Fanfic su artisti musicali > Green Day
Segui la storia  |       
Autore: ShopaHolic    07/02/2010    2 recensioni
Estate 2009. Dopo quattro anni dall’uscita di American Idiot, i Green Day sono tornati con un nuovo album, e il tour è finalmente alle porte. Ma se le cose non andassero esattamente come erano state previste? Se un improvviso imprevisto li costringesse a rimandare la partenza, e la cosa avesse ripercussioni serie sull'animo di Billie Joe Armstrong? E se fosse l'incontro fortuito con una curiosa ragazza dal nome evocativo e dal passato misterioso, totalmente estranea al suo mondo, a portare scompiglio nella vita di tutti?
Dal capitolo 20:
«Mi rendo perfettamente conto che è sbagliato, e che è un errore essere qui adesso. Ed è anche rischioso, considerando l’accanimento mediatico che c’è su di te ultimamente, ma ci sono persone che si sono sacrificate tanto, per me, affinché io fossi felice, e pur sapendo che queste persone non approverebbero mai quello che sto facendo, io sento che è quello che voglio. Io voglio sentirmi viva e felice. E non so per quanto durerà tutto questo, ma io mi sento così, adesso, e se anche dovesse finire tutto nel giro di cinque minuti, io sarò lo stesso contenta di averlo vissuto.»
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Billie J. Armstrong, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Acquamarina

Il mese di Luglio era iniziato da poco, e la città si andava svuotando pian piano, giorno dopo giorno, dei numerosi abitanti bisognosi di una più che meritata vacanza. Anche Brittney e Adrienne erano ormai partite da diversi giorni, lasciando Trè Cool e i rispettivi mariti senza il minimo controllo.
I tiepidi raggi del sole riscaldavano e rischiaravano la mattina mentre Billie Joe Armstrong guidava verso l'ospedale con Frank seduto al suo fianco. Durante la domenica il batterista aveva accusato un forte dolore al polso, e si era fatto promettere dal suo amico che l’indomani mattina l’avrebbe accompagnato in ospedale per un controllo, data la sua impossibilità a guidare in quelle condizioni. Billie Joe, dal canto suo, avrebbe di gran lunga preferito restarsene a casa a dormire, ma quando Frank lo aveva supplicato, la sera prima, con una vocina infantile così insopportabile da far perdere la pazienza persino a un santo, non aveva saputo dirgli di no. In fondo, anche lui l’avrebbe fatto se le situazioni fossero state invertite: ne era sicuro.
Quasi sicuro.
«Frank, io non voglio dir nulla, eh...» iniziò fissando la strada. «ma era proprio necessario che ti portassi a quest’ora?»
L'amico se ne stava stravaccato sul sedile accanto al suo, teneva i piedi sul cruscotto e una sigaretta tra le labbra. Anch'egli, proprio come il cantante, aveva gli occhi ancora iniettati di sangue, e sotto di essi delle occhiaie talmente profonde che avrebbero fatto concorrenza a quelle di un vampiro.
«Sta zitto, BJ.» borbottò passandosi una mano tra i capelli. «Che mi sono dovuto svegliare all'ora in cui di solito vado a dormire.»
«Lo dici a me...»
Billie Joe voleva davvero bene a Trè Cool, ma a volte sapeva essere veramente un gran rompipalle, specialmente con lui, che sapeva essere il più accondiscendente del gruppo. Infatti, se quella mattina avesse chiesto a Mike di accompagnarlo così di buon ora, nonostante si fossero ormai chiariti, questi lo avrebbe sicuramente mandato a cagare senza pensarci due volte.
«Però sbrigati, sennò poi inizia ad arrivare troppa gente.»
Decisamente, Trè Cool stava mettendo a dura prova la sua pazienza.
In pochi minuti si trovarono di fronte all'imponente facciata dell'ospedale. Billie Joe parcheggiò la sua automobile e appena uscito dall'abitacolo una lieve brezza mattutina cozzò contro il suo corpo accaldato, facendolo rabbrividire. Si strinse nella giacca nera di pelle che indossava sopra una leggerissima camicia bianca e si avviò assieme a Frank verso l'entrata dell'edificio. Nonostante non fossero ancora le nove di mattina, il cortile d’ingresso pullulava già di anziani col bastone e madri troppo impegnate a correre appresso ai propri figli per accorgersi della presenza di due famosissime rock star tra di loro.
Una volta giunti di fronte all'ingresso Billie Joe si fermò, esitante.
«Quando hai finito, fammi uno squillo e passo a riprenderti.»
«E tu dove vai?»
«A cercare un cazzo di bar dove prendere un caffè, Frank, altrimenti ti converrà chiamare un taxi piuttosto che stare in macchina con me, al ritorno.» rispose Billie Joe ribadendo il disperato bisogno che aveva di un qualcosa che lo facesse restare sveglio.
