Ciao
a tutti! ^-^
Finalmente, dopo due mesi, ce
l’ho fatta a scrivere il secondo capitolo! Scusatemi per la
lentezza, ma
sapevate che questa ff non era una mia priorità e poi io
sono una ragazza
impegnata assai u.u
Comunque, ce l’ho fatta n.n Spero
che questo capitolo vi piaccia come il primo o anche di più,
dai!
È stato difficile scrivere questo
capitolo perché questo non è stato un sogno, ho
dovuto spremere un po’ le
meningi ma non penso sia venuto male!
Bene, ho detto tutto, me ne vado.
Ci vediamo a fondo pagina per i ringraziamenti! A dopo, buona lettura!
;D
Vostra, _Pulse_
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Capitolo
2
Dovetti
sbattere più volte le
palpebre per abituarmi alla luce del sole che entrava dalla finestra.
Mi guardai intorno e sul comodino
vidi la radiosveglia che confermava che era ormai l’alba; mi
stiracchiai e mi
stropicciai gli occhi per diversi istanti, fin quando non sentii dei
rumori al
piano inferiore, dove probabilmente dovevano esserci i miei cari
coinquilini.
Mi
tirai su a sedere e un fascio
di luce mi accecò gli occhi, facendoli lacrimare. Da quelle
lacrime del tutto
spontanee se ne susseguirono altre quando mi resi conto che ero una
specie di
prigioniera, sola e con troppe responsabilità sulle spalle.
Sarei riuscita a riacquistare la
mia libertà, a ritrovare la mia amica, a liberare i miei
parenti dal carcere e
a ritornare a casa sani e salvi?
Chissà
ora dov’era finita
Loruama. Quando ero scappata dalla casa di Fiore l’avevo
lasciata lì, in pasto
al corteo che ci inseguiva ormai da settimane.
Mi sentii tremendamente in colpa
e un senso di solitudine mi si attanagliò al cuore:
perché doveva capitare a me
una cosa del genere? Perché proprio io?
Voglio tornare a casa…
Voglio la mia mamma, il mio papà, i miei zii…
Voglio la mia amica…
Voglio la mia libertà.
Mi
passai le mani fresche sulle
guance e tirai su col naso, poi corsi alla porta e ci sbattei contro.
Sbigottita provai e riprovai ad aprila, ma… era chiusa a
chiave. Era chiusa a
chiave!
Quel Nick mi aveva presa in giro
la sera prima! Perché mi aveva chiuso a chiave lì
dentro?!
«Ehi!»,
cominciai a gridare,
tempestando la porta di calci e di pugni. «Che qualcuno mi
venga ad aprire
subito! EHI!»
Smisi
di fare rumore e sentì il
rumore assordante del silenzio, solo qualche gabbiano volava nel cielo
riproducendo il suo verso.
Mi accasciai a terra e mi strinsi
le gambe al petto, incominciando di nuovo a singhiozzare, la testa
appoggiata
alla porta.
Perché nessuno veniva ad aprirmi,
volevano lasciarmi lì per quanto tempo ancora?
“Piccola, perché
piangi? La mamma è qui con te”
“Ho paura, tanta paura.”
“La paura esiste solo se non si ha nulla per cui lottare;
allora sì,
che bisogna averne.”
Le
parole di mia madre fecero
breccia nella mia memoria e pensai che non c’era nulla di
più veritiero. Stare
lì a piangere dunque non serviva a niente ed avere paura
nemmeno, perché io
avevo tantissime cose ancora per cui combattere e, finché le
avessi avute,
nessuno mi avrebbe fermata.
Mi
alzai e feci un giro per la
stanza, guardandomi intorno. Andai alla finestra e tentai di aprirla,
ma era
chiusa a chiave anche quella e inoltre sarebbe stato impossibile
calarsi giù in
quanto era altissimo e io soffrivo di vertigini.
Dovevo trovare un altro modo per
evadere, ma così a prima vista non c’erano molti.
Eppure… doveva esserci! Non
potevo e non volevo restare lì per sempre!
Sospirai
e mi massaggiai le
tempie, in cerca di una soluzione, quando mi venne in mente che se non
volevano
che morissi di fame prima o poi mi avrebbero dovuto portare qualcosa da
mangiare: in quel momento avrei potuto assestargli un bel calcione e
cercare di
fuggire.
Sfregai
le mani l’una contro l’altra
e mi gettai di nuovo sul letto sfatto, sul quale mi rotolai come facevo
da
bambina. L’occhio mi cadde sul comodino, sul quale era
appoggiato il
telecomando che doveva essere per forza del televisore al plasma appeso
alla
parete.
