In fondo, l'amore
Quel giorno Ginevra Molly
Wesley in Potter si svegliò con uno strano presentimento,
forse l’eco di un
sogno premonitore.
Ripensando però alla voce
della Cooman che, desolata, la informava sull’assoluta
cecità del suo occhio interiore,
sorrise per aver dato
tanta rilevanza al peso che aveva avvertito all’altezza dello
stomaco: con ogni
probabilità era la cena della sera prima.
In effetti, si disse,
doveva iniziare a glissare almeno la metà degli inviti che
riceveva, ma ogni
volta trovava davvero difficile inventare una scusa plausibile per
giustificare
“l’assenza della signora Potter”, come
poi avrebbero recitato i titoli dei
giornali di gossip per casalinghe sfaccendate.
Si alzò con una lentezza
che non le apparteneva, baciò il volto eternamente
ridente del marito e si dedicò alla toletta mattutina
soffermandosi più a lungo
del solito davanti allo specchio del bagno. Mentre acconciava i capelli
nel
solito chignon basso, passò una mano tra le lunghe ciocche,
un tempo tutte
rosse.
Quanta nostalgia, figlia
della solitudine.
Forse avrebbe potuto
contattare Lily e fingere uno di quei malanni che la medimago tentava
di
leggere tra i suoi sospiri, così, solo per avere un buon
pretesto per parlare
con la figlia senza dover confessare quel male di vivere che la
attanagliava.
Eppure.
Eppure non lo avrebbe
fatto, nemmeno questa volta. Non certo per una sensazione che lei
stessa non
sapeva se definire insignificante, casuale, degna di nota, o
addirittura
nefasta.
Nonostante Hogwarts fosse
un ricordo color seppia, la sua natura non sarebbe cambiata: grifondoro
nel
cuore per sempre, con la sua fiera testardaggine.
Aveva deciso: non avrebbe
chiamato. E non sarebbe rimasta in quella casa un minuto di
più.
Uscì dalla villetta senza
una meta precisa in mente, lasciandosi condurre dai piedi al suono
leggero dei
tacchetti sul lastricato.
Si accorse che il suo
fortuito itinerario la stava conducendo attraverso strade che non era
solita
percorrere, solo quando si destò da quello stato catatonico
per una improvvisa
consapevolezza: non aveva ancora fatto colazione e, a dispetto degli
anni, il
suo metabolismo era quello di sempre, quello di tutti i Weasley.
Si guardò intorno per
adocchiare un bar. Riconobbe la zona come quella periferica, alle
spalle del
quartiere dove abitava; lì vicino avrebbe dovuto esserci un
parco che definire
tale sarebbe stato un lusso e, proprio di fronte, una caffetteria.
Fortunatamente la sua
memoria, della quale spesso dubitava, la condusse dove desiderava.
Sotto un’insegna demodé
si estendeva per tutta la facciata una parete di vetro decorato con
motivi
liberty.
L’interno era piccolo con
un lungo bancone di palissandro; sulle panche scure erano adagiati
morbidi
cuscini di velluto rosso e quello stesso colore, filtrato dalle lampade
sospese, tingeva l’aria densa.
Entrando si rese subito
conto che non avrebbe trovato posto, ma decise che valeva la pena
domandare.
- Sono desolato Signora;
non ci sono più tavoli liberi. Forse tra
mezz’ora…
- Bilius, testa di capra!
Non sai con chi stai parlando?
È la
signora Potter!-intervenne la proprietaria- Sono sicura che il nostro Giulius ha appena finito, non
è
così?- disse rivolta ad un giovanotto dall’aria
dimessa che ancora stava
sorseggiando il suo tè bollente.
Ginevra tornò, per la
seconda volta quella mattina, indietro nel tempo fino a trovarsi sullo
sferragliante treno rosso diretto a Hogwarts.
- Avanti marmocchio,
sloggia. Questo scompartimento è nostro.
Il ragazzino, forse del
primo anno, ripose piuttosto concitato:
- Perché me ne devo
andare? Ho appena sistemato il mio baule!
- Piccolo insolente, non
sai con chi stai parlando? Lui è
Draco Malfoy!- lo interruppe minaccioso uno dei gorilla che lo seguiva
come
un’ombra.
L’allora quindicenne
Ginevra, ancora ferma nel corridoio da cui aveva casualmente ascoltato
la
conversazione, decise di intervenire: non era certo un prefetto, ma da
brava
leonessa non poteva permettere che delle serpi (e che serpi!)
tiranneggiassero
un indifeso bambino.
Lo scontro verbale che ne
era seguito era quasi sfociato in un duello magico, ma la grifoncina
aveva
avuto ragione di Malfoy e dei suoi tirapiedi con somma gratitudine del
primino.
