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Autore: altovoltaggio    11/02/2010    9 recensioni
Chi pensa che l’amore sia solo dei giovani, con i loro volti freschi e ridenti, con l’innata bellezza dell’adolescenza, non legga oltre queste righe perché non troverà nulla di tutto questo. dedicata a frency70 e a tutti quelli che sono stanchi di vedersi affogare nel mare delle Dramione
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley | Coppie: Draco/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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In fondo, l'amore

Quel giorno Ginevra Molly Wesley in Potter si svegliò con uno strano presentimento, forse l’eco di un sogno premonitore.

Ripensando però alla voce della Cooman che, desolata, la informava sull’assoluta cecità del suo occhio interiore, sorrise per aver dato tanta rilevanza al peso che aveva avvertito all’altezza dello stomaco: con ogni probabilità era la cena della sera prima.

In effetti, si disse, doveva iniziare a glissare almeno la metà degli inviti che riceveva, ma ogni volta trovava davvero difficile inventare una scusa plausibile per giustificare “l’assenza della signora Potter”, come poi avrebbero recitato i titoli dei giornali di gossip per casalinghe sfaccendate.

Si alzò con una lentezza che non le apparteneva, baciò il volto eternamente ridente del marito e si dedicò alla toletta mattutina soffermandosi più a lungo del solito davanti allo specchio del bagno. Mentre acconciava i capelli nel solito chignon basso, passò una mano tra le lunghe ciocche, un tempo tutte rosse.

Quanta nostalgia, figlia della solitudine.

Forse avrebbe potuto contattare Lily e fingere uno di quei malanni che la medimago tentava di leggere tra i suoi sospiri, così, solo per avere un buon pretesto per parlare con la figlia senza dover confessare quel male di vivere che la attanagliava.

Eppure.

Eppure non lo avrebbe fatto, nemmeno questa volta. Non certo per una sensazione che lei stessa non sapeva se definire insignificante, casuale, degna di nota, o addirittura nefasta.

Nonostante Hogwarts fosse un ricordo color seppia, la sua natura non sarebbe cambiata: grifondoro nel cuore per sempre, con la sua fiera testardaggine.

Aveva deciso: non avrebbe chiamato. E non sarebbe rimasta in quella casa un minuto di più.

 

Uscì dalla villetta senza una meta precisa in mente, lasciandosi condurre dai piedi al suono leggero dei tacchetti sul lastricato.

Si accorse che il suo fortuito itinerario la stava conducendo attraverso strade che non era solita percorrere, solo quando si destò da quello stato catatonico per una improvvisa consapevolezza: non aveva ancora fatto colazione e, a dispetto degli anni, il suo metabolismo era quello di sempre, quello di tutti i Weasley.

Si guardò intorno per adocchiare un bar. Riconobbe la zona come quella periferica, alle spalle del quartiere dove abitava; lì vicino avrebbe dovuto esserci un parco che definire tale sarebbe stato un lusso e, proprio di fronte, una caffetteria.

Fortunatamente la sua memoria, della quale spesso dubitava, la condusse dove desiderava.

Sotto un’insegna demodé si estendeva per tutta la facciata una parete di vetro decorato con motivi liberty.

L’interno era piccolo con un lungo bancone di palissandro; sulle panche scure erano adagiati morbidi cuscini di velluto rosso e quello stesso colore, filtrato dalle lampade sospese, tingeva l’aria densa.

Entrando si rese subito conto che non avrebbe trovato posto, ma decise che valeva la pena domandare.

- Sono desolato Signora; non ci sono più tavoli liberi. Forse tra mezz’ora…

- Bilius, testa di capra! Non sai con chi stai parlando? È la signora Potter!-intervenne la proprietaria- Sono sicura che il nostro Giulius ha appena finito, non è così?- disse rivolta ad un giovanotto dall’aria dimessa che ancora stava sorseggiando il suo tè bollente.

 

Ginevra tornò, per la seconda volta quella mattina, indietro nel tempo fino a trovarsi sullo sferragliante treno rosso diretto a Hogwarts.

- Avanti marmocchio, sloggia. Questo scompartimento è nostro.

Il ragazzino, forse del primo anno, ripose piuttosto concitato:

- Perché me ne devo andare? Ho appena sistemato il mio baule!

- Piccolo insolente, non sai con chi stai parlando? Lui è Draco Malfoy!- lo interruppe minaccioso uno dei gorilla che lo seguiva come un’ombra.

L’allora quindicenne Ginevra, ancora ferma nel corridoio da cui aveva casualmente ascoltato la conversazione, decise di intervenire: non era certo un prefetto, ma da brava leonessa non poteva permettere che delle serpi (e che serpi!) tiranneggiassero un indifeso bambino.

