Videogiochi > Tekken
Segui la storia  |       
Autore: Evilcassy    07/02/2010    1 recensioni
Sergei Dragunov comanda eserciti, partecipa a feroci battaglie, combatte sanguinose guerre. Ma ci sono missioni troppo ardue persino per il migliore soldato scelto della SPETSNAZ... soprattutto se il nemico ha il proprio stesso cognome ed è in indubbio vantaggio numerico! Dedicata a Miss Trent, Mini Sequel di TWO PAIRS OF CHILLING EYES. (ho messo OOC a scanso di Equivoci...)
Genere: Commedia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Nina Williams, Sergei Dragunov
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'The Chilling Saga'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Double, Chilling Trouble

 

3° Giorno – Sera

 

Dritta come un fuso, le braccia incrociate, gli occhi gelidi che lo trapassavano indagatori, attendeva una spiegazione, preferibilmente logica, del campo di battaglia che si era ritrovata davanti.

Vika, si era ricordata improvvisamente di possedere un suo sorriso adulatore ed incantatore,  ed era venuta in un primo momento in suo soccorso. Squittendo un “MAMMINAAA!!” le era corsa incontro, saltata in spalla e quasi stritolata in un abbraccio che assomigliava di più ad una mossa di aikido che un gesto d’affetto.

Alex si era prodigato in una delle sue solite scalate, cinguettando incessantemente “mamma mamma mamma mamma

In realtà l’azione diversiva dei bambini gli si era ritorta ben presto contro: Nina aveva prima visto il bernoccolo con effige di Alex e poi il dito fasciato della bambina.

Così lo sguardo perforante di sua moglie era ritornato su di lui, questa volta tenendo entrambi i bambini in braccio.

Viktorija aveva allora tentato un disperato quanto improbabile piano B: “Abbiamo chiesto al papà di farci uno schiuma party.”

“Con fuoco e fiamme e l’ausilio di un estintore?” fu la sarcastica domanda di rimando della madre.

“Beh, sai com’è papà… si lascia sempre un po’ prendere dalla mano e poi…

Viktorija, Aleksej, andate in camera vostra, per favore. Devo parlare con vostro padre.”

Alex tentò un “mammina” inefficace.

Convinti da un’altra, terribile occhiata materna, i bambini ripiegarono velocemente in camera.

Uno contro uno.

Un duello.

Meglio nascondere il ceppo dei coltelli.

 

“Quindi?”

“Un incidente.”

“Di che tipo?”

“E’ esploso il microonde.” Cercò di darsi un tono neutro e calmo, come se fosse una cosa normale rendere la propria cucina  ad un campo di battaglia.

“ E le ferite sui bambini?”

“Il bernoccolo è stato causato da un comune colpo ad un comodino – o un armadio. Per il dito di Vika è una storia troppo lunga e noiosa che…

Con apparente  e studiata calma Nina rialzò una delle sedie cadute durante il parapiglia di pochi minuti prima e vi si sedette, appoggiandosi al tavolo e tamburellando le dita sulla superficie.

“Ho tempo.”

Un gatto che gioca con il topo prima di farlo fuori.

“Ha infilato un dito nello spunta sigari di Volkov.”

“E dov’era lo spunta sigari di Volkov?”

“Beh, nel posto dove stanno tutti gli spunta sigari.”

“Cioè?”

“Sulla scrivania del suo ufficio.”

Le dita di Nina avevano smesso di tamburellare. “E che ci faceva mia figlia –o devo immaginare entrambi i miei figli- nell’ufficio di Volkov, che presumo sia nella sede della Spetsnaz?”

“Le scuole sono chiuse al sabato.”

“Ma va? Ma TU mi avevi promesso che saresti RESTATO A CASA con i bambini. Forse tu intendevi lo stai a casa come non partire per il Kazakistan o altre missioni Io invece intendevo non andare in ufficio, anche. Hai ragione. Colpa mia che non ho specificato bene.”

“A proposito del Kazakistan…

“Non cambiare discorso!”

“Gli eserciti non si fermano perché devo fare il Baby Sitter!!”

Nina colpì il tavolo con un pugno. “BABY SITTER? TI HO CHIESTO DI FARE IL PADRE, UNA BUONA VOLTA!” Urlò alzandosi di scatto. “Non mi pare di averti chiesto chissà quale favore incredibile. Ti ho chiesto solo di badare ai TUOI figli.”

