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Autore: Herm and Gin    13/07/2005    10 recensioni
Questa storia è nata in un modo che voi neppure potete credere se ve lo dicessi, stavo leggendo un libro nuovo che avevo appena comprato e ho letto la parola nave, allora mi è venuta questa brillante idea... le coppie sono Draco/Ginny, Harry/Hermione e poi ci sono altre coppie dove sono coinvolti nuovi personaggi... il tutto si svolge in una splendida crociera tra le onde dell'oceano, e i nostri ragazzi ne combineranno davvero di tutti i colori, poi chissà che non si innamorino e che nasca qualche incomprensioncina... ok non dico più niente, leggete per favvore, ci terrei molto a leggere i vostri splendidi commenti, grazie baci By Gin
Genere: Avventura, Malinconico, Mistero, Romantico, Suspence, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Arthur, Weasley, Bill, Weasley, Blaise, Zabini, Cedric, Diggory, Cho, Chang, Draco, Malfoy, George, e, Fred, Weasley, Ginny, Weasley, Harry, Potter, Hermione, Granger, Lucius, Malfoy, Luna, Lovegood, Molly, Weasley, Narcissa, Malfoy, Nuovo, personagg
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Love cruise
The voice of silence…
Capitolo 1°

La superficie piatta, del mare che bagnava le coste del porto, quel pomeriggio caldo ed afoso, esprimeva al meglio l’aria di felicità ed allegria che ricopriva l’animo di tutte le persone che affollavano il luogo molto vasto. I caldi e luminosi raggi del sole colpivano l’immensa distesa azzurra, creando un gioco di colori armonioso e piacevole. Neppure se Edward Munch ci avesse provato, probabilmente sarebbe riuscito ad esprimere, nella raffigurazione di quello spettacolo sulla tela, le stesse emozioni che trasferiva nell’animo umano visto dal vivo. Con tutto il rispetto per questo grandissimo artista espressionista noto come il pittore dell’ansia e dell’inquietudine, trasmettere le stesse emozioni di uno spettacolo come quello visto dal vivo, attraverso la raffigurazione di esso su tela, non è facile, e neppure per un artista come Munch o Van Ghogh. In nessun quadro possiamo credere di provare le stesse emozioni che invece ci farebbe provare quella determinata immagine vista dal vivo, perché bisognerebbe raffigurare tutte le caratteristiche, anche le più insignificanti, come se stessimo creando una fotografia di quel momento, e fare questo non è di certo facile. Comunque sia, quel bellissimo gioco di colori sembrava non fosse preso in considerazione da nessuno di tutti i presenti nel porto, impegnati invece a salutare parenti ed amici ed a caricare i bagagli e le valigie varie sulla bellissima nave da crociera. Finalmente era arrivato il momento in cui si salutavano tutti i conoscenti, gli amici ed i parenti stessi, e ci si avventurava per ben tre mesi, ovvero per tutto il periodo estivo, in una bellissima crociera all’ultima onda o anche all’ultimo nodo. Quell’anno la nave da crociera scelta era incredibile e meravigliosa nella sua grandiosa imponenza che le dava un’aria quasi regale. Probabilmente nessuno si era accorto di lei, come nessuno si era accorto della bellezza del mare quel pomeriggio. Tutta di un lucido e resistente legno molto scuro, che le regalava eleganza e disinvoltura, quasi fosse una donna, agitata dalle piccole onde del mare create dal suo consistente peso. Era molto sviluppata in lunghezza, e nella prua, proprio nella parte più estrema della nave, spiccava la figura di una sirena, dai lunghi capelli ondeggianti e la coda raffigurata come se si stesse realmente agitando nel movimento tipico delle fantastiche sirene quando nuotano negli abissi più profondi dell’oceano. In questa descrizione qualche ignaro lettore che non conosce la figura di una sirena potrebbe pensare che ella fosse vera ed in carne ed ossa appesa alla prua della nave, ed invece no, era una scultura, una bellissima e reale scultura che raffigurava uno dei personaggi più importanti descritto soprattutto nell’Odissea di Omero, quando queste bellissime creature cercano di ammaliare con il loro dolce canto Ulisse. Sembrava una di quelle antiche navi usate molto tempo addietro, e a prima vista