Lo
presi e accesi lo schermo, che
si sintonizzò subito sul telegiornale. Mi soffermai a
seguire il servizio e mi
si bloccò il respiro quando vidi inquadrati i miei zii e mio
padre in una
cella, i visi sciupati ma gli occhi brillanti che richiamavano solo
giustizia e
voglia di libertà. Poi fecero vedere anche Loruama, in
un’aula di tribunale e
condannata a scontare una pena a tempo indeterminato per avermi aiutata
a
fuggire.
Strinsi
i pugni dalla rabbia e
trattenni un grido, quando anche la mia immagine passò sullo
schermo accanto
alla signorina che parlava sorridente, dicendo che ero la ricercata
numero uno
delle forze dell’ordine come se fosse la cosa più
normale del mondo, per poi
passare tranquillamente ad un servizio sui cani.
Come
mai mi ricordava un
telegiornale che c’era anche nell’altro mondo? Bah.
Spensi
il tv e andai all’armadio,
incuriosita. Aprii le ante chiare e finii dentro una grande stanza,
ricoperta
di abiti su tre pareti e al centro c’era un grande specchio
su cui ammirarsi
fino alla nausea.
Non ero mai stata una ragazza
attenta al proprio look, mi piaceva vestirmi bene ma se non ne avevo
voglia
mettevo le prime cose che capitavano nell’armadio e il fatto
che la gente
parlasse bene o male di me non mi interessava.
Feci
scorrere le dita sugli
abiti, da semplici jeans e magliette a vestiti da sera quasi
principeschi. Ne
presi uno verde e tanto per passare il tempo me lo infilai e mi guardai
allo
specchio, chiedendomi se mai potessi essere io quella lì.
Stavo
per togliermelo quando
sentii la porta della camera mia aprirsi e mi precipitai fuori dal
guardaroba,
trovandomi di fronte ad un Nick che rimase a bocca aperta vedendomi.
«B-Buongiorno»,
balbettò.
«Buongiorno»,
dissi stizzita,
portandomi le braccia al petto e fissando un punto sulla mia sinistra,
indifferente,
anche se sentivo le gote bruciarmi. Possibile che dovessi farmi beccare
con
quel vestito addosso?!
«Sei…
come dire… bellissima.»
Lo
guardai con la coda
dell’occhio e mi morsi un mezzo sorriso, ma tornai subito a
fare l’offesa:
«Che ci fai qui?»
«Sono
venuto a portarti la
colazione.»
A
quella parola mi si
illuminarono gli occhi e corsi da lui, gli rubai il vassoio dalle mani
e mi
misi seduta sul letto, mangiando avidamente una ciambella ricoperta di
zucchero
a velo. Era dalla mattina precedente che non mettevo niente sotto i
denti,
anche per colpa loro!
«Avevi
fame?», ridacchiò.
Io
non gli risposi, anzi gli
diedi ancora di più le spalle e bevvi tutto d’un
sorso la spremuta d’arancia,
per poi tuffarmi su una fetta biscottata con la marmellata ai mirtilli.
«Ehi,
che hai? Sei arrabbiata con
me?»
«Potrebbe
essere», bofonchiai a
bocca piena, rischiando per altro di strozzarmi.
«Ma…
Che cos’ho fatto?!»
Sgranai
gli occhi e li strinsi
all’istante, girandomi verso di lui minacciosa:
«Che cosa hai fatto? Che cosa
hai fatto?!» Mi alzai e marciai verso di lui, fino ad
arrivargli ad un palmo
dal viso, un’espressione dura ed irremovibile.
«Mi hai presa in giro! Ieri sera
non mi avevi chiusa a chiave, stamattina mi sveglio e puff, chiusa qui
dentro!
A che gioco stai giocando, me lo spieghi?!»
«Non
ti ho chiuso io a chiave, te
lo giuro», sospirò passandosi una mano sulla
fronte.
«E
chi è stato, di grazia?»
«Joe,
mio fratello. Non si fidava
a lasciarti così libera, questa notte ha preso le chiavi
e…», alzò una mano e
di scatto mi irrigidii, lui mi sorrise rassicurante e mi
pulì un angolo della
bocca, sporco di zucchero a velo, con un dito.
Rimasi
per diversi secondi
immobile dopo quel gesto, spiazzata e in tremendo imbarazzo, tanto che
mi
sentivo rossa come un peperone non solo in faccia, ma dalla testa ai
piedi.
Lui ridacchiò – doveva trovarmi
divertente – e poi mi prese per mano e aprì la
porta, portandomi con sé. Però,
almeno quella volta, ebbi la forza di fermarmi e di guardarlo
accigliata:
insomma, ero ancora arrabbiata con lui!
«Dove
mi stai portando?»
«Vorrei
farti capire che siamo
tutti nella stessa barca e che non vogliamo farti del male, ma che
semplicemente ci servi.»
«Vi
servo?
Cos’è, mi volete sfruttare per uno dei vostri
loschi
piani?!»
«Oh!»,
sbuffò scuotendo la testa
– quegli adorabili ricci lo seguirono. «Non
intendevo dire quello! E non siamo
dei mafiosi, per la cronaca!»