- Non credo proprio,
signora. Sono ancora abbastanza in me da rendermi conto che la
colazione del
Signor Giulius è stata appena iniziata! Se avrò
ancora voglia, tornerò tra
mezz’ora, come mi ha consigliato questo giovanotto!- concluse
indicando un
Bilius più che esterrefatto, che già aveva eletto
sua paladina l’anziana
signora.
La proprietaria
boccheggiò colpita dalla risposta quanto mai inattesa.
- Signora Potter, mi
creda, sarei lieto di cederle il mio posto - intervenne il giovanotto
con la
tazza bollente ancora in mano.
- Non dica sciocchezze!-
lo liquidò Ginevra con quel meraviglioso sorriso che, a
dispetto degli anni,
illuminava ancora il volto candido.
Venti minuti dopo Ginevra
Molly Potter sedeva ad uno dei tavoli del locale, notando con una certa
soddisfazione
la cura con cui la locandiera evitava di farsi vedere.
Da dietro la vetrata si
mise ad osservare non vista i passanti, soprattutto quelli che si
soffermavano
nel giardinetto per godere dello spettacolare paesaggio innevato.
Così tra un sorso di tè e
un pasticcino alla crema, Ginevra notò una presenza che poi
le avrebbe fatto
penare allo strano presentimento della mattina.
Un uomo dalla postura
seria e dall’aria composta si stava avvicinando
all’ingresso della caffetteria.
I capelli bianchi, appena
colorati da sfumature biondo cenere, facevano un tutt’uno con
la carnagione
altrettanto diafana.
Forse fu per il ricordo
suscitato dalle battute della padrona che immediatamente sovrappose
all’immagine dell’uomo maturo quella di un ragazzo
altezzoso, sicuro di non
dover mai chiedere.
Con sommo stupore Ginevra
Molly Potter dovette ammettere a se stessa di avere davanti un vecchio
Draco
Lucius Malfoy.
Non avendo la possibilità
di uscire da una porta secondaria, si dovette rassegnare
all’idea di doverlo
quantomeno incrociare. Mentre però rifletteva
sull’assoluta inadeguatezza delle
sue paure e dell’assurda idea di dover essere lei ad
abbandonare il locale
nemmeno avesse qualcosa di cui vergognarsi, si accorse che la figura
era
entrata nel suo campo visivo seguita da Bilius, il garzone.
- Signora, mi perdoni, le
dispiacerebbe se questo gentiluomo si accomoda al suo stesso tavolo?
Come vede
è l’unico con ancora un posto libero.
In quel momento la donna
pensò che effettivamente il ragazzo doveva essere tardo o
non sapere davvero
nulla del mondo se proponeva che un Malfoy, quel
Malfoy sedesse al tavolo con lei. Dovette altresì constatare
che, di fatto, il
suo tavolino era l’unico con una sedia ancora libera e non
poteva certo negare
a chicchessia la possibilità di sedere a rifocillarsi.
- Naturalmente. Prego.-
disse indicando il posto vuoto, ancora per poco.
Malfoy, nettamente a
disagio, sebbene cercasse di mascherarlo, sussurrò un grazie
appena udibile
seguito dall’ordinazione.
Ginevra si chiese come
avesse potuto anche solo prendere in considerazione l’idea di
fermarsi in quel
posto. Il quartiere poco frequentato faceva pensare a tutto
fuorché ad un luogo
tanto affollato; ma forse erano le anguste dimensioni a farlo apparire
tale, in
aggiunta al fatto che presumibilmente era l’unico nel raggio
di uno o due
chilometri.
A dispetto della
malinconia che poi la sovrastava, era solita ricercare ambienti quanto
più
tranquilli possibile, soprattutto da cinque anni a quella parte
(pensò con
rammarico). Si sentiva terribilmente a disagio: la sensazione della
mattina
sembrava essersi centuplicata.
Con grande sforzo ingoiò
l’ultimo dolcetto e bevve d’un fiato il
tè ormai tiepido: disgustoso.
- Signor Malfoy - sentenziò
a mo’ di saluto mentre si allontanava dal tavolo.
Lui si alzò rispettando
un’etichetta
non richiesta ed eseguì un inchino appena percettibile.
Ginevra pagò il conto e
si affrettò a raggiungere casa. Poche volte come in quel
momento desiderò di
sentirsi al sicuro in un luogo che almeno poteva definire suo.
Si sedette stanca su una
poltrona a meditare. Da quanto tempo non vedeva l’uomo?
Quando lei frequentava il
settimo anno, alcuni dei ragazzi che non avevano potuto finire quello
precedente si erano iscritti nuovamente. Tra questi, oltre
all’amica Hermione,
c’era anche lui. Nessuno si spiegava il motivo di tale scelta
del tutto non
necessaria: Ginevra era convinta che il ragazzo fosse alla ricerca di
tempo per
redimersi o, forse, solo per capire chi essere nella sua vita.
Quell’anno perse molto ma
guadagnò forse di più: chiamato a testimoniare
non esitò a fare i nomi
richiesti e per questo fu tacciato di tradimento dai convinti
mangiamorte e di
codardia e opportunismo dai “buoni perbenisti”
sempre schierati dalla parte del
bene!
