Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers
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Autore: _Pulse_    08/12/2009    4 recensioni
Una volta usciti dall’acqua, ancora placcata da i due Jonas, il terzo si avvicinò e passò due asciugamani ai fratelli.
«Tante grazie!», gridai, fuori di me.
«Non iniziare a lagnarti! Vieni qui con me!», gridò il più piccolo, attirandomi a sé e avvolgendomi nel suo asciugamano con lui. Rimasi piacevolmente sorpresa da quel gesto e mi arresi al fatto che ormai non mi restava altro da fare che seguirli e scoprire che cosa volevano da me.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahah!!! XD
Scusate lo sclero U.U
Questa… cosa xD che leggerete fra poco, è il frutto di un mio sogno. Sì, questo è il sogno che ho fatto questa notte. Lo so, faccio sogni strani e ormai tutti lo sanno, ma che ci posso fare? xD
Premetto che i Jonas Brothers non sono proprio il mio gruppo preferito, però come dire… non potevo cambiare il mio sogno! È uscito così e così me lo devo tenere xD
Spero che questa cosa vi piaccia almeno un po’ e vi avviso che non sarà fra le mie priorità, quindi potrebbe passare anche tantissimo tempo prima di un nuovo aggiornamento u.u
Ho altre 3 ff - ufficiali, poi ci sono anche tutte quelle non ufficiali che si scrivono nel frattempo *-* - da finire e da scrivere! E inoltre sono una ragazza impegnata u.u xD
Concludo ringraziando tutti quelli che da sempre, sempre, sempre mi sostengono. Chi vuol capire, ha capito *___* Grazie!
PS: Buona lettura! ;D Vostra, _Pulse_


Can I save You?

Capitolo 1


Mi guardai intorno e suonai a quel maledetto campanello, con una fifa blu di essere catturata.

«Arianna, sei qui per…», mormorò una voce flebile nell’apparecchio, aprendomi il portone. Certo che quella Fiore era proprio strana.

Entrai nell’edificio e feci di corsa le scale, fino a trovarmi davanti quella ragazza dall’aspetto fragile, esile, i capelli castano scuro ricci e corti fino alle orecchie, gli occhi neri e la pelle caffèlatte. Quando mi guardava sembrava che sapesse tutto di me, e mi metteva un po’ in ansia.

«Vieni», disse indicandomi di entrare, anche se da dentro provenivano rumori strani, come se qualcuno picchiasse contro una porta per liberarsi.
«Non farci caso», mosse la mano, dirigendosi nella piccola cucina, da dove proveniva quel rumore. Sbattè un pugno contro il legno chiaro di una porticina e in risposta qualcuno spinse per aprirla, lei la bloccò sorridendomi.

Io, ancora sulla soglia, pensai che proprio io dovevo finire in quel casino colossale. Proprio io. Perché? Che avevo fatto di male per meritarmi tutto quello?
Ero finita in un mondo parallelo con una mia amica, mio padre e i miei due zii, perché mia madre, giornalista, aveva visto scomparire di fronte ai suoi occhi quella ragazza mezza pazza, che al tempo era una bambina di soli cinque anni, di nome Fiore. Da quel giorno aveva iniziato a fare strani esperimenti sui mondi paralleli e aveva avuto la magnifica idea di trasportarci tutti lì, esclusa lei.
Ora dovevo scegliere se lasciarmi aiutare da una pazza che sembrava buona, dopotutto, ed una vecchia maga di quel mondo che aveva la casa divisa in passaggi segreti e cunicoli sotterranei che per mia grandissima sfortuna avevo già avuto modo di visitare, rischiando anche la pelle.
E inoltre, non era certo finita qui, dovevo liberare mio padre, mio zio Dario e mio zio Manuel dal carcere in cui erano rinchiusi perché sospettati di aver trovato un modo alternativo per tornare a casa. Era infatti abitudine del luogo non tornare più nell’altro mondo, perché senza abitanti questo sarebbe scomparso.
Ma io volevo tornare a casa, non mi importava se avevo tutto il paese contro e che mi cercassero dovunque, con a capo quei strani tizi che si facevano chiamare Jonas Brothers. Non li avevo mai sentiti in vita mia, ma dovevano essere abbastanza famosi, visto che erano un po’ i capi dei cortei per la mia cattura.

Quel qualcuno nascosto dietro la porticina riuscii a liberarsi e scoppiò a ridere guardando la mia faccia mezza sconvolta, mentre Fiore si sistemava un ciuffo dietro l’orecchio, arrossendo d’imbarazzo.

