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Autore: Halosydne    13/02/2010    2 recensioni
E se tutti si fossero innamorati della persona sbagliata?
E se fingere di amare non fosse un antidoto molto efficace al dolore?
E se mentire a se stessi fosse facile, troppo facile... così facile da essere impossibile?
Il mio primo tentativo in questo fandom :D
I do really like comments ;)
Era tutto sparito, tutto, per qualche breve secondo in cui non era il dottor Karev, ma semplicemente Alex, in cui non era uno specializzando in chirurgia ma semplicemente un uomo innamorato, in cui non era più solo, al buio, con tutte le sue illusioni e i suoi sogni, che frantumandosi e cadendo in pezzi affilati lo ferivano come fiamme sulla pelle, come vetro.
Pochi battiti di cuore in cui
Dolore non c'era più, c'era solo Amore. Straordinario quanto fosse sottile la linea che li distingueva... sottile, invisibile. Una linea piena di fuoco, e profumata di pesca e cannella. Ma oltrepassarla non gli era più possibile. Apparteneva a Dolore, ora.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alex Karev, Izzie Stevens
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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You lighted my fire once again •

 

 

 

 

Alex si stava rivoltando le tasche in maniera molto poco dignitosa.
La sigaretta tra le labbra sussultava alle sue sempre più fitte imprecazioni sottovoce, ma l'accendino continuava a stare nascosto dov'era. Non riusciva a trovarlo da nessuna parte.
E ne aveva un assoluto, disperato, dannato, urgente bisogno.
Non era più come quando aveva iniziato, a scuola, per sentirsi grande e far credere agli altri di esserlo: ben sapendo quanto il fumo avrebbe potuto danneggiare la sua carriera da pugile, fumava pochissimo, tanto che non ne era affatto dipendente. Del resto, nemmeno ora, a quasi dieci anni di distanza, soffriva di dipendenza da nicotina, o da caffeina o alcol. Il suo coach era stato chiaro con lui: niente schifezze, niente fumo, poco caffè, pochissima birra. Certo, Alex era sempre stato ribelle e insofferente, e di birra e caffè -negli ultimi giorni, soprattutto di caffè- non poteva più fare a meno... ma ogni rara volta che si accendeva una sigaretta, sentiva la voce del Coach Dempton nelle orecchie, e si sentiva un po' in colpa.
Ora, invece, aveva uno spasmodico bisogno di qualcosa che lo distraesse dal pensiero di ciò che era appena accaduto. Di caffè non ne poteva più, di alcol non se ne parlava prima di due ore... l'unica alternativa rimanente era il fumo. Sicuramente non gli era d'aiuto a dimenticare Izzie, viste le ultime parole che si erano rivolti -quant'era passato? una settimana? un mese? cinque anni?- avevano proprio a che fare con il fatto che lui fumasse.
Ma che altro poteva fare? Fracassare il bel faccino del Dottor Bollito? Era un'idea, certo, ma andava limata e progettata con calma, e per calmarsi... doveva fumare.
Doveva, e sapeva che non avrebbe dovuto. Perchè glielo avevano detto tutti, il Coach, il medico sportivo, sua madre, e anche...
Dove, dove diavolo sei, dannato aggeggio?