nessuno avrebbe pensato che nella parte interna fosse stata ristrutturata e messa completamente a nuovo, riuscendo ad ospitare ristoranti, piccoli negozi e quant’altro servisse ai passeggeri in modo da passare una splendida crociera alla ricerca di un po’ di pace e tranquillità tra le profondità blu e trasparenti dell’oceano. Un vero capolavoro dell’arte insomma, e chissà quanto avrebbe pagato chi riconosceva il vero valore di quel gioiello del mare, anche solo per osservarlo dietro una trasparente e luminosa lastra di vetro blindato. Si sa però, che spesso gli uomini compiono atti stupidi e guidati solo dalla voglia di poter commercializzare, e l’atto di usare quel bellissimo pezzo antico era uno di essi. Questo voleva dire che nessuno era riuscito a percepire il vero valore di quella nave. Nonostante la tensione e la felicità per l’imminente partenza, che possiamo pensare sia la causa per cui ancora nessuno si era soffermato a guardare il mare calmo e sereno, un ragazzo fermo proprio al margine del porto dove la vista del mare era più agevolata, ammirava lo spettacolo che gli si stendeva davanti. Era elegante nella sua rigida e composta postura, avvolto da una camicia dal tessuto fresco e leggero con le maniche leggermente risvoltate e un paio di jeans stretti a vita bassa. Un alone di mistero lo circondava, come se fosse diverso da tutti gli altri. Al giorno d’oggi, è misterioso chi differisce per i modi di fare ed il carattere o per il fisico, e lui era tutto questo. Forse, per quanto riguarda il fisico no, dato che i suoi pettorali e le sue braccia, che si intravedevano attraverso l’apertura della camicia ed il risvolto abile delle maniche, erano muscolosi come quelli di tutti i ragazzi della sua età, ma per quanto riguardava il carattere, era completamente diverso. Ed era ritenuto diverso non perché le persone che lo circondavano lo conoscevano anche nel profondo del suo essere, dato che era difficile riuscire a dialogare con lui anche per i suoi stessi genitori, ma per il modo in cui si comportava. Sempre solo con se stesso, non amava stare con i suoi coetanei, in un certo senso si riteneva migliore, e riteneva il comportamento che anche lui avrebbe dovuto avere per essere ritenuto un ragazzo normale, da ragazzini stupidi. Non aveva amici, solo una sorella con cui qualche volta parlava, anche se mai glielo aveva detto, lui la voleva molto bene, sentimento che sapeva di essere corrisposto appieno. Nonostante questo, non conosceva l’amore e non sapeva neppure cosa fosse quel sentimento noto a tutti come affetto che provava verso la sorella, supponeva che fosse qualcosa di bello, ma niente di più. Era freddo come il marmo, anzi, pensandoci era molto più freddo del marmo, era freddo come l’aria di gennaio del polo nord, era freddo come l’acqua del mare che cullava con una dolce ninnananna la nave da crociera, era freddo come la terra bagnata da una pioggia invernale. Ed era più misterioso del buio e del mistero stesso. E chi non definirebbe un ragazzo di 17 anni, che invece di inseguire le sue coetanee insegue semplicemente la via del vento che sposta una leggera porzione d’acqua del mare creando un’onda che risplende alla luce dei fievoli raggi calorosi del sole creando un bellissimo gioco di colori, strano? Qualcuno avrebbe potuto definirlo come un eremita senza una via precisa e delineata da seguire, un ragazzo pieno di segreti mai svelati. E se precedentemente si è detto che il suo fisico era come quello di tutti i suoi coetanei, bisognerebbe ricredersi. La pelle che ricopriva i suoi muscoli scolpiti nella roccia era bianca, bianca come il latte, anzi, ripensandoci su, il latte ha un colore più scuro rispetto alla sua pelle quasi diafana. Sembrava che il sole non avesse mai avuto occasione di poter accarezzare la sua pelle, eppure in quel momento era proprio quello che stava facendo con il suo volto e le sue braccia scoperte. In un certo senso, l’unica risposta ad un quesito così apparentemente irrisolvibile, era che la sua pelle sembrava non riuscisse a bruciarsi, nemmeno ad arrossarsi leggermente, nonostante stesse a continuo contatto con il sole. Era come