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Autore: kiku77    13/02/2010    7 recensioni
seguito di "ALLA RICERCA DELLA FELICITA'"
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Kumiko Sugimoto/Susie Spencer
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Giusyna: ti ringrazio veramente tanto per la rec. di ieri. L’ho letta e riletta diverse volte e più rifletto sulle tue parole , più mi sembrano veritiere nei confronti dei due pers. La loro indole è quella, perché” è parte integrante di loro”, ma c’è anche qualcosa che cambia; c’è un senso nuovo di percepire le cose….hai espresso questo concetto talmente bene e così profondamente, che lì per lì, sono rimasta davvero senza parole. Grazie…

Miki87: mi metti di buon umore con il tuo modo di scrivere…! Per l’anello ancora c’è un po’ da aspettare…sono contenta che il breve episodio tra Kumiko e Yukari sia stato apprezzato: mi sembrava anche un modo per far “partecipare” Sanae alla festa, visto che è di lei che parlano.E poi Yukari è un pers. buono: mi faceva piacere darle una possibilità per riavvicinarsi a lei. Grazie mille per aver scritto!

Sanae78: grazie per quello che hai scritto; una delle tue più belle rec, a mio parere, perché in poche parole hai sottolineato degli aspetti molto importanti per la storia. Grazie per aver amato la parte finale; quella su cui ho lavorato di più. Spero ti sia piaciuta, la frase..” kumiko…. si stirò come fanno i gatti….”…. ( non mi sarebbe mai venuta in mente però se non avessi ripensato al grandissimo Dino Campana…)

Makiolina: “tu conosci me, io conosco te”…e poi dicono che le parole non contano….le parole contano contano eccome! Grazie infinte per la tua recensione. Mi sorprende sempre il modo in cui interiorizzi la storia e te la tieni stretta, legando ogni elemento ( tutta la tua considerazione su Genzo-Maya ecc… è un’analisi perfetta: mi hai fatto la radiografia anche questo giro..!): questo permette di andare oltre la storia e vedere i cambiamenti, le evoluzioni (a volte involuzioni) dei personaggi. Sapevo che la parte della festa non ti avrebbe entusiasmato…diciamo che funge un po’ da “ponte” per preparare tutta la seconda parte del cap. Riguardo all’anello, ci vuole ancora un pochino… sono un po’ in ansia perché è una scena che aspettano tutti… chissà se sarà come ve la immaginate…grazie per dedicarmi il tuo tempo.

Grazie anche a tutte le persone che leggono senza recensire, e a coloro che hanno messo la storia  fra le preferite o seguite...

 ______

 

 

Quando Genzo si svegliò, Kumiko non c’era più. La sua borsa era chiusa e l’abito da sposa era stato piegato e riposto sulla sedia. Si alzò e andò da Taro che dormiva ancora profondamente.

“Dobbiamo alzarci…..” disse con dolcezza, appoggiando il volto sul cuscino accanto alla testa del bambino.

Taro aprì gli occhi e abbracciò suo padre.

“Tra poco partiamo….sei contento?”

Il bambino fece cenno di sì con la testa e si sedette sul letto accanto al portiere.

Rimasero un po’ lì imbambolati e poi Genzo aiutò Taro a lavarsi e a vestirsi.

Di sotto trovarono un bigliettino di Kumiko dove diceva che li avrebbe aspettati in pasticceria: era andata da sola per poter fare i bagagli per bene.

Era troppo scossa però per poter fare la valigia seguendo un ordine. Mise dentro le prime cose che le capitarono a tiro e riuscì a stare un po’ più attenta solo quando fu il momento di occuparsi della roba per il bambino.

Ogni tanto guardava al terrazzo: scorgeva alcuni dei suoi vasi, fra cui la pianta di limoni e si era messa a piangere senza rendersene conto.

Andarsene a parole era una cosa: farlo era un’altra.

Ai suoi occhi le stanze del suo appartamento adesso erano bellissime; così vissute, intime. C’era profumo di latte, di biscotti, mischiato all’odore dei fiori quando si riposano. I colori erano tutti un po’ sciupati: eppure erano caldi e soprattutto lei li riconosceva perfettamente. Sapeva come la luce cadeva sugli oggetti e anche questo le dava forza, sicurezza.