«Guarda che dentro c'è, il bar.» fece presente il batterista, ma i profondi occhi verdi di Billie Joe percorsero in un attimo il profilo della facciata dell'edificio, poi si strinse nelle spalle, arricciando il naso.
«Lo sai che non entro negli ospedali.»
E così dicendo si congedò dall'amico, che rimase qualche istante ad osservarlo mentre si allontanava prima di decidersi ad entrare. Nel frattempo, Billie Joe era uscito dal cortile dell'ospedale, e osservava le vie a lui poco conosciute che si diramavano da esso. Era tutto molto diverso dall’ultima volta che era passato lì, c’erano molti più edifici, le strade erano più trafficate.
Tirò fuori dalla tasca della giacca un pacchetto di sigarette e se ne accese una, imboccando una strada a caso sulla sua sinistra. Era un vicolo, quello, poco trafficato, con palazzi piuttosto alti su entrambi i lati, che non lasciavano trapassare che pochi spiragli di sole. Percorse la viuzza in assoluto silenzio, gettando di tanto in tanto un'occhiata ai balconi delle abitazioni che lo circondavano, e mentre lo faceva si divertiva a immaginare come potessero essere le persone che vi abitavano, proprio come se i panni stesi o le piante addossate alle ringhiere potessero rivelare lui la personalità dei loro proprietari, il loro modo di vivere. Quando arrivò in fondo alla strada si ritrovò in una piccola piazzetta circolare, ancora non particolarmente affollata, dato l'orario. Un piccolo gruppo di ragazzini sui dieci anni correva ridendo dietro i piccioni che beccavano qua e là, mentre due anziane signore parlavano amichevolmente, sedute su una panchina dall'altro lato della piazza, proprio accanto a un locale che, a giudicare dai due o tre tavolini corredati di sedie che vi stavano di fronte, aveva tutta l'aria di essere un bar.
Alzò lo sguardo sull'insegna: Pit’s Cafè, lesse.  
Diede un ultimo tiro alla sigaretta e ne gettò a terra la cicca, calpestandola, dopodiché infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e attraversò la piazzola. Si fermò proprio sotto l'insegna, guardando all'interno.
Era un locale luminoso, piuttosto raccolto, con un lungo bancone di granito sulla parete sinistra e un enorme specchio sulla destra, al di sotto del quale stavano alcuni tavolini, anch’essi corredati di sedie; un delizioso e invitante aroma di caffè aleggiava nell'aria, e arrivava dritto dritto nelle narici di Billie Joe, che inspirò a fondo quel profumo e, quasi istantaneamente, si sentì subito tirato su.
All'interno del locale non c’era nessuno, fatta eccezione per una ragazza dai capelli corvini che, girata di spalle, sistemava delle bottiglie di alcolici su una mensola dietro al bancone.
Il vocalist dei Green Day si schiarì la voce per attirare l'attenzione della barista che sembrava non essersi affatto accorta della sua presenza.
«Scusa?» domandò restando sulla porta. «Siete aperti?»
La ragazza si voltò verso l'entrata, e nel preciso momento in cui questa gli sorrise cortesemente, rispondendo alla sua domanda con un altrettanto cortese «certo.», il corpo di Billie Joe fu come scosso da un brivido improvviso, che percorse per intero la sua spina dorsale, facendolo quasi trasalire. Il battito cardiaco era accelerato vertiginosamente, aveva le gambe di sabbia, un grande senso di vuoto stava dilagando nel suo stomaco, provocandogli una vertigine. Era una sensazione strana, che aveva un qualcosa di vagamente familiare, e mentre si affrettava a raggiungere il bancone tentò di ricordare in quale occasione, prima di allora, avesse provato un simile sconvolgimento. Si sedette su uno sgabello, si tolse la giacca e la poggiò sullo sgabello accanto al suo, per poi puntare lo sguardo sulla porzione di braccio che la manica della camicia, ripiegata fino al gomito, lasciava scoperta: aveva la pelle d’oca, e ciò nonostante si sentiva incredibilmente accaldato.
La ragazza dietro il bancone era vagamente confusa: quell’uomo che le si era appena seduto di fronte aveva un’aria davvero strana. Sembrava avesse faticato a raggiungere il suo posto davanti al bancone, e una volta seduto era rimasto in silenzio con il capo chino senza fare la sua ordinazione. Per di più, quell’uomo aveva un viso familiare. Quegli occhi verdi, quei capelli scuri, ma soprattutto quella voce, avevano un che di conosciuto. Era certa di averli notati da qualche parte negli ultimi tempi, ma chi fosse esattamente, quello proprio le sfuggiva.
