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Autore: cassiana    08/02/2010    8 recensioni
Un mago solitario rinchiuso nella sua torre, un bardo che vuole cantare ciò che nessuno ha mai cantato prima, un incontro che cambierà le loro vite. [Questa storia partecipa al contest Teatranti, girovaghi e cantastorie indetto da Alaide]
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Solo una ballata Questa storia è arrivata quarta al contest Teatranti, girovaghi e cantastorie indetto da Alaide

Disclaimer: Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me
 

Solo una ballata

            Rimangono solo i ricordi e i sogni quando una vita è distrutta: il mago lo sa bene. La sua casa è una torre diroccata dove l'inverno vaga a suo piacimento con il suo cavaliere, il vento ulula con disprezzo, la luce non ha gioia ad entrare ed illumina l’interno solo per poco tempo, la vegetazione ama crescere e la polvere ha il suo regno. Il mago sa anche che è un intruso e per questo lascia la torre al suo silenzio: essere vivo equivale a essere fonte di rumore, non fa altro che disturbare l'arcana quiete della torre. Il suono del vento è una canzone di guerra e d'amore, lo stormire degli alberi è una dolce melodia e il ticchettio della pioggia una consolazione delle giornate solitarie. Una sera il mago è davanti alla finestra e guarda le nuvole addensarsi all'orizzonte. L’ampia stanza dove soggiorna sembra ancora più cupa e fredda del solito e spoglia: solo un tavolo massiccio al centro, qualche sedia e libri ovunque appoggiati ai freddi blocchi di pietra grigia del pavimento. L’uomo si volta verso il camino dove il fuoco langue, ormai la legna è quasi tutta consumata. Il mago osserva per un momento i libri ma qualcosa dentro di sé lo trattiene: non può, non deve toccarli. Il mago sospira e torna a guardare la finestra.
            Non filtra molta luce dalle fronde degli alberi ed il cielo si sta incupendo. La ragazza accelera il passo, i suoi capelli rosso rame crepitano e ondeggiano tanto che ormai non tenta nemmeno di dargli una forma, sembra che vivano di una vita propria. La ragazza sospira ma non rallenta l'andatura sebbene sia stanca. Quanta strada ha fatto fino ad allora? Molta: ha attraversato una città, poi un villaggio ed un altro e ancora una città ed infine la foresta. Improvvisamente sente una goccia striarle una guancia poi un'altra colpire una mano ed infine le nuvole lasciano andare tutto il loro carico e l'acqua inizia a scorrere a fiumi infradiciando la ragazza fino alle ossa. Impreca ad alta voce e si mette a correre. In lontananza può scorgere una torre diroccata, se riuscisse a non affogare prima forse potrebbe raggiungerla prima di notte.
            Le gocce cominciano a striare il vetro della finestra sempre più fittamente finché la visibilità diviene nulla. Solo in quel momento il mago si allontana facendo strusciare la lunga veste blu scuro e si siede davanti al fuoco, stringendosi la veste addosso e protendendo le mani verso il calore. Il fuoco sembra resuscitare quando ha in pasto un altro ciocco di legna. Il cappuccio scivola indietro lasciando intravedere i capelli argentati mentre gli occhi mandano bagliori sinistri. Il mago è così concentrato che non sente battere alla porta, solo quando ode una voce femminile si riscuote dalle proprie riflessioni e con una punta di inquietudine va ad aprire il pesante portone che tiene sempre sprangato. Si trova davanti una ragazza bagnata come un pulcino dai capelli simili a fili di rame intrecciati che crepitano e si gonfiano quasi come una criniera.
            - Ti ringrazio, mio signore!
Ringrazia la ragazza non appena entrata guardando con curiosità l'uomo che le è davanti. A prima vista ha creduto molto più vecchio per via dell'incredibile colore dei capelli, si guarda intorno notando la povertà della stanza e le robuste travi di legno del soffitto che lasciano cadere qualche goccia qua e là. Il mago notando l’esame della ragazza le chiede se qualcosa non andasse