se il sole fosse suo nemico, in continua lotta contro di lui. Eppure i suoi capelli luminosi di un biondo apparentemente ossigenato ma in verità completamente naturale smentivano tutto. Come poteva essere che un ragazzo con dei capelli luminosi come i raggi del sole potesse in verità essere suo nemico? In verità in quel momento nessuno se lo stava chiedendo, dato che tutti erano impegnati a salire sulla nave. Ed infine, c’erano i suoi occhi, due gemme di ghiaccio che fino a quel momento mai avevano avuto modo di sciogliersi, per l’incredibile freddo che caratterizzava il suo animo. Apparentemente potevano sembrare grigi, certo, chiunque veda un ragazzo dagli occhi grigi ha sempre fatto degli apprezzamenti come “Che bel ragazzo” o “Che begl’occhi che hai” o ancora “Che sguardo intenso”, ma solo chi prestava molta attenzione al suo sguardo, o almeno chi riusciva a farlo senza rimanere ammaliato, capiva che il grigio era solo uno dei tanti riflessi che caratterizzava le sue iridi ghiacciate e magnetiche. Potevano sembrare grigi, e magari il giorno dopo avevano acquisito una lieve tonalità d’azzurro forte, intenso. Probabilmente chi lo osservava arrivava alla conclusione che portava delle lenti colorate ogni giorno differenti, usava strati su strati di crema protettiva per proteggere la pelle e farla rimanere completamente bianca e si colorava i capelli. Mai vista persona del genere, eppure la gente comune la pensava così sicuramente. Continuò ad ammirare il mare per lungo tempo, ed esso colpito dalla luce rossa del sole che stava ormai per tramontare sembrò quasi stesse arrossendo per tanta attenzione. Nonostante i passeggeri stessero cominciando a salire sulla nave, lui rimase egualmente fermo dove si trovava ormai da quasi un’ora, noncurante che avesse potuto rischiare di non partire, anche perché in verità, lui non aveva nessuna intenzione di farlo. Era stato convinto dai suoi genitori dopo numerose preghiere da parte loro, che volevano solo aiutarlo a liberarsi da quella monotonia e freddezza che lo avvolgeva. Ma il punto della questione era che lui non voleva liberarsi di se stesso, viveva bene con ciò che era e come era, e diede il suo assenso per il viaggio solo per far smettere i genitori di rincorrerlo ovunque lui andasse senza lasciarlo un attimo in pace. Mentre lui continuava ad ammirare il mare, sua sorella che si trovava proprio sulla scaletta, nel bel mezzo di una miriade di persone che non facevano altro che spingerla impazienti di partire al più presto, lo vide che non dava nessun segno di sbrigarsi a raggiungerla, ed allora pensò bene di provare a districarsi da tutte quelle persone che la soffocavano e di raggiungerlo. I lunghi capelli castano/biondo le ondeggiavano sulle spalle mentre correva verso il ragazzo, adagiandosi dolcemente alla forma del vento che si insinuava tra di loro e tra le pieghe della sua gonna verde che le arrivava sei centimetri circa sopra il ginocchio, mentre evidenziava le sue forme picchiettando sulla sua maglietta a maniche corte, argentata, facendogliela aderire al corpo come per prendere tutte le più piccole caratteristiche di esso. I suoi occhi color nocciola erano puntati sul corpo del fratello, come per accertarsi che non fuggisse da un momento all’altro. Quando finalmente lo riuscì a raggiungere, non riuscì a credere di poter ancora riuscire a reggere il fiatone che l’accompagnava ed il suo corpo attraverso le sue gambe, che in quel momento le sembravano incredibilmente molli e pronte a cedere da un momento all’altro, e così poggiò le mani alle ginocchia per riuscire a riprendersi restando in quella posizione fin quando non ebbe recuperato tutto il suo ossigeno. Il ragazzo, nonostante avesse ancora lo sguardo ed il pensiero rivolto verso il bellissimo tramonto di quel pomeriggio, percepì la presenza della sorella, ma non si voltò a guardarla, aspettò semplicemente, come faceva sempre, che lei lo interpellasse, non cominciava mai un discorso lui, anche perché non amava parlare, per lui erano più importanti i fatti che le parole insignificanti che escono dalla bocca dell’essere umano senza che il cervello le comandi.