«Scusami
tanto se sono ancora
arrabbiata con te per avermi chiusa là dentro come una
prigioniera!»
«Ti
ho già detto che non sono
stato io, ma mio fratello!»
«Tuo
fratello è comunque una
parte di te!»
Si
fece di colpo serio: «Sei
figlia unica?»
«No»,
abbassai il capo, un velo
di malinconia negli occhi. «Mio fratello è stato
spedito qui con me, la mia
amica e il resto della famiglia che conosci già.»
«E
ora dov’è?»
«Da
qualche parte in questo mondo
parallelo, non ho fatto in tempo a trovarlo ancora», feci una
smorfia e lo
sorpassai.
Lui
mi raggiunse, mi affiancò in
un silenzio alquanto imbarazzante e mi scortò fino ad una
sala nella quale
c’erano fior di macchinari supertecnologici e alcuni
scienziati in camice
bianco che stavano facendo degli esperimenti.
«Ehi
fratello!», agitò la mano
quello che doveva essere Kevin. Ci avvicinammo e scambiò una
lunga occhiata con
Nick, come se si stessero parlando con il pensiero, poi si
soffermò a guardare
me con attenzione e sollevò il sopracciglio: «Come
mai sei vestita così?»
Mi
guardai e borbottai stirandomi
il vestito che non avevo nemmeno avuto il tempo di togliere, per una
cosa o per
un’altra, sulle gambe, poi sollevai lo sguardo incontrando
quello divertito di
Nick.
«Stai
molto bene comunque»,
sorrise cordiale. «Ah, non mi sono nemmeno presentato
decentemente: io sono
Kevin, piacere!», mi stese la mano e io la strinsi,
borbottando il mio nome.
«Che
stavi facendo?», chiese
Nick.
«Uh,
le ricerche stanno andando
avanti. Molto lentamente, ma stanno andando avanti. Prima sono riusciti
pure a
trasportare una mela nell’altra dimensione! O
almeno… si presuppone. Sai, non sono
solo due le dimensioni, ce ne possono essere anche infinite altre
e…»
«Cioè,
voi state tentando di
trovare un modo di tornare alla nostra dimensione con la
tecnologia?», chiesi
sbigottita.
«Sì,
esatto. Anche noi vogliamo
ritornare a casa», mi rispose Nick con uno sguardo
tutt’altro che bugiardo.
«Ma…
ma non è contro il
regolamento? È per questo che voi mi cercavate, per non
farmi tornare a casa!»
«No,
noi…», balbettò Kevin,
passandosi una mano sul collo.
«Diciamo
che facciamo il doppio
gioco», disse una voce alle nostre spalle: Joe ci stava
vendendo incontro con
le mani in tasca e con il suo sorrisetto strafottente e allo stesso
tempo molto
sexy.
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Ringrazio:
nes95:
Ah no cara, per i sogni strani sai che ci sono anch’io ora
xD
Grazie mille per la recensione,
alla prossima! ^-^
Utopy:
Uuuh, tu ci sei sempre comunque e dovunque! Tu sei una vera
fedele *-*
Sììì, solo certi sogni possono
essere di mia competenza! xD Con i Jonas, tra l’altro! Si sa
che preferisco
fare sogni con altri protagonisti, ma chissà cosa mi
è preso quella volta: avrò
mangiato pesante, sicuro! xD
Fa uno strano effetto anche a me,
a dirti la verità. Non so come cavolo potrebbero comportarsi
questi tizi, però
dai sono avvantaggiata perché è tutto quasi
surreale xD
Se piace a te, sai che non può
andare meglio di così per la sottoscritta! Sono
supercontenta che ti piaccia,
assai! *-*
Grazie Alessandruccia mia, ti
voglio tantissimo bene!! Luv yaaa ©
svampy1996:
Sono contenta che ti piaccia e spero che ti piaccia
anche questo capitolo ^-^
Per favore, non chiamarmi
“scrittrice sempina”! xD Grazie milleeeee.
Alla prossima, bacio, ciao!
music__dreamer:
No, stai pur certa che non lo sei! xD
Spero che questo “continuo” ti
sia piaciuto e sono contenta che questa versione dei Jonas ti piaccia
^-^
Grazie per la recensione, alla
prossima! Bacio.
Per
le recensioni allo scorso
capitolo! Grazie, voi non sapete quanto mi hanno fatto piacere!
Soprattutto
sapendo che non era nulla di particolare quel capitolo, in quanto
confuso e
molto… particolare, come chi l’ha scritto xD
Grazie grazie grazie! *-*
Ringrazio tantissimo anche chi ha
messo questa ff fra le preferite e le seguite, davvero non me
l’aspettavo!
Al prossimo capitolo, speriamo
presto xD Con affetto, vostra
_Pulse_