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Autore: Layla86    12/02/2010    1 recensioni
Storia nata dopo aver visto le foto di Jared il giorno prima di capodanno a Miami, chi era quella bionda sulla spiaggia? E cosa facevano insieme? Questa one shot è la mia risposta a queste semplici domande.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Jared Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi con una nuova one-shot. E' da mesi latitante nel pc, l'ho scritta quando ho visto le foto di Jared a Miami con quella ragazza bionda, non so chi sia e potrebbe tranquillamente essere la sua ragazza, ma quando ho visto quelle foto ho provato un po' di tenerezza per lei e mi sono messa a fantasticare su cosa potesse essere successo davvero.
Ed è uscita fuori questa cosa, davvero senza nessuna pretesa. Non conosco nessuno dei personaggi che sono tutti di mia invenzione, non voglio offendere nessuno e naturalmente non scrivo a scopo di lucro. Dimenticavo di dire che per alcune cose mi sono ispirata ad un intervista rilasciata da Jared un po' di tempo fa, alcune cose mi avevano colpito e mi è piaciuto fargliele dire nella mia storia.
Spero che vi piaccia. Grazie a tutti.




Il martedì è la mia giornata preferita: non sono costretta a svegliarmi all’alba e posso fare ogni cosa con estrema calma.

Anche se qui a Miami c’è sempre tanta gente in ogni periodo dell’anno, quando si avvicinano le feste, la città diventa quasi invivibile: migliaia di turisti giungono da ogni parte del mondo per godersi la temperatura sempre mite, il cobalto  del mare ed i locali, che, in tutta sincerità, non hanno nulla da invidiare a quelli della costa ovest.
Nonostante il caos, che rende impossibile gironzolare per le vie del centro, e che talvolta rende frenetico il lavoro al bar, mi piace osservare i turisti e giocare a riconoscere la loro provenienza dall’abbigliamento o dall’accento strano.
Domani sarà capodanno e finalmente potrò godermi qualche giorno di meritata vacanza, che fino ad ora, a causa dell’affitto altissimo dell’appartamento vicino alla spiaggia, in cui vivo sola, ho solo potuto ardentemente desiderare.
Devo ammettere che il mio monolocale non è affatto male, quando lo vidi per la prima volta sembrava a stento una casa, con due mobili sgangherati ed un materasso buttato a casaccio sul pavimento, mentre ora, con qualche piccola modifica, è diventato la mia piccola reggia.
Sono riuscita a farci stare anche una piccola libreria in cui mi piace collezionare i libri che leggo e che, con il suo colore noce scuro riesce a creare, nella mia casa da single, una sensazione di calore e darmi l’illusione di essere riuscita a costruire qualcosa di solamente mio.
Anche oggi la sveglia suona sempre troppo presto, assonnata cerco tentoni il cellulare che ricordo di aver appoggiato sul comodino, ma non trovo, e imperterrito continua a suonare.
Finalmente riesco a spegnerlo, mi infilo le mie fedeli ciabatte infradito e vado in cucina, che dista solo due passi dal letto. Mi preparo la colazione come se fosse un rituale con un cucchiaio dei miei cereali preferiti al cioccolato e tre cucchiai di yogurt bianco e, come ogni mattina, mi siedo davanti alla finestra, mi piace starmene lì a  guardare la gente dall’alto del terzo piano, ognuno di loro affaccendato nella sua vita: chi rincasa dopo una notte folle, chi invece appena sveglio esce diretto al suo posto di lavoro…   
Oggi mi unirò al corteo dei lavoratori non prima di mezzogiorno, quindi ho tutto il tempo per fare una corsetta sulla spiaggia, mi infilo velocemente le scarpe da ginnastica ed esco nell’aria fresca del mattino, respiro a pieni polmoni incamerando più ossigeno e iodio che posso, prima di mettermi a correre.
Vengo su questa piccola spiaggia poco frequentata ogni volta che posso, non solo per tenermi in forma: i muscoli dolenti per lo sforzo, il fiato corto, l’aria nei capelli e le sferzate di vento sul viso mi fanno sentire viva. Solo quando mi sento esausta ritorno a casa.
