
“Mi dispiace, padre. Ma
non credo sarà possibile.”, e uscì.
Quella notte, Merlino
avrebbe dovuto fare la guardia appena fuori dall’enorme cancello della città di
Camelot.
“Merlino?”
“Sì, Gaius?”
“Mi raccomando, fa
attenzione. E...cerca di non pensare troppo ad Artù.”
Naturalmente, Gaius era stata la prima persona (e l’unica) a cui Merlino
aveva parlato di ciò che gli aveva detto il Grande Drago, e anche di ciò che
provava. Il vecchio medico era scoppiato a ridere dicendo che alle volte il
mondo era proprio folle!, ma poi era tornato serio, dicendo che la cosa era più
che prevedibile: non gli erano certo sfuggiti gli sguardi dolci e pieni d’amore
che Merlino aveva quando Artù gli era vicino, né i battiti accelerati di
Merlino ogni qualvolta che Artù lo sfiorava o gli posava semplicemente la mano
sulla spalla in segno di affetto.
“Beh...” sospirò lui
“Mi sarà un po’ difficile non pensare a lui, se durante la notte non succede
niente... Ne avrò di tempo per pensare!”
Gaius
ridacchiò, poi lo lasciò andare al castello, dove Merlino entrò soltanto per
controllare che tutto fosse a posto.
In cielo c’era una meravigliosa
luna.
Mentre usciva dal
portone, un paio di occhi azzurro mare lo stavano osservando dall’alto, da una
finestra appena illuminata. Artù rise, non appena vide Merlino rischiare
d’inciampare in una catasta di fieno lasciata poco più in là del portone.
Sei veramente un impiastro, Merlino! Ma sei un impiastro
adorabile.
Artù Pendragon tornò stranamente serio, e sospirò. Aveva preso
una decisione. Sistemò la spada alla cinta, e indossò la solita giacchetta
rossa, dopodiché uscì dalla sua stanza percorrendo i corridoi silenziosi,
facendo cenni di approvazione quando trovava una guardia appostata, sulla sua
strada.
Arrivato fuori dal
portone, prese un bel respiro e si avviò verso il cancello dove sapeva che,
poco più in là, avrebbe trovato Merlino in attesa di un qualcosa che potesse
succedere. Pronto a difendere Camelot.
Merlino in effetti era
lì, accanto a un fuoco acceso, girandoci intorno ed aspettando chissà che cosa.
Sospirò guardando in alto, pensando che quella notte il chiaro di luna era
veramente uno spettacolo! E a quanto avrebbe voluto condividere quell’attimo
romantico con lui.
“Dannato silenzio! Non
può succedere qualche cosa?? Perlomeno la smetto di pensare a…”
“Parli anche da solo?
Allora ho ragione, sei proprio un idiota.”
Merlino si fermò,
sorridendo ma mantenendo quella facciata di difesa che aveva ogni qualvolta
Artù decideva di fare lo sbruffone, e di prenderlo in giro. Il suo cuore mancò
di un battito, però, sentendo che, dopo giorni che non lo offendeva più con
tale tono, lo aveva fatto di nuovo…
“Ehm...mi scusi,
Sire.”, disse abbassando il capo.
Non voleva che Artù
vedesse i suoi occhi riempirsi di lacrime.
Artù, sei un vero stupido! Proprio non potevi trattenerti
dal dargli dell’idiota, vero?? Quando sai perfettamente che è tutto il
contrario. Avanti, scusati! Scusati con lui, e digli quello che sei venuto a
dirgli!
“Merlino, mi...”
Un rumore gli fermò le
parole in gola: sembrava provenire da un corridoio sotterraneo del castello.
Artù fece cenno a Merlino d’aver sentito qualcosa, e i due corsero allora verso
quel corridoio, videro un’ombra scura allontanarsi e allora affrettarono la
corsa, ma quando sbucarono dove c’erano le scale che portavano nei corridoi
principali del castello, non c’era nessuno. Artù si avvicinò alla parete
davanti a lui, e dalla porta vide allontanarsi una guardia.
“Era soltanto una delle
guardie”, disse tornando indietro.
Merlino, con lo sguardo
perso nei lineamenti perfetti della schiena di Artù, si risvegliò dalla strana
trance in cui era, e annuì voltando lo sguardo dall’altra parte.
“A-ah. Bene. Niente di
cui preoccuparsi, quindi.”
Dei, che cosa posso fare ora? Stare qui, da solo, con Artù,
non va affatto bene! No no…proprio non va bene…
“Merlino?”