Lo scontro verbale che ne era seguito era quasi sfociato in un duello magico, ma la grifoncina aveva avuto ragione di Malfoy e dei suoi tirapiedi con somma gratitudine del primino.

 

- Non credo proprio, signora. Sono ancora abbastanza in me da rendermi conto che la colazione del Signor Giulius è stata appena iniziata! Se avrò ancora voglia, tornerò tra mezz’ora, come mi ha consigliato questo giovanotto!- concluse indicando un Bilius più che esterrefatto, che già aveva eletto sua paladina l’anziana signora.

La proprietaria boccheggiò colpita dalla risposta quanto mai inattesa.

- Signora Potter, mi creda, sarei lieto di cederle il mio posto - intervenne il giovanotto con la tazza bollente ancora in mano.

- Non dica sciocchezze!- lo liquidò Ginevra con quel meraviglioso sorriso che, a dispetto degli anni, illuminava ancora il volto candido.

 

Venti minuti dopo Ginevra Molly Potter sedeva ad uno dei tavoli del locale, notando con una certa soddisfazione la cura con cui la locandiera evitava di farsi vedere.

Da dietro la vetrata si mise ad osservare non vista i passanti, soprattutto quelli che si soffermavano nel giardinetto per godere dello spettacolare paesaggio innevato.

Così tra un sorso di tè e un pasticcino alla crema, Ginevra notò una presenza che poi le avrebbe fatto penare allo strano presentimento della mattina.

Un uomo dalla postura seria e dall’aria composta si stava avvicinando all’ingresso della caffetteria.

I capelli bianchi, appena colorati da sfumature biondo cenere, facevano un tutt’uno con la carnagione altrettanto diafana.

Forse fu per il ricordo suscitato dalle battute della padrona che immediatamente sovrappose all’immagine dell’uomo maturo quella di un ragazzo altezzoso, sicuro di non dover mai chiedere.

Con sommo stupore Ginevra Molly Potter dovette ammettere a se stessa di avere davanti un vecchio Draco Lucius Malfoy.

Non avendo la possibilità di uscire da una porta secondaria, si dovette rassegnare all’idea di doverlo quantomeno incrociare. Mentre però rifletteva sull’assoluta inadeguatezza delle sue paure e dell’assurda idea di dover essere lei ad abbandonare il locale nemmeno avesse qualcosa di cui vergognarsi, si accorse che la figura era entrata nel suo campo visivo seguita da Bilius, il garzone.

- Signora, mi perdoni, le dispiacerebbe se questo gentiluomo si accomoda al suo stesso tavolo? Come vede è l’unico con ancora un posto libero.

In quel momento la donna pensò che effettivamente il ragazzo doveva essere tardo o non sapere davvero nulla del mondo se proponeva che un Malfoy, quel Malfoy sedesse al tavolo con lei. Dovette altresì constatare che, di fatto, il suo tavolino era l’unico con una sedia ancora libera e non poteva certo negare a chicchessia la possibilità di sedere a rifocillarsi.

- Naturalmente. Prego.- disse indicando il posto vuoto, ancora per poco.

Malfoy, nettamente a disagio, sebbene cercasse di mascherarlo, sussurrò un grazie appena udibile seguito dall’ordinazione.

 

Ginevra si chiese come avesse potuto anche solo prendere in considerazione l’idea di fermarsi in quel posto. Il quartiere poco frequentato faceva pensare a tutto fuorché ad un luogo tanto affollato; ma forse erano le anguste dimensioni a farlo apparire tale, in aggiunta al fatto che presumibilmente era l’unico nel raggio di uno o due chilometri.

A dispetto della malinconia che poi la sovrastava, era solita ricercare ambienti quanto più tranquilli possibile, soprattutto da cinque anni a quella parte (pensò con rammarico). Si sentiva terribilmente a disagio: la sensazione della mattina sembrava essersi centuplicata.

Con grande sforzo ingoiò l’ultimo dolcetto e bevve d’un fiato il tè ormai tiepido: disgustoso.

- Signor Malfoy - sentenziò a mo’ di saluto mentre si allontanava dal tavolo.

Lui si alzò rispettando un’etichetta non richiesta ed eseguì un inchino appena percettibile.

Ginevra pagò il conto e si affrettò a raggiungere casa. Poche volte come in quel momento desiderò di sentirsi al sicuro in un luogo che almeno poteva definire suo.

 

Si sedette stanca su una poltrona a meditare. Da quanto tempo non vedeva l’uomo?

Quando lei frequentava il settimo anno, alcuni dei ragazzi che non avevano potuto finire quello precedente si erano iscritti nuovamente. Tra questi, oltre all’amica Hermione, c’era anche lui. Nessuno si spiegava il motivo di tale scelta del tutto non necessaria: Ginevra era convinta che il ragazzo fosse alla ricerca di tempo per redimersi o, forse, solo per capire chi essere nella sua vita.