Mi ci vuole una doccia rigenerante! Apro il getto dell’acqua calda e mi faccio massaggiare dal vapore emanato dalle piccole stille bollenti che scivolano languidamente sul mio corpo, vorrei non dover mai uscire… Ma purtroppo il tempo scorre veloce e sono di nuovo in ritardo! Mi stiro velocemente i lunghi capelli biondi, indosso la mia giacca preferita un po’ rock e quei bracciali che mi piacciono tanto, ma che da infilare sono una tortura, e sono pronta.
Mi chiudo alle spalle la porta e con passo spedito mi avvio in spiaggia.
Il turno inizia a 12,30 ed io riesco ad arrivare puntuale. Saluto il mio collega e, in attesa che arrivi qualche cliente, ci piace chiacchierare del più e del meno, ma oggi, forse complice la corsa, non riesco a staccare gli occhi dai muffin che ci sono nella teca.
L’innocente chiacchierata è interrotta dal fruscio della porta scorrevole d’ingresso che si apre lasciando entrare il nostro primo cliente della giornata.
Mi volto e vedo Jared Leto camminare verso di me con il suo solito sorriso accattivante sul volto.
Con un gesto studiato si sfila  gli occhiali da sole, l’azzurro intenso dei suoi occhi illumina improvvisamente  la stanza e inevitabilmente attira la mia attenzione, non credevo che potessero esistere occhi tanto grandi.
Ci saluta e, mentre fa conversazione con il mio collega David, io non riesco a smettere di guardarlo, di osservare le sue mani che gesticolano ed ascoltare la sua voce così attentamente modulata e profonda.
Mi accorgo di essere ipnotizzata dalla sua presenza, non percepisco nient’altro se non lui: ogni parte del mio corpo è diventata pesantissima, alzare un braccio si è trasformata in un impresa impegnativa e muovere i piedi impossibile.
Mentre chiacchiera con David i suoi occhi vagano per il locale, li sento anche su di me, ma spero che non mi rivolga la parola perché la mia salivazione è sparita e ogni cosa che mi passa per la testa mi sembra banale ed estremamente stupida. Che mi succede?
 I suoi occhi si spostarono definitivamente su di me e mi fissa per qualche secondo di troppo perché sento le guance bruciare. Capisco che questo è il momento di parlare, perché è evidente che vuole sentire la mia voce, quindi cerco di sembrare il più professionale possibile: gli chiedo l’ordinazione e mi giro per prendere il menù e l’elenco dei cocktail, ma quando glieli porgo mi chiede solo un panino vegetariano ed una bottiglietta d’acqua.
Ritiro il braccio e sparisco in cucina.
Tra tutte le cose impossibili che avrebbero potuto accadere, quella era senz’altro la più inaspettata, l’uomo per cui ho una cotta da anni che mi rivolge la parola, nella realtà e non in una delle mie stupide fantasie, è qualcosa di davvero destabilizzante. Cosa dovrei dire e come dovrei comportarmi per colpire la sua attenzione in qualche modo? O più semplicemente, cosa dovrei fare non sembrare una di quelle oche che gli ronzano sempre intorno? La risposta è semplice, solo essere me stessa, ma comportarmi naturalmente sembra impossibile… La sensazione di  impaccio causata dai suoi occhi blu puntati addosso è qualcosa che non provavo più da troppo tempo. Non sono più una ragazzina e mi sono abituata a qualsiasi tipo di richiesta, da quelle assurde che riguardano il cibo,  a quelle più scandalose che riguardano avance sessuali, mentre lui con un semplice panino vegetariano ed un sorriso è riuscito a far vacillare le mie sicurezze.
Mi faccio coraggio e con l’espressione più convincente che conosco gli porgo l’ordine ed il conto, e mi preparo a salutarlo.
 “Ti va di farmi compagnia? Non mi piace mangiare da solo…”
Divento seria immediatamente. Il cuore batte troppo forte, ho paura che in un balzo più esagitato degli altri possa uscirmi dal petto. Sono seriamente tentata di dirgli di no e di correre a nascondermi nella cella frigorifera della cucina e cercare di spegnere quel calore che sento distintamente sulle guance. Era capitato altre volte che qualche cliente richiedesse la mia compagnia, e non mi ero fatta troppi problemi, accettavo se il ragazzo era carino e non avevo alcun rimpianto se mi lasciavo sfuggire un bel ragazzo, ma questa volta sapevo che se avessi risposto di no me ne sarei pentita per sempre.