Il giovane, immerso nei
suoi pensieri, cercando una via di scampo da quell’isolamento in cui erano
finiti, non sentì la voce di Artù che cercava le sue attenzioni. Il principe lo
chiamò tre volte, finché poi non sbottò.
“Servo idiota??”
Una fitta al cuore
colpì Merlino. Lo aveva fatto di nuovo, Artù aveva ripreso a chiamarlo così,
con quel tono derisorio che sapeva come ferirti, che sapeva come spezzarti il
cuore... Ma per Merlino era abbastanza, non poteva più starsene zitto
aspettando la prossima fitta che avrebbe fatto sanguinare il suo cuore.
Il suo cuore stava già
soffrendo a sufficienza!
“Sì..asino reale?”
Artù lo guardò
stralunato.
“Scusa, come..mi hai
chiamato?”
Fatti coraggio, Merlino.
“Avete compreso
benissimo, Sire. Asino reale.”
Artù si fece scuro in
viso, e con tono minaccioso gli puntò contro il dito.
“Ritira subito quello
che hai detto.”
Merlino stava per
ribattere a tono quando, in fondo agli occhi di Artù, dietro a quella patina di
minaccia e rabbia che inondava i suoi occhi, vide una cosa che non si
aspettava: dolore. Artù si sentiva ferito. Il cuore gli si strinse in una morsa
di rimorso, e di dolore stesso. Se il cuore del principe stava soffrendo, anche
il suo era destinato a soffrire.
“O-ok.
Mi dispiace, Sire.”
Ma ormai non posso tirarmi indietro: il dado è tratto. Devo
assolutamente fargli capire quanto mi faccia male sentirmi chiamare “idiota”.
“Ma...”
“Basta così. Penso che
non ci siano rischi, stanotte. Puoi andartene a dormire, Merlino. E non ti
provare a chiamarmi più così, sono stato chiaro? Fino a prova contraria, non
sono io l’idio...”
“ZITTO!”, urlò Merlino.
Artù stava per reagire,
il suo orgoglio reale avrebbe preso il sopravvento ancora una volta, contro la
volontà del suo cuore di chiedere scusa a Merlino per averlo chiamato in quel
modo per tre volte quella sera. Ma quando vide gli occhi del giovane colmi di
lacrime, pronte a scendere lungo il suo viso, il suo cuore si strinse in una
morsa peggiore del ghiaccio.
“Merlino...”
Il moro oramai non
poteva più impedire alle sue lacrime di uscire dagli occhi, perché non poteva
impedire al suo cuore di sanguinare per le continue ferite che il principe
provocava quando lo feriva, o lo offendeva.
“Vi prego...non ditelo
più...smettetela di chiamarmi idiota, vi supplico! Non lo vedete quanto mi
faccia star..male sentirmi chiamare così da
voi? Non riuscite a capire...che il mio cuore sanguina ogni,singola volta che..mi recate offesa con qualche nomignolo
derisorio? Oppure ogni volta che mi prendete in giro?”
La morsa attorno al
cuore del biondo strinse ancora di più. Non poteva vedere le lacrime rigare il
viso perfetto del suo Merlino. Non poteva sopportare di avergli fatto così
tanto male.
Artù Pendragon, sei un... Smettila
di fingere! Smettila! Devi trattarlo come merita. E Merlino merita solamente
parole belle. Parole dolci. Parole d’Amore.
“Merlino, io...”
“Artù, vi
scongiuro...se state per prendervi gioco di me, se state per ridere di me...vi
scongiuro, prima fatemi andare via. Non potrei sopportare di vedervi ridere di
me..o di ascoltare altre parole di derisione dette da voi...”
Artù non pensò due
volte a quello che stava per fare: si avvicinò con uno scatto al suo servo, che
indietreggiò per timore, e lo abbracciò. Lo strinse forte a sé, non
gl’importava se era un principe, non gli interessava minimamente che le guardie
potevano vedere cosa succedeva. L’unica cosa che gli importava, era stringere
Merlino forte a sé, carezzargli dolcemente i capelli, lasciandoci sopra un bacio
altrettanto dolce. Dopodiché staccarsi un pochino, e asciugargli le lacrime con
le sue mani.
“Perdonami, Merlino.
Perdonami se ti ho ferito, se ti ho offeso, e se..il tuo cuore ha sanguinato
più di una volta per colpa mia. Non piangere, te ne prego. Non sopporto che il
tuo viso si bagni di lacrime.”
Non sta succedendo veramente...voglio dire, non... Artù è un
principe! E raramente si scusa per ciò che fa o dice! Ma adesso si è scusato.
Mi ha chiesto perdono... O Artù...