Quell’anno perse molto ma guadagnò forse di più: chiamato a testimoniare non esitò a fare i nomi richiesti e per questo fu tacciato di tradimento dai convinti mangiamorte e di codardia e opportunismo dai “buoni perbenisti” sempre schierati dalla parte del bene!

Aveva visto suo padre condannato all’ergastolo e la madre costretta a scontare una detenzione di trenta anni alla quale non sarebbe sopravvissuta.

Lui solo fu assolto da tutte le accuse; questo, certo, gli valse una certa tranquillità che si rifletté immediatamente nell’atteggiamento: per Ginevra, come per chiunque altro, fu una sorpresa vedere il profondo cambiamento che lo aveva segnato in positivo.

Se poi tutti avrebbero scommesso su una sua relazione con la Parkinson, restarono più che sbalorditi alla notizia del fidanzamento con Astoria Greengrass, che iniziò a conoscere proprio quell’anno.

Nel miglioramento della reputazione c’era stata sicuramente la mano della moglie. Ginevra ricordò che non di rado i coniugi presenziavano a raccolte di beneficenza ed eventi mondani; nonostante tutto, Draco era riuscito a ridare dignità al nome dei Malfoy e lo aveva fatto soprattutto per il figlio. Per lui aveva persino accettato che Albus, suo grande amico, gli facesse da testimone di nozze.

Certo il legame affettivo dei ragazzi non aveva potuto niente nei rapporti tra i rispettivi genitori: i coniugi Potter non avevano partecipato al matrimonio e non avevano mai chiesto nulla delle numerose notizie che il secondogenito riceveva da Scorpius tramite una fitta corrispondenza, dovuta alla lontananza.

È naturale, però, che le notizie di maggior rilievo diventassero presto di dominio pubblico motivo per cui non solo lei ma tutta la comunità magica erano venuti a sapere della morte della signora Malfoy avvenuta moltissimi anni prima.

Le versioni riportate dai giornali spaziavano su tutte le vie possibili e, soprattutto, le più fantasiose ed improponibili.

In realtà nessuno, eccetto i parenti stretti, sapeva cosa fosse successo; la famiglia era stata molto severa sul fattore discrezione e la donna sapeva benissimo quanto fosse doloroso vedere diventare una disgrazia familiare l’occhio del ciclone di un polverone mediatico.

Nemmeno quella volta Ginevra aveva chiesto al figlio se sapesse qualcosa in più rispetto alle voci ufficiose, ma le capitò di ascoltare involontariamente una “conversazione al caminetto” tra i due ragazzi da cui risultò che Astoria doveva essere morta avvelenata dal morso di qualche creatura; se fosse magica o babbana, questo non poteva dirlo ma con certezza ricollegò alla morte della giovane donna l’impegno che Scorpius aveva profuso nell’ottenere il posto di direttore del reparto Dipartimento della Regolazione e Controllo delle Creature Magiche del ministero.

Da allora Draco Malfoy aveva diradato sempre più le sue uscite pubbliche fino a scomparire dal panorama dell’alta società magica delegando al figlio appena trentenne gli impegni pubblici.

D’altro canto non era mai confortante partecipare a quelle cene, dove c’erano sempre troppe mani da stringere, senza avere al proprio fianco un accompagnatore.

Questo, si disse Ginevra, doveva essere un motivo più che buono perché anche a lei fosse consentito declinare gli inviti.

Da cinque anni a quella parte, invece, da quando cioè il suo consorte era passato a miglior vita, la sua vita sociale non era cambiata di una virgola. In fin dei conti non poteva costringere James, mai stato abbastanza diplomatico, ad indossare completo e cravatta. Albus sarebbe stato perfetto e, in effetti, a volte aveva persino acconsentito di accompagnare la madre ma a causa del lavoro era troppo spesso fuori sede per poter ottemperare a tutti gli impegni previsti.

La compagnia di Lily era certamente la più costante ma non poteva sempre contare sulla sua presenza, richiestissima al San mungo dove di certo non si badava ad orari e turni di notte.

Con un sospiro breve Ginevra comprese che avrebbe dovuto partecipare da sola di nuovo all’imminente cena di capodanno.

 

I pranzi di Natale erano sempre stati molto rumorosi a casa Weasley e, sebbene parte della vecchia generazione ormai non fosse più tra i vivi, i figli e i nipoti provvedevano a mantenere viva quell’atmosfera di molti anni prima.

Ginevra si era preparata a quell’evento per settimane. Era una caratteristica che aveva ricevuto in eredità da mamma Molly: un attaccamento indescrivibile alla famiglia, l’unica cosa, tra tutte quelle che possedeva, a cui tenesse davvero.