Mi giro verso David, chiedendogli tacitamente il permesso di andare.
Mi affianco a Jared, che mi fa strada attraverso la porta scorrevole e poi lungo la spiaggia, i miei piedi un passo dopo l’altro affondano nella sabbia scaldata dal sole del primo pomeriggio. Mentre lo seguo per questi pochi metri penso a  quanto sia affascinante e sicuro di se, tanto da farmi sentire una piccola ed ingenua ragazzina. Non sono una delle sue più grandi fan, non conosco ogni piccolo particolare che riguarda la sua vita, ma capisco benissimo tutte quelle ragazze che fanno pazzie per lui, da oggi in poi potrei diventare una di loro. Mi sento molto fortunata in questo momento, anche se lo trovo stupido, mi rendo conto che  è solo un uomo, e sicuramente anche maledettamente stronzo.
Lo seguo, è qualche passo davanti a me e sono concentrata nel dissimulare questo stato di agitazione interiore: nel momento in cui si girerà e mi guarderà negli occhi devo essere in grado di non fargli capire lo strano potere attrattivo che ha su di me.
“Ti va se ci sediamo qui?” Indica una sdraio poco distante dal mare. Le onde si infrangono sulla sabbia e il piacevole rumore fa da sfondo a questa situazione irreale. Annuisco ancora, senza parlare.
Inforca nuovamente gli occhiali, infastidito dal riflesso della luce sull’acqua del mare, nascondendo al mondo lo spettacolo dei suoi occhi.
“Posso aver l’onore di sentire la tua voce, o hai intenzione di annuire tutto il tempo? ”
La risata spontanea sembra alleggerire il mio petto contratto dall’agitazione “Scusami, è che trovo tutto questo un po’ surreale”
“Che cosa trovi surreale di preciso?”
“Mi sembra di essere un personaggio minore di un teen movie: precisamente l’amica della sfigata, quella che rimane inquadrata circa dieci secondi, che per uno strano scherzo del destino si trova in compagnia del protagonista, interpretato dall’attore hollywoodiano, che naturalmente saresti tu. Non la trovo esattamente una situazione normale.”
Ridacchi. “Che discorso assurdo. Ma se la mettiamo su questo piano tu stai interpretando il ruolo della sfigata, e ti ricordo che è sempre bellissima e alla fine del film si fa anche il protagonista, quello interpretato dal bel attore hollywoodiano, e che sarei io.”   
Mi rispondi calmo e senza guardarmi, mentre con lentezza esasperante scarti il panino che ti ho appena preparato, come se ti aspettassi una sorpresa, celata nell’anonimo sacchetto di carta bianca.
“Lo sai che in quel sacchetto c’è solo un panino?”
“E tu lo sai che l’attesa, il momento in cui pregusti il sapore del piatto senza averlo ancora assaggiato, è la parte migliore del pranzo? Allo stesso modo in cui il sabato è migliore della domenica, o come l’adrenalina che provi qualche secondo prima di uno show sia più forte di quella che potrai mai provare durante lo spettacolo.”
Restiamo in silenzio per interi minuti, mentre addenti il pane ed io troppo presa dal pensiero di te seduto al mio fianco non riesco a pensare a nient’altro, e quest’oblio nella mia testa mi crea, se possibile, un’agitazione ancora maggiore.
“Ti da fastidio se fumo?” E’ la cosa più intelligente che mi viene da dire, sono  terrorizzata da questo silenzio che si è instaurato tra noi. Apro il pacchetto di Marlboro e aspetto la tua risposta per estrarne una, cazzo mi tremano le mani!
“Bfurnbfnf” farfugli qualcosa che non riesco a comprendere. Ti guardo e noto che delle briciole di pane sono rimaste ai lati della bocca, trattenute dalla barba, che non radi probabilmente da ieri.
“Cosa?”  mi metto a ridere e, vedendoti per la prima volta come una persona qualunque, la tensione si allenta un poco.
“Fai come vuoi, i polmoni sono i tuoi.”
La fiamma dell’accendino natalizio, con tanto di renne e babbo natale provvede a fornirmi la mia fonte di nicotina giornaliera. Mi decido a parlare, pensando che in fondo non ho nulla da perdere e che di quello che pensa Jared Leto di me non dovrebbe assolutamente importarmi.
