Nda
(21/01/10)
Autore: Ayumi Yoshida
Titolo: Questa sera
Lettera, Numero e ciò che rappresentano: 23, biscotti
– E, Give in to me by M.
Jackson
Personaggi e Pairing: Danzo, Hinata, Ino, Naruto, Shikamaru, Altri
– NaruHina,
ShikaIno
Genere: angst, sentimentale, introspettivo
Rating: Giallo per il linguaggio colorito
Avvertimenti: One shot
Introduzione: << Erano tre
giorni,
ormai, che lei gli ripeteva, piangendo: “Non questa
sera.”>>
Note dell'Autore: Non ho molto da dire, se non che non mi soddisfa, e
che ho
consegnato soltanto perché mi dispiaceva ritirarmi da un
contest in cui c’era
così tanto tempo per stendere la fic. Non mi sembrava giusto
nei confronti di
voi ‘giudicie’
sempre disponibili
verso noi partecipanti. Mi dispiace di non aver potuto sviluppare
meglio
l’idea, perché il tema contest
era
davvero splendido, ma ormai scrivere NaruHina non è
più facile come una volta.
Comunque, le informazioni davvero utili per leggere questa fic sono due: i personaggi,
nella fic, hanno
qualche anno in più di quelli che siamo abituati a vedere in
Shippuden; poi,
all’inizio i pezzi della fic sono posti in voluto disordine,
ma temporalmente
seguono quest’ordine (uso le citazioni della canzone, per non
riscrivere il
primo rigo di ogni paragrafo):
“Love is a woman”
“I don’t wanna hear
it”
“Talk to me, woman”
“You always new just how to make me
cry”
“I’ll be okay”
“Give in to the feeling”
Vi
affido,dunque, questo
pezzetto di anima sperando che un pochino – almeno un pochino
– possa piacervi.
Un
bacio :)
I don't wanna
hear it
(It seems you
get your kicks
from hurting me)
“Non
vedevo l’ora di rivederti…”
Il tono di voce di Naruto era basso, rassicurante, mentre incatenava i
suoi
occhi limpidi a quelli di Hinata, che, nonostante ogni suo sforzo, non
riusciva
a sentirsi tranquilla.
Le sue mani le carezzavano piano le spalle, cercando di essere
più delicate
possibile, ma comunque tremando a contatto con la sua pelle bianca. Lo
shinobi
affondò le mani nei suoi capelli, sfiorandoli in tutta la
loro lunghezza e
avvicinando di più il suo viso al suo. Hinata
sussultò e i suoi occhi si
velarono, perdendo d’un tratto tutta la luce che li aveva
fatti brillare la
sera prima, quando l’aveva segretamente tenuta per mano.
Quelli di Naruto
fecero lo stesso.
“Cosa c’è?” le
sussurrò piano, preoccupato. Hinata chiuse gli occhi e le
ciglia
le si annebbiarono di lacrime.
“Non questa sera, ti prego” singhiozzò
in silenzio. Poi si scostò da lui senza
far rumore e si voltò verso la porta. Percorse i pochi passi
che la separavano
dall’uscita sotto gli occhi attoniti di Naruto, le cui mani
ancora tremavano,
ormai per il turbamento, ma il ragazzo la fermò prima che
potesse andare via.
“Per favore,” mormorò, supplice
“non te ne andare.”
Hinata non poté vedere i suoi occhi quando lui si
alzò per abbracciarla e per
cullarla contro il suo petto, raccogliendo le sue lacrime. Erano
amareggiati,
stanchi. Stanchi di subire in silenzio, stanchi di un amore che si
dimostrava
sempre più polvere antica.
Erano giorni, ormai, che lei gli ripeteva, piangendo: “Non
questa sera.”
Questa
sera
Talk to me, woman
(Don't try to
understand me, because your
words just aren't enough)
Il
candore lunare si
fece più pallido tramite i vetri della finestra, e le
lacrime di Hinata
aumentarono. Naruto continuava a carezzarle la testa per cercale di
calmarla,
ma senza capire cosa stesse succedendo dentro di lei. Le
posò un bacio fiacco
sulla guancia e la sentì nuovamente scostarsi da lui.
L’irritazione lo avvolse, il suo sangue prese a scorrere tre
volte più veloce.
“Hinata, cosa c’è?” le chiese
sussurrando, ma con tono duro. Era finito il
tempo di essere comprensivo: stavano rischiando tantissimo per poter
permettersi di compiere passi falsi. La kunoichi non rispose; altre
lacrime
bagnarono il petto di Naruto ed egli s’infuriò
completamente.
“Hinata, ti prego!” esclamò cercando di
modulare la voce, senza successo.
“Stiamo rischiando tutto,
lo sai. Ti
prego, parlami. Dimmi se non vuoi
continuare!”
Lei sussultò appena quando lo shinobi la guardò,
grave, trattenendo per qualche
secondo le lacrime.
“Io…” balbettò, senza sapere
davvero cosa dire. Chiuse per un attimo gli occhi,
li riaprì: Naruto la fissava ancora con la medesima
espressione incollerita,
furibonda. Ruppe un singhiozzo.
“Sono innamorata di te, sono sempre stata innamorata di te,
lo sai…” mormorò
piano, rossa e abbassando gli occhi. Naruto sorrise piano e la strinse
di più a
sé, poi tornò a fissarla, l’espressione
distesa. Le parole di Hinata avevano
attenuato un poco i suoi lineamenti alterati dalla rabbia e la kunoichi
smise
di tremare.
“Però…
io non dovrei essere qui.”
La sua voce si spense sulle ultime parole pronunciate, come a volerle
nasconderle, e il pianto riprese vigore più che in
precedenza, tracciando col
sangue ciò che aveva detto nella testa di Naruto, che
biascicò, infuriato e
ferito: “Lo sapevo! Ti sei stancata di me, ti sei stancata di
vivere questa
vita di merda! Mi odi perché ti sto costringendo a fare
questo! Lo so che non
vuoi!”