Aveva visto suo padre
condannato all’ergastolo e la madre costretta a scontare una
detenzione di trenta
anni alla quale non sarebbe sopravvissuta.
Lui solo fu assolto da
tutte le accuse; questo, certo, gli valse una certa
tranquillità che si
rifletté immediatamente nell’atteggiamento: per
Ginevra, come per chiunque
altro, fu una sorpresa vedere il profondo cambiamento che lo aveva
segnato in
positivo.
Se poi tutti avrebbero
scommesso su una sua relazione con
Nel miglioramento della
reputazione c’era stata sicuramente la mano della moglie.
Ginevra ricordò che
non di rado i coniugi presenziavano a raccolte di beneficenza ed eventi
mondani; nonostante tutto, Draco era riuscito a ridare
dignità al nome dei
Malfoy e lo aveva fatto soprattutto per il figlio. Per lui aveva
persino
accettato che Albus, suo grande amico, gli facesse da testimone di
nozze.
Certo il legame affettivo
dei ragazzi non aveva potuto niente nei rapporti tra i rispettivi
genitori: i
coniugi Potter non avevano partecipato al matrimonio e non avevano mai
chiesto
nulla delle numerose notizie che il secondogenito riceveva da Scorpius
tramite
una fitta corrispondenza, dovuta alla lontananza.
È naturale, però, che le
notizie di maggior rilievo diventassero presto di dominio pubblico
motivo per
cui non solo lei ma tutta la comunità magica erano venuti a
sapere della morte
della signora Malfoy avvenuta moltissimi anni prima.
Le versioni riportate dai
giornali spaziavano su tutte le vie possibili e, soprattutto, le
più fantasiose
ed improponibili.
In realtà nessuno,
eccetto i parenti stretti, sapeva cosa fosse successo; la famiglia era
stata
molto severa sul fattore discrezione e la donna sapeva benissimo quanto
fosse
doloroso vedere diventare una disgrazia familiare l’occhio
del ciclone di un
polverone mediatico.
Nemmeno quella volta
Ginevra aveva chiesto al figlio se sapesse qualcosa in più
rispetto alle voci ufficiose,
ma le capitò di ascoltare involontariamente una
“conversazione al caminetto”
tra i due ragazzi da cui risultò che Astoria doveva essere
morta avvelenata dal
morso di qualche creatura; se fosse magica o babbana, questo non poteva
dirlo
ma con certezza ricollegò alla morte della giovane donna
l’impegno che Scorpius
aveva profuso nell’ottenere il posto di direttore del reparto
Dipartimento
della Regolazione e Controllo delle Creature Magiche del
ministero.
Da allora Draco Malfoy
aveva diradato sempre più le sue uscite pubbliche fino a
scomparire dal
panorama dell’alta società magica delegando al
figlio appena trentenne gli
impegni pubblici.
D’altro canto non era mai
confortante partecipare a quelle cene, dove c’erano sempre
troppe mani da
stringere, senza avere al proprio fianco un accompagnatore.
Questo, si disse Ginevra,
doveva essere un motivo più che buono perché
anche a lei fosse consentito
declinare gli inviti.
Da cinque anni a quella
parte, invece, da quando cioè il suo consorte era passato a
miglior vita, la
sua vita sociale non era cambiata di una virgola. In fin dei conti non
poteva
costringere James, mai stato abbastanza diplomatico, ad indossare
completo e cravatta.
Albus sarebbe stato perfetto e, in effetti, a volte aveva persino
acconsentito
di accompagnare la madre ma a causa del lavoro era troppo spesso fuori
sede per
poter ottemperare a tutti gli impegni previsti.
La compagnia di Lily era
certamente la più costante ma non poteva sempre contare
sulla sua presenza,
richiestissima al San mungo dove di certo non si badava ad orari e
turni di
notte.
Con un sospiro breve
Ginevra comprese che avrebbe dovuto partecipare da sola di
nuovo all’imminente cena di capodanno.
I pranzi di Natale erano
sempre stati molto rumorosi a casa Weasley e, sebbene parte della
vecchia
generazione ormai non fosse più tra i vivi, i figli e i
nipoti provvedevano a
mantenere viva quell’atmosfera di molti anni prima.
Ginevra si era preparata
a quell’evento per settimane. Era una caratteristica che
aveva ricevuto in
eredità da mamma Molly: un attaccamento indescrivibile alla
famiglia, l’unica
cosa, tra tutte quelle che possedeva, a cui tenesse davvero.
Aveva girato tra le vie
di Diagon Alley alla ricerca del regalo perfetto per tutti e poteva
ritenersi
soddisfatta: tra libri introvabili, animali magici da compagnia, scope
nuove e
vestiti poteva dire di aver accontentato tutti. Alle dodici circa la
famiglia
era ormai al completo, invadendo la casa con esuberante allegria.
