“Bene ragazze, questo era l’ultimo
allenamento, dalla prossima settimana sarete libere fino al ritiro per i
nazionali, e Rin!?….”
“Si coach?”
“Niente schifezze, guai a te se ti becco a
mangiare porcherie ok?”
Ci fu una risata generale e la cosa la fece accigliare,
si aspettava solidarietà dalle sue compagne di squadra, non un tradimento del
genere.
“Rin?”
“Si…coach…”
“Bene, allora per i prossimi giorni voglio
che corriate, saltiate la corda almeno mezz’ora, e vi allenate nei vostri ruoli…”
“Ma allora non è meglio proseguire con gli
allenamenti qui?”
“No, dovete rilassarvi; farete questi
compiti singolarmente coi vostri tempi ma badate bene che mi accorgerò subito
se qualcuna di voi sgarra e allora vi assicuro che farà coppia fissa con la
panchina sono stata chiara?”
L’assenso fu unanime e deciso, avevano
lavorato troppo per mandare tutto all’aria proprio ora.
“Bene…allora ci
vediamo fra due settimane, buone vacanze e non dimenticate lo studio…”
………………..
“Evvai…libertà!!!!”
“Ayame, hai dato la tua parola al coach non
più di venti minuti fa…”
“Intendevo dalla scuola Rin…niente
libri niente club niente di niente…”
“Quale parte del Non dimenticate lo studio non ti è chiara Aya-chan?”
“Guastafeste, vorresti dirmi che tu…”
Ricordandosi con chi stava parlando però la
rossa si fermò subito dal continuare.
Rin era sempre stata brava a scuola, non una
secchiona fanatica che marciva sui libri come quelle che odiava tanto,
semplicemente diligente e attenta, una ragazza che fra sport lavoro e uscite
con le amiche trovava sempre il tempo per un’oretta di ripasso al giorno.
“Comunque ha ragione lei Ayame, inoltre sei
pure in debito con inglese e sai che è una lingua importante…”
“Ti prego Kagome non ti ci mettere anche tu,
lasciatemi godere almeno questo primo pomeriggio di libertà vi supplico!”
Si guardarono negli occhi Kagome e Rin
nascondendo lo scetticismo dietro ad uno sbuffo ironico ma prima che potessero
aprir bocca arrivarono le parole di Sango a metter tutte d’accordo.
“Io sono d’accordo con Ayame, un pomeriggio
non ci cambierà mica la vita no?”
E mentre la maggiore rischiava di venir
soffocata dall’abbraccio riconoscente della rossa Kagome e Rin sospirarono
all’unisono mentre mentalmente facevano il conto alla rovescia per
l’inevitabile frase che avrebbero udito di li a poco.
Meno tre…..
Meno due…..
Meno uno…….
“Allora si va in sala giochi ragazze?”
L’urlo entusiasta di Ayame non tardò ad
arrivare scandito contemporaneamente dall’ironico playback delle tre compagne.
“E sala giochi sia…”
“Stai pur certa che ti batto sta volta
Kagome…”
“Lo dici tutte le volte Aya
ma alla fine esci dalla porta piagnucolando…”
“Guarda che mi sono allenata!”
“Seee ok….”
“Bene andiamo allora!”
Rin fece un passo nelle direzione opposta.
“Io passo ragazze, vado al lavoro…”
“Beh ti accompagniamo Rin…”
“Non è necessario Sango, è a due fermate di
treno da qui…”
“Ok, allora ciao!”
“Ciao!”
La osservarono dirigersi verso l’enorme costruzione
della stazione prima di imboccare la via che le avrebbe portate al loro luogo
d’incontro preferito, ovvero un palazzone enorme che al primo piano ospitava la
sala giochi più fornita di tutti i tempi, mentre al secondo c’erano bar,
negozietti e tre sale karaoke e al terzo piano, che era completamente
all’aperto una pista di pattinaggio sempre molto frequentata.
