Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: Persychan    08/02/2010    4 recensioni
"C’era stato un tempo lontano, prima che le navi accompagnate dalla luce dell’alba arrivassero, in cui lui aveva vissuto in modo diverso..."
Perché prima di Colombo esisteva un mondo diverso, ma nessuno se ne ricorda, neanche America.
1. Un tempo America - L'inizio che si non ricorda. Un tempo c'era una tenda, una madre dai capelli scuri e dei fratelli. Ora c'è una grande nazione, un tradimento e solitudine. America ha l'impressione di non aver guadagnato molto.
[Precolonial!America]
2. Ieri. Oggi. E il domani mi è oscuro. - Preveggenza. Maya sapeva leggere il futuro nelle stelle, ma sperava sempre di poterlo cambiare. Toltechi non guardava neppure le stelle eppure moriva per lo stesso destino.
[Civiltà Maya]
3. Il nord - Le sette stelle sono la mia guida. Nanuq è Canada, ma Canada non era Nanuq. Ora possiede mille nomi, ma nessuno è suo. Allora faceva freddo, ma il mantello di pelliccia era sufficiente.
[Precolonial!Canada]
[Raccolta sulla civiltà Precolombiane - Nazioni Americane]
Genere: Generale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Canada/Matthew Williams, Nuovo personaggio, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Titolo: Il nord - Le sette stelle sono la mia guida.
Personaggi: Matthew Williams (Canada), Inuit (Oc del popolo Inuit) + nominati Alfred F. Jones (USA), Mamma Nativa (Oc del Popolo degli Indiani d'America).
Parte: 1/1
Rating: Verde
Genere: Angst
Riassunto: "Era un luogo sacro, o così sembrò ai suoi occhi quando, ancora appannati dal sonno, si posarono sul quell'immensa distesa che scintillante sotto il debole sole della tarda estate - rischiarata da un astro pigro e svogliato che nel suo lento corso rubava la notte - pareva fatta di pura luce: non c'erano imperfezioni - ne alberi, ne massi e neppure un'incrinatura - solo luce e ghiaccio. "
Note: - Più amo un personaggio e più lo maltratto, e io amo molto Canada.
- Chibi!Precolonial!Canada è ♥
- Non betata
- Ulteriori note sul fondo

 


Il nord - Le sette stelle sono la mia guida.