Il pranzo era stato
rumoroso come sempre e, se possibile, l’apertura dei regali
ancora di più.
Aveva dispensato i baci più affettuosi di cui fosse capace
ai nipoti che si
mettevano in fila per ringraziare.
In giorni come quello
Ginevra sentiva di potersi dire meno sola; ma poi arrivava la sera,
quando
tutti tornavano alle loro abitazioni e lei restava in quella casa vuota
con la
foto del marito come unica compagnia.
Aveva accennato più volte
alla cena di beneficienza organizzata per Capodanno nella speranza che
qualcuno
cogliesse il suo invito, se non a sostituirla, quantomeno ad
accompagnarla. Era
evidente, però, che persino le nipoti più
interessate alla vita di mondo non
trovassero allettante la proposta.
Alle improvvise scuse
generali si era sovrapposta la voce di Albus, l’unico
abbastanza cinico da
sputare senza rimorso le più scomode verità:
- Mamma, non è che
nessuno voglia venire al ballo con te.
Nessuno vuole andare a quel ballo e basta. Mettiti nei nostri panni: ci
saranno, senza offesa, persone della tua età che passeranno
tutta la serata a
tediare il malcapitato di turno con un soliloquio sulle più
esaltanti
esperienze della loro grigia vita .-
La tavolata si era
improvvisamente zittita
- È questo quello che
pensi di tua madre?- ruppe il silenzio.
- È chiaro che no! Ma
quante persone credi che possano vantare una vita piena come la tua e
quella
degli zii? La metà degli invitati saranno vecchi ministri in
pensione la cui
massima aspirazione è non perdere la dentiera nella ciotola
di punch.
All’ultima battuta, forse
non tra le più felici, i commensali ritrovarono il solito
buon umore e Ginevra
dovette constatare che il secondogenito aveva fin troppa ragione.
Quella sera scelse
l’abbigliamento con più cura del solito e non
certo per risultare più elegante delle altre
volte: al contrario
desiderava essere tanto ordinaria
da
passare inosservata.
Effettivamente la veste
nera da maga ricamata tinta su tinta era fin troppo banale se
paragonata ai
lunghi abiti in stile babbano che le altre signore sfoggiavano. Vezzo
di quella
moda erano anche i colori vivaci contro cui anche il nero
più luminoso non
avrebbe potuto niente.
Soddisfatta di poter
stare comodamente a bordo pista a sorseggiare acqua-viola e, forse, di
poter
rincasare prima del previsto senza dover snocciolare troppe scuse,
cambiò
improvvisamente idea quando intravide un volto noto volteggiare sulla
pista da
ballo accompagnato da una bellissima ragazza.
Ginevra nemmeno si chiese
il perché dei propri pensieri; sapeva solo di sentirsi
profondamente
inadeguata, ora, e passò gli ultimi cinque minuti di valzer
a scrutare la
coppia e porsi a misero confronto con la giovane donna.
I capelli biondi erano
raccolti in uno chignon molto più elaborato del suo e
qualche boccolo abilmente
modellato sulla spalla si adagiava perfettamente sul copri-spalle di
ermellino.
Se lo aveva già pensato,
non poté esimersi dall’osservare nuovamente quanto
fosse bella e giovane, soprattutto
giovane, troppo giovane.
Constatò che il tempo era
davvero impietoso e parziale: perché agli uomini era
concesso mantenere
inalterato il loro fascino mentre le donne dovevano vedersi avvizzire
ogni
giorno di più?
La coppia che teneva
d’occhio era l’esempio lampante di quanto aveva
appena pensato: in fin dei conti
nessuno avrebbe potuto dire che l’accostamento tra i due
fosse in alcun modo
fuori luogo. Al contrario se lei si fosse presentata con un giovanotto
che non
fosse uno dei nipoti, avrebbe di certo suscitato il riso generale.
Per un istante provò un
pizzico d’invidia per la ragazza, e non perché
(come si disse) ballava elegante
al fianco di Draco Malfoy senza creare alcuna stonatura, ma
perché in quel
momento possedeva tutto ciò che Ginevra aveva perso per
sempre.
Era ancora giovane, bella
e godeva delle attenzioni dell’uomo più
affascinante della sala; che poi nel
caso specifico “quell’uomo affascinante”fosse
proprio Malfoy sembrò non essere rilevante ai suoi occhi,
convinta che una
donna della sua età potesse concedersi qualsiasi tipo di
apprezzamento senza
dare adito a fraintendimenti.
Terminata la musica i due
si avvicinarono alla zona tavoli. Ginevra poté giurare di
aver visto la ragazza
sussurrare qualcosa all’orecchio di Draco prima che questi si
voltasse nella
sua direzione e decidesse di avvicinarsi per porgerle i propri saluti.
- Buonasera signora
Potter.- a parlare era stata lei; il quasi coetaneo si era invece
limitato ad
un accenno del capo e a rafforzare la presa attorno ai fianchi della
giovane.