“Draco, vuoi muoverti da qui e salire insieme a me sulla nave oppure preferisci rimanere a guardare tu solo sai cosa?” lo incitò Cloe, la sorella, con un sorrisetto sardonico in volto, le mani incrociate al petto ed il peso del corpo spostato su una gamba. Era questo il loro moderno modo di parlare, e se qualcuno li avesse sentiti di sicuro non avrebbe definito questo, “modo di parlare”, ma lo avrebbe definito più battibecco tipico di sorella/fratello. Eppure c’era un qualcosa di affettuoso in quel modo di fare, in quelle parole, in quei gesti, c’era affetto, ma dimostrato in modo molto implicito, quasi come facevano i poeti ermetici nelle loro poesie per esprimere i propri sentimenti, poche parole ma essenziali. Il supposto Draco si voltò verso la ragazza, inarcò il sopracciglio e rispose anch’egli con lo stesso sorrisetto riservatogli dalla sorella.
“Cos’è questo veleno che mi sta raggiungendo dalla tua direzione?”
“Tu che dici?”
“Io dico che non è neppure la metà di quello che sai fare quando ti metti con tutte le tue forze!”
“E se ti dicessi che sei un brutto furetto platinato senza cervello ed hai la pelle da femminuccia la tua opinione sul mio “veleno” cambierebbe?”
“Mh… fammi un po’ pensare… NO, credo proprio di no, non supererai mai il sottoscritto!” le rispose il biondino, avvicinandosi alla ragazza e bloccandosi proprio vicino a lei.
“Allora, vuoi muoverti da qui e salire insieme a me sulla nave oppure preferisci rimanere a guardare tu solo sai cosa?” le disse con un sorriso canzonatorio dipinto in volto.
“Come vuoi… ” gli disse prendendolo a braccetto e cominciando a dirigersi a passo sostenuto verso la nave “comunque sei un cretino!”.

*


Ormai il sole era quasi totalmente tramontato, lasciando dei suoi caldi e luminosi raggi solo qualche striatura rossiccia che andava ad alternarsi con il colore azzurro scuro del celo creando un’armoniosa mescolanza di colori. Sicuramente sarebbe stato molto positivo per i passeggeri poter assistere a quel tramonto, soprattutto perché se non avesse calmato la loro eccitazione per la partenza, almeno li avrebbe rassicurati che il giorno successivo sarebbe stato bel tempo, dato che la prima cosa a cui si da molta importanza durante un viaggio in mare è lo stato della temperatura, dei venti ed altri gerghi marinareschi incomprensibili. Peccato che proprio quando la natura ci da la possibilità di poter assistere ad uno spettacolo come quello, noi non cogliamo mai l’occasione al volo, questo perché secondo le persone presenti sulla nave, era sicuramente più importante andare nella propria camera e vestirsi per la cena anziché stare fuori a vedere il celo che può essere osservato in qualsiasi altra ora del giorno. Ignoranti, stupide persone ignoranti che si atteggiano ad essere nobili quando non apprezzano le cose più belle della vita come poter assistere al tramonto del sole o al suo risveglio o a qualsiasi altra cosa la natura ci offra. Forse è un po’ esagerato dire così, ma se l’argomento di cui si sta parlando è drammatico di certo non si può renderlo allegro! Comunque sia, ormai tutti i passeggeri erano sulla nave, nelle loro camere ben arredate ed eleganti a sistemare le valigie, mentre l’imbarcazione aveva cominciato a solcare il mare già da un bel po’ di tempo. Peccato che gli unici consapevoli del fatto che ormai si era completamente lontani da terra e quindi in balia delle onde e che se qualcuno avesse avuto l’intelligente idea di voler tornare a casa avrebbe dovuto fare un bel tratto di mare a nuoto con il rischio di imbattersi in uno squalo o qualche altro pesce pericoloso, erano solo gli addetti alla sala macchine, costretti a dover