Ora doveva prendere e andare via.

Certo sarebbe tornata e quello sarebbe sempre rimasto il suo posto, la sua casa. Ma sapeva che una volta partita, niente sarebbe stato come prima. Una parte della sua vita si stava chiudendo e lei si sentì misera e impaurita.

Finì di chiudere le due valige e scese al piano di sotto. Mentre faceva i gradini, riconosceva perfettamente il rumore ( adesso le sembrava musica) delle sue pantofole sul legno scricchiolante e le venne da sorridere.

Una volta dentro il laboratorio, fu come se il petto le si squarciasse. C’era fragore dentro di lei: un rumore metallico, come di utensile sterilizzato pronto ad inciderle la carne, tracciando minuziosamente una linea all’altezza delle costole per cavarle tutto.

Il piano da lavoro era lucido; gli arnesi disposti secondo una logica studiata a tavolino, dopo anni di pratica; gli ingredienti perfettamente ordinati nelle dispense. Profumo di sale e di zucchero come sempre ovunque. Dall’emozione le veniva da vomitare. Non c’era nessuno: era il giorno di chiusura ed aveva chiesto ad Ikeda di non andare a salutarla; sarebbe stato troppo duro per lei.

Accarezzò le superfici del laboratorio e fu come accarezzare se stessa: tutto lì dentro parlava di lei e adesso, al solo pensiero di ritrovarsi in tutt’altra realtà le parve doloroso ed ingiusto.

Aveva fatto le sue scelte e non poteva farci niente: quando aveva rivisto Sanae, lavorare in quel laboratorio significava tutto per lei. Poi era arrivato Genzo: il suo odore le era penetrato fino alla radice dei capelli e lì, in quel posto immaginario che tutte le donne hanno oltre la parete dell’utero.

Era stata la sua fine. Il suo inizio. Aveva provato a rinnegare il corso degli eventi: ma quell’odore ormai era come la combinazione magica per farle funzionare il cuore, per farla vivere.

“Addio…” sussurrò guardando la porta che dava sul retro dove la sua ginestra era solo un arbusto in letargo, in attesa della nuova primavera.

Un suono di clacson l’avvisò che Taro e Genzo erano arrivati: si strofinò gli occhi, fingendo di essere felice.

“Mamma…sei pronta?” chiese il bambino correndo come un matto.

“Quasi….” disse lei sforzandosi di sorridere ” Hai fatto colazione?” chiese.

“sì sì….” rispose lui.

Genzo li raggiunse: lei lo fissava e faceva quasi fatica a reggersi in piedi. Non era ancora abituata a ritrovarselo così, di fronte, come se niente fosse.

La rendeva nervosa e fragile.

“Cosa c’è?” chiese lui, che aveva notato il suo pianto.

“niente….” rispose, in difficoltà.

Taro intanto era andato di sopra a controllare che sua madre non avesse dimenticato nessuno dei suoi giochi preferiti.

“come niente….. hai pianto…..”

Kumiko allora si lasciò un po’ andare e le lacrime scesero silenziose sulle guance.

Genzo osservò il laboratorio.

“Potrai lavorare anche a Barcellona….potrai fare quello che vorrai….lo sai vero?” le chiese restandole lontano.

Kumiko fece cenno con la testa che aveva capito.

“Scusa…” disse lei. In fondo Genzo, più di quello che stava dicendo cosa poteva fare? Magari andarle un po’ più vicino e stringerla e parlarle. Ma sapeva che chiedere tutte quelle cose insieme forse era troppo.

“Mi fai paura…” disse ancora.

Allora il portiere sorrise di nuovo, come la sera prima.

“Perché?”

“Perché … mi guardi e non capisco cosa pensi…..” ribadì lei.

Lui abbassò lo sguardo e non rispose. Non aveva tanta voglia di parlare. Non avevano dormito quasi  per niente e si sentiva molto stanco.