- Non credo che in
passato abbiamo avuto occasione di incontrarci sebbene desiderassi da
tempo
conoscerla di persona. Eleanor Malfoy.
– Aveva detto porgendole con un sorriso la mano affusolata.
Ginevra era troppo scossa
per poter dire qualcosa di più appropriato di
“piacere mio”.
Di certo non era quello
che pensava davvero: Malfoy, si era
presentata come una Malfoy.
Draco l’aveva addirittura
sposata, azzardò notando un bell’anello
all’anulare di Eleanor Malfoy.
Che magnifica idea era
stata andare a quella stupida festa: era da sola e adesso, cosa
peggiore, era
in compagnia di qualcuno a cui avrebbe preferito mille volte la morte.
Non
credeva che si sarebbe sentita così umiliata e in fondo non
ne comprendeva
appieno il motivo.
Persa in questi pensieri
si era a stento accorta del silenzio imbarazzante che era seguito.
A salvarla intervenne un
vecchio membro del Wizengamot che la invitò ad accompagnarlo
nell’imminente
mazurca e, sebbene Ginevra fosse dell’umore opposto allo
spirito del ballo,
accettò con convinzione quell’unica via di fuga
che le si prospettava. Non
poteva credere che la presenza di Draco Malfoy le avesse suscitato per
ben due
volte il desiderio impellente di trovarsi in qualunque altro posto.
Pochi passi di danza
erano bastati a decidere che era davvero arrivato il momento di
congedarsi.
Senza preoccuparsi di salutare tutti i presenti, eccetto i padroni di
casa, si
ritirò con un’ultima immagine della nuova coppia
Malfoy che si preparava al
nuovo ballo.
Si chiese come fosse
possibile che i giornali scandalistici non avessero riportato quella
notizia
così eclatante sulle copertine da tabloid. Forse i soldi
dell’uomo e il suo
inossidabile savoir- faire, avevano,
ancora una volta, arginato il diffondersi della notizia.
Ginevra era cosciente del
fatto che non avrebbe dovuto importargliene nulla ma, questa volta, per
una
strana ragione, voleva saperne di più. In fondo il caso
sembrava offrirle
l’occasione più opportuna su un piatto
d’argento: l’indomani Albus sarebbe
passato a farle una visita per il solito tête à tête del fine settimana.
-
Sai Al
ieri ho incontrato il padre di Scorpius al ballo. Mi aspettavo di
trovare il
tuo amico e invece c’era lui con una giovane donna, Eleanor Malfoy, mi pare abbia detto.
Aveva lasciato cadere
quell’affermazione come se non le importasse, come se tutti i
pensieri della
sera precedente non avessero nulla a che vedere con il suo vago
tentativo di
carpire qualche informazione in più sulla giovane
moglie del vecchio coetaneo.
- Hai detto Eleanor
Malfoy? Bionda, chiara, molto bella …
Ginevra aveva già smesso
di ascoltare il panegirico della ragazza: possibile che anche suo figlio dovesse sottolinearne i
pregi?
- Sì, caro,
credo che stiamo parlando della
stessa persona – lo interruppe quasi infastidita.
- Beh non posso credere
che il Sig. Malfoy si sia fatto accompagnare da sua nipote.
-ghignò il giovane
Potter -
-Sua nipote?- lo aveva
detto in un sussurro appena udibile, portando la mano davanti alla
bocca quasi
a voler impedire alle parole (e con loro alla nuova consapevolezza) di
sfuggirle.
-Ma si mamma: la figlia
di Scorp! Te ne avrò sicuramente parlato!
No, non lo aveva fatto ma
in quel momento aveva ben poca rilevanza.
-Immagino che il nonno
voglia trascorrere con lei il maggior tempo possibile: si è
fidanzata con un
imprenditore francese e con ogni probabilità
lascerà il Paese appena sposata.
- Capisco, ma non vedo
però perché tu mi abbia detto tutte queste cose
su Eleanor: non mi pare di
averti chiesto niente a riguardo.
- Niente, mamma, mi
sembrava che volessi saperlo. - sorrise sornione-
- no, per niente- mentì-
quello che fanno i signori Malfoy non mi interessa.
- dovrebbe, invece!
Non le diede il tempo di
ribattere: si alzò, la baciò affettuosamente
sulla guancia e sparì in un CRACK.
Ginevra costatò che Albus
era fin troppo intelligente. Era chiaro che tutto il discorso aveva
avuto il
preciso scopo di arrivare lì; in fondo lui non aveva mai
affrontato
spontaneamente l’argomento “Malfoy”, come
naturale conseguenza del totale
disinteresse dei genitori. In quell’unica debolezza che si
era concessa, lui
aveva letto l’interesse, nascosto dalla casualità
con cui aveva pronunciato la frase. Ginevra si
sentì a disagio per le
insinuazioni del secondogenito: era pur sempre sua madre e non avrebbe
dovuto
imbarazzarla così. Con un pizzico di stizza
osservò che troppo spesso il figlio
dava prova di essere stato giustamente assegnato a Serpeverde.
