Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: kiku77    11/02/2010    8 recensioni
seguito di "ALLA RICERCA DELLA FELICITA'"
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Kumiko Sugimoto/Susie Spencer
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Grazie di cuore a chi commenta i cap, grazie a chi legge e segue questa ff….

Sanae78: …semplicemente…grazie

Giusyna: beh..anche a me sarebbe piaciuto che Sanae (e Tsubasa) fossero lì con Kumiko e Genzo; ma avevo quella sensazione di “troppo bello”, nel senso di “troppo perfetto” che avrebbe sicuramente stonato (sempre dal mio punto di vista ovviamente…). La fretta rende tutto più complicato, ma come dici tu, quello che conta sono loro….!Grazie per avermi scritto!

Marychan82: grazie per la tua rec e per le considerazioni ( o meglio, le spiegazioni) che dai sia su come procede il cap, sia su come si possano sentire i prs. Credo che ciò che scrivi su Kumiko sia verissimo. E’ un po’ ( un po’ molto!) spaventata, ma l’alternativa a tutto questo sarebbe vivere senza di lui,  e credo che sarebbe altrettanto difficile, no?

Mareluna: ciao! Spero che un po’ della tua ansia se ne vada in questo cap! ah.. grazie per commentare sempre con tanto entusiasmo!

Miki87: grazie per la rec! Eh sì… come avevo detto, Taro qui ha un ruolo marginale ma speciale; mi sarebbe piaciuto dargli un po’ più di spazio, ma in questa ff, non c’è stato modo per come l’ho pensata e scritta. Comunque, anche se è solo di passaggio, almeno attraversa i momenti veramente importanti della vicenda!

Hitomichan: bene! Sono contenta che ti stia piacendo l’evoluzione della storia….la fretta, beh… la fretta è un elemento portante anche di questo cap….grazie per la tua rec!

Makiolina: Ciao….sì il cap di ieri, rispetto alla “media-emotiva” degli altri sempre molto alta, è dedicato, come dici bene tu, “alle cose da fare” e quindi c’è meno tensione e meno pathos. Ma una “pausa” forse ci voleva…. Grazie infinite per i tuoi commenti!

Cap abbastanza lungo e articolato

A presto!

____

Dopo aver riaccompagnato Misaki a casa, Genzo tornò in pasticceria.

Taro era seduto ad un tavolo e sembrava completamente assorto a colorare un disegno, ignorando la colazione di fronte a lui.

“Buongiorno…” disse il portiere.

Taro, riconoscendo la voce del padre, si girò di scatto e corse verso di lui abbracciandolo.

Si strinsero per qualche minuto e senza parlare, dai loro corpi passarono tante emozioni.

“…. Stai bene?”

Taro rispose di sì e poi, come un fiume in piena, cominciò a raccontare al padre del suo disegno e dopo chiese come avesse fatto a parare il rigore al giocatore della Tailandia.

Genzo davanti a lui ritrovava tutta la sua calma, tutta la sua pazienza e minuziosamente provò a descrivere i pensieri e  i movimenti che avevano accompagnato la preparazione alla parata di quel rigore.

Taro era tutto concentrato ad ascoltare e senza accorgersene cominciò a mordicchiare un biscotto.

Genzo fece finta di niente, anche se in cuor suo era felice di vedere il bimbo mangiare.

“Rimani un po’?” chiese poi il bambino, prendendo il suo bicchiere di spremuta per bere.

Genzo lo fissò.

“Riparto domani….” rispose.

Taro allora appoggiò il bicchiere sul tavolo, abbassò lo sguardo e riprese a colorare mostrando indifferenza.

“Ma prima di partire…..oggi a mezzogiorno devo fare una cosa…..” disse il portiere.

Taro era assente. Era troppo deluso nel sapere che il padre non avrebbe passato molto tempo con lui.

“A mezzogiorno…. Sposo la mamma…..” disse ancora.

Il bambino, al suono di quelle parole, alzò la testa e fissò il padre incredulo.

“Hai capito?” chiese Genzo.

“Oggi a mezzogiorno?” chiese a sua volta Taro.

“Sì… e poi domani… venite con me… in Spagna….sei….. sei contento?”

Taro non rispose ma lasciò cadere il pennarello e abbracciò Genzo con tutta la forza che aveva.

“Dimmi amore… sei contento che sposo la mamma? E che andiamo via?”: era la prima volta che diceva quella parola. A nessuno mai, era riuscito a dirla…..

