Salve
a tutti, abitanti di EFP! Non sapete quanto mi siano mancate queste introduzioni
(e questi miei improbabili
slanci...), ma la mia pigrizia e i ritmi convulsi della scuola mi hanno
crudelmente impedito di godere nuovamente di una simile soddisfazione. Ritorno
dunque a voi con il mio primo racconto completo dedicato al mio adorato,
ineguagliabile Sherlock Holmes: l'eccentrico e inestimabile investigatore di
Baker Street mi ha conquistato in seconda media, ed è stato il mio primo, grande
innamorato letterario; il mio spirito e le mie parole gli devono molto, perché
davvero, se mi si permette una stucchevole citazione degli Stilnovisti, il
sentimento d'amore nobilita l'anima di chi lo prova. Così gli dedico questa
storia, questo lampo di velluti vittoriani e piccoli gesti d'affetto, sperando
che possa recare piacere anche a voi.
Ciaociao
da Ceci, e alla prossima!
Device's
repairing
Il riparatore del
congegno
–
Watson, avete finito? –.
Seguitando a tamponargli delicatamente la fronte con
il mio batuffolo, sollevai uno sguardo esasperato al nostro soffitto – Holmes,
vi scongiuro, state fermo. – lo pregai, intingendo distrattamente il cotone
nell'alcool – non posso lavorare con la celerità che mi chiedete se continuate a
muovervi così –. Il mio amico rimase immobile ancora per un istante, teso dalla
stessa affilata, selvatica tensione che pervade i segugi lanciati su una pista e
le sue iridi sfolgoranti dardeggiarono con vago dispetto verso le mie; scorgendo
solo il mio garbato, implacabile sguardo da medico, si afflosciò infine contro
lo schienale di velluto della sua poltrona, esalando uno sbuffo di artificiosa
condiscendenza. – E va bene, mio caro Boswell: stavolta eseguirò i vostri ordini
– assicurò, rivolgendomi uno di quei sorrisi obliqui e sfuggenti che concedeva a
pochi. – Molto onorato dalla vostra magnanimità – replicai con ostentata
riconoscenza, riprendendo a disinfettare i piani pallidi delle sue
gote.
–
Comunque ritengo ancora che non sia necessaria tutta questa scrupolosità, amico
mio – dichiarò nuovamente il mio coinquilino, rivolgendomi da sotto le palpebre
diafane la sua proverbiale espressione di sostenuta disinvoltura- in fondo si
tratta solo di qualche innocuo graffietto –. Malgrado le mie pretese di
professionalità, non potei evitare di irrigidire repentinamente le spalle;
scostandomi appena dalla sua figura, lo osservai nuovamente: il viso,
dall'ossatura sottile e severa, era deturpato da umide striature vermiglie,
tracciate su gran parte delle guance e delle tempie e paurosamente nitide contro
la pelle nivea. Una vistosa ferita, slabbrata e piuttosto profonda, solcava una
buona porzione della fronte, sfiorando il sopracciglio: quando lo avevo visto
caracollare barcollando oltre la soglia del soggiorno, con le spalle scosse da
tremolanti respiri e il volto incupito dal sangue, avevo sicuramente perduto in
un solo istante dieci anni di vita; certo, le sue ferite si erano rivelate più
che altro lacerazioni superficiali, ma la sua apparizione mi aveva ferocemente
atterrito. Ricordavo l'angoscia che mi aveva artigliato il petto quando mi si
era accasciato tra le braccia, l'orrore furioso e assoluto, il terrore
accecante, intenso e tangibile come una pulsione ancestrale che la vita di
Holmes potesse spezzarsi da un momento all'altro e precipitare via dal mondo.
Davanti alle bende linde e bianche che avevano sostituito sul suo viso quegli
spaventevoli rivoli scarlatti, non potei impedirmi di rabbrividire. – Forse ha
ragione,vecchio mio, ma non può negare di avermi causato un notevole spavento
con la sua entrata – ribattei, riprendendo la mia
occupazione.
Cogliendo il seppur sommesso tremolio della mia voce,
il detective inclinò appena il volto, lasciando che un impercettibile tepore
ingentilisse l'irrequieta armonia dei suoi tratti – Di questo mi dispiaccio
davvero, amico mio, e so come il mio aspetto non fosse particolarmente
rassicurante quando sono tornato: ma in fondo l'inseguimento, eccezion fatta per
il mio trascurabile incidente, si è risolto in modo piuttosto soddisfacente, con
Barrymore in arresto e nuovo prestigio per l'incommensurabile Ispettore
Lestrade. –
–
Già, è stata una vera fortuna che quel sinistro assassino fosse anche un pessimo
lottatore – commentai distrattamente, ignorando con palese intenzione il
sarcasmo ben poco velato nelle parole del mio coinquilino; per più di un mese il
consulente investigativo più brillante d'Inghilterra aveva pervicacemente
inseguito Andrew Barrymore, lo sfuggente e spietato omicida che stava atterrendo
Londra con i suoi atroci delitti: la notte precedente, infine, Holmes aveva
dedotto l'ubicazione del nascondiglio del criminale e, colto da uno dei suoi
proverbiali slanci di lucida frenesia, vi aveva repentinamente trascinato uno
stordito Lestrade e un manipolo dei suoi uomini, non trovando il tempo, almeno
secondo il suo racconto, di avvertirmi in qualche modo. Quando finalmente
avevano acciuffato l'omicida, Barrymore aveva tentato di salvarsi colpendo il
mio amico con il suo stiletto e coinvolgendolo in un furioso duello. A quanto pareva, però, aveva di molto
sottovalutato l'abilità nel pugilato del detective, che era comunque uscito
dallo scontro abbastanza provato da destare in me un tale allarme.