Di tempo ne era passato
da quel ballo di capodanno e Ginevra si era ritrovata troppo spesso a
pensare
alle ultime parole di Severus : “dovrebbe, invece”.
Perché mai avrebbe dovuto
importargliene? O meglio, perché Albus
pensava che avrebbe dovuto importargliene?
Che lei stessa si fosse
resa conto che l’ancora biondo settantacinquenne non le fosse
del tutto
indifferente era un conto. Ma scoprire che anche il proprio figlio
sospettasse
una cosa del genere la sconvolgeva.
Per calmare questi
infausti pensieri si era più volte detta che tutto
ciò non aveva importanza,
che il fatto di pensarlo sempre più frequentemente era
dovuto alla gentilezza
che le aveva riservato durante l’ultima (e anche prima)
visita che le aveva
fatto.
Era stato a metà
febbraio; pochi giorni dopo il famoso
matrimonio di Eleanor, il nonno
della
sposa si era presentato a casa Potter per recapitare personalmente
la bomboniera.
Con più durezza di quanta
non ne trasparisse dallo sguardo luminoso, aveva asserito che la nipote
aveva
insistito affinché non le venisse consegnata via gufo ,
giustificando tale
richiesta con la sua inspiegabile ammirazione per la Signora.
Aveva anche aggiunto una
lunga serie di ringraziamenti per il regalo di partecipazione e
Ginevra, che
davvero non aveva idea di cosa stesse parlando ma che di certo stupida
non era,
ricordò di come il famoso
secondogenito
le avesse chiesto un’approfondita consulenza sulle varianti
tra crema e avorio
del servizio in porcellana; con ogni probabilità, o meglio, certamente aveva anche ritenuto
opportuno inserire il nome della madre nel biglietto di auguri.
Ginevra, più per urbana
cortesia che per desiderio di prolungare la visita, gli aveva offerto
il
miglior tè inglese da colazione. Eppure, sebbene fosse
sicura di doversi
sentire a disagio per quella pesante presenza in casa propria, si
ritrovò a
conversare con l’uomo con tanta tranquillità che
sembrava non avessero fatto
altro da sempre; tornarono ai tempi di Hogwarts, quando darsi del tu
era
davvero qualcosa di scontato.
Ripensandoci le venne da
sorridere: proprio a tal proposito avevano riesumato i vecchi ricordi
di scuola
e Draco - non senza difficoltà- aveva snocciolato le sue
scuse per tutti gli
insulti e le frecciatine che aveva riservato a lei e alla famiglia.
- Ginevra, di errori ne
ho fatti molti e alcuni resteranno come macchie indelebili, ma mi sono
sempre
sforzato di allontanare tutte le ombre del mio passato dalla mia
famiglia. Non
so se io sono riuscito a diventare una persona migliore, ma mi auguro
che mio
figlio e mia nipote lo siano davvero. Eleanor ti ammira veramente!
- Questo non può che
lusingarmi. Comunque sarebbe davvero difficile giudicare il tuo
cambiamento. Ma
nonostante questo io ho la certezza
che tu sia riuscito nel tuo intento: Scorpius è lo specchio
di quanto tu abbia
fatto per rendere il suo futuro diverso dal tuo passato.
In definitiva sei davvero
una persona migliore della Serpe di Hogwarts, Draco Malfoy.
E lo aveva detto col
sorriso furbo di quando era ragazzina e riusciva a capire i sentimenti altrui prima
ancora che essi
stessi se ne rendessero conto.
Dopo altri venti minuti
buoni di conversazione, l’imbrunire aveva decretato che
quella visita di cortesia era
durata fin
troppo. Così l’uomo si congedò
strappandole la promessa di rivedersi per un tè:
- Grazie dell’ospitalità.
Spero che mi darai la possibilità di sdebitarmi avendo la
gentilezza di
accompagnarmi a prendere un tè, un giorno di questi.
Se dapprima si era
convinta che la sua fosse pura cortesia, si dovette ricredere quando,
dopo una
settimana, ricevette un gufo con il sigillo di casa Malfoy.
Draco le aveva usato la delicatezza di non invitarla ad un tête à tête in casa propria - cosa che l’avrebbe messa a disagio oltre ogni previsione- ma si rese conto che, in fondo, stare seduti nel locale più affollato del centro di Diagon Alley poteva risultare ben più imbarazzante.
Aveva consumato
l’ordinazione con un’ansia tale che persino il suo
ospite l’aveva notata.
Con sua immensa
gratitudine propose di concludere il pomeriggio con una passeggiata tra
le vie secondarie della cittadina.
Avevano discorso del più
e del meno sciogliendo sempre più quell’aria di
affettata cortesia che avevano
usato fino a quel momento.