Solo un candore immacolato e nient'altro. Quello e il rumore del vento sul terreno ghiacciato.
Faceva freddo - lo sapeva, lo provava, non sulla pelle, ma in modo diverso: quello per cui sentiva i canti del suo popolo provenienti da territori troppo lontani per essere ascoltati - ma sotto allo spesso mantello di pelliccia, su cui il ghiaccio brillava come tante piccole stelle, abbracciato a quel petto ampio non c'era altro che calore e il battito di due cuori.
"Nanuq1, tutto bene?"
La voce di suo padre ruppe il silenzio scandito dal vento - lui non faceva rumore sulla neve camminando leggero e senza fretta. Loro non dovevano arrivare da nessuna parte, stavano solo viaggiando e nulla di più - e Nanuq si strinse maggiormente aggrappandosi con le piccole manine paffute e strusciando il naso contro la sua guancia.
"Nanuq dì qualcosa al tuo povero padre altrimenti inizierà a pensare che tu sia morto per il freddo."
E rise. Lo faceva spesso, continuamente, e sorrideva ancora di più soprattutto nei momenti meno adatti. La mamma lo riprendeva di continuo per questo suo vizio definendolo inquietante, ma lui continuava a sogghignare e lei si limitava a zittirlo quando si faceva troppo rumoroso. A Nanuq invece piaceva la sua risata ed ancora di più a suo fratello che tentava addirittura di imitarla sebbene con scarsi risultati: la sua sembrava il rantolo di un'animale morente - questa definizione era stata data dalla loro madre che aveva una spiccata predilezione per lui - mentre quella del padre era profonda e bassa tanto da far vibrare la terra e spazzare le nuvole, o almeno questa era la sua impressione.
"Sto bene, ataata2 "
Rispose allungandosi quel tanto da far sbucare la sua testolina bionda oltre il bordo della pelliccia e rabbrividendo quando l'aria gelida gli colpì il volto. Faceva freddo e questa volta lo sentiva.
"Ecco che il piccolo orsetto mette finalmente il naso fuori."
Le dita fredde - lui non portava i guanti, non ne aveva bisogno - di suo padre andarono a pizzicargli il naso e Nanuq si ritirò di nuovo, scuotendo la testa e i capelli biondi già ricoperti di minuscoli cristalli di neve, nel bozzolo tiepido che resisteva sotto il pesante mantello. Questo non significava però che la desse vinta al suo dispettoso padre.
"Non sono un orsetto."
"Sì che lo sei ~"
"No"
"Sì~"
Suo padre aveva un tono - quando non rideva - infantile che, ovviamente, sua madre trovava estremamente molesto - "Io ho due figli, non tre." - ma come per tutto il resto lui continuava a fare come voleva e lei, nonostante sapesse che non avrebbe funzionato, continuava a riprenderlo. Parevano, quasi, divertirsi ad infastidirsi a vicenda.
"No. Io sono un orso grande, lo dice anche il mio nome!"
A questo il padre non rispose e anche se non poteva vederlo Nanuq sapeva che stava facendo una di quelle smorfie - un broncio lo avrebbe definito sua madre - che sfoggiava ogni volta che si trovava in torto: piegava le labbra, facendosi venire delle piccole rughe ai lati della bocca, arricciava un po' il naso e aggrottava le sopracciglia scure dando ai suoi occhi chiari - così diversi da quelli della sua gente, ma così simili ai suoi: violacei di un colore simili a quei piccoli fiori che crescevano nei laghi più a sud - un taglio severo e un po' spaventoso. Poi rise, di nuovo, e Nanuq poté smettere di immaginarsi la sua espressione arrabbiata.
"Hai ragione, tu sei grande. O lo diventerai, meriti di essere trattato come un uomo. Quindi ora scendi."
Nanuq tremò, non per il freddo, ma per il terrore: lì, dove il sole si inabissava per mesi senza lasciare nient'altro che le stelle ad illuminare la notte sempiterna, regnavano solo la neve e il ghiaccio senza che la vita fosse contemplata e soltanto chi, come suo padre, era fatto della stessa materia poteva percorre quelle terre desolate. Lui sarebbe morto e basta.
"No, no ataata, non volevo, mi disp-"
"Ma stavo scherzando - rise di nuovo. Sua madre aveva ragione nel dire che aveva uno strano senso dell'umorismo - e in ogni caso un giorno sarai in grado di farlo: percorrerai queste terre senza che il vento neppure ti sfiori."
"Non prendermi in giro."
"Non lo faccio. É la verità, l'ha detto tuo madre."
Nanuq conosceva bene i poteri di sua madre - l'aveva vista mille volte soggiogata dagli spiriti antichi pronunziare, con la voce che non le apparteneva, profezie su Dei e Destini - e anche se lei non faceva che ripetere che i suoi erano poca cosa in confronto ad altri - veggenti in grado di vedere oltre, in tempi che loro non avrebbero mai vissuto - quello che diceva diventava sempre realtà, su questo non c'era alcun dubbio.
Peccato che solitamente i suoi presagi riguardassero quasi esclusivamente suo fratello.
"Veramente? E cos'altro ha detto?"
"Ha detto che il tuo sarà un nome degli Haudenosaunee3."
"Di chi?"
"Non ne ho idea, il veggente non sono io - di nuovo, per l'ennesima volta, rise - ora però ti consiglio di dormire, manca ancora molto."
Nanuq avrebbe voluto domandare dove stavano andando, ma poi la presa che lo sosteneva si fece più salda e il cuore di suo padre batteva ritmico e confortante e lui, senza neppure accorgersene, cadde addormentato.

"Che posto è, ataata?" chiese Nanuq osando mettere fuori il naso dal mantello del padre: il vento aveva finalmente smesso di fischiare e quel silenzio assoluto faceva apparire ancora più maestoso il nulla, la glaciale piana, che si estendeva attorno a loro a perdita d'occhio. Era un luogo sacro, o così sembrò ai suoi occhi quando, ancora appannati dal sonno, si posarono sul quell'immensa distesa che scintillante sotto il debole sole della tarda estate - rischiarata da un astro pigro e svogliato che nel suo lento corso rubava la notte - pareva fatta di pura luce: non c'erano imperfezioni - né alberi, né massi e neppure un'incrinatura - solo luce e ghiaccio.
"È il Grande Nord."
Suo padre parlava e lui lo sentiva distintamente eppure la sensazione di silenzio assoluto rimaneva: era come se il suono della sua voce appartenesse a quel luogo, come se lui stesso fosse un frammento di quella distesa immobile.
"Il cosa?"
"L'Assoluto, un luogo dove il sole non cala mai e la luna riempie il cielo, un posto senza tempo né spazio dove gli umani non posso arrivare benché ne siano loro i creatori. É un idea di qualcosa che non esiste eppure esistendo il concetto esiste anche il luogo fisico."
Nanuq lo guardò con espressione confusa - era un discorso così strano e contorto - e lui, nuovamente, rise.
"Non importa se non capisci, quando sarai più grande tutto ti sarò più chiaro."
" Cosa siamo venuti a fare qui?"
"Per incontrare sette stelle in una stella e prenderne un pezzetto."
Nanuq avrebbe voluto fare altre domande - ne aveva così tante nella mente che si dibattevano come salmoni appena pescati - ma non osava: se suo padre non dava spiegazioni voleva dire che non ne doveva chiedere perchè per lui le parole erano molto importanti e non amava sprecarne per chiacchiere inutili. Si accoccolò quindi contro il petto del padre e, in silenzio, aspettò.