“Ho preso tutto… andiamo?” chiese Taro impaziente.

Allora Genzo sorrise. Caricarono i bagagli in macchina e si diressero all’aeroporto. Parcheggiò e diede le chiavi all’addetto: ci avrebbe pensato un collaboratore di suo padre a riportare la macchina a Villa Wakabayashi.

Varcando l’entrata delle partenze, Kumiko sentì che il vento si stava alzando e realizzò lucidamente che stava per lasciare il suo paese.Taro le parlava ma lei non sentiva, non capiva più niente. Era completamente travolta da un sentimento di incertezza e di paura. Genzo era davanti a lei: vedeva le sue spalle larghe e sicure. Ma le sembrava nuovamente il solito ragazzo sfuggente, che non ti parla  e non ti vuole fare entrare nel suo mondo, anche se ti sposa e ti dice che sei dentro di lui.

Conosceva bene quella sensazione: quante volte l’aveva guardato andarsene e sparire, inghiottito dall’asfalto, da un aereo, da una macchina.

Adesso però la sua figura le era davanti e non stava scappando. C’era anche lei. Erano insieme.

Provò a prendere un respiro più profondo e affrettò il passo per raggiungerlo.

 

 

In aereo, guardando il finestrino, Kumiko aveva raccontato a Taro del primo viaggio che avevano fatto insieme, quando lui era dentro la pancia della mamma. Gli aveva parlato delle nuvole e dello zucchero filato e poi era finita lì, sempre lì, alla storia della ginestra e dell’orchidea. Il bambino ascoltava sua madre raccontare tutte queste storie e sembrava rapito dal suo canto.

Genzo faceva finta di dormire con il berretto a chiudergli il volto: invece non si era perso una parola, nemmeno una, di quei racconti. Il mal di testa spingeva sulle tempie e c’era un sostrato del suo cervello che cercava di allontanarsi da lei, da loro, per poter ritrovare un po’ di concentrazione in vista degli allenamenti e della partita imminente. Ma era tutto inutile: non importava da quale angolo guardasse o pensasse; si era fatto un tale vuoto dentro di sé che le parole pronunciate da Kumiko risuonavano come onde leggere e ampie, tanto da colmare tutto il suo inferno.

Solo quando Taro si era finalmente addormentato, stendendosi sulle gambe di lei, Genzo riemerse dal suo berretto. Kumiko continuava a fissare fuori anche se la luce era cambiata e non si vedeva quasi niente. Il finestrino le serviva da specchio per filtrare meglio i suoi pensieri, probabilmente.

Sentì un brivido al seno, come quando la brezza del mattino ti entra fin sotto i vestiti; si girò e lui la stava toccando come se fossero soli e nessuno potesse guardare.

Si allungò oltre il sedile del mezzo dove Taro aveva steso le gambe, e le infilò la mano dentro la maglietta senza alcun riguardo, proprio come faceva sempre. La fissò e cominciò a baciarla.

Lei si era lasciata toccare e baciare ma si sforzò di non andare in estasi: voleva tenere gli occhi aperti per vedergli il bel volto e provare a capire se anche in quel momento fosse così capace di non far trapelare alcuna emozione.

Genzo era tutto concentrato su quel corpo di donna e gli occhi sembravano lontani anni luce da tutto e da tutti. Kumiko continuava a guardarlo e a cercare le sue risposte, ma le domande che stava facendo cadevano nel vuoto.

Lui aveva la fronte corrugata e sembrava molto serio. Ogni tanto smetteva di baciarle la bocca per scendere sul collo e giù fin dove poteva. Kumiko si girò per guardare le persone all’altro lato del corridoio ma fortunatamente erano tutte rannicchiate e addormentate, perciò si vergognò un po’ meno.

Taro dopo poco si mosse e disturbò il portiere che già stava impazzendo dal desiderio.

“Babbo lasciala stare la mamma…..” disse nel sonno.

I due si fissarono e scoppiarono a ridere.