Se da una parte Ginevra
continuava a lanciare occhiate circospette ai viandanti, Draco mostrava
una
tale padronanza di sé da infondere una certa sicurezza anche
alla donna.
Con il tempo quegli
incontri erano diventati quasi un’abitudine e ciò
che li rendeva imprevedibili,
sottraendoli al tedio della routine, erano le sempre diverse ed
improvvisate
mete.
Il signor Malfoy aveva
persino accettato di trascorrere un intero pomeriggio nella Londra
babbana
dovendo ammettere, alla fine, che confondersi tra la frenetica
indifferenza dei
viandanti era stato piacevole.
Ginevra dal canto suo,
era stata estremamente tranquilla, sicura di non rischiare incontri
imbarazzanti con conoscenti cui dover dare spiegazioni.
Non che la compagnia di
Draco le causasse più disagio che piacere, tuttavia non
sapeva ancora dare un
nome alla natura dei loro incontri; se, da parte sua, era ormai conscia
dell’affetto per
l’uomo, non sapeva come
interpretare le sue attenzioni. Era una vedova, lei, da soli
cinque anni. Doveva darsi un contegno, Merlino.
Gli incontri successivi
proseguirono all’insegna della pacata tranquillità
che avvolgeva il suo animo,
quanto può esserlo quello di una donna che ha riscoperto di
poter ancora vivere.
Ormai a proprio agio, Ginevra
riteneva che niente avrebbe potuto turbarla, niente tranne
l’invito formale a
presenziare insieme alla cerimonia
per l’investitura del nuovo ministro.
Aveva rifiutato con
ostinata perseveranza per un’intera settimana.
Aveva accettato la sua
compagnia per comprare un vestito adatto, come a sottolineare che non
era certo
per lui che avrebbe indossato una raffinata cascata di seta oltremare.
Per lei
era un implicito riferimento al fatto che, come nessun futuro sposo
avrebbe
accompagnato la propria fidanzata per la prova dell’abito
nuziale, lei, per
analogia, non avrebbe ceduto.
Con ogni probabilità la
donna sarebbe riuscita a mantenere fede alla parola data, tuttavia un
evento
imprevisto la portò spontaneamente a rivedere le proprie
posizioni.
Di quella notte agitata Ginevra
avrebbe ricordato solo il sogno premonitore che
l’assalì con violenza alle
prime luci dell’alba:
Era seduta, e con gli
occhi chiusi; sentì l’uscio
di una porta chiudersi e dei passi avanzare nella sua direzione. Il
cuore
correva irrefrenabile, sopraffatto da sentimenti che non sapeva neppure
come
definire. Colta da un improvviso istinto di sopravvivenza
aprì gli occhi e
intravide, nella penombra di una stanza estranea, un’ombra
che le si avvicinava
col respiro trepidate.
La Ginevra della realtà
aprì di scatto gli occhi e realizzò che se fosse
rimasta preda del sonno un
secondo di più avrebbe visto il volto della morte.
Si poteva dire molto sul
suo conto ma di certo non la si poteva definire una stupida credulona
superstiziosa. Eppure c’era qualcosa di così reale
in quello che aveva sognato
che dovette per forza cedere all’evidenza: nel sogno
indossava l’abito blu che
aveva scelto per la serata; evidentemente quella notte Ginevra Molly
Weasley
sarebbe morta.
Questa nuova
consapevolezza, più che spaventarla, la intristì.
Nonostante la sua età
avanzata aveva da poco scoperto che c’erano
un’infinità di cose che avrebbe
voluto provare.
Facendo una veloce ed
approssimativa lista mentale, si scoprì a collocare al primo
posto l’invito del
Signor Malfoy o, meglio, l’invito di Draco.
Al di là di ogni imbarazzo, avrebbe accettato di
accompagnarlo ufficialmente.
- Posso avere il piacere
di ballare con te?
- Mi sembra che, come tua
accompagnatrice, sia mio preciso dovere …
- Precisamente!- disse
lui porgendole la mano.
Le note del lento
accompagnavano i passi eleganti dei due ballerini che, a dispetto
dell’età, si
muovevano ancora con grazia.
- Questa sera sei più
bella che mai. Se avessi cinquanta anni in meno ti avrei già
portato via di
qui. Ma non posso farlo quindi sono costretto a chiedertelo, anche se
mi
aspetto una risposta positiva: andiamo a casa mia?
- Non abbiamo più
vent’anni: non mi sembra il caso di scherzare su questo
argomento.
Ginevra era risentita.
Non sapeva se sentirsi umiliata, addirittura. Quella sera stessa,
probabilmente
sarebbe morta e l’ultima cosa che voleva era lasciare di
sé l’immagine di una
vecchia che si abbandona con leggerezza alle lusinghe di un uomo.