Aveva girato tra le vie di Diagon Alley alla ricerca del regalo perfetto per tutti e poteva ritenersi soddisfatta: tra libri introvabili, animali magici da compagnia, scope nuove e vestiti poteva dire di aver accontentato tutti. Alle dodici circa la famiglia era ormai al completo, invadendo la casa con esuberante allegria.

Il pranzo era stato rumoroso come sempre e, se possibile, l’apertura dei regali ancora di più. Aveva dispensato i baci più affettuosi di cui fosse capace ai nipoti  che si mettevano in fila per ringraziare.

In giorni come quello Ginevra sentiva di potersi dire meno sola; ma poi arrivava la sera, quando tutti tornavano alle loro abitazioni e lei restava in quella casa vuota con la foto del marito come unica compagnia.

Aveva accennato più volte alla cena di beneficienza organizzata per Capodanno nella speranza che qualcuno cogliesse il suo invito, se non a sostituirla, quantomeno ad accompagnarla. Era evidente, però, che persino le nipoti più interessate alla vita di mondo non trovassero allettante la proposta.

Alle improvvise scuse generali si era sovrapposta la voce di Albus, l’unico abbastanza cinico da sputare senza rimorso le più scomode verità:

- Mamma, non è che nessuno voglia venire al ballo con te. Nessuno vuole andare a quel ballo e basta. Mettiti nei nostri panni: ci saranno, senza offesa, persone della tua età che passeranno tutta la serata a tediare il malcapitato di turno con un soliloquio sulle più esaltanti esperienze della loro grigia vita .-

La tavolata si era improvvisamente zittita

- È questo quello che pensi di tua madre?- ruppe il silenzio.

- È chiaro che no! Ma quante persone credi che possano vantare una vita piena come la tua e quella degli zii? La metà degli invitati saranno vecchi ministri in pensione la cui massima aspirazione è non perdere la dentiera nella ciotola di punch.

All’ultima battuta, forse non tra le più felici, i commensali ritrovarono il solito buon umore e Ginevra dovette constatare che il secondogenito aveva fin troppa ragione.

 

Quella sera scelse l’abbigliamento con più cura del solito e non  certo per risultare più elegante delle altre volte: al contrario desiderava essere tanto ordinaria da passare inosservata.

Effettivamente la veste nera da maga ricamata tinta su tinta era fin troppo banale se paragonata ai lunghi abiti in stile babbano che le altre signore sfoggiavano. Vezzo di quella moda erano anche i colori vivaci contro cui anche il nero più luminoso non avrebbe potuto niente.

Soddisfatta di poter stare comodamente a bordo pista a sorseggiare acqua-viola e, forse, di poter rincasare prima del previsto senza dover snocciolare troppe scuse, cambiò improvvisamente idea quando intravide un volto noto volteggiare sulla pista da ballo accompagnato da una bellissima ragazza.

Ginevra nemmeno si chiese il perché dei propri pensieri; sapeva solo di sentirsi profondamente inadeguata, ora, e passò gli ultimi cinque minuti di valzer a scrutare la coppia e porsi a misero confronto con la giovane donna.

I capelli biondi erano raccolti in uno chignon molto più elaborato del suo e qualche boccolo abilmente modellato sulla spalla si adagiava perfettamente sul copri-spalle di ermellino.

Se lo aveva già pensato, non poté esimersi dall’osservare nuovamente quanto fosse bella e giovane, soprattutto giovane, troppo giovane.

Constatò che il tempo era davvero impietoso e parziale: perché agli uomini era concesso mantenere inalterato il loro fascino mentre le donne dovevano vedersi avvizzire ogni giorno di più?

La coppia che teneva d’occhio era l’esempio lampante di quanto aveva appena pensato: in fin dei conti nessuno avrebbe potuto dire che l’accostamento tra i due fosse in alcun modo fuori luogo. Al contrario se lei si fosse presentata con un giovanotto che non fosse uno dei nipoti, avrebbe di certo suscitato il riso generale.

Per un istante provò un pizzico d’invidia per la ragazza, e non perché (come si disse) ballava elegante al fianco di Draco Malfoy senza creare alcuna stonatura, ma perché in quel momento possedeva tutto ciò che Ginevra aveva perso per sempre.

Era ancora giovane, bella e godeva delle attenzioni dell’uomo più affascinante della sala; che poi nel caso specifico “quell’uomo affascinante”fosse proprio Malfoy sembrò non essere rilevante ai suoi occhi, convinta che una donna della sua età potesse concedersi qualsiasi tipo di apprezzamento senza dare adito a fraintendimenti.