perennemente tenere sotto controllo le condizioni metereologiche e del mare, che noi conosciamo come fonte di allegria e pura bellezza, ma che in verità può causare più danni di quanti si potrebbe immaginare. Eppure, nonostante gli uomini siano consapevoli dei pericoli che può causare questa apparente distesa d’acqua calma che sprigiona pace e tranquillità, continuano a sfidarla ed a cercare di solcare le sue onde, continuano a cercare di imprigionarla in mille modi differenti, dall’uso delle dighe, all’invenzione dei battelli, dei velieri, dei sommergibili e dei ponti. Nessuno aveva ancora scoperto però, che imprigionare l’acqua è come voler frenare una forza inimmaginabile, pari alla forza centrifuga o all’attrito presente nei conduttori di elettricità; in un certo senso la si potrebbe paragonare alla forza dell’amore se fosse astratta e poco comprensibile come esso. E sinceramente la finale del match tra uomo ed acqua sicuramente dichiarerebbe la vittoria della materia liquida e cristallina, come ce ne hanno dato prova i numerosi straripamenti dei fiumi che soprattutto gli egiziani cercavano di trattenere nelle loro “culle”, ovvero nei loro letti. Sta di fatto, che ormai il sole non era più la caratteristica principale del celo, in quanto aveva appena deciso di fare un tranquillo bagno nelle profondità tenebrose e scure dell’oceano, e l’ora di cena si stava avvicinando a passo esorbitante. Camerieri in ritardo intenti a correre per raggiungere le cucine e donne delle pulizie affaccendate a riporre negli sgabuzzini che si trovavano a distanza di cinque metri l’uno dall’altro nel corridoio principale, cominciavano già a notare i primi passeggeri che si dirigevano ridendo e scherzando verso la sala da pranzo della nave. Probabilmente la fame accecante espressa al meglio dal borbottare continuo della loro pancia li aveva convinti ad uscire dalle loro camere per poter sopravvivere, non tanto per non “morire di fame”, ma soprattutto per poter fare la crociera e per non perdere i loro soldi. Che idiozia. Che stupidaggine. Che assoluta stupida idiozia! I pochi presenti nella sala da pranzo, quando entrarono in quello stupendo spazio circolare rimasero a bocca aperta per lo stupore. Probabilmente da quel giorno avrebbero fatto più attenzione al tramonto, questo perché la bellezza di quel luogo aveva risvegliato le loro menti quasi irreparabilmente annebbiate. O forse no. O forse tutto sarebbe continuato ad andare avanti come sempre, con un bel sole rosso fuoco destinato a sprofondare nell’oceano in completa solitudine. O forse sarebbe stato accompagnato dagli occhi di ghiaccio di un bel biondino che avrebbe cercato di rimediare la sua solitudine accompagnando ipoteticamente il sole nel suo letto. Chi lo sa, per ora l’unica cosa indubbia era che la sala in pochi minuti si era riempita zeppa di persone, probabilmente l’attacco di fame acuta si era rivelato essere un’epidemia che non dava scampo a nessuno, neppure al più temerario dei temerari. Si potevano individuare dappertutto persone impegnate a cercare un tavolo libero, chi lo aveva già trovato e parlava animatamente con il proprio compagno vicino, camerieri che sfrecciavano ad una velocità esorbitante per poter soddisfare tutte le esigenze, anche le più impossibili, dei passeggeri, e ragazzi che cercavano di districarsi dall’abbraccio dei propri genitori che non facevano altro che presentare i propri figlioli ai presenti. A proposito di ragazzi, figli e figlioli, quell’anno stranamente il numero dei giovani che accompagnavano i genitori era notevolmente salito, anzi, probabilmente quella era la prima volta che partecipavano persone minori