“No!” esclamò Hinata posando la testa
sul suo petto e bagnandolo ancora di
lacrime “Io ti amo, ti amo…”
Naruto, però, le afferrò le spalle bruscamente.
“Allora perché ti allontani quando ti abbraccio?
Perché non vuoi che io ti
sfiori? So che mi odi. Ma io non ho fatto nulla,
nulla! Te lo giuro!
Neanche tu mi credi, non è vero? Quel bastardo ha fatto il
lavaggio del
cervello a tutti quanti, cazzo!”
Hinata, incapace di ribattere, continuò a piangere contro il suo petto pieno
di veleno e
rancore.
Love is a woman
(Takin’ me higher, quench my desire)
Hinata si guardò piano intorno, prima di procedere, e si
fermò un attimo. Il
corridoio del palazzo dell’Hokage che stava percorrendo era
buio e deserto.
Sospirò, sollevata, e procedette in punta di piedi: era
quasi inutile a
quell’ora, lo sapeva, perché il palazzo sarebbe
dovuto essere completamente
vuoto, ma usava tanta accortezza per farsi coraggio, per trovare la
forza di
andare avanti. Lei non avrebbe dovuto essere in quel luogo, di notte.
Discese
lentamente le scale e si addentrò nell’ala delle
segrete del palazzo. In poco
tempo si trovò alle prigioni. Sfilò davanti alle
celle con passo leggero,
percorrendo tutto il corridoio scavato nella roccia, e si
fermò dove la parete
si faceva più spessa e greve: in quel punto era posizionato
un piccolo tavolo
di legno e su una sedia sistemata accanto ad esso se ne stava assopito
Shikamaru, gli occhi chiusi e le braccia rilassate distese lungo il
corpo.
Hinata si sentì male a sapere di doverlo svegliare: sembrava
davvero stanco, ma
era a conoscenza del fatto che, in ogni caso, lo shinobi sarebbe dovuto
essere
sveglio per via del suo compito.
Gli toccò educatamente la spalla e immediatamente gli occhi
di Shikamaru si
spalancarono, vigili; ritornarono tranquilli soltanto dopo averla vista
e lo
shinobi le sorrise, disteso.
“Scusami per averti svegliato” gli
sussurrò la kunoichi, dispiaciuta, ma
Shikamaru non cambiò espressione.
“Non devi preoccuparti,” la rassicurò
per l’ennesima volta “te lo ripeto ogni
sera, non preoccuparti. Sai che non dovrei neppure dormire.”
Sul volto della kunoichi si aprì un sorriso debole, ma
turbato e Shikamaru la
fissò, serio.
“Come sta?”
“Sempre il solito. Se ne sta sempre su quel letto, non parla
quasi mai. Quella
fottuta condanna di quel bastardo l’ha come spento, non
sembra quasi più lui!
Sembra riprendere vita solo quando ci sei tu, con lui.”
Shikamaru smise di
parlare e sorrise ancora per incoraggiarla: Hinata sembrava ancora
inquieta ed
esitava. “Andiamo.”
Dietro il tavolino, dove la parete rocciosa sembrava interrompersi, in
realtà
sulla sinistra si apriva un ulteriore corridoio minuscolo, che i due
percorsero
senza difficoltà, abituati com’erano da estenuanti
settimane di ripetizione
dello stesso tratto. Alla sua fine si estendeva uno spazio abbastanza
largo di
forma circolare, suddiviso a metà da una fitta grata. La
parte adiacente al
corridoio era vuota; quella dietro la grata, invece, era arredata come
una
piccola stanza. C’era un tavolo minuscolo sulla destra, con
un piatto di cibo
ancora intatto posato sopra, la sedia era stata addossata al muro, il
letto,
sistemato sulla parete più lontana dall’imbocco
del corridoio, era occupato da
un uomo che giaceva immobile su un fianco che, alla loro vista,
sobbalzò e si
alzò di scatto, gli occhi spenti animati da una nuova luce.
“Hinata!” esclamò rocamente. Raggiunta
la grata, la kunoichi sorrise
timidamente a Naruto, che corse velocemente verso di loro e
inserì a fatica le
mani tra le sbarre per stringere quelle di lei. Hinata
arrossì e abbassò la
testa; Shikamaru capì, allora, che era arrivato il momento
di lasciarli soli.
Aprì la cella più celermente che poté
e lasciò che Hinata vi entrasse. Naruto
la strinse a sé e le sfiorò i capelli, poi
ringraziò il suo compagno, che
declinò ogni obbligo con un cenno della mano casuale,
spiegando: “Devo incontrare
Ino. Ci vediamo dopo.” e si allontanò per il
corridoio.
Naruto sorrise, finalmente felice, e i suoi occhi divennero ancora
più
luminosi, mentre le sue dita sfioravano piano la guancia di Hinata.
“Co-come stai?” balbettò lei
sommessamente, cercando di non tremare ai suoi
tocchi.
“Adesso bene” fu la risposta che ricevette dallo
shinobi, che avvicinò piano le
labbra alla sua guancia e cominciò a baciarla con tutto se
stesso. Ogni giorno
bramava soltanto quel momento, il momento in cui avrebbe rivisto la
donna che
amava più della sua stessa vita, e dimenticava persino di
essere in prigione,
perché con lei anche la squallida cella in cui Danzo
l’aveva rinchiuso
diventava un paradiso.
Avvicinò le labbra a quelle di lei per sentirsi bene e le
baciò, lentamente,
con desiderio, ma capì subito che Hinata non si sentiva
serena: le sue labbra
erano gelide, morte.