Terminata la musica i due si avvicinarono alla zona tavoli. Ginevra poté giurare di aver visto la ragazza sussurrare qualcosa all’orecchio di Draco prima che questi si voltasse nella sua direzione e decidesse di avvicinarsi per porgerle i propri saluti.

- Buonasera signora Potter.- a parlare era stata lei; il quasi coetaneo si era invece limitato ad un accenno del capo e a rafforzare la presa attorno ai fianchi della giovane.

- Non credo che in passato abbiamo avuto occasione di incontrarci sebbene desiderassi da tempo conoscerla di persona. Eleanor Malfoy. – Aveva detto porgendole con un sorriso la mano affusolata.

Ginevra era troppo scossa per poter dire qualcosa di più appropriato di “piacere mio”.

Di certo non era quello che pensava davvero: Malfoy, si era presentata come una Malfoy.

Draco l’aveva addirittura sposata, azzardò notando un bell’anello all’anulare di Eleanor Malfoy.

Che magnifica idea era stata andare a quella stupida festa: era da sola e adesso, cosa peggiore, era in compagnia di qualcuno a cui avrebbe preferito mille volte la morte. Non credeva che si sarebbe sentita così umiliata e in fondo non ne comprendeva appieno il motivo.

Persa in questi pensieri si era a stento accorta del silenzio imbarazzante che era seguito.

A salvarla intervenne un vecchio membro del Wizengamot che la invitò ad accompagnarlo nell’imminente mazurca e, sebbene Ginevra fosse dell’umore opposto allo spirito del ballo, accettò con convinzione quell’unica via di fuga che le si prospettava. Non poteva credere che la presenza di Draco Malfoy le avesse suscitato per ben due volte il desiderio impellente di trovarsi in qualunque altro posto.

Pochi passi di danza erano bastati a decidere che era davvero arrivato il momento di congedarsi. Senza preoccuparsi di salutare tutti i presenti, eccetto i padroni di casa, si ritirò con un’ultima immagine della nuova coppia Malfoy che si preparava al nuovo ballo.

 

Si chiese come fosse possibile che i giornali scandalistici non avessero riportato quella notizia così eclatante sulle copertine da tabloid. Forse i soldi dell’uomo e il suo inossidabile savoir- faire, avevano, ancora una volta, arginato il diffondersi della notizia.

Ginevra era cosciente del fatto che non avrebbe dovuto importargliene nulla ma, questa volta, per una strana ragione, voleva saperne di più. In fondo il caso sembrava offrirle l’occasione più opportuna su un piatto d’argento: l’indomani Albus sarebbe passato a farle una visita per il solito tête à tête del fine settimana.

 

  - Sai Al ieri ho incontrato il padre di Scorpius al ballo. Mi aspettavo di trovare il tuo amico e invece c’era lui con una giovane donna, Eleanor Malfoy, mi pare abbia detto.

Aveva lasciato cadere quell’affermazione come se non le importasse, come se tutti i pensieri della sera precedente non avessero nulla a che vedere con il suo vago tentativo di carpire qualche informazione in più sulla giovane moglie del vecchio coetaneo.

- Hai detto Eleanor Malfoy? Bionda, chiara, molto bella …

Ginevra aveva già smesso di ascoltare il panegirico della ragazza: possibile che anche suo figlio dovesse sottolinearne i pregi?

- Sì, caro, credo che stiamo parlando della stessa persona – lo interruppe quasi infastidita.

- Beh non posso credere che il Sig. Malfoy si sia fatto accompagnare da sua nipote. -ghignò il giovane Potter -

-Sua nipote?- lo aveva detto in un sussurro appena udibile, portando la mano davanti alla bocca quasi a voler impedire alle parole (e con loro alla nuova consapevolezza) di sfuggirle.

-Ma si mamma: la figlia di Scorp! Te ne avrò sicuramente parlato!

No, non lo aveva fatto ma in quel momento aveva ben poca rilevanza.

-Immagino che il nonno voglia trascorrere con lei il maggior tempo possibile: si è fidanzata con un imprenditore francese e con ogni probabilità lascerà il Paese appena sposata.

- Capisco, ma non vedo però perché tu mi abbia detto tutte queste cose su Eleanor: non mi pare di averti chiesto niente a riguardo.

- Niente, mamma, mi sembrava che volessi saperlo. - sorrise sornione-

- no, per niente- mentì- quello che fanno i signori Malfoy non mi interessa.

- dovrebbe, invece!

Non le diede il tempo di ribattere: si alzò, la baciò affettuosamente sulla guancia e sparì in un CRACK.