“Ascolta: non si era deciso che Tu saresti restata a casa a…

“NO! abbiamo deciso che mi sarei presa un attimo di pausa dal lavoro, considerato il rischio che corro. Ma ora mi sembra passato abbastanza tempo.”

 

Nella loro cameretta Viktorija era finalmente riuscita a togliere una sbarra di legno dal lettino del fratello. Il piccolo si era arrampicato all’interno e la guardava incuriosito, aspettando le sue istruzioni.

Dalla cucina provenivano urla poco rassicuranti.

“Allora, Alex, il piano per farli smettere è questo: tu infili la testa tra le sbarre: io rimetto a posto questa, così risulterai incastrato e chiamerò mamma e papà. Per cercare di disincastrarti smetteranno finalmente di litigare e noi saremo felici e contenti. Ok?”

Aleksej annuì: si fidava della sorellona. Infilò la testa nel punto indicato e la bambina rimise a posto la sbarra tolta, in modo che lui rimanesse incastrato.

“Bene, e ora…”

Il bambini iniziò a piangere disperato, diventando ben presto paonazzo in volto.

“Perfetto Alex, sei un fantastico attore!” si congratulò la sorella, sfregandosi le mani.  Poi si catapultò fuori dalla stanza per fare la sua parte.

 

“MAMMA!!! PAPA’!!! Alex si è incastrato con la testa nel lettino, non riesco più a toglierlo!”

“Oh caz…pita!”

 

Nina cercava di tenergli sollevata la testa e di farlo inutilmente calmare, mentre Sergei trovava il modo per togliere una delle sbarre per liberarlo: “Vorrei capire come ha fatto con quel testone ad infilarsi qui dentro, è fottutamente stretto!”

“Non so se te ne sei accorto, ma i nostri figli riescono in imprese impossibili ai comuni mortali.” Rispose la donna, accorgendosi che la faccia rossa del bambino stava diventando troppo paonazza.  “Non respira bene, fai presto.”

Viktorija spalancò gli occhi colpevolmente sorpresa, mentre il padre, con le sue solite buone maniere si era risoluto a rompere direttamente la sbarra incriminata e a liberare il figlio minore.

Nina lo prese in braccio per farlo calmare, mentre il bambino smetteva di singhiozzare e riprendeva un colore normale, la testa tuffata nei capelli materni.

“E’ decisamente troppo stretto per passarci con la testa.” Constatò l’uomo, controllando il lieve segno di pressione sul collo del bambino. Si scambiò uno sguardo con la moglie, prima di voltarsi entrambi verso Viktorija, che manteneva il suo solito contegno falsamente tranquillo e innocente.

Vika, ti farò solo una domanda, a cui mi dovrai rispondere sinceramente.” ora la falsa calma di Nina era rivolta verso la bambina. “Hai infilato tu, non so come, la testa di tuo fratello in mezzo alle sbarre?”

“No. E mi offendono molto i vostri sospetti.”

Viktorija…non mentire a mamma e a papà… sennò finisci nei guai…

La bambina sostenne lo sguardo di ghiaccio della madre, con somma preoccupazione di Sergei: se a sette anni quella piccola serpe riusciva a far tanto, non osava pensare all’adolescenza.  Forse era già il caso di iscriverla alla scuola militare…  Viktorija, tutti gli indizi sono contro di te. Ti conviene confessare, e subito.”

Lei scattò in piedi, sguardo fiero e braccia conserte: “Si, quindi? E’ stato un piano studiato per farvi smettere di litigare. Un piano semplice ma perfettamente riuscito, tra l’altro. Dovreste complimentarvi con me.”

Vincendo lo stupore iniziale, gli occhi di Nina si incendiarono: “Hai rischiato di far soffocare tuo fratello per questo! L’hai spaventato a morte e non respirava!”

“Ma che dici! Lui recitava una parte nel piano!”

Sergei, adirato, le fece notare che era semplicemente ridicolo che un bambino di un anno e mezzo riuscisse a mettere in scena una commedia del genere. Voltandosi verso la moglie, però, la vide studiare il faccino del piccolo. Era tornato del suo colore naturale, e sbatteva gli occhi limpidi guardandosi attorno soddisfatto. “Alex, è vero quello che dice tua sorella?”

I due bambini si scambiarono uno sguardo, poi Aleksej annuì sorridendo. 