You always knew just how to make me cry
(And never did I ask you questions why)
“Perdonami,
perdonami, ti supplico”
mormorò
Hinata silenziosamente, continuando a singhiozzare e nascondendo il
viso. Non
voleva che Naruto potesse vederla piangere così
disperatamente per colpa sua,
si sarebbe sentito ancora peggio. Lo shinobi spostò lo
sguardo sul pavimento
della cella e la strinse debolmente, continuando ad accarezzarle le
spalle,
frustrato. Era l’ennesima sera che il loro incontro terminava
con quella scena:
gli sembrava che Hinata si recasse da lui proprio per scoppiare a
piangere e
farlo sentire ancora più angosciato. Era stufo.
Era stato imprigionato dall’Hokage Danzo con una scusa, per
evitare che potesse
contrastarlo nelle sue decisioni, apertamente e costantemente
sfavorevoli ad
una Konoha già martoriata da guerre e battaglie. Era stato
accusato di
tradimento! Lui, che aveva sempre servito la propria patria con
devozione; lui,
che aveva messo più volte in pericolo la propria vita per
salvare il villaggio!
Nessuno, però, era stato in grado di opporsi: Danzo teneva
ogni cosa in suo
pugno e minacciava chiunque tentasse di opporsi a lui di vendicarsi su
parenti
e conoscenti. Perciò Naruto non aveva fatto nulla e si era
lasciato
imprigionare: l’Hokage avrebbe potuto prendersela con i suoi
amici, con la
gente che conosceva, con Hinata.
Non
voleva perderla per nulla al mondo. Aveva avuto bisogno di tanto tempo
per
accorgersi di lei, ancora di più per imparare a conoscerla e
per poterla
rendere felice, e ci era riuscito, ma da qualche settimana le cose con
lei si
erano ribaltate. Da quando era stato accusato di tradimento e
imprigionato, la
kunoichi si stava allontanando pian piano da lui. Naruto aveva capito
che lei
stava cercando in tutti i modi di non fargli constatare
nulla per non causargli ancora più
sofferenza, ma non ci riusciva. Ormai il suo modo di comportarsi
rivelava un
pieno disgusto e odio nei suoi confronti. Bastava che lui la sfiorasse
per
provocarle pianto e scuse, che sembravano più che altro
rivolte a se stessa,
come se tentasse di giustificarsi quello che stava facendo. Ogni sera,
contrariamente ad ogni decisione dell’Hokage ed in gran
segreto, Hinata
scendeva nelle prigioni per vedere Naruto. Solo Shikamaru e Ino erano a
conoscenza di questi incontri e li aiutavano volentieri, dato che erano
i
deputati alla vigilanza di Naruto. Stavano rischiando tutto quello che
avevano,
il lavoro alle dipendenze di Danzo, la sua protezione dai nemici, ormai
l’unica
condizione per non essere catapultati in guerra, addirittura la vita,
ma a
nessuno importava, perché la decisione di imprigionare
Naruto era stata tanto
meschina e ingiusta quanto falsa. Lo shinobi, però,
più passava del tempo con
Hinata, più si convinceva che lei non credeva a nessuna
delle parole che egli
aveva giurato sul cielo e su chi di più caro vi dimorava per
convincerla della
sua totale estraneità da quell’accusa che Danzo
gli aveva imputato. Era l’unico
modo per spiegarsi quello che stava accadendo tra di loro. Alla fine
l’Hokage
era riuscito a fare il lavaggio del cervello anche a lei. Naruto si
sentiva
furibondo, deluso.
“Se non vuoi stare con me, è meglio che io non ti
trattenga.” affermò, ad un
tratto gelido, fermando per qualche tempo i singhiozzi di Hinata. La
kunoichi
alzò gli occhi pieni di lacrime, intimorita dalla sua voce,
e cominciò a
balbettare: “M-ma Naruto, io-”
“Non preoccuparti, va’ pure” la
interruppe lui, questa volta in modo più
gentile, mostrando un sorriso tirato costruito a fatica e
allontanandosi piano
da lei. “Ci vediamo domani, se ti va.”
“N-Naruto!” Hinata scoppiò di nuovo a
piangere: la stava scacciando.
“Scusami, ti supplico, perdonami, è colpa mia,
è colpa mia…” esclamò
correndogli incontro: lui ormai era già vicino al letto. Si
lanciò tra le sue
braccia e lo baciò lungamente, mettendo in quel contatto
tutto il timore che
imperversava nel suo animo. Lo shinobi la fissò, sorpreso, e
le sfiorò la
guancia, ricambiando cautamente il suo bacio. Hinata alzò
piano gli occhi;
Naruto credette di aver scorto un’altra lacrima scivolarle
lungo la guancia
prima di vederla correre via, e non riuscì a sentirsi
sereno: il loro incontro
era terminato come la sera prima, e come l’altra sera ancora.
La kunoichi era
scappata via dalle sue braccia spaventata, di nuovo.
I'll be okay
(I'll never find some peace of mind)
“Naruto?
Sei sveglio?” domandò cauto Shikamaru, la voce
grave.
Sapeva che era sveglio, l’aveva capito da come la sua schiena
sussultava, ma
preferì fare finta di nulla per via di quello che aveva
visto pochi minuti
prima, appena fuori del palazzo: Hinata gli era sfrecciata davanti
piangendo,
come accadeva ormai ogni notte da settimane.
Lo shinobi biondo non si mosse e lui sospirò: era successo
tutto di nuovo.
Dietro di lui, Ino, turbata, gli strinse forte la mano e fece un passo
in
avanti, ma Shikamaru la trattenne. Non voleva disturbare ancora Naruto,
voleva
lasciargli la possibilità di fare finta di dormire per stare
un po’ da solo,
per riflettere. La kunoichi, però, non era
d’accordo. Scosse la testa,
arrabbiata, e sibilò: “Dobbiamo aiutarlo, dobbiamo
dirglielo! Se non lo
facciamo, starà ancora peggio, non riuscirà a
capire!”
