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Autore: NeverThink    10/02/2010    5 recensioni
La sua vita era un susseguirsi di uomini.
La sua vita era un susseguirsi di lingerie di seta, fantasioso e sottile pizzo. Calde stanze dai drappi rossi.
Cècile era la cortigiana più bella di Parigi, desiderata dagli uomini più potenti della grande città.
Soddisfava i più intimi e perversi desideri di uomini dai costi abiti e pelle rugosa. Soddisfava i più intimi e perversi desideri di giovani amanti in cerca solo di un po’ di compagnia.
«La vita è così ingiusta. La mia sola esistenza è un male per te.»
«Ehi. La tua sola esistenza è per me fonte di infinta letizia. Cècile, se tu esisti ho motivo di esistere anch’io. Non importa se non potrò sfiorarti. Rinnegami il tuo amore ed allora io cesserò di vivere.»
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Believe me when I say I love you

 



Why does my heart cry?
Feelings I can't fight.

 


La sua vita era un susseguirsi di uomini.
La sua vita era un susseguirsi di lingerie di seta, fantasioso e sottile pizzo. Calde stanze dai drappi rossi.
Cècile era la cortigiana più bella di Parigi, desiderata dagli uomini più potenti della grande città.
Soddisfava i più intimi e perversi desideri di uomini dai costi abiti e pelle rugosa. Soddisfava i più intimi e perversi desideri di giovani amanti in cerca solo di un po’ di compagnia.
Era amata. Era ricercata.
Il suo viso sembrava essere scolpito nella seta, alla fioca luce delle lampade ad olio, nella sua stanza di quel quartiere malfamato di Parigi. La pelle sembrava aver la stessa consistenza di quel tessuto così pregiato e morbido, liscio e delicato sotto il palmo della mano. Le labbra parevano petali di rose rosse, deliziose e calde. I grandi occhi a mandorla, suadenti e ammaliatori, erano color del prato, vivido verde smeraldo, sotto lunghe arcate sopraccigliari. Capelli neri corvino le incorniciavano il viso e le accarezzavano la lunga schiena in morbide onde. Non vi era uomo che non adorasse i suoi seni, che non adorasse il suo ventre piatto, le sue gambe lunghe, le cosce affusolate, la pelle diafana.
Tutti desideravano, volevano, pretendevano, Cècile.
Si concedeva a chiunque fosse disponibile a pagare ingenti somme.
Non l’era concesso sognare. Madame Roxane non le permetteva di perdersi in futili sogni, e Monsieur Lacorix non le dava adito.
Era loro. Le avevo dato un detto sotto cui vivere quando i genitori l’abbandonarono per le umide strade di Parigi.
Era la sua vita e lo sarebbe per sempre stata.
Ma la vita, delle volte, ti offre delle possibilità che vanno oltre ogni tu aspettativa e così fu per Cècile.
Fissava la luna piena che illuminava timida la città, il lato orientale della torre Eiffel. Fuori la strada era silenziosa e, attraverso le mura sottili, si udivano gli affannosi respiri delle sue compagne etere di bordello intente a soddisfare i bisogni più infimi di vecchi uomini.
Gemiti ed urla le perforavano i timpani, le risuonavano nella testa come grida di terrore di bambini spaventati.
La leggera vestaglia di seta indiana le copriva l’oramai corpo nudo, mentre il vento fresco le carezzava il viso, come una carezza del suo dolce Hugo.
Chiuse gli occhi, cercando di ignorare il cigolio del letto e la mano di Hèctor fra i suoi capelli.
«A presto, mio piccolo smeraldo.»
Cècile digrignò i denti, chiudendo forte le palpebre. Non si voltò a guardare Hèctor, un ricco uomo di quarant’anni.
Si sentiva sporca, si sentiva colpevole di una ferita inflitta a crudo nel petto di quel giovane ragazzo che dall’angolo di quella strada l’osservava. Cècile sentiva il suo sguardo bruciare sul suo viso e avrebbe voluto gridare di andare via, di non osservarla da laggiù, di non soffrire a causa sua, ma non poteva. Lei era le bella cortigiana e non v’era spazio per l’amore.
Hèctor uscì dalla camera, richiudendosela alla spalle. Fu allora che una lacrima spillò dagli occhi di Cècile, quando ella riaprì le palpebre volgendo lo sguardo all’angolo della strada.
Col fiato corto ed il cuore ricolmo d’amarezza e tristezza osservò la nera sagoma, prima che essa si muovesse verso il malandato palazzo.
Cècile si asciugò velocemente il viso, mentre i gemiti le risuonavano nella testa, ricordandole ciò che era e ciò che mai avrebbe potuto essere.
Lei era una cortigiana, pagata dagli uomini per farli credere che gli amasse, pagata in cambio del suo corpo caldo ed ansimante, di ciò che non potevano avere.
La sua sola esistenza era un male, non solo per se stessa, ma anche per il suo Hugo.
Il dolore che da sola si infliggeva ogni notte, un dolore che non poteva oramai evitare, era nulla in confronto a quello che provava al sol pensiero di ferire Hugo. Ma non poteva fare a meno di lui. Era come l’aria per lei. La sua assenza le mozzava il respirò impedendo all’ossigeno di raggiungere i polmoni; era causa di un profondo squarcio sanguinante al centro del suo petto, da cui il suo povero cuore perdeva sangue invisibile che ogni notte bagnava quel letto dalle lenzuola ingiallite e logore. Quello stesso letto dove lui la cullava, l’amava, quando era solo Cècile, non la cortigiana che vendeva se stessa per il denaro.
Poi la porta di scatto di aprii.
Cècile volto lo sguardo ed il suo cuore, immancabilmente, perse un battito.



*

Okay, premetto che non ho idea da dove mi sia uscita. E’ nata come one-shot ma è troppo lunga così ho deciso di dividerla in capitoli.
Non saranno più di tre.

Alla sfiduciosa, Chiara.
   
 
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