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Autore: CrazyNessina    14/02/2010    1 recensioni
-Dimmi...che non ci dimenticheremo mai...che un giorno ci ritroveremo...-
-No Bill...lo sai,odio le promesse...e poi sappiamo benissimo come andrà a finire...tu diventerai famoso, e non avrai più tempo per tutto questo...-
Me ne andai così.Sì forse il nostro addio era stato troppo brusco, ma non avrei potuto fare altrimenti...per quanto ci volessimo bene il nostro destino aveva deciso di farci separare,e io contro il destino non voglio giocare...
Genere: Romantico, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Il quarto capitolo è bello che pronto!!!! Spero che il terzo vi sia piaciuto…buona lettura!




-A papà hanno asseggnato un caso davvero difficile, e importante. Devo difendere una grossa casa farmaceutica da un sacco di noiose accuse. E purtroppo dovrò andare a lavorare in Italia. Quindi con la mamma abbiamo già trovato una persona che ci affitterebbe una casa, proprio a Roma. Lo so che qui hai tutti i tuoi amici, e la scuola. Ma vedrai che là ti farai nuovi…-

Non lo feci continuare. Non piansi. Non avevo nemmeno la forza di versare una lacrima. Mamma mi guardò negli occhi, sorpresa anche lei della mia reazione. Anzi della mia non-reazione.

…-Bè se è importante e avete già trovato delle soluzioni, allora va tutto bene-

-Amore non ti devi preoccupare. Con il carattere che ti ritrovi, farai amicizia immediatamente!-

-Si…bè quando si parte?-

-Partiamo il 1 settembre. Quindi hai tutto il tempo per stare inisieme ai tuoi amici,ancora per un po’-

Pensai subti al peggio. Quel giorno era il compleanno di Bill e Tom! Ci tenevo tanto a stare con loro, ad andare alla loro festa. Ma i grandi rovinano sempre i piani di noi ragazzi. Quindi feci finta di niente,e non dissi a nessuno che sarei partita,e che forse, non sarei più tornata.
Con i miei amici facevo i compiti, anche se non mi sarebbero serviti. Andavo in piscina, cercavo in tutti i modi di non pensare che il tempo che mi rimaneva con loro ogni giorno diminuiva. Fantasticavo sul fatto che un giorno i Devilish sarebbero diventati famosissimi,e mi avrebbero raggiunta in Italia, per riportarmi a casa mia. Nella mia Germania. Non volevo partire. Ma con mio padre era inutile discutere. Mi prefissai che raggiunti i vent’anni sarei ritornata a vivere nella città che aveva dato vita a tanti miei natali, alle mie amicizie. Insomma alla mia vita.
Per tutto quel tempo non pensai ad altro. Nemmeno al nome che sognavo ogni notte. Anzi, per dire la verità un giorno ci avevo fatto un pensierino. Insomma sì era un nome intaliano, io sarei andata a vivere in Italia, ma chissà se avessi mai incontrato un ragazzo con quel nome. Odiavo le coincidenze. Le odio tutt’ora.
Era il 18 di agosto,e mio padre già midiceva di mettere a posto camera mia, cioè mettere negli scatoloni peluches, cuscini,libri e altra roba.
Ricordo che mentre facevo una pila di libri, da mettere in una scatola, sentii la voce di Bill che parlava con mia mamma. Era la fine, pensai. Bill rimase in piedi davanti alla soglia di camera mia. Io fingevo di non averlo visto. Continuavo a mettere i libri nella scatola, ma poi fui bloccata dalla sua mano che stringeva la mia. Si era accucciato vicino a me,e mi fissava curioso e spaventato. Con il suo viso da cucciolo, gli occhi spalancati al mondo. Non riuvo a guardarlo.

-Karina…dimmi che sta succedendo…ti prego…-

-Parto Bill. Mio padre ha un grosso affare in Italia,e io lo devo seguire con mia mamma-

-E…e…quando?-

-Partiamo il 1 settembre. Lo so Bill che è il vostro compleanno. Non vorrei partire, ma non posso farci niente-

-No! Proprio quel giorno! Cazzo! Perché? Perché??? Ma con tutti i posti che ci sono in questo cazzo di mondo proprio in Italia devi andare??-

-è inutile che urli. Non ci posso fare niente. E tu nemmeno. Quindi non potremmo goderci questi ultimi giorni in pace?-

-Perché…perché…-

-Lo so da molto tempo, ma non vi ho detto niente proprio per questo. Già sono stressata di mio, cerca di non dirlo a nessuno,perché l’ultima cosa che mi manca è proprio quella di venire tartassata di persone che non capiscono-

-Si, scusa. Vuoi una mano?-

-Grazie…inizia a piegare le coperte che ci sono sul letto e mettile poi dentro quella borsa-

Lo sapevo che sarebbe andata a finire così… troppe delusioni, troppa tristezza, troppo dolore. E non sopportavo tutto quello. Avrei voluto piangere. Era tanto tempo che lo volevo fare. Ma c’era Bill, e non mi osavo. Sarei dovuta essere sola per farlo.
Come mi odiavo allora. Mi sentivo incapace di fronte a tanta sofferenza. Ero incavolata con i miei,ma certo la mia incazzatura non avrebbe fatto tornare le cose come stavano. Quindi cercai di andare avanti per quei pochi giorni che mi rimanevano in Germania. Cercai di assaporare ogni cosa. Anche la più insignificante. Le strade che erano state le mie passerelle, i giardini che vedevo dalla finestra di camera mia, le risate dei bambini, il rumore dei clacson delle macchine. Tutto mi sarebbe mancato. Non avrei più riavuto indietro quello che mi aveva dato la voglia di continuare. Avrei voluto sapere se sarei tornata, se avrei più rivisto, riassaporato tutto quello. Avevo paura ad andarmene. E se fossi tornata e fosse stato tutto diverso? Ma soprattutto temevo che i miei amici mi dimenticassero. Tornare dopo tanto tempo e sentirmi dire: <> non so se sarei riuscita a sopportarlo.

1 settembre. Il giorno della mia morte

Ero seduta sull’aereo che da Berlino mi avrebbe portata a Roma. Avevo gli occhiali da sole, le cuffie nelle orecchie, ma nonostante tutto non riuscivo a non pensare a Bill,Tom,Gustav,Georg e Alex. Non eravamo ancora partiti,e li vidi tutti e cinque salutarmi qualche centinaio di mentri di distanza dalla pista. Alex era in ginocchio vicino a Gustav con le mani sul viso. Tutti guardavano l’aereo prendere il decollo. Eccetto Bill. Lui fissava il terreno. Lo avevo ferito per l’ennesima volta.

  
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