“Sì…sì babbo” disse Taro affondando la testa sulla spalla di Genzo.

 

 

“Ecco… ..... io mi devo sposare fra due ore… e … non ho il vestito… mi serve qualcosa di bianco…..qualcosa che somigli a un vestito da sposa….” disse Kumiko con molto imbarazzo di fronte alla commessa, che era una signora di mezza età, molto truccata e un po’ sconcertata.

“….un vestito bianco ….da sposa…..”

“Esatto…..” ribadì Kumiko.

La signora si guardò intorno. Sembrava titubante e incerta. Kumiko la fissava.

“Ti prego ti prego… trova qualcosa di bianco” implorò dentro la sua testa.

La commessa frugò mentalmente ogni angolo del negozio. Si spostò per controllare meglio e poi chiese alla ragazza di aspettare un attimo.

Se ne ritornò dopo qualche minuto con degli abiti fra le mani.

“ecco…. proprio da sposa noi non abbiamo niente…. Ma di bianco… di bianco qualcosa c’è…..sono tutti un po’ costosi però…”

“Ah… non importa…purchè sia bianco….”

La signora accennò un sorriso e tolse con molta cura gli involucri agli abiti.

“Sono pezzi unici….” disse lei.

Uno ad uno li appoggiò sul banco. Erano stupendi: uno in particolare colpì l’attenzione di Kumiko.

Era un completo a vita alta con il corpetto completamente lavorato a mano con delle applicazioni in madreperla e la gonna che si apriva in vari strati di tessuto. Le maniche arrivavano a metà dell’avambraccio e la scollatura era profonda, tanto che da sotto partiva una specie di velo che copriva la teorica attaccatura del seno.

Le sembrò perfetto.

“Vorrei provare quello….” disse con timidezza.

“Sì… direi che è il migliore….” concordò la commessa.

Kumiko entrò nello spogliatoio e si levò i suoi indumenti da lavoro. Provò un po’ di emozione mentre infilava l’abito cercando di non rovinare le applicazioni e il tessuto prezioso.

Si guardò allo specchio e le veniva da piangere. Per un attimo le parve che quel vestito avesse aspettato proprio lei per essere indossato.

Uscì e la commessa le sorrise immediatamente.

“E’ perfetto….. sta benissimo….ecco …si metta anche le scarpe:..” e nel frattempo si era già chinata aiutando Kumiko  a salire sui  bei tacchi bianchi.

“Lo prendo…. Grazie….”

“beh le ci vogliono anche i collant…” aggiunse la commessa, in tono materno.

“Ah sì… ….”

“E poi ci vuole un soprabito…..”

La commessa aveva ragione. Indossare soltanto l’abito era troppo poco all’aperto.

Kumiko si guardò di nuovo intorno e poi fissò l’orologio “devo fare in fretta… non ho ancora fatto il bagno…..” disse un po’ avvilita.

“Guardi… questo dovrebbe andare bene”. La signora le mostrò uno spolverino bianco,elegantissimo.

Lo aprì per fare in modo che Kumiko ci si infilasse dentro e la ragazza, trovò che anche quello fosse perfetto.

“ottimo…. Bene….allora posso andare…”

“Eh no….” disse ancora la commessa.

Kumiko la guardò perplessa.

“Cosa manca ancora? Io…io non ho più tempo……”

“Ha già comprato la biancheria intima?”

Kumiko arrossì “Come dice scusi?”

“Ha capito benissimo…. Ci vuole qualcosa di speciale….venga… mi segua…”

Kumiko seguì la commessa in un altro reparto e fu affidata ad una giovane donna dai capelli scuri e il viso stupendo.

“Questa ragazza ha i minuti contati….ha comprato un abito per sposarsi…. E non ha un completo intimo….trova qualcosa per lei, per la prima notte…..” facendo l’occhiolino alla sua collega.

Kumiko fissò la giovane con imbarazzo.

“beh …. ci vuole davvero qualcosa di speciale…..” disse.

Tirò fuori un completo bianco bellissimo.

“I ricami sul pizzo sono stati fatti riprendendo la tradizione andalusa. Appena suo marito la vedrà con questo, comincerà a sognare…..”

Kumiko provò a toccare le trasparenze e poteva sentire la bellezza e la finezza della trama dei ricami. In tutta la sua vita non aveva mai visto niente di così prezioso.

“E’ bellissimo…..”