«Ti presento… Alessandro, il mio ragazzo», disse piano, indicandolo.
Era in soli boxer con fantasia natalizia anche se non era affatto Natale, un fisico scolpito, la pelle caffèlatte come quella di Fiore , gli occhi verdi e i capelli rasati sulla testa.

«Piacere», mi disse stringendomi la mano, sorridendo. «Si vergognava a farmi vedere…», mi spiegò sussurrandomi all’orecchio.

«Ahm… capisco», annuii, corrugando la fronte e seguendolo in cucina.

«Finalmente sei arrivata!», mi gridò Loruama, abbracciandomi di slancio.

«Scusa il ritardo, ho solo rischiato la vita un paio di volte oggi!»

«Oh, figurati!», ridacchiò tornando a guardare fuori dalla finestra: si stava svolgendo un nuovo corteo, a cui capo come al solito c’erano i Jonas Brothers. Se ci avessero scoperte pure lì sarebbe stata la fine…

«Dovrebbe essere questo il palazzo!», gridò qualcuno nel corteo, fermandosi lì di fronte.

«Loru, non farti vedere, mannaggia!», dissi io, tirandola dentro, ma era ormai troppo tardi. Un coro si era levato dalla strada e pian piano erano entrati tutti nell’edificio: li sentivo salire le scale come un branco di tori imbufaliti.

«Ary, vai al mare, vai al mare!», mi gridò Loru prima che venisse buttata giù la porta dell’appartamento.

«Che cosa?! È tu?!»

«Non ti preoccupare per me! Ora vai!», mi spinse con violenza e finii nella porticina nella quale si era nascosto Alessandro al mio arrivo.
Ci caddi dentro e finii in un cunicolo nel quale dovevo camminare a carponi, talmente era stretto.
Non ne potevo più di passaggi segreti, ne avevo la nausea!

Vidi una luce alla fine del tunnel e, distratta, non mi ero resa conto che il terreno duro era diventato improvvisamente scivoloso. Caddi con la pancia e gridando scivolai giù a velocità sostenuta, come negli scivoli d’acqua, verso la luce, fino a cadere in mezzo a salvagenti, braccioli, palle gonfiabili e paperelle di gomma: almeno era stato un atterraggio morbido!

Dovevo essere all’interno di una cabina sulla spiaggia, visto gli accessori su cui ero caduta, e sentivo anche gli schiamazzi dei bambini all’esterno. Tentai di disincastrarmi da un bracciolo che mi si era infilato nella caviglia e da quel paio di salvagenti che mi stringevano in vita.

«Ma porca…», biascicai, quando la porta della cabina si aprì violentemente e per un attimo venni accecata dalla luce del sole, poi riuscii a distinguere tre figure conosciute di fronte a me.
«Oh no, ancora voi!», mi lagnai. Com’era possibile essere così sfigati?!

«Guarda guarda chi abbiamo trovato!», esultò la cheerleader, con tanto di divisa rossa e rosa e pom-pom fucsia, dai capelli biondi.

«Ci si rivede!», mi salutò con un sogghigno quella mora.

«Che bella sorpresa che ci hai fatto, venendo tu da noi! Ci hai risparmiato pure la fatica di venirti a cercare!», disse invece la rossa, prendendomi per un braccio e tirandomi verso di loro, che mi placcarono in una morsa d’acciaio.

«Avete visto? Che culo!», gridai, tentando di divincolarmi. «Ragazze, non sapevo foste anche giocatrici di rugby! Avete imparato dai vostri compagni di college? Allora le cheerleader non fanno solo quello che si dice che facciano ai giocatori!»

«Fai poco la spiritosa! Non abbiamo voglia di scherzare!», mi strapparono di dosso i braccioli e i vari salvagenti, facendomi un favore.

«L’altra volta ci sei sfuggita per un soffio, ma questa volta ti porteremo dai Jonas e come ricompensa diventeremo le loro ragazze!»

«E gli faremo togliere quell’anello della purezza!», ridacchiarono eccitate, saltellando e dandosi i cinque.
Ma perché erano capitate proprio a me quelle oche esagitate?

Mi trascinarono per un bel tocco di spiaggia, il sole stava calando all’orizzonte, e in prossimità degli scogli vidi i tre fratelli Jonas camminare verso di noi con sguardo compiaciuto.

«Ragazze, è il nostro momento!», gridò la biondina, lasciandomi libero il braccio per sistemarsi i capelli sulla testa.

«Che idiota», biascicai prima di tirare i capelli ricci a quella rossa, facendola gridare, e di mettere K.O. la mora con uno sgambetto a tradimento.
Dopodiché cominciai a correre dalla parte opposta dei Jonas, che dopo aver gridato qualche insulto alle tre inutili oche cheerleader, iniziarono l’inseguimento.