 

 

 

Considerando il ritardo fra i cambi e il fuso orario, quando arrivarono a Barcellona era primo pomeriggio. Agli arrivi, Sanae e Tsubasa erano proprio in prima fila, nervosi ed eccitati come quando ci si aspetta una notizia nuova.

Appena riuscì a scorgere Taro, Michiko cominciò a chiamare con forza e, a quel punto, Ryo, che fino a quel momento era rimasto assorto ad osservare i passanti, si unì alla voce della sorella e agitò le mani con entusiasmo.

I piccoli si corsero incontro e si fecero festa.

Kumiko affrettò il passo per farsi abbracciare da Sanae; nervosa ed impaurita, aveva bisogno di sentire fisicamente la presenza dell’amica.

Dal canto suo, la moglie del capitano, appena la vide con chiarezza, riuscì a percepire quell’infinito struggimento che da sempre caratterizzava il suo mondo; aprì le braccia e l’accolse con dolcezza. Poi cercò le sue mani ed ebbe un attimo di esitazione quando vide che Kumiko non stava portando l’anello. Fissò Genzo, il quale, molto imbarazzato, la invitò, attraverso l'espressione del volto, a non fare domande, e a quel punto, Sanae  abbracciò di nuovo Kumiko intensamente.

“Che bello vederti….” disse.

“Quanto avrei voluto averti vicina……” ripose Kumiko.

Tsubasa salutò Genzo e gli fece cenno di sbrigarsi: purtroppo erano già in ritardo per l’allenamento.

Kumiko guardò il capitano e si lasciò abbracciare con decisione anche da lui.

“Congratulazioni….” disse Tsubasa.

Kumiko arrossì e poi corse verso i bambini di Sanae per abbracciarli a sé.

“Ma dove sono Hayate e Daibu?” chiese.

“Sono agli allenamenti….li vedrai più tardi” disse Sanae sorridendo.

“A proposito di allenamenti…” disse Tsubasa” Genzo bisogna che corriamo… siamo in ritardo…”

Genzo diede una rapida occhiata a Kumiko, che lo stava fissando delusa e sorpresa.

“Andiamo… andiamo” disse il portiere.

“Babbo ma quando torni?” chiese allora Taro, tutto impaurito.

“Torno presto Taro, stai tranquillo…..”

“C’è anche la riunione tecnica…” disse Tsubasa….guardando le due ragazze.

“Ma come? Devi già andare via?” chiese allora Kumiko, sperando di non aver capito bene.

“Sì… ci vediamo stasera….” disse Genzo, avviandosi verso la macchina.

Sanae le lanciò un’occhiata, come  a dire “ Stai tranquilla” e allora lei non chiese altro.

Al parcheggio si divisero e, una volta salite, le due amiche si guardarono intensamente per un attimo.

“Allora?” chiese Sanae.

Kumiko si volse dietro e vide che Taro, Michiko e Ryo erano presi dalle loro chiacchiere innocenti così si sentì libera di parlare.

“Allora niente…. Ci siamo sposati….ma … mi fa paura….”

Sanae scoppiò a ridere.

“Guarda che non c’è niente da ridere…..” disse Kumiko.

“No, scusa è che mi ricordi me….. anche a me Tsubasa faceva paura…”

“Non è possibile…. Tsubasa è così trasparente…. È un libro aperto… perché ti faceva paura, scusa?”

Sanae mise in moto.

“Perché mi voleva sempre toccare ma non mi parlava quasi mai… e non è che sia migliorato di molto negli anni, quindi rassegnati pure…..” disse senza esitazioni.

“Sì, va bene, ma almeno tu lo guardi e capisci cosa pensa…cioè si vede….”

“Adesso sì, ma quando siamo arrivati in Spagna, non tanto…. Non sai quante volte ho pianto, di nascosto, perché non mi sentivo capita…. però non ci puoi fare niente.. non c’è soluzione: tu gli appartieni. Non hai via di scampo” disse.

“ Tu stai con me vero?” chiese Kumiko, presa da un’ansia che le saliva dagli abissi.

“Sempre….” rispose Sanae, lasciando il cambio per cercare la sua mano.

 

 

 

 

 

 

   
 
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