La giovane sorrise e ripose il completino nella sua confezione. Kumiko ringraziò e si diresse alla cassa dove la signora l’aspettava con l’abito da “sposa”.

“Congratulazioni allora…..”

Kumiko le sorrise e ringraziò.

Una volta uscita, corse verso il primo taxi libero e  rientrò a casa.

 

“Mamma! Mamma! Ti sposi!” disse Taro appena Kumiko varcò la porta della pasticceria.

Kumiko posò le cose sul tavolo e abbracciò il bambino.

“Taro….ma sei contento? Non sei triste di andare via da Nankatsu?” chiese lei preoccupata.

“Un pochino… ma io voglio che stiamo con il babbo…..lo sai che forse vado a giocare nel Barcellona, come Hayate e Daibu?” disse Taro tutto orgoglioso.

“Ah sì….? Che bello!” esclamò lei un po’ agitata “.. ma il babbo dov’è?”

“E’ andato a casa a cambiarsi….adesso vado anch’io…torno a prenderti più tardi” disse Ikeda, intervenendo alla conversazione.

Kumiko gli sorrise. Guardò il bambino:“Taro, che dici, facciamo il bagno insieme?”

Taro corse subito di sopra.

“Sì si! Vieni mamma!”

Dentro la vasca, Taro rideva e si faceva insaponare per bene mentre sua madre le raccontava la storia di quando era nato. La storia cominciava da molto prima e lui ogni volta l’ascoltava con la stessa attenzione.

“….e poi? E poi cosa succede?”

“Eh….la sera del compleanno del babbo, io gli ho portato la torta e lui ….e abbiamo dormito insieme e ci siamo voluti tanto bene. E’ così che si fanno i bambini…….è così che ti abbiamo fatto….” disse lei, con molta naturalezza.

“Allora adesso che ridormi con il babbo fai ancora un bambino?” chiese Taro.

“Chissà… può succedere…..” rispose lei.

Taro si nascose abbracciando sua madre e continuarono ancora qualche minuto a lavarsi e a chiacchierare.

Poi uscirono dall’acqua e Kumiko cominciò ad asciugare il bambino. Andarono nella sua cameretta e Kumiko scelse un bel paio di pantaloni e una camicia bianca.

“Posso mettermi il maglioncino azzurro?” chiese Taro indicando nel cassetto il suo indumento preferito.

“Certo….  Sarai bellissimo….”

Di nuovo guardò l’orologio: mancavano 20 minuti a mezzogiorno. Era in ritardassimo.

“Adesso Taro vai di sotto e appena arriva Ikeda, digli di tagliarmi un po’ di “fiori  del vento” giù in giardino. Digli di scegliere quelli più giovani.”

Taro scese di sotto, profumato e ben vestito e si mise davanti alla porta per aspettare Ikeda.

Nel frattempo Kumiko scartò tutte le cose che aveva comprato; tagliò le etichette e cominciò a vestirsi. Fece in fretta, ma riusciva benissimo a distinguere ogni singolo frammento dei suoi pensieri. In quel momento, che passò veloce, ma dentro di sé si dilatò in un lungo, appassionato alito di luce, riuscì a vedere il volto di sua madre. Se lo ricordò in tutti i suoi particolari e sentiva che l’emozione per poterla vedere nitidamente nella sua memoria era un regalo, l’ennesimo regalo che la vita le stava facendo. Guardò in terrazza i fiori che pareva dormissero e pensò che forse anche sua madre, in qualche angolo del mondo, stesse dormendo senza sapere che lei era diventata una donna e si stava sposando. Infine, quando fu il momento di raccogliersi i capelli ancora bagnati, pensò a Sanae.

Avrebbe dato qualsiasi cosa per averla lì con sè. “Sanae…” disse ad alta voce e le sembrò di sentire la sua voce, mentre le sussurrava una canzone o una delle sue poesie, per calmarla dopo le tante tempeste della sua vita. Chiuse gli occhi mentre il bel fermaglio attraversava il concio e poi si risvegliò per tornare sulla terra. Si diede un po’ di mascara, un filo di matita e un po’ di lucidalabbra. Il volto era fresco e bellissimo.

Scese le scale con calma.

“Mamma….” disse Taro vedendola.

Ikeda era molto elegante, nel suo abito scuro, con la cravatta. Accanto, la sua ragazza, Kaori, era come una giornata d’estate, tutta  vestita di rosa.