Ginevra costatò che Albus era fin troppo intelligente. Era chiaro che tutto il discorso aveva avuto il preciso scopo di arrivare lì; in fondo lui non aveva mai affrontato spontaneamente l’argomento “Malfoy”, come naturale conseguenza del totale disinteresse dei genitori. In quell’unica debolezza che si era concessa, lui aveva letto l’interesse, nascosto dalla casualità con cui aveva pronunciato la frase. Ginevra si sentì a disagio per le insinuazioni del secondogenito: era pur sempre sua madre e non avrebbe dovuto imbarazzarla così. Con un pizzico di stizza osservò che troppo spesso il figlio dava prova di essere stato giustamente assegnato a Serpeverde.

 

Di tempo ne era passato da quel ballo di capodanno e Ginevra si era ritrovata troppo spesso a pensare alle ultime parole di Severus : “dovrebbe, invece”.

Perché mai avrebbe dovuto importargliene? O meglio, perché Albus pensava che avrebbe dovuto importargliene?

Che lei stessa si fosse resa conto che l’ancora biondo settantacinquenne non le fosse del tutto indifferente era un conto. Ma scoprire che anche il proprio figlio sospettasse una cosa del genere la sconvolgeva.

Per calmare questi infausti pensieri si era più volte detta che tutto ciò non aveva importanza, che il fatto di pensarlo sempre più frequentemente era dovuto alla gentilezza che le aveva riservato durante l’ultima (e anche prima) visita che le aveva fatto.

Era stato a metà febbraio; pochi giorni dopo il famoso matrimonio di Eleanor, il nonno della sposa si era presentato a casa Potter per recapitare personalmente la bomboniera.

Con più durezza di quanta non ne trasparisse dallo sguardo luminoso, aveva asserito che la nipote aveva insistito affinché non le venisse consegnata via gufo , giustificando tale richiesta con la sua inspiegabile ammirazione per la Signora.

Aveva anche aggiunto una lunga serie di ringraziamenti per il regalo di partecipazione e Ginevra, che davvero non aveva idea di cosa stesse parlando ma che di certo stupida non era, ricordò di come il famoso secondogenito le avesse chiesto un’approfondita consulenza sulle varianti tra crema e avorio del servizio in porcellana; con ogni probabilità, o meglio, certamente aveva anche ritenuto opportuno inserire il nome della madre nel biglietto di auguri.

Ginevra, più per urbana cortesia che per desiderio di prolungare la visita, gli aveva offerto il miglior tè inglese da colazione. Eppure, sebbene fosse sicura di doversi sentire a disagio per quella pesante presenza in casa propria, si ritrovò a conversare con l’uomo con tanta tranquillità che sembrava non avessero fatto altro da sempre; tornarono ai tempi di Hogwarts, quando darsi del tu era davvero qualcosa di scontato.

Ripensandoci le venne da sorridere: proprio a tal proposito avevano riesumato i vecchi ricordi di scuola e Draco - non senza difficoltà- aveva snocciolato le sue scuse per tutti gli insulti e le frecciatine che aveva riservato a lei e alla famiglia.

- Ginevra, di errori ne ho fatti molti e alcuni resteranno come macchie indelebili, ma mi sono sempre sforzato di allontanare tutte le ombre del mio passato dalla mia famiglia. Non so se io sono riuscito a diventare una persona migliore, ma mi auguro che mio figlio e mia nipote lo siano davvero. Eleanor ti ammira veramente!

- Questo non può che lusingarmi. Comunque sarebbe davvero difficile giudicare il tuo cambiamento. Ma nonostante questo io ho la certezza che tu sia riuscito nel tuo intento: Scorpius è lo specchio di quanto tu abbia fatto per rendere il suo futuro diverso dal tuo passato.

In definitiva sei davvero una persona migliore della Serpe di Hogwarts, Draco Malfoy.

E lo aveva detto col sorriso furbo di quando era ragazzina e riusciva a capire  i sentimenti altrui prima ancora che essi stessi se ne rendessero conto.

Dopo altri venti minuti buoni di conversazione, l’imbrunire aveva decretato che quella visita di cortesia era durata fin troppo. Così l’uomo si congedò strappandole la promessa di rivedersi per un tè:

- Grazie dell’ospitalità. Spero che mi darai la possibilità di sdebitarmi avendo la gentilezza di accompagnarmi a prendere un tè, un giorno di questi.

 

Se dapprima si era convinta che la sua fosse pura cortesia, si dovette ricredere quando, dopo una settimana, ricevette un gufo con il sigillo di casa Malfoy.

Draco le aveva usato la delicatezza di non invitarla ad un tête à tête in casa propria - cosa che l’avrebbe messa a disagio oltre ogni previsione- ma si rese conto che, in fondo, stare seduti nel  locale più affollato del centro di Diagon Alley poteva risultare ben più imbarazzante.

Aveva consumato l’ordinazione con un’ansia tale che persino il suo ospite l’aveva notata.

Con sua immensa gratitudine propose di concludere il pomeriggio con una passeggiata tra le vie secondarie della cittadina.