Dopo diversi istanti di interminabile silenzio, con discrezione, la ragazza si schiarì la voce nel tentativo di catturare l’attenzione di quell’uomo che sembrava aver dimenticato dove si trovasse. Aveva l’aria di uno che non dormiva da giorni, o che era appena stato mollato dalla sua donna, e a guardarlo bene, la ragazza ipotizzò che si dovesse trattare dell’una e dell’altra cosa.
«Cosa ti do?» domandò cauta non appena gli occhi del cantante si sollevarono e incrociarono i suoi. La sua voce era gentile e delicata.
Billie Joe Armstrong si ricordò solo allora del motivo per cui si trovava lì.
«Ah, un caffè» bofonchiò con voce stanca, passandosi una mano tra i capelli. Poi aggiunse: «per favore.»
«Arriva.»
Il frontman dei Green Day la squadrò attentamente in tutta la sua figura mentre era intenta a preparare il caffè. A occhio e croce non dimostrava più di vent'anni, e sembrava essere alta pressappoco quanto lui. Aveva un bel fisico: asciutto e snello, anche troppo, per i suoi gusti, ma osservandola bene, era una caratteristica che non stonava affatto con la sua persona. I lineamenti del viso erano delicati e leggermente spigolosi, in parte ancora infantili. La carnagione chiara era in netto contrasto con i capelli corvini che, lunghissimi e legati in un’alta coda, le ricadevano morbidi lungo la schiena, arrivandole a pochi centimetri dal sedere. Aveva un naso piccolo e delicato e le labbra sottili. Ciò che però lo aveva colpito più di tutte le altre cose, erano stati i suoi occhi: azzurri e limpidi come il mare in estate, talmente profondi che avrebbe desiderato perdervisi dentro.
La ragazza gli poggiò davanti un piattino di coccio e un cucchiaino, che vennero seguiti, pochi secondi dopo, dalla tazzina di caffè.
«Ecco a te.» disse poi, facendo per avvicinargli il contenitore dello zucchero.
«Lascia, lascia» la fermò. «lo prendo amaro.»
Billie Joe prese un sorso del suo caffè. Era proprio come piaceva a lui: forte e bollente. Mentre ingollava il liquido caldo che quasi gli faceva bruciare la gola, rianimandolo, continuava a osservare meticolosamente la ragazza, che anch'essa non accennava a staccare gli occhi da lui, come se l'avesse riconosciuto ma fosse indecisa sul chiedergli conferma o meno.
«Posso chiederti quanti anni hai?» domandò improvvisamente lui, incapace di resistere alla curiosità.
La ragazza sbatté le palpebre in un istante di confusione, dopodiché rispose:
«Diciannove, tra qualche mese.»
Non gli domandò il perché di quella domanda; era altro, ciò che le interessava sapere di lui, per esempio dove l’avesse visto prima di allora.
«Senti, magari mi sbaglio, eh.» cominciò lei dopo diversi secondi di esitazione. «Tu hai un viso un sacco familiare, solo che non riesco proprio a ricordare dov’è che ti ho già visto.»
Inclinò la testa da un lato e incrociò le braccia al petto, poi proseguì domandandogli se per caso non fosse già stato altre volte in quel bar.
Il vocalist dei Green Day la osservò per un istante con occhio critico, cercando di capire se effettivamente la ragazza non avesse ben realizzato chi fosse. Sin da quando aveva messo piede lì dentro aveva avuto il vago sospetto che lei lo avesse riconosciuto. Dopo tutto, lei non era tanto più grande di quelle ragazzine -e non erano poche- pseudofans dei Green Day, interessate solo all’aspetto fisico suo e dei suoi compagni, che urlavano loro quanto fossero -testuali parole- fighi, e che avevano come desiderio comune quello di sposarli, eppure lei non aveva fatto alcun commento su di lui e la sua band.
Forse non aveva capito veramente chi fosse, o forse, più semplicemente, non era sicura del fatto che lui fosse davvero Billie Joe Armstrong. Ad ogni modo -pensò lui- il solo fatto che non gli fosse saltata addosso gridando «O mio Dio, è il cantante dei Green Day!» era già un buon segno.
«Veramente, è la prima volta che vengo qui.» rispose lui, stringendosi nelle spalle. Dopodiché azzardò: «Sicuramente è in tv, che mi hai visto. Magari su MTV, o su qualche altro canale di musica.»
Se ne rendeva conto: avrebbe potuto benissimo far finta di nulla e far credere alla ragazza di essersi confusa, ma voleva fare una piccola prova, voleva verificare quale sarebbe stata la sua reazione non appena si fosse resa che l’uomo seduto di fronte a lei era il leader dei Green Day. Sembrava carina, aveva modi gentili, e Billie Joe voleva vedere se si stesse sbagliando a immaginare che, una volta capito tutto, lei non lo avrebbe affatto trattato come una specie di divinità scesa in terra.