            - Mi chiedevo solo dove avrei potuto dormire.
risponde lei
            - Di questo non preoccuparti, ci penseremo dopo.
la rassicura il mago trafficando con un paiolo.
            - Stai preparando una pozione?
            - No, solo un po’ di zuppa - il mago sorride - devi avere freddo, sei tutta bagnata. Vieni più vicino al fuoco!
Mentre si china per poggiare la grossa pentola, il mago ha una visione delle gambe della sua ospite, distoglie in fretta lo sguardo e continua:
            - Hai anche un nome? Io sono Zaedan.
La giovane donna ingoia qualche cucchiaiata della zuppa così in fretta da scottarsi la lingua. Al mago scappa un mezzo sorriso. Quando riesce a trovare la voce la ragazza afferma di chiamarsi Nyala
            - Cosa ci fa un mago qui, tutto solo? A Conakry c'è un grosso raduno, non lo sapevi?
            - Si, lo sapevo. E, comunque, cosa ci fa una ragazza tutta sola in mezzo ad una foresta?
            - Viaggio.
risponde Nyala con un'alzata di spalle mentre Zaedan le versa un altro po’ di zuppa nella ciotola.
            - Viaggi, ma da dove a dove?
chiede sedendosi a sua volta.
            - Vengo da un luogo e sto andando verso un altro. Tutto qua.
la ragazza lo guarda di sottecchi mentre ingoia una cucchiaiata di zuppa.
            - Questa foresta non è sul tragitto delle strade più frequentate. Dì un po’ –
Zaedan si sporge verso la ragazza - stai scappando da qualcuno?
Non sa perché sia così interessato a quello che ha da dirle la ragazza, forse è il bisogno di parlare con un altro essere umano dopo tutta quella solitudine in cui si è rifugiato e che è finita per diventare la sua prigione. O forse  a causa di quei incredibili capelli o dei suoi occhi screziati. Improvvisamente avverte il bisogno di toccarla e solo con un grande sforzo riesce a dominarsi e costringersi a restare impassibile. Nyala non risponde subito ma quando alza la testa sul suo volto appare un'espressione sicura  e determinata
            - Non sto scappando, voglio solo seguire le vie più nascoste per conoscere ciò che non ha visto mai nessuno. E' nella mia natura: sono un bardo, una degli ultimi.
            - Perché non mi fai ascoltare una delle tue ballate?
Propone Zaedan sempre più stregato dagli occhi di Nyala che estrae dal suo sacco un involto di pelle di daino. Dentro c'è una cetra di legno chiaro e lucido, quasi bianco, che manda bagliori. Su tutta la sua superficie sono incise delle rune: un incantesimo per conservare la cetra e per accordarla con il musicista. Nyala accarezza nervosamente il legno.
            - Va bene. Cosa...cosa vuoi ascoltare?
            - Quello che vuoi
La ragazza comincia a pizzicare le corde quasi accarezzandole. La cetra vibra  tanto che sembra vivere nelle sue mani. La musica ha una tonalità strana, a volte metallica, a volte sussurrante. Dopo pochi accordi Nyala si ferma: le tremano le mani. Guarda Zaedan che l'osserva attentamente sorridendole. I suoi occhi sono di un azzurro metallico, freddi ma profondi. Nyala si sente risucchiata da quegli occhi, sempre più giù, in un abisso. Le corde della cetra vibrano quasi per darle un avvertimento e la ragazza, accorgendosene, si strappa a fatica da quell'abisso e barcolla. Zaedan le stringe una mano e Nyala si calma un poco e sorride. Ricomincia a suonare la cetra: i tuoni fanno da contrappunto alla musica che vaga per la stanza, arriva fino al soffitto e poi ricade giù ed entra nelle ossa facendole vibrare. Zaedan si rende conto di sentire la musica non solo con l'udito ma con l'intero corpo ed aspetta con impazienza di udire la voce di Nyala. Si chiede come sia: acuta, roca, squillante o profonda. Quando Nyala comincia a cantare il mago capisce che è tutte queste cose a seconda delle parole che pronuncia. La musica è come un incantesimo che lo avvince a poco a poco:

S'addensano le tenebre all'orizzonte,
stracci di nuvole striano il cielo,
il vento ulula come una torma di cavalieri,
scuote gli esili tronchi,
spazza l'erica di brughiera,
solleva spruzzi e onde dal mare lontano.
I Cavalieri del Vento s'avvicinano urlando,
sui bianchi destrieri lanciati al galoppo,
gli occhi sbarrati, la bava alla bocca,
gli zoccoli scalpitanti di scintille.
In lontananza, il Drago d'Occidente,
dalle scaglie dorate e lucenti,
rimane accucciato tra brughiera e cielo,
placido,non un muscolo si muove,
le lance dei cavalieri lo penetrano,
un urlo lacera la sera
ed il sangue del drago tinge il cielo.
Anche questa sera il rito s'è compiuto.
I cavalieri soddisfatti vanno via,
il vento all'improvviso cade,
in cielo le stelle s'accendono.


            Quando la ballata termina la tensione cala di colpo come un panno scuro, il silenzio è assoluto, le rocce non vibrano più, si sente solo il crepitio sommesso del fuoco e il tambureggiare della pioggia.
            - Canta ancora.
supplica Zaedan e Nyala ricomincia. Nuovamente nella sala la tensione si fa quasi insopportabilmente alta e di nuovo la musica penetra nelle ossa facendole vibrare. Quando anche questa canzone finisce Nyala ripone la cetra nel suo panno.
            - Io ti ho fatto vedere il mio dono...
e il resto della frase resta come sospeso tra loro, Nyala vorrebbe che il mago le desse una dimostrazione del suo potere. Non sa perché le importi tanto, è affascinata e turbata da quell’uomo. Non riesce a comprendere per quale motivo abbia rifiutato la magia, la stessa condizione della sua esistenza.
Il volto del mago cambia visibilmente, si fa tormentato, come se qualcosa dentro di lui  stia per spezzarsi ed il suo sguardo, quando lo alza verso di lei è disperato
            Zaedan scuote il capo. Di nuovo gli unici suoni nella torre sono quelli del fuoco e della pioggia. Il mago guarda Nyala che sembra aspettare, forse comprende quello che prova, in fondo magia e musica non sono poi tanto diverse.
            - Non so - risponde infine sospirando - ho rinnegato la mia natura, dove può arrivare la mia ostinazione?
sembra parlare più a se stesso. Nyala lo lascia fare senza interromperlo
            - E' come se tu decidessi di non cantare più e poi ci riprovassi dopo tanto tempo. Capisci?
Nyala fa cenno di si ma non può immaginare la sua vita senza il suono della cetra, l'ha sentito dalla sua nascita e ad ogni occasione importante della sua vita.
            - Ma perché?
si arrischia a chiedere. Zaedan contrae le dita e goccioline di sudore imperlano la sua fronte.
            - E' per qualcosa di così orribile che non voglio ricordare, posso solo espiare.
Risponde infine stentatamente e Nyala comprende che quell'uomo ha la vita spezzata e che ha commesso, o crede di aver commesso, un delitto così grave per il quale punirsi e quale pena più severa per un mago se non quella di rinunciare al potere?
Decide di non fare altre domande, il tempo guarirà le sue ferite o lo farà cadere nell'oblio. Però c'è qualcosa in Nyala che non la trattiene dal chiedere:
            - Resterai in questa torre per quanto tempo?
Zaedan si alza per attizzare il fuoco e risponde dal fondo del cappuccio:
            - Finché non avrò espiato.
ma le sue spalle sono curve e la voce incrinata. Nyala lo può quasi vedere mentre lancia un incantesimo: la fronte corrugata, gli occhi che mandano bagliori, le mani che si muovono sempre più veloci, la veste che si gonfia e i capelli che ondeggiano. La scena le sembra così credibile che per un momento crede che sia vera, ma quando si riscuote da quel sogno ad occhi aperti vede solo un uomo distrutto:
            - Hai visto com'ero.
Le spiega semplicemente. Poi scompare nell'altra stanza. Nyala alza le spalle, è così stanca che non le importa più niente. Bussa piano alla porta. Quando questa si apre chiede:
            - Ho sonno, dove posso dormire?
            - Nel mio letto, io starò qui.
mentre Zaedan si scansa per indicare la camera, Nyala nota che è più piccola e, se possibile, ancora più spoglia di quell'altra. C'è solo una fiammella e un pagliericcio
            - Riposa bene cantore, perché non sai quando potrai trovare un altro letto.

            La pioggia ha cessato di cadere e Nyala è addormentata profondamente quando qualcosa turba il suo sonno. Con fatica apre un occhio. Il mago è accanto a lei e la guarda come un animale supplicante e disperato. In mano ha un bastone ricoperto di rune d'argento che emette una luce azzurrognola. Nyala sussulta e la luce si spegne.
            - Non avere paura, ti prego!
esclama Zaedan:
            - Volevo solo guardarti dormire.
e la luce si riaccende.
            - Strano modo di passare il tempo!
risponde Nyala alzandosi. Fuori comincia ad albeggiare ed è tempo di andare. Zaedan comprende; la prende per un braccio:
            - Resta con me!
supplica, rendendosi conto egli stesso dell'impossibilità e della pazzia della proposta. Nyala scuote il capo:
            - Non posso: è nella mia natura viaggiare, come è nella tua restare qui.
E nel dirlo qualcosa nel suo cuore s’incrina. Vorrebbe chiedergli di accompagnarla ma sa che lui è troppo legato a quel luogo. Zaedan abbassa il capo, Nyala sente una lacrima bagnarle le ciglia.
Non hanno fatto né detto nulla ma le loro nature, seppure così diverse, si sono incontrate e comprese completamente. Nyala non può fare altro che cantare: una canzone che parla di un mago tormentato in una torre diroccata e di un bardo dai capelli di rame che viaggia per il mondo in cerca di ciò che non ha visto mai nessuno. Zaedan le prende la mano mentre Nyala promette:
            - Questa ballata è solo nostra, non la canterò mai più. Un giorno tornerò, mi aspetterai?
            - Si: ricorderò queste parole ogni giorno della mia vita…fino a quando tornerai.
La bacia sulla fronte. Mentre cammina, Nyala continua a voltarsi indietro finché non vede altro che gli alberi e il cielo della mattina.

   
 
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