Avevano discorso del più e del meno sciogliendo sempre più quell’aria di affettata cortesia che avevano usato fino a quel momento.

Se da una parte Ginevra continuava a lanciare occhiate circospette ai viandanti, Draco mostrava una tale padronanza di sé da infondere una certa sicurezza anche alla donna.

 

Con il tempo quegli incontri erano diventati quasi un’abitudine e ciò che li rendeva imprevedibili, sottraendoli al tedio della routine, erano le sempre diverse ed improvvisate mete.

Il signor Malfoy aveva persino accettato di trascorrere un intero pomeriggio nella Londra babbana dovendo ammettere, alla fine, che confondersi tra la frenetica indifferenza dei viandanti era stato piacevole.

Ginevra dal canto suo, era stata estremamente tranquilla, sicura di non rischiare incontri imbarazzanti con conoscenti cui dover dare spiegazioni.

Non che la compagnia di Draco le causasse più disagio che piacere, tuttavia non sapeva ancora dare un nome alla natura dei loro incontri; se, da parte sua, era ormai conscia dell’affetto per l’uomo, non sapeva come interpretare le sue attenzioni. Era una vedova, lei, da soli cinque anni. Doveva darsi un contegno, Merlino.

Gli incontri successivi proseguirono all’insegna della pacata tranquillità che avvolgeva il suo animo, quanto può esserlo quello di una donna che ha riscoperto di poter ancora vivere.

Ormai a proprio agio, Ginevra riteneva che niente avrebbe potuto turbarla, niente tranne l’invito formale a presenziare insieme alla cerimonia per l’investitura del nuovo ministro.

Aveva rifiutato con ostinata perseveranza per un’intera settimana.

Aveva accettato la sua compagnia per comprare un vestito adatto, come a sottolineare che non era certo per lui che avrebbe indossato una raffinata cascata di seta oltremare. Per lei era un implicito riferimento al fatto che, come nessun futuro sposo avrebbe accompagnato la propria fidanzata per la prova dell’abito nuziale, lei, per analogia, non avrebbe ceduto.

Con ogni probabilità la donna sarebbe riuscita a mantenere fede alla parola data, tuttavia un evento imprevisto la portò spontaneamente a rivedere le proprie posizioni.

 

Di quella notte agitata Ginevra avrebbe ricordato solo il sogno premonitore che l’assalì con violenza alle prime luci dell’alba:

Era seduta, e con gli occhi chiusi; sentì l’uscio di una porta chiudersi e dei passi avanzare nella sua direzione. Il cuore correva irrefrenabile, sopraffatto da sentimenti che non sapeva neppure come definire. Colta da un improvviso istinto di sopravvivenza aprì gli occhi e intravide, nella penombra di una stanza estranea, un’ombra che le si avvicinava col respiro trepidate.

La Ginevra della realtà aprì di scatto gli occhi e realizzò che se fosse rimasta preda del sonno un secondo di più avrebbe visto il volto della morte.

Si poteva dire molto sul suo conto ma di certo non la si poteva definire una stupida credulona superstiziosa. Eppure c’era qualcosa di così reale in quello che aveva sognato che dovette per forza cedere all’evidenza: nel sogno indossava l’abito blu che aveva scelto per la serata; evidentemente quella notte Ginevra Molly Weasley sarebbe morta.

Questa nuova consapevolezza, più che spaventarla, la intristì. Nonostante la sua età avanzata aveva da poco scoperto che c’erano un’infinità di cose che avrebbe voluto provare.

Facendo una veloce ed approssimativa lista mentale, si scoprì a collocare al primo posto l’invito del Signor Malfoy o, meglio, l’invito di Draco. Al di là di ogni imbarazzo, avrebbe accettato di accompagnarlo ufficialmente.

 

- Posso avere il piacere di ballare con te?

- Mi sembra che, come tua accompagnatrice, sia mio preciso dovere …

- Precisamente!- disse lui porgendole la mano.

Le note del lento accompagnavano i passi eleganti dei due ballerini che, a dispetto dell’età, si muovevano ancora con grazia.

- Questa sera sei più bella che mai. Se avessi cinquanta anni in meno ti avrei già portato via di qui. Ma non posso farlo quindi sono costretto a chiedertelo, anche se mi aspetto una risposta positiva: andiamo a casa mia?

- Non abbiamo più vent’anni: non mi sembra il caso di scherzare su questo argomento.

Ginevra era risentita. Non sapeva se sentirsi umiliata, addirittura. Quella sera stessa, probabilmente sarebbe morta e l’ultima cosa che voleva era lasciare di sé l’immagine di una vecchia che si abbandona con leggerezza alle lusinghe di un uomo.