Una mano sfiorò la spalla di Alex, leggera, come se temesse di ferirlo di nuovo.
Alex trasse un lungo, profondo respiro a occhi chiusi, e non si voltò.
Sapeva di chi era quella mano, l'aveva riconosciuta dal profumo... e per un solo, singolo istante, ringraziando di non avere le narici piene di fumo, aveva dimenticato tutto.
Tutta l'amarezza, il dolore, e la delusione, e la voglia di correre via, e il bisogno di nicotina, e quella strana sensazione, come se l'aria fosse amara da respirare.
Era tutto sparito, tutto, per qualche breve secondo in cui non era il dottor Karev, ma semplicemente Alex, in cui non era uno specializzando in chirurgia ma semplicemente un uomo innamorato, in cui non era più solo, al buio, con tutte le sue illusioni e i suoi sogni, che frantumandosi e cadendo in pezzi affilati lo ferivano come fiamme sulla pelle, come vetro.
Pochi battiti di cuore in cui Dolore non c'era più, c'era solo Amore. Straordinario quanto fosse sottile la linea che li distingueva... sottile, invisibile. Una linea piena di fuoco, e profumata di pesca e cannella. Ma oltrepassarla non gli era più possibile. Apparteneva a Dolore, ora. 
E così, non si voltò.
«Alex» la voce di Izzie non era come se l'era aspettata. Era bassa, tremante... triste? «Alexander Michael Karev» fece ancora la voce di Izzie, imperiosa, per quanto ancora molto incerta.
Lui sorrise fugacemente sotto i baffi. Solo sua madre lo chiamava così... e dal tono di Izzie, reso più sicuro dal nervosismo, capì che come sempre detestava parlargli senza guardarlo negli occhi.
«Oh, d'accordo, sei il solito cocciuto. Non girarti, se è di troppo disturbo per te. Parlerò lo stesso» La sentì prendere un respiro profondo. «Sloan era troppo impegnato a contemplarsi nella porta a vetri, ma io ti ho visto. E le carte per terra erano quelle che dovevi portare a Sloan. Cosa ti è preso?»
Alex si era ripromesso di non risponderle, se lei lo avesse trovato. Di sbuffarle un po' di fumo in faccia e di andare via. Ma non ci riuscì.
E come avrebbe potuto, dopotutto?
«Cosa mi è preso? Lo chiedi a me?» si voltò di scatto, l'espressione cattiva, gli occhi in fiamme dalla rabbia e dal dolore, la voce bassa e irosa. «Non sono io quello che muore dietro a Sloan per un po' di sesso, non sono io quello che non riconosco più, non sono io quello che si è innamorato della persona sbagliataAlmeno credo, aggiunse mentalmente.
I grandi occhi di Izzie erano pieni di lacrime. L'aveva ferita, lo sapeva. Ma stavolta, lei aveva ferito lui prima. Sperava solo che non si mettesse a piangere davanti a lui: tutta la sua risoluzione a rimanere freddo e a far finta che lei fosse trasparente sarebbe crollata, ovviamente.
Ma lei non pianse. Era troppo arrabbiata e ferita, per piangere. «Come diavolo ti permetti? Chi sei tu per giudicare? Non sei nessuno, Alex Karev, nessuno
Se Alex era stato cattivo, lei non fu da meno. L'astio di quelle parole avrebbe ferito chiunque, ma lui era così distrutto che quasi non sentì l'ennesimo frammento tagliargli la pelle.
«Spari sentenze senza poter capire, senza sapere... e se anche sapessi, non ti devo niente. Niente, hai capito? Niente!» urlò, quasi.
E andò via, i capelli biondi che sfuggivano all'elastico e le coprivano la visuale, già offuscata dalle lacrime che non riusciva più a trattenere ma che, almeno a lui, doveva, doveva, doveva nascondere. 
Si era ripromesso di non farlo, perchè sapeva già come sarebbe andata, ma non riuscì a trattenersi dal chiamarla. O almeno, non ci sarebbe riuscito, se non si fosse accorto che un accendino azzurro era caduto fuori dalla tasca del camice di Izzie.

 

 

 

Odio far soffrire il mio piccolo Alex ç___ç
Ma diciamo che tutta la storia non è esattamente pervasa di allegria, già xD
Commenti? Supposizioni? Anatemi?
Venghino signori, venghino, vi attendo!

xxx

RoS :]

 

 

 

PS. mi auguro che a nessuno di voi serva che qualcuno faccia notare che il titolo fa riferimento a una certa canzone dei Doors. .___.

   
 
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