“Come sei bella….” continuò Taro…

Kumiko sorrise e capì guardando suo figlio, che il vestito doveva proprio essere quello giusto.

Ikeda si avvicinò porgendole il mazzo di anemoni che aveva preparato per lei.

Kumiko lo prese e aprendo un cassetto del laboratorio, prese un bel fiocco dorato per tenere i fiori insieme.

“Un bouquet un po’ improvvisato….ma vero….” disse guardando la ragazza di Ikeda.

“Forza sbrighiamoci….” disse poi il ragazzo un po’ agitato.

 

 

Intanto Genzo, insieme a Taro  e i loro padri erano già in municipio. Qualcuno aveva fatto girare la notizia che il portiere si sarebbe sposato e all’entrata si erano radunati un po’ di giornalisti e fotografi.

“Non ci voleva….” disse il portiere, molto agitato; era elegantissimo e più che un giocatore di calcio, sembrava un attore.

“Dai… non farci troppo caso” disse suo padre, che era nervoso almeno quanto il figlio.

Genzo lo aveva avvertito del matrimonio la mattina stessa, appena era atterrato a Tokyo. L’uomo aveva annullato tutti i suoi appuntamenti per arrivare in tempo e, come al solito, c’era riuscito. Era emozionato e non vedeva l’ora di incontrare suo nipote.

L’assessore li fece accomodare nella sala e dispose i documenti che i due sposi avrebbero dovuto firmare. La giovane segretaria, arrossendo, fece un piccolo inchino verso Genzo e si vedeva  chiaramente che era una sua ammiratrice.

Genzo le sorrise e poi guardò l’orologio.

Dopo poco i dipendenti della pasticceria, facendo un po’ di confusione varcarono la soglia della stanza.

“Stanno arrivando…” disse un ragazzo sorridendo in direzione di Genzo.

Ikeda parcheggiò velocemente.

“Accidenti…” disse.

“Che c’è?” chiese Kaori, fissandolo e poi  voltandosi verso Kumiko.

“Non vedi? E’ pieno di giornalisti…. Qualcuno in comune avrà spifferato la notizia…”

Kumiko accarezzò Taro. Di lei non le importava molto, ma all’idea che prendessero di mira il bambino le dava fastidio.

“…. facciamo così……” suggerì Ikeda.” Noi scendiamo dalla macchina con Taro e tu aspetti un attimo. Tutti resteranno qui per vederti… così Taro passerà un po’ più inosservato…..”

“ottima idea!” esclamò Kumiko.

Allora Ikeda e la sua ragazza scesero e, prendendo per mano Taro, camminarono verso l’entrata. Qualcuno cominciò a scattare foto, e i due ragazzi si sentirono come due divi ad una serata importante: si guardarono e scoppiarono a ridere.

Appena Genzo riconobbe la voce di Taro, cominciò a sentire che il suo battito aumentava.

“Ciao Babbo!” disse il piccolo, correndo verso di lui.

Il signor Wakabayashi, vedendolo, sentì una specie di fitta dentro. Era un piccolo Genzo: stesso sguardo, stessa corporatura, stesse espressioni. In un secondo, quel poco dell’infanzia di suo figlio gli attraversò l’anima e gli si riempirono gli occhi di lacrime.

Genzo abbracciò Taro.

“Come sei elegante… sei un bel bambino…..” gli disse; “babbo….” aggiunse, volgendosi a suo padre e appena lo vide praticamente in lacrime si trovò spiazzato.

Taro fissò quel signore e gli si avvicinò ”perché piangi? Stai male?” chiese, tutto preoccupato.

“No….è che… sono felice di vederti… sono felice di conoscerti…..” rispose.

“Taro, lui è mio padre… è tuo nonno….”

Taro sorrise.

“Ciao nonno!” disse come se niente fosse.” Adesso arriva anche la mia mamma!” aggiunse tutto orgoglioso.

Il signor Wakabayashi gli fece una carezza.

“Ti va di sederti accanto a me mentre i tuoi genitori si sposano?” chiese quasi con timidezza.

“Sì….va bene!” disse il piccolo.

Genzo assisteva alla scena e gli sembrava di vedere un altro: tutta la durezza, la rigidità del padre, alla vista del bambino, si erano dissolte come la neve quando batte il sole e la temperatura è sopra lo zero.