- Proprio perché non siamo più giovani dovresti capire che non sto scherzando: a quell’età si può amare per gioco e arrivare a ferire con leggerezza perché si ha la certezza che il tempo curerà le cicatrici. Io non sto scherzando: andiamo a casa mia?

Ginevra si aggrappò più saldamente al suo braccio quasi ad imitare la fermezza nella voce di Draco.

- Si accorgeranno della nostra assenza.

- Siamo a bordo pista e gli occhi di tutti sono puntati sul nuovo ministro: andiamo a casa mia?

A quel punto sentì di non riuscire a rifiutare una terza volta.

 

Quella materializzazione compiuta a passo di danza, come fosse una piroetta prevista dal ballo, li fece atterrare sul grande tappeto dell’androne con un impercettibile salto, passo conclusivo di quel lento tutt’altro che lento.

Lui si sentiva al sicuro, perfettamente a suo agio, lì nel proprio territorio.

Lei era l’esatto opposto: tesa come una corda d’arpa e con la voce rotta al punto che se avesse parlato avrebbe imitato alla perfezione uno strumento scordato.

Sentì la presa farsi più sicura attorno alla vita e percepì con crescente agitazione la sua guancia appoggiarsi alla propria.

Le sfiorò lo zigomo con le labbra e Ginevra rabbrividì con un sospiro forte.

- Che stiamo facendo! Draco non possiamo, è sbagliato, alla nostra età …

Questa volta le baciò le labbra, ammesso che un contatto appena percettibile si possa definire tale.

C’era, nei suoi gesti, tutta la pazienza che la giovinezza rifugge: elettricità tangibile, consapevolezza, maturità o forse tutto l’opposto.

La donna non rispondeva più della frequenza cardiaca o dell’astenia che aveva pervaso le fibre del suo corpo.

La baciò ancora e stavolta le loro bocche si cercarono come fossero frutti ancora maturi, appena colti. Forse è questo che intendono i poeti quando asseriscono che l’amore non ha età.

Avrebbe dovuto sentirsi ridicola per quello che stava succedendo: chiunque li avrebbe giudicati così, due vecchi dementi ammolliti dalla senilità che si lasciavano andare a giochi da ragazzi, forse nella speranza di riassaporare la giovinezza perduta.

Eppure non riusciva a pentirsi delle carezze, degli abbracci, nemmeno quando l’accompagnò nella sua stanza da letto schiudendo la porta senza rumore.

Le sue labbra erano rimaste all’altezza della clavicola trovandovi l’incastro perfetto e continuavano a posare teneri baci su quel lembo di pelle anche mentre il vestito le scivolava dalle spalle.

 Quando lui si allontanò, diretto alla porta, Ginevra si abbandonò sul materasso, troppo scossa dall’emozione e chiuse gli occhi.

Persa in un momento di straniamento, sentì l’uscio della porta chiudersi, i passi avanzare nella sua direzione. Il cuore correva irrefrenabile, sopraffatto da sentimenti che non sapeva neppure come definire. Colta da un improvviso istinto di sopravvivenza aprì gli occhi e intravide, nella penombra della una stanza estranea, l’ombra che le si avvicinava col respiro trepidate.

La figura fu colpita dalla lama di luce che filtrava dalle finestre socchiuse: Draco, chi altri se non lui?

- Merlino! – esclamò così piano da produrre appena un sussurro – Non era la morte!

L’uomo le fu finalmente accanto e strinse il suo volto tra le mani prima di baciarlo ancora e ancora.

 

Ginevra Molly Weasley vedova Potter aveva mal interpretato quello sprazzo si futuro che le si era palesato in sogno. Ma non si pentì di tutto quello che aveva fatto quel giorno, guidata dalla certezza della morte.

E allora capì che era valsa la pena di aspettare tanti e tanti anni anche solo per vivere quell’istante (*): in fondo, l’amore.

 

 

ABUSATO SPAZIO DELLA … ?

(*) L’ultima frase, quella in corsivo con l’asterisco, è un’esplicita citazione del racconto “Marìa dos Prazeres” tratto dalla raccolta “dodici racconti raminghi” di Marquez, autore che stimo profondamente. Proprio a questo racconto è liberamente ispirata la mia “storia”.

 

Frency70, spero di non averti imbarazzato dedicandoti una cosa così (um non saprei come definirla) fuori dagli schemi? Insomma, non è certo il genere di storia che si dovrebbe scrivere per invogliare un pubblico giovane a seguire questa coppia…però è tutto quello che, al momento, sono riuscita a tirare fuori. Grazie comunque per avermi chiesto (e quindi involgliata) di scrivere una D/G.

 

Care e temerarie lettrici, spero di avervi fatto venire voglia di lasciare un commento, positivo o negativo che sia…GRAZIE, Vittoria

  
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