di 50 anni alla crociera. Così, colpito da chissà quale idea geniale, un cameriere autorizzato decise di preparare un tavolo riservato unicamente ai ragazzi, in modo da non obbligarli a dover passare una intera serata ad ascoltare le stupide conversazioni dei propri genitori. Si chiamava Jack, il cameriere intendiamoci, era un ragazzo di all’incirca 20 anni appena compiuti, abbastanza alto ma non di certo un grattacelo, con un taglio di capelli sbarazzino e un viso molto simile ad un uovo di pasqua incartato. Portava con finta eleganza uno smoking nero ma si poteva notare la sua sbadataggine proprio dal nodo del cravattino, che più che una cravatta, sembrava un cappio per affogarsi così com’era legato. Evidentemente non aveva avuto la possibilità di chiedere a nessuno di essere aiutato nell’ardua impresa. I ragazzi gliene furono grati quando ad uno ad uno andò a chiamarli allontanandoli dai propri genitori, mentre questi ultimi probabilmente lo avrebbero fulminato con il solo sguardo se solo non fossero stati più impegnati a parlare tra di loro. In tutto, quando presero posto ognuno alla rispettiva sedia, i presenti erano 32, e nessuno avrebbe creduto che quelli fossero ragazzi, nel senso che nessuno avrebbe creduto che potessero rimanere in silenzio come facevano in quel momento. Alcuni imbarazzati prestavano molta attenzione all’elegante tovagliato, altri mostravano un particolare interesse mai scoperto prima di allora per il rivestimento in legno pregiato del pavimento e altri ancora mostravano un’aria sbruffona e sfacciata osservando tutti i minimi particolari di chi li circondava. Due ragazzi invece, stavano per conto loro, con uno sguardo freddo come il marmo greco poggiato con eleganza sul proprio piatto di fine porcellana tenendo le braccia incrociate e lo sguardo fisso. Draco e Cloe Malfoy. La prima portata fu servita al loro tavolo dopo all’incirca 15 minuti di puro e insano silenzio, e da allora la tristezza del silenzio si ruppe. Questo perché intelligentemente qualcuno aveva pensato di inventare le posate con un materiale che vibrando produceva rumore. Incredibile, incredibile come tutti, nessuno escluso di quelli presenti a quel tavolo desiderasse con tutto il cuore allontanarsi dai propri genitori per divertirsi… e invece? Ma certo, invece tutti pensavano fosse meglio dare il via ad un concertino posate-sinfonico anziché fare vibrare le proprie e naturali corde vocali. Imbarazzo mescolato a noia si aggirava per il grande spazio circolare insinuandosi tra i più strani pensieri dei ragazzi, una miscela del tutto esplosiva se mescolata al freddo polare del cuore di ghiaccio di uno in particolare di loro. E stranamente come attirata da una potente calamita, la miscela esplosiva immaginaria raggiunse proprio il diretto interessato. Si alzò dal proprio posto senza causare alcun rumore, sembrava che i suoi movimenti fossero leggeri e senza peso, e con un piccolo cenno salutò cordialmente tutti uscendo a grandi falcate dalla sala da pranzo, lasciando sbigottita la sorella. Fu da allora, non si sa per quale motivo, che i ragazzi cominciarono a dialogare. Ovviamente non parlarono molto, ma abbastanza per potersi conoscere. Era come se l’inquietudine e l’ansia di quel ragazzo avesse contagiato chiunque gli stesse attorno, abbandonandoli proprio nel momento in cui la causa di tutto quello aveva intelligentemente pensato di abbandonare il tavolo. Un alone di mistero lo circondava, come una fitta nebbia che faceva si che nessuno riuscisse a penetrare nei suoi più segreti sentimenti. Segreti mai svelati, ma dei quali forse un giorno qualcuno ne sarebbe venuto a conoscenza. O forse no.