La ragazza strinse tra i denti la parete interna di una guancia, assumendo un’espressione pensosa.
«Quindi sei un musicista... »  bofonchiò torturandosi il labbro inferiore con due dita.
Sì, era un musicista, ricordava di averlo visto in tv recentemente, forse per il lancio di un nuovo disco, eppure non riusciva a farsi venire in mente quale fosse il suo nome, e neppure quale fosse la band della quale faceva parte.
«Aiutino?» domandò improvvisamente Billie dopo aver notato che la ragazza era in difficoltà.
Questa rispose annuendo.
«Hai presente i Green Day?» le chiese quindi, quasi aspettandosi da lei una risposta del tipo: «No, mi spiace. Mai sentiti.»
Gli occhi della ragazza però si illuminarono immediatamente di quella consapevolezza.
«È vero, accidenti.» esclamò battendosi una mano sulla fronte. «Sei il cantante dei Green Day.»
Gli sorrise con naturalezza per poi aggiungere a mezza voce: «Forte!»
Billie Joe Armstrong ricambiò il sorriso.
Per diversi secondi nessuno dei due aggiunse altro, e la giovane ragazza avvertì dentro di sé un grande imbarazzo, forse perché in situazioni del genere è carino dire cose del tipo: «O mio Dio, è incredibile che tu sia proprio qui. Le tue canzoni sono fantastiche!», e lei delle canzoni dei Green Day non ne conosceva che un misero paio.
Si accorse solo in quell’istante che, a seguito di quella spiacevole conclusione, il suo sorriso si era fatto più tirato e, dallo sguardo di Armstrong, dedusse che lui non stesse aspettando altro che un suo commento.
«Senti...» cominciò dunque lei, sentendosi a disagio per quella strana situazione. «non rimanerci male, ti prego...»
Il cantante dei Green Day aggrottò la fronte.
«Ma io non conosco quasi nessuna delle vostre canzoni.» ammise finalmente con un sorriso carico di imbarazzo dipinto sulle labbra.
Immediatamente Billie Joe Armstrong scoppiò a ridere divertito dall’espressione così imbarazzata di quella ragazza, ma piacevolmente sorpreso dalla sua onestà, che l’aveva portata a confessargli apertamente di non seguire il suo gruppo, piuttosto che mentirgli e fingere di essere una sua fan semplicemente per compiacerlo.
«Mi dispiace...» continuò lei con un sorriso talmente spontaneo che Billie Joe trovò a dir poco stupendo.
«Però conosco Wake me up when September ends.» dichiarò improvvisamente, illuminandosi. «E quella è davvero bellissima.»
Nel pronunciare quelle parole, il tono di voce della ragazza si abbassò notevolmente, divenendo incredibilmente dolce e carezzevole.
«Ricordo che la prima volta che la ascoltai, rimasi senza parole. L’hai scritto tu, il testo?»
«Sì.»
«Complimenti, allora. È fantastica.»
E sorridendo con dolcezza gli tolse la tazzina ormai vuota da davanti, continuando dentro di sé a canticchiare quella splendida canzone che, ogni volta che le tornava in mente, le trasmetteva emozioni talmente forti da farla cadere preda della malinconia.
Billie Joe Armstrong comprese la sincerità di quelle parole, e le sorrise con semplicità, giocherellando distrattamente con la fede che aveva al dito.
Finalmente aveva iniziato a riprendere controllo dei suoi pensieri, e si rese conto di non provare più né il sonno né la stanchezza che aveva prima di entrare. Solo una sensazione continuava a turbarlo, uno strano formicolio alla bocca dello stomaco, che però preferì attribuire al non aver mangiato nulla in tutta la mattinata.
«Tu ti chiami Billie... Joe, vero?» domandò lei improvvisamente, pronunciando il suo secondo nome con l’incertezza di chi ha paura di sbagliare e fare una brutta figura. Il suo sguardo era fisso al lavandino, nel quale stava sciacquando la tazzina e un paio di bicchieri.
«Vero.»
Pochi istanti di silenzio.
«Tu, invece, come ti chiami?»
Billie Joe la vide finalmente alzare lo sguardo, i suoi occhi gli parvero ancora più luminosi e azzurri di quando si era voltata verso di lui per la prima volta, solo pochi minuti prima, e immediatamente ebbe l’impressione che i suoi occhi stessero navigando dentro i suoi.
Smeraldo contro Acquamarina.
Lei sorrise e pronunciò quel nome:
«Gloria

[Continua]

Capitolo revisionato il 02-02-12

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Green Day / Vai alla pagina dell'autore: ShopaHolic