Senza attendere risposta, si liberò della mano di Shikamaru
che la bloccava e
si diresse piano verso la grata. Raggiuntala, lanciò
un’occhiata triste a
Naruto, che ancora fingeva di non essersi accorto del loro arrivo, e
sussurrò:
“Come ti senti?”
Lo shinobi non si mosse, ma rispose debolmente: “Come vuoi
che stia? Detestato
dal villaggio, detestato dagli amici, detestato dalla persona che conta
di più…
conduco proprio una bella vita.”
Tentò di far risuonare le sue parole come ironiche, ma
ciò che Ino percepì fu
solo una grande amarezza e una smorfia sul volto, dopo che Naruto si
era
voltato per guardarla in faccia.
“Ma io non ti odio!” ribatté lei,
offesa, le mani sui fianchi. “E neanche
Shikamaru!”
Si voltò verso il suo compagno per lanciargli
un’occhiata severa e assicurarsi
che annuisse, ma egli si limitò a sbuffare. Per nulla
scoraggiata, si allontanò
i capelli dal viso in un gesto di stizza e continuò:
“Nessuno ha mai creduto
che tu sia colpevole, nessuno! Lo posso giurare su ciò che
ho di più caro!”
I suoi occhi brillavano di sicurezza, la sua voce era ferma. Per un
attimo
Naruto si illuse di poterci credere, di potersi rallegrare di
ciò che lei stava
dicendo, ma immediatamente, come un masso staccatosi da una montagna,
l’immagine di Hinata che lo respingeva gli gravò
sullo stomaco e la voce di Ino
divenne solo un’ eco lontanissimo.
“Danzo è riuscito a convincere tutti
quanti.” mormorò a testa bassa, più che
altro per persuadere se stesso “Anche
Hinata.”
A quelle parole, Ino si morse un labbro e tacque. Abbassò
per un momento gli
occhi, inquieta, e rivolse uno sguardo interrogativo a Shikamaru. Come
poteva dirglielo?
Lo shinobi non batté ciglio e incrociò
le braccia. Ella sospirò e strinse
forte la grata con le mani.
“Naruto!” esclamò, allarmata. Naruto
alzò gli occhi, preoccupato dal tono della
sua voce, e disse: “Sì?”
Prese a fissarla intensamente, in attesa delle sue parole, mentre la
kunoichi
si torturava le labbra con i denti. Ino aprì la bocca
più volte, pronta a
parlare, ma la richiuse senza aver detto nulla. Non sapeva come
cominciare a
raccontargli tutto.
“Vuole parlarti di quello che sta succedendo a
Hinata” disse ad un certo punto
Shikamaru, riempiendo il silenzio che si era formato nelle segrete. La
kunoichi
sospirò e sorrise piano.
“So che non dovrei, anche perché lei mi ha chiesto
di non dire nulla, ma non ce
la faccio a vedervi così…”
Naruto la ascoltava, rapito; lentamente anche sul suo viso si
aprì un sorriso.
Finalmente era giunta la risoluzione dei suoi problemi.
“Vuol dire che sai qualcosa?” le
domandò, impaziente. Con il cuore che pulsava
a mille, si alzò dal letto e la raggiunse alla grata. Ino
annuì, lieta, e
ribadì: “Sono ben felice di poterti aiutare in
qualche modo, almeno tu…”
Il suo sorriso si offuscò un
poco e la sua voce cambiò di tono mentre comunicava il suo
pensiero, e anche
Naruto se ne accorse.
“Perché dici che non puoi aiutare
Hinata?” la interruppe, tormentato da
pensieri terribili. “Le è forse accaduto qualcosa
che io non so? Ti prego,
dimmelo!”
Il volto di Ino divenne serio; anche Shikamaru si avvicinò.
La kunoichi afferrò
la sua mano, in un gesto che Naruto invidiò intimamente, e
provò a spiegare:
“Da quando sei stato imprigionato, Hinata sta molto male,
l’hai visto anche tu.
E’ sempre angosciata, triste, piange spesso. La tua condanna
l’ha davvero
sconvolta.”
“Ma io non ho fatto niente!” esclamò
Naruto, spalancando le braccia infuriato.
“Io sono innocente! Gliel’ho detto un migliaio di
volte!”
“Lo so.” affermò Ino, seria.
“So benissimo che sei innocente, che questa condanna
è un piano di Danzo per eliminarti dalla scena e che
l’hai detto a Hinata. Me
l’ha raccontato. Ma lei è così onesta…
poi è turbata…”
“Tutto questo significa che non mi crede?”
gridò lo shinobi, furibondo. Sferrò
un pugno alla grata proprio dove c’era Ino e la kunoichi
strillò spaventata.
Poi cominciò a supplicarlo con tutta l’aria che
aveva nei polmoni di calmarsi:
la sua mano già sanguinava.
Naruto lasciò le braccia ricadere inanimate lungo il corpo e
abbassò la testa.
Dopo che l’ira era svanita, sopravveniva
l’amarezza, il dolore, l’incredulità.
“Così è questo che pensa di
me.” pronunciò, atono “Crede che io sia
un
criminale, un traditore. Mi odia… mi
odia…” Si portò le mani al volto e lo
coprì interamente per nasconderlo.
Ino batté palpebre, sconvolta. “Ma Naruto, io non
ho-“
“Naruto.” Shikamaru interruppe il mormorio tremulo
della kunoichi e le posò una
mano sulla spalla, sfiorandola piano. “Hinata non ti odia.
E’ soltanto troppo
leale per poter credere che qualcuno condanni un uomo per una colpa che
non ha
commesso. E’ difficile da spiegare.”