Probabilmente dormì perchè quando finalmente si fermarono la sua mente era piena di immagini strane: navi grandi come montagne, persone dalla pelle così chiara da sembrare neve e fiori dal profumo intossicante e dal colore del sangue e tutto questo non poteva che essere il frutto di un sogno. O di un incubo.
"Ataata."
Lo chiamò con le lacrime che gli pungevano gli occhi - perchè in quei sogni non c'erano né mamma né papà e anche se suo fratello era lì non lo guardava, nessuno badava a lui. Era solo - stringendosi a lui e singhiozzando contro la sua spalla. E nel silenzio il suo pianto rimbombava come se ogni cosa, come se quella immensa distesa di neve, piangesse con lui.
"Va tutto bene, piccolo mio. Andrà tutto bene - smise di sorridere per un attimo, poi, prima che Nanuq potesse accorgersene, sul suo viso tornò la solita espressione - Su, non piangere. Sto per darti un regalo quindi non puoi piangere."
Nanuq si strofinò gli occhi cercando di cacciare quelle lacrime traditrici - perchè voleva obbedire a suo padre perchè suo padre era buono e giocava con lui e gli insegnava un sacco di cose e guardava solo lui e aveva i suoi stessi occhi viola e sorrideva sempre e non era interessato ai futuri di gloria di suo fratello e...-
"Shhh, cucciolo smetti di piangere."
E Nanuq lo fece - perché era grande, perché sapeva che quello non era stato solo un sogno e perché voleva renderlo orgoglioso. Per l'ultima volta. Quando, finalmente i suoi occhi furono liberi dalle lacrime il padre lo fece scendere a terra con un bacio sulla fronte e un carezza tra i capelli biondi.
"Vieni, Nanuq ti voglio presentare una... una mia amica."
Gli disse indicando una montagnola bianca che fino ad allora non aveva notato. Poi la montagnola si mosse puntando due vividi occhi scuri su di lui e Nanuq comprese che si trattava di un'orsa, anzi dell'Orsa perchè era grande e talmente bella che paragonarla ad un semplice animale sarebbe stato un'offesa: era la dea di quel luogo, la custode di quella pianura di ghiacci e luce.
"Anche lei si chiama Nanuq. O meglio, tu ti chiami come lei. Sai è la più forte e fedele compagna che si possa desiderare, tranne forse tua madre, ed è di certo la guida migliore che si possa volere in queste terre. Per questo ti ho dato il suo nome. - sorrise prendendolo per mano e trascinandolo dietro di sé - Vieni te la presento."
Più si avvicinava e più Nanuq si rendeva conto di quanto fosse magnifica: la sua pelliccia era di un biancore privo di perfezioni tale da poter gareggiare con il manto della luna e i suoi occhi erano brillanti, simili a stelle, e profondi come quelli degli sciamani.
"Felice di vederti, mia guida nella notte. Come mi avevi chiesto ecco mio figlio."
Lei lo fissò e Nanuq si sentì minuscolo: era antica, forse più di suo padre, ed era spaventosa e stupenda allo stesso tempo.
"Su, Nanuq vai da lei. "
Lo sospinse verso di lei e Nanuq si avvicinò, fino a sentire il suo fiato caldo contro le mani, accorgendosi solo allora di un fagottino più piccolo e altrettanto candido che si trovava ai suoi piedi, un fagottino con due occhi scuri e un muso buffo che non esitò a strusciare contro le sue caviglie.
"Prendilo in braccio, lui è tuo, vivrà con te. E mi dispiace."
Non era suo padre a parlare, era una voce dolce e femminile, una voce priva di suono che vibrava nella sua mente come una vecchia ninnananna. Raccolse l'orsetto stringendoselo al petto, sentendo la sua lingua ruvida che gli leccava la faccia, e si voltò correndo verso il padre perchè lei era splendida, come le stelle che brillavano in cielo, ma era abbagliante e faceva paura.
Dietro di lui, però, non c'era nessuno.
"Ataata?"
Nessuno.
Non c'era nessuno.
Si girò ancora: niente, neppure lei, la magnifica Orsa dal mantello di neve.
"Ataata?"
Le lacrime gli scivolarono lungo le guance ghiacciandosi in perfetti cristalli al primo soffio di vento, mentre il silenzio si rompeva, spezzato dai suoi singhiozzi e dalle sue urla.
"Ataata, ataata, ataata, ataata, ataata, ataata...ataata? At-aat..at..chi?"
Gridò a lungo, fino a non sentire più le labbra, fino a perdere il senso del tempo, perchè lì il sole era sempre alto e le stelle brillavano come minuscoli fuochi, e fino a dimenticare chi stesse chiamando.

