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Autore: Himechan    07/02/2010    5 recensioni
Il ricordo di un uomo, in un'alba di febbraio. Nel giorno più dolce e amaro dell'anno.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Scorpion Milo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non so come sia uscita questa breve shot. So solo che leggevo Foscolo, oggi era il compleanno del signore dei ghiacci, e la mia mente malata (sì ho una mente malata quando si tratta dei Gold -.-“) ha “partorito”in un lampo questa storia. Milo voleva tanto che facessi gli auguri all’acquarietto anche da parte sua, visto che non gli è stato possibile farglieli di persona.
Non chiedetemi da dove spunta la foto che ho inserito… l’ho trovata gironzolando nel web, e quando l’ho vista, dato che non è una fan art, ho pensato “Cavolo ma mi sono persa qualcosa???” Invece ho scoperto che non era una censura ma un sublime fotomontaggio (sigh…)tratto dall’anime… Non sono meravigliosi questi due??
Per chi se lo chiedesse il titolo è ispirato all’omonima canzone che potete ascoltare qui (e che letteralmente in italiano significa Il lamento della collina)…per me questa è la colonna sonora di Milo e Camus…
Semplicemente.

Vi auguro Buona lettura.
 Hime


                  
                              Complainte de la butte



                                                                                                     




Celeste è questa corrispondenza d'amorosi sensi...

Ugo Foscolo, Dei Sepolcri









  Ho freddo

Orribilmente.

Il gelo mi pervade le ossa, come piccole stille pungenti, s’insinua sotto la pelle ruvida rivestita dalla lucente armatura, e mi fa rabbrividire.
Tremo per il freddo, e non solo.
L’armatura dal rovente soffio di giustizia non riesce a riscaldarmi abbastanza dal gelo che ho nel cuore. Se fosse solo il freddo naturale di questa alba di febbraio a torturarmi dolcemente potrei anche sopportarlo; invece è l’inverno del mio cuore che mi dilania e mi tormenta, senza che il mio cosmo protettivo possa far nulla per placarlo.
Cammino a passo lento, con l’incedere di chi nasconde un peso nel cuore, fino ad arrivare al luogo che da troppo tempo contemplo senza vederlo, e lì mi prostro, piegandomi su un ginocchio, gli occhi fissi su qualcosa…

Qualcosa…

Voglio illudermi, come ormai faccio da troppo tempo.
Il ghiaccio brucia, lentamente, lasciandomi inerme, debole, svuotato.
Mi manca il fiato e il respiro è lento, irregolare.
Credo d’impazzire, e vorrei addormentarmi in questo preciso istante: forse riuscirei, nel buio a ritrovare quegli occhi nobili e severi, distanti, quello sguardo altero e indecifrabile.
Il vento di febbraio sferza come fuoco che brucia il mio viso arrossato: non so se le lacrime che mi accecano siano per il freddo pungente che soffia dal mare, o per il gelo che serbo nel cuore.
Forse entrambi.
Non so.
Vorrei solamente che dal mare tornassi tu, mi basterebbe solo una tua parola, un tuo ultimo sorriso. So che non succederà. Non ti ho mai visto sorridere, in fondo.
Non mi è stato nemmeno permesso guardarti un’ultima volta, prima che colui che avevi istruito alla nobile arte dei ghiacci rivolgesse su di te il tuo stesso colpo.
Il più potente e distruttivo.
Prima che entrambi vi annientaste a vicenda.
Non avresti mai voluto che l’allievo superasse il Maestro: non l’avresti mai permesso, tu, che ti sei sempre considerato superiore e distante a tutti i cavalieri dello zodiaco celeste.
Persino a me, che ti ho sempre ammirato con tacito e silenzioso rispetto.

E amato con devozione.

Al tocco leggero delle mie dita sottili, la gelida lastra di marmo mi ricorda perfettamente il motivo per cui sono arrivato sin quassù, salutandoti un’altra volta. E un’altra ancora.
Lo faccio spesso da quando sei tornato nell’Elisio dei Cavalieri, sai?

E non mi sembra mai abbastanza.
Avessi potuto farlo davvero, prima che lasciassi per sempre il tuo corpo statuario e perfetto. Prima che l’astro più luminoso della tua costellazione declinasse con te e il tuo destino. Impossibile tornare indietro. Impossibile commettere di nuovo gli errori del passato. Impossibile pensare che proprio io, Milo di Scorpio, custode integerrimo e implacabile dell’Ottava Casa, ho lasciato in vita il tuo assassino.
Impossibile tornare…a te

-Salve, Milo…- una voce, alle mie spalle, mi fa sussultare leggermente, così riprendo subito il controllo delle mie sensazioni e di nuovo sul volto ritorna quello sguardo impassibile, e anche un po’ sprezzante.