**
Stava sulla passerella affacciato da una ringhiera in ferro, da ormai un ora, e si stupiva mentalmente di come ancora non si fosse annoiato così tanto da andarsene nella propria stanza. Forse lo faceva per non incontrare più nessuno, in modo da non dover dare spiegazioni per il suo strano comportamento. In effetti si era allontanato dal tavolo senza dire una parola, e nessuno era sicuro avesse interpretato quel gesto come irrefrenabile voglia di stare da solo con se stesso, più che altro avrebbero sicuramente pensato che fosse un pazzo. Ed in un certo senso evitava pure la sorella, sapeva che anche usando frecciatine velenose, avrebbe di certo chiesto spiegazioni, spiegazioni che lui non si sentiva in dovere di dare. Per un attimo constatò l’ipotesi di dormire sul ponte. Ok, l’aria era un po’ troppo fresca e sicuramente di notte la velocità sarebbe aumentata facendo aumentare la percentuale che un conato di vomito lo avvolgesse, ma per lui era meglio allagare il ponte che dover rientrare nella stanza che condivideva con la sorella, consapevole delle domande che gli avrebbe sicuramente posto e di cui avrebbe sicuramente preteso una risposta esauriente. A volte si chiedeva come faceva a sopportare il suo comportamento, non lo sapeva, sapeva solo che per metà dei discorsi che lei gli faceva lui non capiva neppure un ‘ “h”. Ma pensandoci perché poi doveva dare tutte queste spiegazioni? Lui non voleva? E allora gli altri dovevano attenersi alle regole. Potevano definirlo ragazzo borioso e pieno di se, fatto sta che quello che lui diceva era legge da dover rispettare indipendentemente da chiunque. Peccato che non aveva ancora un corpo di polizia personale che punisse i trasgressori, altrimenti chissà quante volte la sorella sarebbe stata rinchiusa dietro delle grosse e robuste sbarre di ferro arrugginito nel tempo. Rise al pensiero della sorella costretta a pane e acqua senza nessuno svago a parte contare tutte le parti arrugginite del ferro constatando il suo invecchiamento. Comunque sia da un po’ di minuti, abbiamo detto, il biondino si era concentrato sull’aspetto di quella sera. La luna, con la sua fioca luce illuminava tutto ciò che intralciasse il suo cammino, compreso il ponte e lo stesso ragazzo. Creava un contrasto con l’oscurità del mare e del celo non indifferente e abbagliava anche lo sguardo di ghiaccio del ragazzo. Peccato che ancora non fosse riuscita a scioglierlo, ma chi ci sarebbe mai riuscito del resto? Le leggere e quasi inesistenti increspature del mare si alternavano con la luminosità quasi abbagliante e talvolta inesistente dei raggi lunari, creando un balletto ininterrotto, senza fine, ma anche senza inizio. Le stelle che si riflettevano nell’immensità tenebrosa dell’oceano davano un po’ di colore alla tela immensa blu scuro, e il tutto sarebbe parso un quadro se solo chi, provando a toccarlo, non fosse annegato. Poi, proprio quando il ragazzo era assorto con tutto il suo animo nella vista di quel bellissimo spettacolo, sentì un secondo respiro accompagnare il suo. Cercò di comprendere come potesse la sua sola bocca emettere due suoni diversi, quando voltandosi alla sua destra trovò accanto una ragazza. Era bella, molto bella, anzi… ok, diciamo che per un attimo le orbite avevano abbandonato gli occhi del ragazzo, era bellissima. Una parte delle gambe magre e lunghe era coperta da una gonna liscia giallo intenso, con ai piedi dei sandali bianchi come la maglietta che le copriva il seno florido e il ventre magro e perfetto. I suoi boccoli color rame le ricadevano dolcemente sulle spalle, dei quali una parte contornavano il suo petto. Il biondo si riprese velocemente voltandosi verso il chiaro di luna di quella sera e cercando di dimenticare la vista di poco prima. Era una bella ragazza, ma pur sempre una di quelle che parlavano sempre dei trucchi che compravano e dei vari tonici che usavano. Poi, quando sentì un leggero bruciore al collo, si voltò e con suo grande stupore la trovò a fissarlo. I loro sguardi si incatenarono, sembrava fossero nati per stare a stretto contatto. Gli occhi azzurro intenso della ragazza lo lasciarono leggermente spiazzato, e la cosa non fu da meno per lei, che rimase allibita nel vedere il grigio metallizzato e freddo di quelli del biondino. Poté riconoscere un leggero rossore sulle sue gote, ma non ebbe il tempo materiale di osservarla in quanto lei voltò subito lo sguardo imbarazzata per essere stata scoperta in un atteggiamento così stupido e infantile. Rimasero lì per molto tempo, ognuno accompagnato solo dalla presenza dell’altro. Draco si stupì molto di come riusciva a stare con lei nel modo completamente opposto in cui non riusciva a farlo con nessun altra. Di solito anche