Mi faceva male tutto, arrivai sulla cima dello scoglio e mi guardai intorno: alla mia sinistra c’erano due dei Jonas (E il terzo?), dietro di me solo roccia impossibile da scalare, di fronte a me il mare che brillava al tramonto e quando mi girai verso la mia destra vidi il terzo Jonas, il più piccolo e con i capelli ricci.

«Buh!», mi sorrise facendomi spaventare. La roccia sotto il mio piede cedette e caddi in acqua, il ragazzo tentò di prendermi la mano, ma con l’unico risultato di cadere con me.

Aprii gli occhi sott’acqua e lo vidi nuotare velocemente verso di me, io mi lasciai scappare qualche bolla preziosa di ossigeno e tornai in superficie, per poi tentare di scappare dalla parte opposta, ma mi scontrai contro l’altro Jonas, il più grande.
Il mezzano era rimasto sullo scoglio: magari aveva paura che i suoi capelli perfettamente piastrati si rovinassero. Sicuramente.

«No, lasciatemi!», gridai dimenandomi, ma mi avevano bloccata ormai.

«Stai ferma, non ti faremo del male!», gridò il più piccolo.

«Non m’importa! Nessuno può impedirmi di tornare a casa! Io voglio tornare nel mio mondo, voglio liberare mio papà e i miei zii! Voglio tornare a casa!», gridai con tutto il fiato che avevo, ma mi coprirono la bocca con la mano e mi trascinarono verso riva.

Una volta usciti dall’acqua, ancora placcata da i due Jonas, il terzo si avvicinò e passò due asciugamani ai fratelli.

«Tante grazie!», gridai, fuori di me.

«Non iniziare a lagnarti! Vieni qui con me!», gridò il più piccolo, attirandomi a sé e avvolgendomi nel suo asciugamano con lui. Rimasi piacevolmente sorpresa da quel gesto e mi arresi al fatto che ormai non mi restava altro da fare che seguirli e scoprire che cosa volevano da me.

«Ora vieni a casa con noi», disse il piastrato, prima di girarsi e di guidare il gruppo.

Risentii le voci stridule delle tre cheerleader dietro di noi e sbuffai infastidita, contemporaneamente al ragazzo che mi teneva abbracciata a sé.
Lo guardai sorridendo e arrossii notando anche il suo di sorriso, così girai subito il viso dalla parte opposta.

«Io sono Nick, comunque», mi sussurrò all’orecchio.

«E io… io sono Arianna.»

«Onorato di sapere finalmente il tuo nome, causa di tutte le nostre ricerche», ridacchiò.

«Vorrei poter dire lo stesso, ma non sono affatto onorata di sapere il tuo, causa di tutte le mie fughe e di tutti i miei guai», sogghignai.

«Amoriiiiiiiii! Aspettaticiiiiii!», gridarono le oche dietro di noi; il maggiore si girò e gli fece segno di andarsene, io ridacchiai.

«Lui è Kevin. Invece l’altro è Joe», mi spiegò Nick.

«Te l’ho chiesto?»

«Vedi di non fare troppo l’acida, siamo sulla stessa barca tutti quanti!»

«Ah davvero?»

«Sì, davvero. Quindi vedi di collaborare.»

Sbuffai brontolante e non dissi più niente fino a quando non arrivammo a casa loro, una villetta a picco sul mare, nascosta da palme ed altri tipi di vegetazione.
Mi fecero entrare e riuscii solo a notare il grande salotto immacolato con immense vetrate che mostravano il mare al tramonto e l’immensa cucina, prima che Nick mi accompagnasse in camera mia: una grande stanza con letto a baldacchino, un televisore al plasma alla parete, un armadio gigante, un bagno con tanto di idromassaggio e una finestra dalla quale si vedeva la città illuminata.

«Ora stai qui buona, ci vediamo dopo», mi disse, guardandomi negli occhi, tenendo la maniglia della porta. Sospirò e si massaggiò la fronte con una mano: «Devo chiuderti a chiave?»

Sollevai le spalle, infilando le mani nelle tasche dei jeans e abbassando lo sguardo.
Abbassò lo sguardo anche lui e chiuse la porta; io rimasi in ascolto, ma non sentii nessuna chiave girare. Sorrisi e mi gettai sul letto, le braccia dietro la testa.

«Beh, poteva andare peggio», sospirai girandomi e chiudendo gli occhi, addormentandomi subito.

   
 
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