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Autore: Meli_mao    08/02/2010    6 recensioni
"Mi sono giustificata con queste tre semplici parole, senza però riuscire a pronunciare altro.
Nemmeno so che espressione abbia assunto, perché non ho avuto il coraggio di guardarlo. Non ce ne fu bisogno… lo conosco così bene…
Sarà stato serio, tranquillo. Avrà semplicemente stretto i pugni con nervosismo. Probabilmente non ha distolto per un attimo i suoi occhi scuri dalla mia testa e nella sua mente l’unica cosa che ripeteva era “ti odio per questo!”"
Buona lettura!
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nami, Portuguese D. Ace
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nota: Dunque questa storia nacqua per un contest al quale però non partecipò! Capisco che possa sembrare irreale la situazione, tuttavia vorrei precisare che avrebbe potuto anche essere un personaggio diverso da Ace, ma ce l'ho messo perchè mi piace molto...(Maledetto Odaaaaaaaaaaaaaaa).
Comuqnue spero vi piaccia, anche se non è particolarmente lunga e romantica in modo contorto! Inoltre fu scritta molte tempo da, ora mi sono solo limitata a postarla.
Buona lettura.





Incontrare lui fu la mia benedizione e al tempo stesso la mia maledizione.

L’ho sempre amato, nel modo puro e ingenuo in cui si ama il fratello maggiore inizialmente, nascondendo dietro a strane bugie i miei veri sentimenti.
Dire grazie a lui non l’ho mai reputato abbastanza. In una calda giornata d’estate mi salvò dalla mia persecuzione, e in una fredda notte d’inverno ammise di provare per me qualcosa oltre l’amicizia.
Sempre quella volta, davanti a una candela mezza spenta, ammise anche che avrebbe potuto amarmi davvero da uomo maturo solo quando avrebbe abbandonato il suo orgoglio. Sarebbe diventato il Re dei Pirati, avrebbe ottenuto tutto ciò che sognava e a quel punto sarebbe venuto da me.
Nel suo modo immaturo e semplicemente innocente quella strana dichiarazione rimandata mi apparve come una sorta di visione.
La mia lucidità, il mio essere calcolatrice, la mia razionalità…tutto crollato di fronte alla sua naturalezza.
O si, lui fu la mia salvezza e la mia unica speranza…ma se io non avessi mai accettato di essere la sua navigatrice oggi non avrei incontrato l’altro.
Se Rufy ammise in modo impacciato il sentimento che provava per me, suo fratello Ace non me lo disse mai.
Nemmeno ora, accanto al fuoco accesso, pur stringendomi con delicatezza, esprime a parole almeno una parte dei suoi sentimenti.
Accettai di seguirlo tre lune fa, tradendo ogni singolo mio compagno e soprattutto… abbandonando Lui, proprio quando ormai è vicino al suo sogno.
Da quel giorno non abbiamo una meta, io e Ace. Vaghiamo, come i vecchi marinai guidati dal bisogno. Ci fermiamo per cibo e il sonno. Ripartiamo con le prime luci dell’alba. E la sera, quando sentiamo ardentemente il desiderio di stare l’uno nelle braccia dell’altro, ci sediamo accanto a un fuoco, che sia in un camino o al centro di un bosco poco importa. Lui circonda le mie spalle con il suo muscoloso braccio e ogni tanto accarezza i miei capelli arancio arricciando sulle dita alcune ciocche.
Quando sentiamo di esserci scaldati abbastanza ci stendiamo insieme e consumiamo quello strano sentimento che ci ha portato laggiù.
Da sciocca ragazzina quale in realtà sono lo lascio addormentarsi per potermi alzare e scorgere la luna, in qualunque parte del cielo sia, e mandare la mia buonanotte a Lui.
Sento la solitudine, ogni attimo della mia esistenza, e il peso dell’errore sulla mia coscienza, errore compiuto per paura.
Matura? Adulta?
Io non sono mai stata nulla di tutto ciò.
Quando mi chiese di aspettare non seppi far altro che dire di si, innamorata anche io di quella sua semplicità circondata da un alone dorato.
“Si” perché quel suo sogno era così lontano e poco palpabile, così visibilmente irrealizzabile…

Sono scappata...