- Proprio perché non
siamo più giovani dovresti capire che non sto scherzando: a
quell’età si può amare
per gioco e arrivare a ferire con
leggerezza perché si ha la certezza che il tempo
curerà le cicatrici. Io non
sto scherzando: andiamo a casa mia?
Ginevra si aggrappò più
saldamente al suo braccio quasi ad imitare la fermezza nella voce di
Draco.
- Si accorgeranno della
nostra assenza.
- Siamo a bordo pista e
gli occhi di tutti sono puntati sul nuovo ministro: andiamo a casa mia?
A quel punto sentì di non
riuscire a rifiutare una terza volta.
Quella materializzazione
compiuta a passo di danza, come fosse una piroetta prevista dal ballo,
li fece
atterrare sul grande tappeto dell’androne con un
impercettibile salto, passo
conclusivo di quel lento tutt’altro che lento.
Lui si sentiva al sicuro,
perfettamente a suo agio, lì nel proprio territorio.
Lei era l’esatto opposto:
tesa come una corda d’arpa e con la voce rotta al punto che
se avesse parlato
avrebbe imitato alla perfezione uno strumento scordato.
Sentì la presa farsi più
sicura attorno alla vita e percepì con crescente agitazione
la sua guancia appoggiarsi
alla propria.
Le sfiorò lo zigomo con
le labbra e Ginevra rabbrividì con un sospiro forte.
- Che stiamo facendo!
Draco non possiamo, è sbagliato, alla nostra età
…
Questa volta le baciò le
labbra, ammesso che un contatto appena percettibile si possa definire
tale.
C’era, nei suoi gesti,
tutta la pazienza che la giovinezza rifugge: elettricità
tangibile,
consapevolezza, maturità o forse tutto l’opposto.
La donna non rispondeva
più della frequenza cardiaca o dell’astenia che
aveva pervaso le fibre del suo
corpo.
La baciò ancora e
stavolta le loro bocche si cercarono come fossero frutti ancora maturi,
appena
colti. Forse è questo che intendono i poeti quando
asseriscono che l’amore non
ha età.
Avrebbe dovuto sentirsi
ridicola per quello che stava succedendo: chiunque li avrebbe giudicati
così,
due vecchi dementi ammolliti dalla senilità che si
lasciavano andare a giochi
da ragazzi, forse nella speranza di riassaporare la giovinezza perduta.
Eppure non riusciva a
pentirsi delle carezze, degli abbracci, nemmeno quando
l’accompagnò nella sua
stanza da letto schiudendo la porta senza rumore.
Le sue labbra erano
rimaste all’altezza della clavicola trovandovi
l’incastro perfetto e
continuavano a posare teneri baci su quel lembo di pelle anche mentre
il
vestito le scivolava dalle spalle.
Quando
lui si allontanò, diretto alla porta,
Ginevra si abbandonò sul materasso, troppo scossa
dall’emozione e chiuse gli
occhi.
Persa in un momento di
straniamento, sentì
l’uscio della porta
chiudersi, i passi avanzare nella sua direzione. Il cuore correva
irrefrenabile, sopraffatto da sentimenti che non sapeva neppure come
definire.
Colta da un improvviso istinto di sopravvivenza aprì gli
occhi e intravide,
nella penombra della una stanza estranea, l’ombra che le si
avvicinava col
respiro trepidate.
La figura fu colpita
dalla lama di luce che filtrava dalle finestre socchiuse: Draco, chi
altri se
non lui?
- Merlino! – esclamò
così
piano da produrre appena un sussurro – Non era la morte!
L’uomo le fu finalmente
accanto e strinse il suo volto tra le mani prima di baciarlo ancora e
ancora.
Ginevra Molly Weasley
vedova Potter aveva mal interpretato quello sprazzo si futuro che le si
era
palesato in sogno. Ma non si pentì di tutto quello che aveva
fatto quel giorno,
guidata dalla certezza della morte.
E allora capì che era valsa la pena di
aspettare
tanti e tanti anni anche solo per vivere quell’istante (*):
in fondo, l’amore.
ABUSATO SPAZIO DELLA
… ?
(*)
L’ultima frase,
quella in corsivo con l’asterisco, è
un’esplicita citazione del racconto
“Marìa
dos Prazeres” tratto dalla raccolta “dodici
racconti raminghi” di Marquez,
autore che stimo profondamente. Proprio a questo racconto è liberamente ispirata la mia
“storia”.
Frency70,
spero di non
averti imbarazzato dedicandoti una cosa così (um non saprei
come definirla)
fuori dagli schemi? Insomma, non è certo il genere di storia
che si dovrebbe
scrivere per invogliare un pubblico giovane a seguire questa
coppia…però è
tutto quello che, al momento, sono riuscita a tirare fuori. Grazie
comunque per
avermi chiesto (e quindi involgliata) di scrivere una D/G.
Care e
temerarie lettrici, spero di avervi fatto
venire voglia di lasciare un commento, positivo o negativo che
sia…GRAZIE, Vittoria