“Certo che Rin non si ferma mai però…”
“Già…d’altrocanto è sola al mondo, deve per forza arrangiarsi…”
“E se l’aiutassimo noi? Potremmo ospitarla
così non avrebbe problemi con l’affit…”
“Dimentichi di chi stiamo parlando Aya? Rin non lo accetterebbe mai per il semplice fatto che
vuole essere indipendente e poi è felice così, e sa che semmai avesse bisogno
di aiuto noi ci saremo…perciò non dobbiamo neanche
pensare di…”
“Ho capito Sango…hai
ragione…”
“Però è strano, come mai non ha nessuno al
mondo? Mi sto rendendo conto che in fin dei conti, la conosciamo da anni ma
sappiamo proprio poco di lei…”
“Il fatto Kagome è che lei non vuole dire
niente, né a noi e nemmeno ai professori, si vede che è qualcosa di doloroso…”
“Una ragione in più per non portarsi dentro tutto…”
“Ragazze…credo
semplicemente che dovremmo aspettare che sia lei a dirci tutto …”
“Questa
è la prima cosa sensata che dici oggi…Aya”
“Ma stai zitta Sango…”
……………………………………………
Lavorare in una videoteca non era proprio il
massimo ma lei era una che sapeva accontentarsi, e poi le riusciva bene come
lavoro e la paga era molto buona e se la si sommava al suo lavoro di cameriera
del finesettimana non ci si poteva proprio lamentare.
“Prendo questi…”
“Dia qua…”
Prese dalle mani di una ragazzo sorridente
due dvd passandoci sopra il laser per battere a cassa.
“Ha la tessera?”
“Certo, a lei…”
Passò la carta magnetica per lo sconto e
mise i dvd nella borsa di plastica dicendo la solita frase di rito proprio
mentre notava i titoli che il tizio aveva comperato.
“Grazie mille e buona visione!”
“Sarà buona senz’altro!”
Rise imbarazzata all’occhiolino che le fece
lui mentre si chiedeva come mai, una ragazzo carino come lui avesse noleggiato
dei film hard come se fossero stati cartoni della disney.
Nessun imbarazzo nessuna esitazione.
Eppure a lui sarebbe bastato uscire e …bah, che poi, a lei cosa importava di quello? Neanche lo conosceva…
Tornò ad occuparsi dei clienti alla cassa
lanciando un’ultima occhiata al ragazzo notando che ora con lui ce n’erano
altri due.
Che strano…uno di
loro aveva i capelli chiarissimi.
“Hey!”
“Nh?”
Non si era resa conto d’esser rimasta a
guardare le loro schiene sparire oltre l’angolo ma soprattutto non aveva per
niente sentito il suo capo chiamarla.
“Guarda che hai finito il turno, fila o
perderai l’ultimo treno…”
“Ok…guarda, qui è
tutto fatto, ho già spedito gli ordini ed etichettato i nuovi arrivi, a
domani!”
“Ciao Rin, grazie…”
……………………..
Dentro quell’enorme centro commerciale il
tempo lo si dimenticava facilmente ed un pomeriggio volava via in un soffio fra
urla, canti battaglie ai videogame e minuti di scivolate sul ghiaccio della
terrazza.
Filava via ad ogni respiro ad ogni risata e
sbatter di ciglio, regalando ricordi meravigliosi e rafforzando i legami di chi
quel tempo lo spendeva assieme.
Kagome Ayame e Sango stavano correndo come
pazze verso la fermata più vicina sperando di riuscire a prendere l’ultimo
autobus per la periferia.
Fu grande la delusione nel vederlo partire
proprio quando erano a venti metri dalla meta e le grida e i segni che
lanciarono al conducente furono del tutto vani.
“Porca miseriaccia! A casa mia non c’è
nessuno!”
“I miei mi sparano se li chiamo, cazzo…”
“No problem chiamo
Koga, dovrebbe finire di lavorare a momenti, ci riaccompagnerà lui…”
La rossa estrasse il cellulare dalla
borsetta e digitò il numero del suo fidanzato spiegandogli la situazione.
“Grazie Koga sei gentilissimo! A dopo!”
Richiuse il suo samsung argentato al quale
era attaccato uno strass di perline a forma di lupo mettendolo nella tasca del
giubbino in jeans appoggiandosi al lampione.
“Tempo due minuti e sarà qui.”
“Ci hai salvate Aya-chan!”
La
rossa sorrise puntando la punta dello
stivale a terra giocherellando con un mozzicone di sigaretta buttato a terra,
fra poco avrebbe rivisto Koga. Sorrise fra sé pensando a lui e a quanto bene
gli voleva ignara degli sguardi curiosi di Sango e Kagome e del loro
bisbigliarsi innocenti prese in giro.
L’aveva conosciuto alcuni mesi prima
pattinando al centro commerciale assieme a Kagome, rise al ricordo di come si
era schiantata contro la sua schiena nel tentativo di frenare per evitare di
sfracellarsi contro la rete di sicurezza, di come l’aveva sorretta per
impedirle di cadere all’indietro e di come si era offerto di insegnarle a
frenare senza il rischio di mietere vittime. Così nel tempo di una settimana
era stata in grado di imparare a pattinare come si deve e poco meno di un mese
dopo stavano seduti al ristorante dove lavorava Rin per la cena del loro primo
appuntamento.