il solo loro respiro lo faceva mandare in bestia ma con quella sconosciuta no, era come se tentasse di trattenere il respiro per non dargli fastidio, per farlo stare a proprio agio e non allontanarlo da se. Mi vuoi vicino? Era questa la domanda che si era chiesto un secondo prima di darsi mentalmente dello stupido. Certo che no che non lo voleva vicino, semplicemente stava ammirando come pochi ormai facevano il chiaro di luna, non centrava niente la sua presenza o meno. Proprio pochi minuti prima aveva pensato di andarsene a letto, ma ora quella presenza era come se lo invitasse a restare ancora. Era come essere accompagnati dalla voce del suo silenzio, una voce armoniosa e melodica per le sue orecchie. Si diede dell’idiota mentalmente mentre continuava ad ammirare il mare. Per un momento, solo per un piccolo momento la sua patina di indifferenza e freddezza era caduta, era stata demolita dallo sguardo intenso di quella, a parer suo, oca starnazzante. Nessuno aveva il diritto di osservarlo senza il suo permesso, tanto meno quella… quella… non aveva un aggettivo per definirla appieno, e così terminò la sua frase mentale con la semplice parola “quella”. Da quel momento il Draco Malfoy di sempre tornò all’attacco. Stranamente, anche se lui stesso non se ne accorgeva, o forse si, il suo carattere era molto vario. Era come se riuscisse ad essere cento mila persone contemporaneamente, e gli altri se ne accorgevano, era questo il motivo per cui lo reputavano strano. Indossava una maschera davanti agli altri? No, lui non indossava una maschera, semplicemente sceglieva una delle sue tante personalità da sfoggiare. Qualcuno lo aveva definito lunatico, altri pazzo, ma non era niente di tutto questo, era un ragazzo che differentemente dagli altri riusciva a vivere serenamente solo con le piccole cose e non entrando in un negozio di Valentino o Armani o chicchèssia.

Una bella ragazza, dai boccoli rame era appena uscita dal portone della sala da pranzo, dirigendosi lentamente verso la passerella. Le stava scoppiando la testa e sicuramente rimanere in quel caos non le avrebbe fatto bene come prendere una boccata d’aria fresca al chiaro di luna. Successivamente però, si accorse che la boccata d’aria fresca non era propria fresca, cioè spiegandosi meglio, la boccata d’aria fresca era congelata. E lei, che aveva avuto la brillante idea di uscire con indosso solo una magliettina, ne stava subendo le conseguenze. Quando raggiunse il ponte si soffermò sulla figura che le si stagliava davanti. Stranamente a tavola non lo aveva neppure visto, e per un momento constatò l’ipotesi che fosse diventata ceca. Le parve molto strano trovare un ragazzo di quell’età ad ammirare il mare. Suo fratello ad esempio era dentro che si divertiva con gli altri, e ci aveva già provato con ben tre ragazze fino a quando lei si era alzata con una banale scusa uscendo dalla sala. Gli si avvicinò un po’ di più cercando di essere il più lenta possibile e non intaccare con la sua finta eleganza la sua concentrazione. Era senz’altro uno strano ragazzo, ma era senz’altro uno stupendo ragazzo. I capelli biondissimi si muovevano leggermente al ritmo del “fresco” venticello, dei quali una piccola parte andavano ad offuscargli la vista accarezzandogli la fronte e le gote, la pelle diafana sembrava quasi luminosa, come la luce della luna di quella sera, e la sua compostezza ed anche si può dire la sua freddezza nello sguardo che intravide la ammaliavano. Solo in quel momento poi si accorse di essere accanto a lui poggiata sulla ringhiera ad osservarlo. E solo in quel momento si accorse di avere lo sguardo incatenato a quello intenso e magnetico del biondino. Voltò il viso dandosi della stupida mentre lo vide portare nuovamente il viso verso il chiaro di luna. Stupida! Fu quello che si ripeté per almeno dieci minuti di seguito, fino a quando non notò che lui era rimasto esattamente dove si trovava da chissà quanto tempo. Chi sei straniero? Era la domanda che si ripeté mentalmente. Nonostante la sua testa stesse scoppiando la presenza di quel ragazzo sembrava la stesse aiutando nell’ardua impresa di calmarsi dopo il battibecco avuto con il fratello in sala da pranzo. Era come essere accompagnati dalla voce del suo silenzio, una voce apparentemente fredda distante, ma che sembrava avesse qualcos’altro che lei non riusciva a capire cosa fosse. Erano così tante le frasi mai dette da quella voce silenziosa che lei non riusciva ad apprendere pienamente tutto il significato di quelle parole. Probabilmente non avrebbe mai capito cos’è che aleggiava nella mente di quel ragazzo strano, o forse si, o forse non lo avrebbe mai più rincontrato.
  
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