“Che ci fai qui a Miami? mi risulta che vivi sulla west coast…”
“Festeggio capodanno, nulla di speciale, tra due giorni sarò già a casa.”
“Devi lavorare? …scusa ma non seguo moltissimo la tua cariera artistica…” Mento spudoratamente.
“Altrimenti sapresti che lavoro sempre.”
Mentre mi parla mi lancia occhiate veloci, i suoi occhi sono coperti da quegli enormi occhiali da sole che non mi permettono di vedere le espressioni del suo viso e la vivacità del suo sguardo, rendendo la conversazione impersonale, come se fosse aldilà di uno schermo, così come l’avevo sempre visto fin’ora.
“Ho trovato geniale  il modo in cui hai coinvolto i tuoi fan nell’ultimo album, i cori, le copertine… il modo in cui tieni i contatti attraverso twitter.”
“Ti ringrazio.”
“Sono tutte idee tue?”
“Si certo!” Rispondi seccato.
“Scusa se ho dubitato…”
“Non faccio nulla di grandioso comunque, cerco solo di sentirmi aperto verso il mondo esterno, e lo lascio fluire all’interno di me. Il mondo è così complesso… Mi piace darne un interpretazione attraverso la mia arte.”
“E' tutto molto affascinante. Sei fortunato a poterlo fare e sapere che il tuo lavoro è apprezzato…Sarai sicuramente felice…”
“Diciamo che non mi lamento…vivo delle mie passioni, condividendole con le persone più importanti della mia vita. Preferisco dire che sono soddisfatto di quello che faccio, la felicità è un concetto più complesso che non credo si possa raggiungere in questo mondo, o comunque non da me.”
Quando parla ha uno strano modo di gesticolare, come se volesse sottolineare alcune parole chiave del discorso, come se ogni cosa celasse un significato più profondo. Vorrei che parlasse ancora, che mi spiegasse quel mondo che nasconde nella sua testa, ma che mi tace attraverso risposte criptiche.
 Porta nuovamente il cibo alla bocca e noto l’avambraccio.
“Hai un tatuaggio!” mi sporgo per toccarglielo, ma mi scansa coprendolo con la manica della camicia a quadri che indossa. “Che significa?”
Nei suoi occhi uno sguardo furbo. “Tu hai tatuaggi?”
Lo guardo piccata
“Potrei, perché?”
“Facciamo così, se tu mi fai vedere il tuo, io ti mostro il mio.”
“Ti piace condurre il gioco, vero Jared?”
“L’idea non mi dispiace affatto…”
L’espressione maliziosa che ha assunto il suo volto contrasta con la bellezza angelica dei suoi lineamenti, vorrei dimostrargli che anche io sono capace di giocare, magari con una risposta ambigua come le sue, ma non ne ho il coraggio.
Riesco però a mantenere il suo sguardo, anche se sento le guance calde per l’imbarazzo riesco a guardarlo per qualche secondo, prima di girarmi per guardare il mare. Torno a sentire il lento infrangersi della schiuma bianca sulla battigia, rendendomi conto che la sua voce era l’unica cosa che le mie orecchie erano riuscite ad udire fino a quel momento.
“Ho un fiore di loto, vicino all’anca. L’ho fatto poco tempo dopo che sono venuta qui a vivere da sola, quando per la prima volta mi sono sentita indipendente ed adulta. E’ piuttosto stilizzato in verità, ma sai…a volte la bellezza sta proprio nelle cose semplici. Ed ora tocca a te dirmi cosa significano quei tatuaggi sul tuo avambraccio.”
Questa conversazione è davvero la più frustrante della mia vita, fatta completamente di frasi lasciate a metà, entrambi troppo impegnati a non scoprirci troppo.
Tutto di lui mi attrae. Voglio non poter dimenticare mai questi pochi istanti in cui le nostre vite si sono incrociate.
Vedo la sua bocca aprirsi in un altro dei suoi sorrisi maliziosi, si sfila lentamente gli occhiali e i suoi occhi si   puntano nei miei.
“ Sono il simbolo della mia band,della mia musica, della mia vita.” Mi fissa intensamente “Fammelo vedere…” la sua voce bassa e roca mi fa sussultare.