E ora lei lo chiamava chiedendogli di
accompagnare a casa lei e le sue amiche….
Vide la luce di due fari puntare verso la
loro posizione.
…e lui nel giro di dieci minuti
arrivava e le riportava a casa.
Gli corse incontro abbracciandolo
schioccandogli un bacio sulla guancia senza vergogna strappandogli un sorriso
imbarazzato e poi un bacio a fior di labbra e un sussurro nell’orecchio.
Ecco cos’era l’amore per Ayame, vedere nelle
iridi polari del suo Koga lo stesso sentimento che colorava le sue, e perché
no, quel pizzico d’invidia in quelle delle sue due più grandi amiche.
……………………….
Aprendo la bussola delle lettere fra le
bollette della luce e del gas Rin ci trovò una cartolina colorata in cartoncino
rigido; sorrise nel voltarla sapendo già a chi apparteneva ma andò comunque sul
fondo del retro leggendo le parole dorate della Casa degli Angeli St. Thomas.
Erano due anni oramai che l’aveva lasciato e
ne sentiva una profonda nostalgia nonostante all’inizio quell’istituto le fosse
stato totalmente indifferente.
Ma poi grazie ad una pallonata uno strattone
e delle semplici scuse era cambiato tutto.
Aveva ripreso a parlare e a sorridere e
aveva capito che valeva ancora la pena di vivere; e poi li erano tutti gentili
con lei e le volevano bene inoltre aveva conosciuto i due grandi amori della
sua vita.
La pallavolo scoperta per caso grazie a lui…e lui…
Chissà dov’era finito…se
si ricordava ancora di lei o il suo ricordo era svanito da quei gelidi pensieri
nel tempo che gli era servito per salire su quell’auto nera e sparire dalla sua
vita così di colpo, come di colpo le era entrato dentro.
Sorrise serena mettendo il bigliettino sopra
il comodino d’entrata di casa sua appuntandosi sull’agenda del cellulare l’impegno
di raggiungere la casa degli angeli per la festa del ventesimo anniversario di
fondazione che si sarebbe tenuta tre giorni più tardi.
“Uff, dovrò chiedere
un permesso dal lavoro e controllare gli orari del treno…”
Paradossalmente a quello che si poteva credere
la Casa degli Angeli di St. Thomas non si trovava affatto a St.Thomas,
ma a circa 120 km di distanza in una provincia rurale tranquilla circondata
dalle dolci colline dell’est, provincia nella quale era nata, cresciuta morta e
rinata.
Una volta dimessa dall’ospedale infatti era
stata accolta fra quelle mura sicure, e una volta pronta era stata iscritta all’Istituto
superiore Clementine dove c’era rimasta per circa un anno sia per farle
cambiare aria, sia per proteggerla dalle domande dei curiosi e dai ricordi
troppo dolorosi; ma dopo la bastardata
subita da Kanna era passata al St. Thomas, che frequentava tutt’ora.
Era una specie di percorso, la casa degli
angeli della città di Zuliana aiutava a guarire, l’istituto
Clementine e il St.Thomas nell’omonima città invece collaboravano
con la prima per permettere ai ragazzi di studiare e poi li indirizzava verso
alcune fra le più famose e rinomate università dello Stato: la Marshall, Vivian e la Heaven.
“Chissà se magari ci sarà anche lui…”
Chiuse gli occhi addormentandosi serena
stringendo a sé il suo peluche preferito.
…………………….
Le luci dei fari ai lati del campo
illuminavano a giorno il terreno di gioco creando le famose quattro ombre ad
ogni giocatore che correva sul campo.
Visti dall’altro sembravano minuscole
palline di flipper che schizzavano a destra o in avanti scambiandosi passaggi e
schivandosi a vicenda.
“Passa in avanti Miroku…e
tu scatta Inuyasha, scatta!”
A quelle parole i due interessati eseguirono
l’operazione, un ragazzo moro calciò la palla calcolando l’esatta direzione del
lancio verso il compagno che come lui indossava una casacca arancione per
distinguerlo dagli avversari in maglia regolamentare.
“Bel passaggio Miro….”
Proprio mentre stava per ricevere la palla
una sagoma gli schizzò davanti portandosi via la sfera di gioco e tutto ciò che
il ragazzo poté vedere poi fu l’allontanarsi di un numero 10 verso la sua porta
e l’ondeggiare di una chioma platinata simile alla sua.
“Dannazione Sesshomaru! Sempre fra i piedi!”
Non ottenne risposta e nonostante lo sforzo
che fece non riuscì a raggiungerlo e fu costretto a vedersi fare l’ennesimo
magnifico goal.