Che istrionico scorpione…

Mi rimetto in piedi, ergendomi in tutta la mia imponente statura e mi giro a fissare il mio interlocutore.
-E tu…cosa ci fai qui?- chiedo lievemente infastidito e sorpreso, inarcando un sopracciglio.
Non sopporto che qualcuno intraveda un cedimento, una debolezza, una fessura nella corazza splendente.
Men che meno…
Lui…
Il ragazzino biondo mi guarda con deferenza: si tortura nervosamente le mani, spostando il peso del corpo da un piede all’altro.
E sembra piuttosto a disagio davanti alla mia presenza imponente.
Forse non credeva di trovarmi lì.
Ora.
-Passavo di qui…Oggi è…il sette febbraio, sai- dice in un soffio come se avesse perfettamente capito il motivo per cui mi trovavo lì.
-Uhm…già…- rispondo io, voltandomi di nuovo e fissando il mare agitato di fronte a me.
 I capelli lunghi scompigliati dal vento.
Sento quasi la carezza implacabile di Aquarius su di me, a calmare nell’animo quella sensazione inquieta, non voluta…
Fastidiosa.
Calmati Scorpio. Placa la tua ira.
Vorrei scacciare quel pensiero, ma non ci riesco. Lui è proprio dietro di me.
Avverto la sua presenza. La presenza di colui che levò il braccio verso di te, e ti vinse.
-Magari…Posso…Passare, ecco…Fra un po’…-
E’ imbarazzato il cigno dalle lunghe ali, sembra quasi aver perso la sicurezza di chi è padrone dei ghiacci eterni. Le gote gli si imporporano leggermente: e in quel momento dimostra pienamente di essere il bambino che è.

Un bambino di bronzo che vinse un cavaliere d’oro.

-No. Non importa. Stavo andando via- rispondo seccamente dandogli sempre le spalle. –Resta pure…-

Me ne vado io…

In fondo perché continuo a mentire a me stesso? So che non potrò più avere sul mio viso quella carezza della sera, quegli occhi belli e gelidi fissi nei miei, quel soffio caldo sul mio collo. So che non ci sei, eppure il solo pensiero mi tormenta e mi agghiaccia. Sento che solo davanti il gelido marmo ci sia quasi una piccola parte di te. Per questo avverto un leggerissimo tepore nel rimpianto più grande che serbo nel cuore. Non vorrei mai staccarmi da quella pietra fredda…Mai… Perché è come se tu ci fossi di nuovo, e io potessi parlarti ancora, e ancora, e ancora…
E in quel lamento, lì dove riposi, sulla collina dei Giusti, caduti troppo presto, come fiore reciso brutalmente dalla terra, c’è il mio cuore che sanguina, straziato dal colpo mortale di cento e più cuspidi.
E Antares, la stella più luminosa della costellazione celeste di Scorpio, non può nulla per colmare il vuoto che esplode in me: perire o diventare folli è il destino recato a chi viene trafitto dal colpo più potente di uno scorpione pazzo e disperato.
Come vorrei rivolgere quella cuspide su me! Forse la morte riuscirebbe a lenire il mio commiato da questa vita senza scopo…
Senza scopo…
Se non fosse per la nostra dea…
Che uomo debole Milo…Tu Cavaliere dell’Ottava Casa, temuto e rispettato da tutti, credi davvero di poterti permettere una simile scelta?
No.
Non puoi.
E la lucente corazza di fregi ammantata non può che nascondere quell’illusione e quell’inganno che troppo spesso hai serbato nel cuore.
Sento che sei tu stesso a parlarmi. E in quel momento, mentre i miei occhi si riflettono in quelli blu dell’allievo che superò il Maestro, capisco una cosa… La più importante forse…
E’ vero.
 Oh com’è dannatamente vero!
Il dolore ha un colore… Il colore del distacco improvviso, il colore immacolato dei ghiacci in cui e per cui sei vissuto, il colore dei baci mai dati, il colore dei tuoi occhi d’acciaio, il colore di non averti potuto stringere tra le braccia mentre il caldo soffio della vita spirava via lontano… il colore del mare agitato in un inverno senza sogni e senza gioia.
Il primo senza di te.
Il primo e l’infinito. Come uno dei tanti sette febbraio di questa effimera esistenza.
Non hai mai sopportato i festeggiamenti, né i regali, né chi ti ricordava che invecchiando un’eroe perde tutta la sua aura di miticità.
Bhè il mito del custode dei ghiacci eterni non è perduto, risiede in te, e in te riposa.
E io, che in questa alba gelida e indifferente alle mie lacrime, mi perdo e mi conforto, non posso che sussurrare solamente, tremando…


Joieux anniversaire, mon ami…





                                                        Fine
   
 
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