La kunoichi annuì piano e continuò, ancora
scossa: “Questa cosa la divide
violentemente e la fa stare male, perché una parte del suo
cuore è certa che tu
sia innocente, ma l’altra, l’altra non
può considerare falsa una condanna
ingiusta e immotivata, un tale atto di spietatezza così
facilmente! Questo
pensiero è tanto forte che è arrivato a mettere
in crisi persino la parte di
lei sicura della tua estraneità da questa condanna! E la
gente che le sta
intorno certo non la aiuta! Suo padre non fa che ripeterle che Danzo ha
ragione, che tu sei davvero un traditore, e lei si sente in colpa solo
al
pensare che tu ti sia macchiato davvero delle colpe per cui sei stato
imputato!
Non riesce a guardarti neppure negli occhi, per questo! Si vergogna
profondamente, perché ha osato dubitare di te! Ti prego, non
arrabbiarti con
lei. Comprendila, aiutala.”
Ino chiuse all’improvviso gli occhi ormai lucidi e tacque.
Shikamaru strinse la
presa sulla sua spalla.
Naruto spostò lo sguardo più volte da Ino a
Shikamaru, da Shikamaru a Ino, gli
occhi vitrei. Giaceva in piedi esanime, come svuotato da quelle parole
che Ino
aveva confidato con tanta difficoltà e non sapeva
più cosa fare. Sentì un
carico indefinito all’altezza dello stomaco diventare sempre
più pesante e
cominciare a bruciare impetuosamente: si sentiva male.
Era stato insensibile, crudele, disumano con la persona che amava
più della sua
vita, con essa si era infuriato, non era stato in
grado neppure di
comprendere i suoi sentimenti.
Non la meritava. Era certo che Hinata non sarebbe più
tornata da lui.
“Non devi preoccuparti. Si sistemerà
tutto.”
La voce distesa di Shikamaru e la pacca che ricevette sulla spalla lo
riportarono alla realtà. Ormai sul viso di Ino si era aperto
un altro sorriso e
l’atmosfera si era fatta meno lugubre. Soltanto Naruto
Sentiva lo
stomaco e la testa stare per scoppiare, tuttavia si nascose dietro a un
sorriso
bugiardo che convinse gli altri due shinobi a lasciarlo solo.
“Accompagno Ino e torno.” disse Shikamaru,
prendendo la kunoichi per mano.
“Ormai è l’alba, i tuoi genitori si
staranno chiedendo dove sei.” Ino gli
sorrise in risposta e si coprì la testa con il suo mantello
da viaggio.
“Andrà tutto bene, ne sono certa.”
sussurrò per l’ultima volta prima di
imboccare il corridoio dell’uscita con Shikamaru. Naruto,
ormai solo, annuì
alla grata, stringendola forte tra le mani insanguinate. Sì,
si sarebbe
sistemata ogni cosa: Hinata lontana da lui e lui in prigione per tutta
la vita.
Proprio come desideravano Danzo e i suoi sostenitori.
Chiuse gli occhi di scatto: quella sera era finito tutto. Non voleva più pensare a
nulla.
Give in to the feeling
(Give in to me, give in to me, give in to me…)
Hinata
e
Shikamaru continuavano a scambiarsi sguardi tesi.
Era mattina inoltrata, il sole era alto nel cielo e i sui riflessi
davano vita
a giochi di luce sfuggenti sul lungo tavolo di legno a cui tutti erano
seduti.
Nella stanza ariosa regnava un solitario silenzio, l’unico
rumore udibile era
il tintinnare dei cucchiaini nelle tazze e il tonfo dei piatti posati
sul
tavolo. Ognuno sembrava molto concentrato, completamente preso
dall’attività di
rimescolare continuamente, quasi ossessivamente, latte macchiato,
tè, caffè,
cioccolato e nessuno sembrava aver motivo di parlare. Ognuno stava
consumando
la propria colazione in religioso silenzio. Ad un certo punto fu Danzo,
seduto
a capotavola, a prendere la parola.
“Prendete qualcosa” propose, guardando prima
Shikamaru e poi Hinata “E’
maleducazione rifiutare durante un invito, non credete?”
Hinata, tremando un poco, allungò una mano verso il tavolo e
si servì del tè.
Poi prese un biscotto e gli diede un morso, cominciando a masticarlo
lentamente.
“Bene.” commentò l’uomo
“E tu, Nara?”
Shikamaru, l’espressione indifferente, si versò
del caffè. Dopo aver portato la
tazza alla bocca, domandò, chiaramente annoiato:
“Perché ci ha convocati?”
L’Hokage scoppio in una risata roca ed educata.
“Vuoi già privarmi della tua compagnia,
Nara?” rispose senza alcun risentimento
“Eppure la signorina Hyuga non sembra essere del tuo stesso
parere.”
Hinata batté piano le palpebre e mandò
giù un altro pezzo di biscotto, cercando
di rimanere calma.
“Mi dispiace sentirti così seccato. Tra un
po’ avremo anche altra compagnia!
Lasciateci soli.” ordinò poi
all’improvviso. Il suo cucchiaino tintinnò sul
bordo della tazza e tutti gli uomini che stavano facendo colazione al
tavolo si
alzarono dai propri posti, cominciando a lasciare ordinatamente la
stanza.
Shikamaru e Hinata rimasero così soli con
l’Hokage. Dopo che tutti ebbero
sorpassato la porta, Danzo chinò la testa e
continuò a bere dalla sua tazza in
silenzio per un po’. Solo in quegli attimi Hinata
trovò il coraggio di guardare
negli occhi Shikamaru: essi erano l’unica cosa di lui che
tradissero la sua
inquietudine. Il suo viso era una maschera dura, perfetta, senza
espressione,
il suo corpo immobile non tradiva alcun segno di cedimento. Hinata
sperò
vivamente di apparire lucida come lui: lei non riusciva a sentirsi
tranquilla,
si sentiva bruciare dentro, sentiva un terribile presentimento.
Deglutì,
chiudendo gli occhi e pregando che non fosse accaduto nulla di grave:
non erano
mai stati convocati di mattina, con tanta priorità, durante
la colazione
dell’Hokage.