[Come ti chiami? Ah no, non importa. D'ora in poi sei Canada. Ti piace? Ne ero sicuro. In verità ero indeciso con Nuova Francia, ma trovo che questo sia più adatto: è più semplice, facile da ricordare. E quel coso che sarebbe? Un sacco di paglia? O mon Dieu, ma è veramente un orso. Un orso sporco direi. Bien, prima un bagno e poi decideremo che fare di quell'animal...no, non piangere, sono certo che troveremo una soluzione anche per lui. A proposito come si chiama? Ma soprattutto che nome ho scelto per te?]

[Tsk, che nome stupido ti ha dato quella rana gracchiante, ma siamo ancora in tempo a rimediare, quei pochi anni passati in sua compagnia spero che non ti abbiano rovinato del tutto. Tsk, ti ha anche tagliato i capelli come lui, dannato parrucchiere da quattro soldi, come se fosse in grado di tenere in mano delle forbici, lui e il suo sovrastimato stile francese, sembrava una donna allora e adesso con la barba non è molto meglio. Non che io lo guardi ovviamente. Comunque ti devo trovare un nuovo nome, non intendo usare un nome scelto da quel pervertito, chissà quali significati reconditi e perversi possiede...Fammi pensare...allora no, Lucas non mi piace, Edward è troppo ovvio, George mi rifiuto per principio e...come si chiamava quella stupida nave4... ]

[Che fame! Naaaaa, ma non c'è niente in questo frigo. Ehi, ma questo cos'è? Mmmmh, sembra buono. Ma sono frittelle. Cos'è 'sto foglietto..."Queste sono mie, non mangiarle. Matt" ...ma chi è questo? Oh, beh le mangerò lo stesso. Gheee, non sono dolci. Oh ecco lo sciroppo. C'è un'altro fogliettino. "Anche questo è mio, non usarlo. Matt"...Ehi Tony, hai per caso un nuovo amico di nome Matt? No? Fa niente. Questo sciroppo è proprio buono. Grazie Matt, chiunque tu sia.]


Nessuno più lo chiamò Nanuq e lui che aveva dimenticato coloro che aveva amato venne dimenticato da chi lo avrebbe voluto amare.


--------------------

1 Orso in lingua Inuit, usato anche come nome proprio.
2 Papà nella lingua Inut canadese.
3 Il nome con cui gli Irochesi chiamano se stessi, questo nome però è successivo al XVI secolo, di conseguenza questo nome è a loro sconosciuto ed è frutto di una visione di Nativa (Oc delle popolazioni Nativo Americane).
4 Nel 1496 Enrico VII d'Inghilterra dette incarico al navigatore Giovanni Caboto di scoprire una nuova rotta per la via delle spezie e di reclamare per l'Inghilterra tutte le nuove terre eventualmente scoperte. Caboto partì il 20 maggio del 1497 da Bristol con una nave chiamata Matthew. [Wikipedia]

Scrivere questa fic è stato doloroso, veramente. Nanuq è dolcissimo e si meritava di continuare a rimanere Nanuq.
Sto odiando Francia e questa è, tipo, una blasfemia per me. Credo che andrò a mangiarmi delle frittelle.
I commenti sono come sempre ben voluti e lo stesso vale per chi mette tra i preferiti/seguiti, sappiate, però, che sentire la vostra opinione mi fa estremamente piacere!

In fede,
Persychan.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Persychan