“E se ti avessi mentito ed in realtà non avessi nessun tatuaggio sul mio corpo?”
“Sapresti fingere molto bene…”
Mi volto trattenendo una risata, chiedendomi da dove viene tanta intraprendenza.
“Non pensi che a volte ti prendi troppo sul serio?” Ride delle mie parole.
“Non sei la prima che me lo dice, e forse è vero.” Mi guarda “ma lo fai anche tu…”
 La voglia di baciare le sue labbra, latente fino a questo istante è ora diventata incontenibili, le sue labbra schiuse e l’espressione concentrata per capire quali sono le mie intenzioni e fino a che punto può spingersi.
Flash di una macchina fotografica mi accecano, ci voltiamo per notare uno di quegli odiosi paparazzi immortalare Jared con una nuova bionda, domani sarò su ogni giornale e pagina internet giudicata da tutto il mondo che si chiederà chi sono. La cosa non mi lusinga affatto.
“Non ti irrita essere seguito ovunque?”
“E’ parte del lavoro. E’ una cosa a cui ci si abitua.”
Era arrivato il momento di salutarsi, il piccolo scorcio di favola che, inaspettato, aveva allietato questa giornata, e molte di quelle a venire era ormai concluso.
Continuando a chiacchierare del più e del meno, del vento e del sole, di quanto meglio fosse Los Angeles rispetto a Miami, Jared mi fa strada attraverso i lettini e le sdraio fino a raggiungere la porta scorrevole del bar, i miei piedi un passo dopo l'altro affondano nella sabbia scaldata dal sole del primo pomeriggio.
Il clima gioviale tra di noi si smorza quando ci trovammo l’uno di fronte all’altra, le mie braccia e le gambe di nuovo pesanti.
“Grazie della compagnia…ci vediamo” La mia voce esce flebile mentre ricambio il saluto e ti guardo voltarti mentre te ne vai. Improvvisamente torni verso di me e senza esitazione mi baci, le tue labbra lambiscono e accarezzano la mie prima che la tua lingua si faccia strada nella bocca. Così come doveva essere nel film della nostra vita, la sfigata, in quei pochi secondi che decretano il finale della storia, riesce a baciare il bell’attore hollywoodiano. Dura troppo poco, e così come eri arrivato te ne vai.
Mi trascino nello stanzino di servizio, entro senza nemmeno accendere la luce e mi appoggio al muro con la schiena per aiutare le mie gambe che sembrano non volermi più sostenere. Il mio corpo brucia e spero che il buio aiuti a spegnere il fuoco che arde dentro di me. Razionalmente so che tu non sei di nessuno, appartieni solo a te stesso, e non mi importa nemmeno, vorrei solo rivederti un’altra volta, vorrei conoscere quello che sei, le tue innumerevoli esperienze, quelle che hai collezionato nella tua vita all’avventura, nel tuo lavoro on the road o solo sapere cosa significa poter vestire i panni di un’altra persone per la durata di un film. Sapere cosa si prova ad avere il mondo ai propri piedi, perché mi è ormai chiaro come il sole Jared, che tu puoi ottenere tutto ciò che vuoi, hai una conoscenza tale della razza umana che con quel sorriso sicuro, sfacciato, gentile, riesci ad entrare nella testa di chiunque, uomo o donna che sia. Vorrei conoscere le mille vite che hai vissuto, attraverso l’America e attraverso i tuoi fan: hai solo 38 anni, ma l’esperienza che molti non hanno nemmeno a 80.
Ma so che non accadrà mai, quello che saprò di te sarà racchiuso in questa mezzora trascorsa insieme sulla spiaggia di Miami nella vigilia di un capodanno qualsiasi.
Una lacrima scende a bagnarmi la guancia.
L’asciugo prontamente, respiro a pieni polmoni ed esco per affrontare la mia vita come era mezzora fa, prima di incontrarti, come è sempre stata e come ho sempre voluto che fosse. Mi sento fortunata perché per quel lasso di tempo, anche se piccolo, la mia vita si è trasformata in una favola, ho vestito i panni di Cenerentola e tu quelli del principe dagli occhi azzurro cielo, che per il tempo di un ballo la fa sentire una principessa, ma le favole hanno sempre una fine,  e questa è la conclusione per la mia.
Addio Jared.  
  
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