Shikamaru mosse piano la testa nella sua direzione, facendole cenno di
stare
calma, e tornò a guardare nella sua tazza; la kunoichi
notò con timore che il
suo sguardo si era fatto più fosco. Sicuramente stava
analizzando tutto ciò che
gli era accaduto negli ultimi giorni ed era giunto ad una falla che
l’aveva
innervosito. Hinata nascose le mani sotto il tavolo per non mostrare
che ormai
si muovevano da sole e senza pausa: tremava come le foglie secche preda
del
vento che tante volte aveva visto sui rami in autunno. Lo stesso vento
che,
dalla finestra immediatamente dietro Danzo, raffreddava
l’aria nella stanza.
L’uomo posò la tazza e, lentamente, con passi
cadenzati, si diresse alla parete
per chiudere la finestra. Poi non si sedette di nuovo, ma rimase in
piedi e
prese a fissare la tavola ingombra di stoviglie fino al posto opposto
al suo.
La sua tazza ormai non fumava più.
“Mi è giunta voce,” cominciò
a dire a voce bassa “mi è giunta voce che qualcuno
stia contravvenendo alle regole stabilite. Non è forse
così?”
Con un cenno del viso si rivolse a Shikamaru che, guardandolo negli
occhi,
mentì senza scomporsi: “Non so di cosa stia
parlando.” Le cicatrici sul viso di
Danzo si contrassero in un’espressione grave, tanto da
sembrare spaventose, e
l’uomo ripeté, come se non avesse udito le sue
parole: “Mi è giunta voce che
qualcuno stia contravvenendo alle regole stabilite.”
“Le ho già risposto che non ho idea di cosa stia
parlando, Hokage.” replicò
ancora Shikamaru, sostenendo il suo sguardo.
Danzo lo fissò per qualche secondo, lo sguardo duro, poi
esclamò bruscamente:
“Credo che sia arrivata l’ora delle
visite.”
All’improvviso si alzò un mormorio concitato
dietro la porta, che si aprì
lentamente: Naruto entrò nella stanza trascinando i piedi
pesantemente, le
mani, una delle quali ricoperta da una fasciatura, legate davanti al
corpo. Non
appena Hinata lo vide, il suo viso pallido riprese colore e il cuore
cominciò a
batterle forte. Si portò una mano sul petto e prese a
spingerlo piano, ma esso
non rallentò i suoi respiri.
Lo shinobi si guardò velocemente intorno, diffidente, pronto
a scatenarsi al
minimo segno sospetto, ma la prima cosa che il suo sguardo
incontrò fu il volto
di Hinata, e non poté non sorridere, nonostante tutto. La
kunoichi arrossì
quando i suoi occhi si fermarono su di lei, ma fu per poco,
perché subito lo
sguardo di Naruto si posò su Danzo, scintillando di furore.
“Cosa vuoi, adesso?” esclamò pieno di
rancore.
L’Hokage non batté ciglio; soltanto
ricambiò celermente il suo sguardo e gli
ordinò: “Siediti.”
Incollerito, i pugni stretti, Naruto obbedì. Prese posto
accanto a Shikamaru e
il silenzio calò nella stanza nuovamente. Incuriosito e
preoccupato, si voltò
verso Shikamaru.
Sembrava inquieto, pensieroso. Guardò ancora Hinata: stava
tremando. Il bianco
dei suoi occhi sussultava violentemente nelle iridi lucide. Quando lo
incontrò,
non riuscì più a pensare a nulla: deciso,
allungò una mano sotto il piano del
tavolo e cominciò a cercare quelle della kunoichi. Le
strinse forte e Hinata
sussultò, sorpresa. Naruto le sorrise piano, rassicurante,
ma lei abbassò la
testa: solo allora lo shinobi ricordò quello che era
successo la sera prima e
il suo sorriso si spense. Però non lasciò le sue
mani.
“Cosa diavolo vuoi da me?” esclamò
ancora rivolto a Danzo, lo sguardo
minaccioso. L’uomo alzò la testa e disse piano:
“Mi è giunta voce che qualcuno
stia contravvenendo alle regole stabilite.”
Gli occhi di Naruto si spalancarono di scatto, sconvolti. Danzo aveva
saputo:
Hinata, tremante, strinse forte le mani attorno alle sue e prese a
sfiorarle
delicatamente con il pollice per calmarlo, mentre Shikamaru ripeteva:
“Non so
di cosa stia parlando. E come potrebbe saperlo lui che è
isolato da tutti?”
Il volto di Naruto riacquistò piano il proprio colore e la
sua rabbia crebbe,
però egli rimase in silenzio. L’uomo, allora, si
voltò verso Hinata e suggerì:
“Magari la signorina Hyuga sa qualcosa di tutto
questo.”
“N-no.” mormorò la kunoichi flebilmente
e abbassò la testa, incapace di
sostenere il suo sguardo.
Danzo corrugò la fronte e sentenziò con distacco:
“Smettetela di mentire. So
tutto. Nara, con l’aiuto di Yamanaka fai accedere in segreto
Hyuga alle segrete
per incontrare Uzumaki. Credevi forse che non l’avrei mai
saputo?”
Shikamaru sostenne fermamente il suo sguardo accusatorio. “Ha
forse qualche
prova?” gli chiese, calmo. L’uomo, però,
non gli rispose e si voltò verso
Hinata, che meccanicamente lasciò le mani di Naruto.
“Hyuga, che vergogna. Una relazione con Uzumaki. Tuo padre
non sarebbe
d’accordo, non è vero?”
sussurrò in modo spietato. La kunoichi sentì le
lacrime
bagnarle gli angoli degli occhi. “Rischi tutto per Uzumaki,
per il presunto
traditore del villaggio! Ti avverto che certamente tuo padre non ha una
grande
opinione di lui, è stato così facile convincerlo
a schierarsi con me con questa
stupida menzogna!”