Merlino si sforzò di
sorridere.
“Mio Signore, non è
vostra la colpa. Devo essere io a
chiedere perdono per il mio disdicevole comportamento.”
A malincuore si staccò
dal biondo, asciugando l’ultima lacrima rimasta sul viso, sapendo benissimo che
in poco tempo nuove lacrime sarebbero sgorgate dai suoi occhi. Ma lo avrebbero
fatto lontano da Artù.
“Merlino, non...”
Merlino fece un inchino
profondo al Principe, riuscendo con grande difficoltà a trattenere le ulteriori
lacrime che volevano uscire prepotentemente dai suoi occhi.
“Mi perdoni, Sire Artù.
Perdoni la mia insolenza, e la mia...sfrontatezza. Le giuro che non accadrà
più. Se volete chiamarmi..” una fitta al cuore lo bloccò per due secondi “Se
volete chiamarmi ‘idiota’, è vostro diritto farlo. In quanto vostro umile
servo, non ho nessun diritto di…”
“SMETTILA!”
Il grido, sebbene
piuttosto soffocato, di Artù, gli bloccò le parole in bocca. E il suo cuore fu
trapassato da un’ennesima fitta non appena vide due lacrime sgorgare dagli
occhi del biondo.
No...no Artù, non piangere...ti prego, non piangere!
“Sire, la prego..la
prego, non pianga...se vi ho arrecato offesa in qualche modo, allora io...”
“Merlino, finiscila!”,
lo guardò, “Non lo capisci? Non capisci che è soltanto una maschera? Io non
penso che tu sia un idiota, Merlino. Anzi, penso tutto il contrario.
Ma...finora mi è servito per mascherare i miei sentimenti..per te...”
Il cuore di Merlino
fece un enorme balzo nel petto.
“I..suoi..”
“Io ti amo, Merlino. Ti
amo dalla prima volta che ho visto i tuoi occhi. C’è qualcosa, nel tuo sguardo,
che mi ha..catturato. Non volevo credere a ciò che provavo ogni volta che eri
con me, e a quello che sentivo quando non c’eri. Non riuscivo a comprendere. Ma
ora so..di amarti. E so che adesso mi odierai..e che ti allontanerai da me..ma io…”
Merlino sentì le
lacrime sgorgare di nuovo, ma stavolta
erano lacrime diverse, erano pure lacrime di gioia. Si avvicinò di un passo.
“Artù. Io non potrei
mai odiarvi. Né potrei mai allontanarmi da voi! Starvi lontano è come se mi
squarciassero il petto, e mi strappassero il cuore... Vi amo, Artù. Vi amo dal
primo giorno in cui vi ho visto allenarvi, in piazza. Amo tutto quanto di
voi...e non riesco a pensare ad altro che a voi!”
È un sogno. Lo è sicuramente. Perché è impossibile che
Merlino mi abbia appena detto che mi ama. Non è possibile...
Artù chiuse gli occhi,
e per un secondo le gambe gli tremarono. Prontamente Merlino si fiondò su di
lui, sostenendolo.
“Artù! State male?”
No. Non poteva essere
soltanto un sogno. Perché il tono di voce preoccupato di Merlino, aveva
lasciato trasparire qualcosa di diverso dall’odio o dal disgusto. Qualche cosa
di più della semplice amicizia. Amore.
“Merlino.”
Artù si riprese quasi
subito, prese il viso del giovane davanti a lui fra le mani, e posò le labbra
sopra le sue. Un bacio casto, ma intenso. Poi, lentamente, chiese l’accesso che
non gli fu negato, e le loro lingue presero a danzare insieme, come se non
avessero fatto altro da vent’anni a quella parte! Il bacio si fece più intenso,
senza però essere violento. C’era passione. C’era amore, un grande amore.
Quell’amore che provi una sola volta nella vita, e che non ti lascia più.
Il bacio terminò dopo
cinque, lunghi minuti. I due sorrisero, fronte contro fronte, e risero di
felicità per esser finalmente riusciti a trovarsi. A lasciar liberi quei
sentimenti che li stavano logorando da troppo tempo.
“Sire…”
“Artù. Puoi darmi del
tu, Merlino. Nessuno lo troverà strano.”
Merlino sorrise felice.
“Artù, ti amo. Ti amerò
sempre. Sempre e soltanto te.”
Artù sorrise, dandogli
un bacio lieve, e poi lo guardò.
“Per me è lo stesso,
Merlino.”
E se ne andarono così,
per la mano, Artù riaccompagnò Merlino alla sua dimora, e rientrò felice come
una pasqua nel castello.