“Questo si che è un gioco di squadra.” Commentò sbalordito l’uomo. Poi il piccolo scivolò dalle braccia della mamma e andò dalla sorellina, che li fissava diabolicamente vittoriosa. “E ora, se volete scusarci, i cartoni animati ci attendono.” Disse uscendo dalla stanza con il piccolo per mano.

Nina boccheggiò: “Abbiamo creato due piccoli mostri… questi due sono molto peggio dei Mishima…

 

Era mezzanotte passata quando riuscirono a farli addormentare.

Sergei entrò nella propria camera da letto con la consapevolezza che la discussione interrotta dalla piccola coppia di demoni sarebbe ripresa non appena avrebbe chiuso la porta.

Si stupì non poco a trovare Nina a letto che fissava il vuoto con aria incredula. “Con due pesti del genere, tornare al lavoro è fottutamente impossibile.”

Era ciò che le orecchie dell’uomo volevano sentire. Aprì la bocca per cercare di dare il colpo finale di convincimento, ma poi desistette nel vedere la sua espressione delusa.

Avrebbe dovuto capirla: in fondo, non la reputava lui stesso la sua controparte femminile, così simile negli interessi?

Sapeva benissimo quanto lei adorasse combattere e che il ruolo di agente le calzava alla perfezione.

E allora, valeva ben un accordo. “Io credo che si possa fare.”

“E come? Non ho proprio voglia di rischiare di trovarmi davanti ad un olocausto nucleare ogni volta che torno a casa.”  Fece un sospiro profondo. “Non va bene per i bambini, tra l’altro.” Sospirò nuovamente, appoggiandosi alla testiera del letto. Per la prima volta sembrava sconfitta. “Pensavo fosse più facile. Fare la mamma, intendo. Non mi fraintendere, è stupendo, però… a volte mi sento soffocare. Ho bisogno di un po’ d’aria, di un po’ d’azione. Ho voglia di tornare ad essere un agente. Sento il bisogno di combattere, di essere letale. Però ho anche bisogno dei miei figli, della mia famiglia. Che diavolo, è tutto così complicato!”

A Sergei venne quasi da sorridere, a vederla così tormentata. Senza rendersene davvero conto prese la sua mano, portandosela alle labbra. “Dobbiamo organizzarci. Cooperare.” La baciò. “Essere una squadra. Solo così saremo alla pari con quelle due piccole serpi e potremo fronteggiarli.”

“Dici che potremmo riuscirci?”

“Le imprese difficili sono sempre state il nostro forte, Williams. E poi siamo un ottimo team, io e te.”

La vide sorridere, rilassarsi. “Hai ragione, una coppia come noi due non si è mai vista in giro.”  Poi gli si avvicinò, sfiorandolo con le labbra. “Noi abbiamo causato questo casino… e noi lo risolveremo.” Sogghignò, baciandolo.

Si ritrovò imprigionata tra le sue braccia a cingergli i fianchi con le gambe. Si fermò improvvisamente, guardandolo interrogativa: “Cosa volevi dirmi sul Kazakistan?”

Dragunov, colto in contropiede, fu abbastanza abile da dissimulare un reale imbarazzo: “oh, nulla di che… possiamo parlarne domani, davvero. Nulla di importante. Posso chiederti un equipaggiamento più consono alla situazione?”

Nina rise di gusto, scivolando sensuale tra le sue braccia e alzandosi dal letto, diretta all’armadio. “Ho giusto comprato uno splendido completino di pizzo nero… il tuo genere preferito…” sussurrò con voce roca. “Oppure… la settimana scorsa ho trovato nell’armadio un paio di shorts bianchi che ricordo ti erano piaciuti tantissimo

L’uomo fece per dare il suo assenso, ma poi si fermò di colpo: il risultato dell’ultima volta che glieli aveva visti addosso dormiva nella camera a fianco. “Bustino nero nuovo, Grazie.”

 

Tutto è bene quel che finisce bene…

… e anche… Chi è causa del suo mal pianga sé stesso…

Trilioni, fantastilioni di Grazie a voi che l’avete pietosamente recensita!

Il ‘povero’ Sergei ha ceduto… eh, d’altronde come si fa a dire di No a Nina Williams (… senza subire conseguenze fisiche, tra l’altro). Così ha firmato la sua condanna…

Spero di rivederci presto con Certe notti…

Per il momento vi saluto e vi sbaciucchio sbavosamente…

EC

 

 

 

 

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Tekken / Vai alla pagina dell'autore: Evilcassy