Rise piano, mentre la kunoichi ormai piangeva in silenzio senza neanche
preoccuparsi di nascondere le lacrime. Naruto scattò in
piedi, furibondo.
“Lascia stare Hinata, bastardo!” urlò
pieno di rancore. Cercò di saltargli
addosso, ma Shikamaru lo fermò appena in tempo: Fu e Torune,
le guardie del
corpo dell’Hokage, avevano appena spalancato la porta e si
erano precipitati al
suo fianco per catturarlo.
“Hokage, cosa è successo?” esclamarono
mettendosi sull’attenti. Danzo fece un
cenno con la mano e le guardie si rilassarono.
“Nulla, non preoccupatevi.” liquidò,
muovendo la testa verso Naruto, Shikamaru
e Hinata a turno. “Mi serve Yamanaka. Trovatela e portatela
qui immediatamente.
Poi preparate quattro esecuzioni per domani. In questo modo impareranno
a non
disobbedire a ciò che dico.” conchiuse secco.
“E’ stato un piacere parlare con voi.”
aggiunse prima di lasciare la stanza “Vi
chiuderò a chiave fino all’arrivo di Yamanaka, poi
sarete scortati tutti in
cella. Non sei contento Uzumaki? Per questa sera avrai
compagnia.”
Naruto guardò la porta chiudersi con i pugni stretti, il
volto contratto dalla
rabbia.
“Moriremo tutti” mormorò furibondo,
quasi senza fiato “e la colpa è soltanto
mia!”
Hinata piangeva ancora in silenzio, il volto tra le mani e si
sentì male quando
lo sguardo dello shinobi ricadde su di lei. Poi Naruto si
voltò verso
Shikamaru, credendo di scoprirlo arrabbiato, ferito, ma nessuna di
queste
emozioni dimorava sul suo viso: era apatico, come al solito
indifferente.
“Sarebbe successo prima o poi.” parlò
spiegando piano i suoi pensieri “Mi era
già sembrato molto strano che con tutta la gente che lavora
qui al palazzo
Danzo non sapesse nulla. Adesso l’unica cosa che possiamo
fare è aspettare.”
“Cazzo!” sibilò Naruto, mordendosi un
labbro “Se avessi saputo, se avessi
saputo!”
Misurò la distanza che lo separava da Hinata con falcate
lunghe e veloci, a
braccia incrociate e continuando a torturarsi le labbra. Anche se la
kunoichi
lo aveva rifiutato, non riusciva a fare ancora a meno di lei. Le si
fermò a
fianco fremendo, combattuto tra l’allungare le dita e
sfiorarle la spalla, un
gesto così proibito e contrario alla volontà
della sua amata, ne era certo, e
il restare fermo lì, senza sapere cosa fare. Ma non si
mosse. Continuò a
guardarla piangere sentendo il suo stomaco andare in frantumi.
All’improvviso,
però, la kunoichi alzò il viso e Naruto
scoprì che le lacrime avevano smesso di
solcarle le guance. I suoi occhi tristi non piangevano più,
anzi lo fissavano
tormentandosi disperatamente.
“Hinata?” domandò lui, la voce incerta.
La kunoichi si levò in piedi lentamente
e posò la mano sul suo polso, cominciando a sfiorare la
fasciatura che
avvolgeva il palmo della mano di Naruto.
“Non mi fa male, non preoccuparti!”
esclamò immediatamente lo shinobi con un
sorriso, per rassicurarla “E’ stato soltanto un
pugno che ieri-“
S’interruppe di scatto, inorridendo: alle sue parole, Hinata
era stramazzata
improvvisamente a terra, piangendo disperatamente. Sconvolto, si
chinò di
fronte a lei.
“Hinata? Cosa c’è? Non ti senti bene? Hinata?!”
“Io… Io sono una stupida...”
mormorò lei a fatica tra i singhiozzi “Una
stupida… Una sciocca… Io ho creduto a quello che
hanno detto gli altri di te…
Ho creduto che tu fossi davvero un traditore… Sono una
stupida…” Naruto
spalancò gli occhi e il suo respiro si fece più
veloce. “Io… io non ti merito.”
balbettò lei sommessamente “Non ti
merito.”
Lo shinobi, turbato, negò vigorosamente con la testa.
“Non
è
vero, io non riuscivo a capire, io non riuscivo a-”
“N-no!” Hinata lo interruppe e, coraggiosamente, lo
guardò negli occhi. “Sono
stata io… Ma non voglio… Non voglio
perderti…” Arrossì un poco e gli
strinse le
mani. “Ti prego, perdonami… Questa
sera… Questa sera sarà per noi
l’ultima… E
la colpa è mia… Sono convinta che abbiano visto
proprio me, mentre andavo via
dalle prigioni… Perdonami, ti supplico… Questa
sera… Sarò tua... Te lo
prometto.”
Gli occhi sgranati, lo shinobi la vide avvicinare la sua mano al viso
rosso e
bagnato.
“Questa sera?” ripeté piano,
stringendola a sé. “Questa sarà la sera
in cui… ”
“Questa sera.” sussurrò Hinata
timidamente, affondando il viso nell’incavo
della sua spalla per non incontrare i suoi occhi limpidi come il cielo
libero
dalle nuvole, nonostante tutto.
Moriremo domani? Non è nulla: questa sera
apparterrò definitivamente a te.