–
Già, è stata certamente una vera fortuna – sussurrai meccanicamente, sospinto da
un'urgenza repentina ed estranea.
Fu in quel momento, mentre tamponavo attentamente la
fronte del mio amico e godevo di quel silenzio tiepido e familiare come una
tazza di tè della Signora Hudson, che lo compresi davvero: il turbamento che mi
aveva colto alla sua vista, quel gelo assordante e spietato che aveva ghermito
il mio cuore, non era solo il timore di perdere lo spirito più vicino al mio, e
con lui un brandello della mia anima; era anche una repentina, desta
consapevolezza, la sensazione limpida e splendente di star venendo meno ad un
compito. E in un istante, conobbi quale fosse. Per me Holmes era un congegno
fragile e prezioso, un rigoroso, delicato miracolo di vetro e metallo, che
irradiava una bellezza disincarnata ed elettrica e risuonava nelle sue mobili,
implacabili geometrie del tintinnio sottile e nitido di un diapason d'ottone. E
io sentivo, forse sin dal nostro primo incontro, che era mio compito custodire
quello strumento prodigioso, restaurandone le finiture, proteggendone i
complessi, meravigliosi meccanismi: perché nessun uomo avrebbe potuto conoscere
meglio i suoi segreti ingranaggi, celati al mondo da una crisalide di
inviolabile alabastro, e perché a nessuno sarebbe mai stato concesso di
spingervi così profondamente le dita, fino a sfiorare il fulcro splendente ed
umano che lo animava.
Stordito dalla mia improvvisa, inequivocabile
realizzazione, mi irrigidii, abbassando lo sguardo sull'oggetto delle mie
riflessioni; un fiotto di gioia, di silenzioso, soverchiante orgoglio mi soffuse
le gote del mio antico rossore, e mi schiuse le labbra in un discreto sorriso di
soddisfazione.
Holmes, mentre lasciava con domestica benevolenza che
il mio cotone gli disinfettasse il viso, non parve notarlo: adagiato nella
poltrona, con le sopracciglia inarcate in un assorto, austero cipiglio e le fini
labbra serrate, era sprofondato in quell'immoto, ombroso raccoglimento che in
lui denotava sempre grandi riflessioni. – Eppure... – mugolò, riducendo le iridi
a due inarrestabili, guizzanti fessure – ...eppure, mio caro Watson, in questo
caso vi è ancora qualcosa che non ritorna: un dettaglio, un particolare che
ancora stride... – con un fiotto di ostinato dispetto, si abbandonò contro il
solido velluto dello schienale, lasciando che i bagliori del camino colmassero i
suoi occhi.
Aggrottai appena la fronte, riponendo finalmente le
pinze sul telo candido drappeggiato sul tavolino – Non so davvero cosa possa
essere, amico mio: insomma, l'unico dettaglio di cui potrebbe dispiacersi è di
non aver catturato anche quella terribile donna che era scappata con
Barrymore... Ecco fatto, Holmes, ho terminato: potete muovermi, ma con
attenzione, mi raccoman... –
Le mie parole vennero brutalmente troncate dal
repentino sussulto del detective, che scattò in piedi e cominciò a percorrere il
tappeto ad ampie, agili falcate prima ancora di permettermi di comprendere cosa
mi fosse frullato accanto – Ma certo,Watson, la donna! Mio carissimo Boswell,
ancora una volta vi siete rivelato assolutamente inestimabile: senza di voi, non
avrei prestato attenzione a un elemento tanto importante ancora per chissà
quanto tempo! – esclamò un istante dopo, dimenando febbrilmente le lunghe dita
sottili e parlando con il tono frenetico e leggermente stridulo che lo coglieva
nei suoi slanci di limpida, fiammeggiante esaltazione. – La padrona di casa,
Mrs.Lovett, è sempre apparsa sulla scena dei crimini con precisione
assolutamente sospetta, e già dal nostro primo incontro mi è sembrato davvero
bizzarro il modo in cui si comportava con Barrymore, come se intendesse
suggerirgli un qualche messaggio... – I suoi passi fluidi e concitati
avvolgevano il salotto, schioccando tra le pareti di damasco scarlatto – ...in
questi giorni sono stato preso dall'eccitazione e non vi ho prestato attenzione,
ma adesso mi rendo conto di aver ignorato delle incongruenze,Watson, degli
indizi che portano certamente a quella donna!... E ora è fuggita, sgusciando
indisturbata mentre noi ci accapigliavamo con quel suo bellicoso compagno! Devo
andare da Lestrade e strappargli due dei suoi uomini, e poi mi recherò alla
magione di quella gentile signora per vedere se ci ha graziosamente lasciato
qualche utile informazione... –.