Ammetto alla fioca luce delle stelle.
Scappata dalla consapevolezza che l’eternità con lui mi faceva tremare.
Scappata per il terrore dell’amore che anch’io provo per lui.
Scappata perché mi sono resa conto che fra i due ora sono io che vuole l’avventura.
Lui cercava la casa, la famiglia… la vecchiaia… con me. Io desideravo solo poter essere ancora bella e giovane, perfetta e desiderabile… per lui.
Appoggio stancamente una mano sul vetro, stanotte siamo in una piccola casetta.
Piove.
Non l’avevo proprio previsto stavolta…
Anche il cielo piange il mio sbaglio?
Mi volto appena per vedere il profilo del mio compagno addormentato, che si muove leggermente nel piccolo letto.

Ho scelto lui…

Mi sono giustificata con queste tre semplici parole, senza però riuscire a pronunciare altro.
Nemmeno so che espressione abbia assunto, perché non ho avuto il coraggio di guardarlo. Non ce ne fu bisogno… lo conosco così bene…
Sarà stato serio, tranquillo. Avrà semplicemente stretto i pugni con nervosismo. Probabilmente non ha distolto per un attimo i suoi occhi scuri dalla mia testa e nella sua mente l’unica cosa che ripeteva era “ti odio per questo!”
Cosa avrei potuto fare?
È la mia natura….
Sono sempre stata una gatta selvatica, mai di nessuno.
Eppure perché soffro così?

Mi manchi…

Vorrei pronunciare per una volta il suo nome, senza paura, senza rammarico.
“Non sei stanca? Hai camminato tutto il giorno…” Ace si accosta a me e poi tace. È immobile, come una pietra.
“Cosa stiamo facendo?” gli chiedo in un sussurro. Abbassa lo sguardo, tristemente. Sto ferendo anche lui…
“Pensavo fosse ciò che volevi… andare lontano da lui…” pronuncia le parole con solennità, e sono così colpita dalla veridicità della frase che mi sembra ripetersi più volte nella stanza, come un eco.
“Quel giorno… mi pregasti di stare con te lontano da lui e io dissi di si perché…” dire ti amo per lui è sempre stato troppo, ma so che era quello che voleva dire.
Lo osservo riacquistando la mia finta tranquillità e la mia superiorità.
“Ricordo!” borbotto, cercando di passare ad una altro discorso, ma non ci riesco.
“Solo non capisco perché il viaggio non si può concludere, che ne so… su quest’isola ad esempio!”
e quando un fulmine attraversa il cielo rivedo come un fantasma la figura di Rufy oltre il vetro della finestra e comprendo…
Fisso Ace terrorizzata.
“Ci sta seguendo?” chiedo stringendo la canottiera all’altezza del cuore che batte e batte…
“Già…” dice solo.
“Per me?” chiedo scioccamente.
“Ti ama..” pronuncia teneramente quelle parole perché in fondo sa che anche io amo lui molto più di quanto possa amare qualcun altro nella mia vita.
Siamo simili in questo, io ed Ace. Entrambi non riusciamo a pronunciare quelle parole alla persona giusta.
No… forse lui è molto più forte di me.
Rimaniamo a lungo a quella vetrata, zitti. Il vento filtra leggermente da alcune fessure della porta e il fuoco è ormai quasi del tutto spento.
Ho chiesto troppo a tutti coloro che mi hanno amata. A Rufy chiesi l’amore e quando me lo diede io scappai. Ad Ace chiesi di lasciare il fratello per me, e lo fece. Eppure ora sento la necessità di lasciarlo per tornare indietro, incurante del dolore che gli procurerò.
È questo che vuol dire crescere? Fare le scelte più consapevolmente?
Allora lo farò… accettando il destino anche se farà soffrire me. Me lo merito, come Ace si merita la felicità.
L’acqua cade con regolarità ormai, il peggio è passato.
“Domani torna il Sole...” dico convinta come un tempo, sfiorando appena il suo braccio all’altezza del tatuaggio.
“Meglio dormire un poco... partiamo all’alba?” chiedo con indifferenza.
Mi osserva con stupore.
Che c’è Ace? Ti aspettavi che ti chiedessi di restare?
Annuisce e mi segue sotto le coperte polverose. Non mi tocca e si finge addormentato.
Chiudo gli occhi. E prima di cadere nel sonno sussurro qualcosa che rimarrà tra me è quelle lenzuola. Il suo nome… per l’ultima volta.
“Rufy…”





Se siete arrivati fin qui è un buon segno, no? Se volete fatemi sapere che ne pensate!
   
 
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