Nda (07/02/10)
E finalmente pubblico questa fic. Per me è una specie di conquista, dato che, da quando è finito gennaio, praticamente non ho visto il computer neppure con il binocolo, se non per controllare quando fossero usciti i risultati del contest che - non ci credo ancora! - questa fic ha vinto. Ho provato una felicità immensa nel sapere che le giudicie avvessero apprezzato questa fic, non me lo aspettavo proprio. Spero che possa lasciare qualcosa anche a voi :)
Riporto i giudizi del contest:
ValeHina
Grammatica e stile: 8,5/10
Originalità: 10/10
IC: 10/10
Attinenza al tema: 7,5/10
Giudizio personale: 9,5/10
Totale: 45,5/50 punti
Ho trovato non molti errori, purtroppo ripetuti alcune volte. Non è niente di grave, sono soltanto errorini di distrazione che sarebbero spariti con una lettura ulteriore, magari più approfondita.
Una cosa che ho notato spesso è che mancano alcuni punti a conclusione di alcune frasi: sembrano in questo modo dei mozziconi in attesa di una fine.
Alcune frasi sono strutturate male, così da non avere molto senso.
‘Eco’ e ‘espressione‘ sono femminili, perciò vogliono l’apostrofo. Credo sia un errore di distrazione, vero?
Mi è piaciuto molto il tuo stile. E’ scorrevole, conciso, non si perde in particolari inutili…
Probabilmente è così grazie a tutta l’esperienza che hai acquisito, no? Anch’io un giorno spero di arrivare a questi livelli. *^*
(non c’entra niente, ma amen ._.)
Originalità: qualcosa di fantastico, non c’è che dire.
Ho sempre sospettato che se Danzo avesse la possibilità di prendere il potere creerebbe una sorte di tirannide, esattamente la stessa che tu descrivi.
Ho apprezzato il sad ending (anche se mi dispiace *sigh*): senza di quello la storia non sarebbe risaltata.
Complimenti, davvero.
IC: dannazione, nemmeno qui ho qualcosa da criticare.
Perfetti. Straordinariamente IC.
Ho amato alla follia Hinata, perché ha un’introspezione da urlo. Vederla così fragile e debole, insicura e titubante…
C’è troppa gente che la vede solamente per il suo lato forte e deciso, ma quello che hai descritto tu è il suo vero carattere. E l’hai descritto in maniera impeccabile.
Naruto è impulsivo e iroso, forse un po’ troppo. Analizzando la situazione però scopriamo che ha tutti i motivi di essere ‘leggermente’ arrabbiato. xD
Mi è piaciuto anche il ruolo di Shikamaru e di Ino, sia come coppia che come individui singoli. Mi sto avvicinando sempre più a questo pairing, e ritrovarlo qui mi ha fatto ancora più piacere.
L’ultima frase poi è un tocco di classe.
Attinenza al tema: questo forse è l’unico punto “negativo” – e lo metto tra virgolette, perché in effetti negativo non lo è.
Non ho niente da dire riguardo la canzone: è usata interamente e si incastra bene con lo svolgersi dei fatti.
Avrei preferito però un uso massiccio dell’elemento ‘colazionesco’, cosa che mi rendo conto fosse lievemente impossibile ai fini della tua storia.
La colazione c’è, è alla fine. E’ la parte clou, in cui tutto emerge e tutto si conclude. Va bene.
Giudizio personale: una storia che ho amato e che mi ha commosso.
Sai, pensavo che tutti avrebbero scritto storie divertenti e allegre con il tema della colazione. Invece sei arrivata tu, e bam! Mi fai piangere.
Sono felice che tu sia riuscita a concludere questo ‘pezzetto d’anima’, come lo chiami tu. Perché è splendido.
(P.S. sono convinta anch’io che scrivere NaruHina non sia facile come una volta. Però tu sei talmente brava che sarebbe un vero e proprio peccato non poter leggere altre tue storie. :3)
Mokochan
Grammatica e stile: 9/10
Originalità: 10/10
IC: 9,5/10
Attinenza al tema: 10/10
Giudizio personale: 9,5/10
Totale: 48/50
Giudizio: Allora, ho trovato la storia scritta bene, il tuo stile mi piace molto.
Sulla grammatica non ho nulla da dire, se non due cose: hai fatto qualche errore di battitura - hai scritto “Compagnp” al posto di “Compagno” e “Avveryo” invece di “Avverto” - e due frasi andrebbero riviste poiché rendono la lettura meno scorrevole. Per il resto tutto ok^_^ (per quanto mi riguarda, eh! XD)
La storia è molto originale, vede Naruto rinchiuso in prigione da Danzou con accuse false; Hinata lo va a trovare tutte le notti e gli rimane fedele, anche se… Per un attimo mette in dubbio l’innocenza di Naruto.
Umano, vero… Un comportamento che si addice alla nostra Hyuuga.
Ho trovato i personaggi IC, non c’è altro da dire. L’introspezione è curata bene, mi è piaciuta. La storia è triste e non con il solito lieto fine: vediamo Naruto, Hinata, Shikamaru e Ino rinchiusi in prigione (Questi ultimi con l’accusa di aver aiutato Hinata ad incontrare il prigioniero) in attesa dell’esecuzione che li attende il giorno dopo. E’ l’ultima notte per Naruto e Hinata.
Una dolce, malinconica notte. L’ultima. Però insieme.
L’ultima scena, quel “Moriremo domani? Non è nulla: questa sera apparterrò definitivamente a te” mi ha commossa.
Brava, davvero. E’ una bellissima storia^^
Totale di entrambi i giudizi: 93,5/100
Se
non avete trovato errori nella fic, è solo grazie alle giudicie, che,
pazientemente, me li hanno fatti notare, perché io potessi
correggerli. Grazie duemila volte (anziché mille ^^)!
Rinnovo i complimenti a tutte le partecipanti del contest: ho adorato
le vostre fic, sul serio. Mi ci voleva proprio un overdose di NaruHina
per riprendermi. <3
Un pensiero particolare va a Katia e a Sonia, a cui dedico la fic.
Grazie per le belle parole e per il sostegno, ragazze. Senza di voi non
sarebbe lo stesso.
Alla
prossima!
Un bacio.
Ayumi
Banner by ValeHina. Grazie mille! *_*