Si sentiva completamente travolto dalle emozioni, dai pensieri, dall’agitazione e immaginò di essere accanto a Tsubasa, per ascoltare una sua frase, una qualsiasi sua frase, che sicuramente avrebbe dato un senso e una direzione a tutto quel fragore interno.

Non potè neanche riprendere fiato, perchè un silenzio quasi irreale calò dentro la stanza: Kumiko era alla porta; appoggiò il soprabito sulla prima sedia libera e poi riprese in mano i fiori.

“Che bella….” Si sentì dire da qualcuno in fondo.

Genzo non riusciva quasi a tenere gli occhi aperti: vederla fu come morire e nascere di nuovo. Non sentiva nessun rumore, non distingueva più i colori. Soltanto le pulsazioni del cuore erano come un martello che gli spaccava il corpo e gli faceva girare la testa.

Si morse le labbra e si maledì per tutti i giorni che erano passati e che lui aveva buttato via senza stare con lei. Maledì la paura, quella fottuta paura che gli aveva fatto perdere tutto quel tempo perché adesso ogni secondo senza di lei sarebbe stato l’eternità e già sentiva male.

Kumiko lo guardava e le sembrò ancora più sfuggente, ancora più irraggiungibile.

“Chissà cosa sta pensando” si chiese.

“Vieni da me” si disse fra sé e sé Genzo.

Quando furono ad un passo l’uno dall’altra, lei abbassò lo sguardo imbarazzata.

“Sei dentro di me….” disse lui ad alta voce, dal niente, nel silenzio totale, completamente incurante che tutti potessero sentirlo.

Kumiko allora lo guardò e gli sorrise.

Avrebbe voluto parlare, dire qualcosa, ma l’assessore si schiarì la voce per cominciare la lettura degli articoli.

“bene…. Direi che possiamo cominciare….”

Entrambi arrossirono e si disposero uno accanto all’altra.

Ognuno rimase chiuso nel suo segretissimo mondo. Le parole dell’assessore erano il sottofondo al ritmo dei loro pensieri. Tanto non c’era bisogno di ascoltare. Loro si erano promessi l’uno all’altra, quel giorno, in pasticceria, prima che l’imperfezione della vita e del mondo li catapultasse nella realtà. Loro erano una cosa sola, che tagliava l’orizzonte, di fronte al mare. Non c’era molto da dire ormai.

“E.. adesso se volete scambiarvi le fedi….” disse infine.

Genzo si svegliò dal suo sogno, così come Kumiko. Si guardarono imbarazzati come due quindicenni. Genzo si toccò la testa. Lui aveva il suo anello di corallo, ma non voleva darglielo lì, con tutta quella gente.

Misaki si mise la testa fra le mani….” Non ci credo…..” disse.

Si sentì un po’ di bisbiglìo in fondo alla sala.

“Niente fedi per noi…..” disse Kumiko, sorridente e pungente come sempre. “…..vada pure avanti….” Cercò di mascherare la delusione e l’imbarazzo. Certo non le fregava molto di portare un anello al dito, però provò dispiacere al pensiero che Genzo non avesse seguito la tradizione nemmeno in questo.

“…..quindi vi dichiaro marito e moglie”

Un applauso si alzò nella sala e si sentì una bottiglia stappata: i dipendenti di Kumiko si erano organizzati bene, portando lo champagne anche lì.

Kumiko e Genzo seguirono le istruzioni dell’assessore e firmarono tutte le pratiche poi Taro si attaccò all’abito della mamma perché voleva abbracciarla.

Kumiko guardò il portiere: aveva voglia di essere baciata, di toccarlo, e lui la guardava e non si capiva assolutamente cosa stesse provando.

“parlami”…gli chiese silenziosamente.

Ma Genzo era come paralizzato e riuscì solo a sorriderle mentre si abbassava per chiacchierare con Taro.

Il signor Wakabayashi allora si diresse verso la ragazza e la salutò con affetto.

“La ragazza dei tulipani…..” sussurrò.

Lei arrossì e gli fece un inchino.

Genzo era già in fondo alla stanza che l’aspettava.

“Andiamo?” chiese con dolcezza.

Tutti andarono a complimentarsi con lei, mentre attraversava la sala e non faceva che sorridere un po’ impacciata.

Fuori i fotografi erano aumentati e Genzo la prese sotto la sua spalla per proteggerla mentre Taro teneva la mano ad Ikeda.

Corsero alla macchina e insieme agli amici, si diressero a villa Wakabayashi.

 

 

   
 
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