Non potei evitare di ribellarmi energicamente –
Holmes, non può gettarsi in una spedizione del genere! Devo forse ricordarle che
meno di un'ora fa mi si è accasciato tra le braccia, sanguinante e semi
cosciente? – replicai con veemenza, rivolgendogli il mio più imperioso sguardo
da medico.
Il consulente investigativo evitò agilmente la mia
figura, ignorandomi deliberatamente – Lo so, mio caro Watson, lo so: ma ho
compiuto un errore, e se agirò abbastanza in fretta potrò porvi rimedio prima
che gli ultimi lembi di verità mi sfuggano dalle dita: i segmenti degli eventi
sono riposti nella mia mente, i fatti possono ancora parlarmi, e i segreti
attendono ancora che qualcuno li riveli. –
Il mio amico si voltò di scatto, sollevando il mento
con un moto di inquieta, inebriata eccitazione: le iridi grandi e affilate, di
un grigio fluido e luminoso, sfavillavano di un'austera, ardente fierezza,
riverberando come fiamme argentee; una frenesia audace e implacabile, così
aliena e così vicina alla sua impietosa ragione, soffondeva le sue membra,
conferendo alle sue gote scarne e al suo profilo severo l'ascetica nobiltà dei
santi di marmo di una cappella medievale. – La partita è aperta!
–.
Per un attimo rimasi immobile, ritto davanti alla
figura vibrante e luminosa del detective:il mio sguardo sfiorò i nastri di garza
che gli velavano la fronte, il fioco livore che ancora soffondeva le sue tempie;
ma poi scivolò sulla curva elastica e tesa della schiena, simile al collo di un
cigno appena prima di spiccare il volo, colse il barbaglio vivo e sfolgorante
delle iridi; e infine, mi indusse ad arrendermi – E sia,amico mio: ma sappia
che, se non dovessi completare il giro di visite, non si potrebbe certamente
liberare di me in questo suo nuovo, discutibile proposito! – sospirai,
ostentando un cipiglio palesemente e totalmente fasullo.
Holmes si concesse un istante per rispondere al mio
involontario sorriso, con quella naturalezza rara e segreta che tanto mi
onorava, prima di catapultarsi con un guizzo verso l'attaccapanni
–
Vi assicuro che sarebbe solo un piacere per me avervi accanto –.
Invaso da un silenzioso fiotto di tepore, mi voltai
osservando i suoi gesti celeri ed efficienti mentre richiudeva la fibbia del
cappotto da viaggio e cercava nel caotico nugolo di cappelli il suo berretto a
visiera. Non mi premurai di ringraziarlo per il suo commento, perché non amava
che la sua intima delicatezza venisse troppo palesata, e perché, dopo tanti
anni, non ve n'era più alcun bisogno tra di noi.
–
Bene, è ora di andare – mormorò sovrappensiero, aggiustando sulle lunghe dita da
musicista i guanti di camoscio – Ad
ogni minuto aumentano le possibilità che quella mandria di bufali in divisa, da
alcuni coraggiosamente definita polizia, annienti con la sua sconvolgente
efficienza ogni barlume di prova. – Sottolineando le sue parole con un
frettoloso gesticolio della mano, il mio amico si avviò verso la porta,
schiudendola con quell'esuberanza fanciullesca che accompagnava ogni nuovo caso.
Rimasi un istante a fissarlo, tamponandomi le braccia con il piccolo asciugamano
di tela, immerso nel rassicurante trapestio del suo congedo: sapevo che avrebbe
potuto non ritornare, smarrendosi nei baratri bestiali che ostinatamente,
pervicacemente combatteva; e sapevo che, nel caso avesse trionfato, sfavillando
di fama e del suo caduco, disinteressato appagamento, sarebbe precipitato di
nuovo tra i baratri siderali della sua mente vertiginosa, giungendo a scorgere
angosce remote, inumane, polari. Ma ero anche certo che io sarei stato lì,
pronto a raccogliere i frammenti di vetro del suo spirito, e a riparare ancora
una volta quel bizzarro, inestimabile congegno.
–
Holmes – lo richiamai, sfiorandogli la spalla e attirando il baluginio acceso
del suo sguardo
–
Stasera vi sarà un concerto di musica tedesca; mi accompagnerà?
–.
Il mio amico sorrise, e il suo voltò avvampò un
momento di una segreta gentilezza, una tacita promessa.
– Con piacere,Watson –.