“Bene ragazzi per oggi basta così ottimo
lavoro! Inuyasha ti fai fregare come un pivello e sempre nella stessa maniera,
in quanto a te Miroku ottimo passaggio, dico sul serio…e
Sesshomaru, non ho nulla da dirti ma cerca di fare più gioco di squadra, hai
fatto tutta la metà campo da solo…in squadra siete in
undici ricordatelo…”
“…cercherò…”
“Bene…ora andate,
per oggi basta così.”
Si misero in fila salutando con un inchino
il loro allenatore, un uomo sui 50 anni che un tempo era stato uno dei più
grandi giocatori di calcio dello Stato.
Per questo tutti lo rispettavano compreso
lui che normalmente non degnava nessuno di particolare attenzione, perché gli
riconosceva grandi meriti e capacità.
“Hey Sesshomaru!”
“Nh?”
Voltò appena lo sguardo chiudendo gli occhi
per evitare lo shampoo chiudendo il getto della doccia.
“Andiamo al pub sei dei nostri?”
“No, stasera no…vado
a casa, domani ho un esame…”
“Guarda che poi lei si offende…”
“Affari suoi…”
Si girò ignorando l’insinuazione di Miroku
finendo di lavarsi ed uscendo per primo mettendo il borsone accanto alle ruote
della macchina del fratello montando poi in sella alla sua moto.
Era una bella serata, peccato doverla
sprecare sui libri.
Poche decine di minuti e la porta del suo
appartamento si apriva ancor prima che giungesse sulla soglia.
“Ben tornato Signorino…siete
solo?”
“Si…”
“Vi faccio preparare la cena allora…”
“Fammela portare di sopra…”
“Ah, è arrivato questo per voi prima, non
sapevo se buttarlo…”
Prese dalle mani dell’anziana governante un
cartoncino voltandolo subito per leggerne il contenuto.
“Sarà nostro onore avervi come ospite
ai festeggiamenti per il ventesimo anniversario
della fondazione della Casa degli Angeli.”
La Casa degli Angeli…aveva
quasi dimenticato di averci passato più di un anno in quel posto, cioè, d’esser
stato costretto a passarci più di un anno come punizione per aver partecipato
ad una rissa e aver mandato venti persone all’ospedale.
Fissò atono quel biglietto buttandolo sull’incasinata
scrivania piena di libri e appunti vari.
Non aveva ricordi particolarmente piacevoli
di quel posto, anzi lo aveva trovato una tortura anche se…
“Woah…”
Si voltò
di scatto colpito immensamente da quel sussurro che tuttavia l’aveva raggiunto
come un grido.
…aveva parlato…per la
prima volta…e per merito suo…
Scosse la testa ricordando solo ora il
colore profondo di quei due occhi che l’avevano fissato in estasi.
Riprese la cartolina cercando la data della
cerimonia prendendo poi il cellulare.
“Disdici tutti i miei appuntamenti di dopodomani…ho altro da fare…”
Riattaccò e dopo aver osservato un ultima
volta l’invito si mise seduto a studiare, ma si, ci avrebbe fatto un salto se
non altro come gesto d’educazione, dopotutto la Casa degli Angeli si trovava a
neanche mezz’ora di moto, se poi si rompeva le palle di suore canti e giochi
scemi poteva sempre alzare i tacchi e tornarsene a casa sua.
TH
Celina: Grazie
della recensione, spero ti piaccia anche questo capitolo…beh
l’orfanella altri non è che Rin, e il tizio…beh,
basta fare uno più uno no? Per quanto riguarda la rivale c’è un accenno a lei
in questo chappy, ma salterà fuori moooolto presto stanne certa!!! XD
Basket? Eccolo li lo sport che mi odiava…mii quante dita mi son partite con quelle palle….però mi piace molto!!! Crepo dopo due minuti ma mia
piace!!!
,Un abbraccio kara,
grazie di cuore!!!
^w^
Samirina: Grazie
delle belle parole e complimenti per il bellissimo sport che hai scelto,
impegnati mi raccomando!!!
Allora bene o male hai capito tutto, l’orfana
e Rin, ma non faceva calcio, semplicemente, offesa dalla pallonata e dalle mancate
scuse tira la palla in mezzo alla strada per dispetto, il mitico numero 10
altri non è che…non lo dico ma è palese!!!!!
Dunque, dopo che è uscita dalla casa degli
Angeli Rin è andata alla scuola di Kanna dove è stata subdolamente messa fuori
dalla suddetta bastardella albina, ecco come è finita al St. Thomas XD
Todo claro?
Un abbraccio e grazie ancora!!!^___^