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Autore: Gerolama    17/02/2010    4 recensioni
Questa ff è una rilettura di Eclipse che parte da un finale diverso di New Moon. Bella non si è buttata dalla scogliera, Edward non è mai tornato... per loro la vita è andata avanti su due binari paralleli fino a quando qualcosa non li porterà a rincontrarsi. Bella ha cercato di rifarsi una vita, ma il suo destino è di essere sempre nell'occhio del ciclone!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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I capitolo. Al braccio di Charlie
Ma che diavolo di ore sono? Fu il mio primo pensiero mentre mi stiracchiavo nel letto sfatto. Il sole che intuivo dietro le persiane abboccate era abbastanza alto per farmi capire che era tardi, dannatamente. Mentre mi giravo andai a sbattere contro qualcosa di duro: un gomito di Jacob. Neanche se ne accorse, non cambiò posizione di un millimetro. Nel sonno aveva pian piano occupato anche la mia parte di letto, che si era ridotta ad un angolino troppo vicino al bordo. “Devo decidermi a comprare un letto su misura”, pensai per l’ennesima volta, mentre un occhio mi cadeva sull’orologio a muro della stanza. Le undici e mezza? “Jake!” strillai. “E’ tardissimo!”. Schizzai fuori dal letto alla velocità della luce, veloce almeno quanto il pensiero che mi era balenato chiarissimo nella testa. Oggi era il 1 luglio, Charlie e Sue Clearwater si sarebbero sposati di lì a una settimana: era il giorno delle prove ufficiali. Jacob non si accorse di me neanche quando lo strattonai brutalmente per il braccio che gli penzolava fino a terra. “Dannazione Jake!” rinunciai, correndo in bagno. Dovevo farmi una doccia al volo, sperando di riuscire a ricondurre il mio fidanzato dalle verdi praterie dei suoi sogni in tempo utile per fargli indossare almeno una camicia e trascinarlo in chiesa.
Come mi sentivo strana, mentre regolavo l’acqua della doccia che si ostinava a rimanere troppo fredda. Ero felice che mio padre si sposasse con Sue? Si, certo che lo ero. L’importante era che lo fosse lui. Ma i cambiamenti che c’erano stati nella mia vita erano stati tanti, dolorosi, e repentini. Mi serviva tempo per adattarmi a qualunque situazione adesso. Mi era servito del tempo per accettare l’idea di Jacob accanto a me, come mio compagno, tanto che la nostra storia non era ancora ufficiale. In realtà, la relazione fra me e Jacob era di dominio pubblico: tutti lo sapevano ma nessuno diceva niente. Da quando Charlie frequentava casa Clearwater per parecchi giorni alla settimana, Jacob stava sempre più spesso con me, rimanendo anche di notte mentre Charlie e Billy facevano finta di nulla. Lo intuivano i miei compagni di scuola, anche se nessuno si azzardava a chiedermelo direttamente. E poi certo, c’erano gli.. amici di Jacob. Sam, Jared, Paul, Embry e Quil. Loro sapevano sempre tutto. Come se le loro menti fossero rimaste in contatto, come se questa maledetta roba da lupi non fosse ancora del tutto scomparsa. Come l’acqua troppo fredda nella mia doccia: Jacob non sopportava di sentire l’acqua a più di 10 gradi sulla sua pelle. Perché era ancora, sempre, troppo caldo.
Questo mi riportò al problema più imminente. Svegliare Jacob. Uscii dalla doccia avvolta dall’asciugamano e mi fermai sulla soglia della mia stanza, ormai quasi tutta occupata dal letto a una piazza e mezza che ero riuscita a farci entrare. Guardai Jacob disteso, ancora immerso nel sonno, ormai padrone di tutto il materasso: mi sentii sommergere dalla tenerezza, ma anche dall’irritazione. Con un attimo, fradicia com’ero, mi buttai addosso a lui.
“Bella ma che fai” gridò Jacob, finalmente sveglio. Con una mossa repentina e istintiva, mi aveva bloccato sul suo corpo e mi teneva stretta. Quando si accorse che ero fradicia e che l’avevo fatto apposta, scoppiò a ridere: “Che ti prende Bella, vuoi farmi venire uno shock termico?”
“Vorrei che ti alzassi Jake, e ti sbrigassi renderti presentabile. Oggi ci sono le prove ufficiali, dobbiamo essere in chiesa per mezzogiorno!”
“Accidenti… mezzogiorno” mugolò Jake, senza mollare la presa sulle mie braccia. “Se facciamo un po’ tardi che succede?” mi chiese con occhio improvvisamente birichino, mentre con un’altra mossa istantanea si girava sul letto portandomi sotto di sé. “Jake, succede che devo accompagnare mio padre all’altare, accidenti a te” sbuffai, cercando di liberarmi della sua presa. Ma gli sorrisi, perché Jake non era in grado di farmi mai veramente arrabbiare. Sarei rimasta anche io nel letto con lui, e volentieri, ma non era proprio possibile. Lo baciai, un bacetto veloce, a stampo, e sgusciai sotto di lui. “Sbrigati”, gli sibilai.
Scelsi i vestiti a casaccio, tanto mi sarei sentita comunque fuori posto con qualunque abbigliamento. Ma visto che i jeans mi sembravano onestamente troppo, avrei optato per una gonna color crema e una camicetta marrone… che non trovavo. Ma dove diavolo l’avrò messa, pensai. Con Jake e il suo casino nei paraggi, era impensabile cercare di mantenere anche solo una parvenza di ordine. Sospirando, scelsi un'altra maglia dal cassetto e mi girai a controllare a che punto fosse Jake. Lo vedevo armeggiare intorno alla camicia che si era portato da casa: l’unico completo che possedeva, che gli andava decisamente piccolo ormai. “Ok Jake, domani andiamo a Port Angeles a scegliere un cavolo di vestito della tua misura” Sentivo il peso di dover prendere io tutte le decisioni. Mi sembrava di essere tornata a vivere con Renèe. “Non li fanno” brontolò Jacob, mentre decideva di lasciarsi aperto il colletto. “allora chi è alto due metri come te non ha diritto a un vestito elegante?” gli chiesi maliziosa, alzandomi in punta di piedi per baciargli la guancia. Ricambiò il mio sguardo, e velocemente mi abbracciò alzandomi di almeno dieci centimetri da terra. Mi persi nello scuro velluto dei suoi occhi. Jake, oh Jake. Come farei se tu non ci fossi. Lo squillo del telefono irruppe perforante a spezzare la nostra magia. Mi scossi, e mentre Jacob mi metteva giù lo sentii borbottare: “Mica devo mettermi la cravatta, no?” “Oggi no ma tra una settimana si..e fatti la barba!” gli gridai mentre scendevo le scale al volo. Al telefono era Leah. Voleva sapere se avevo deciso qualcosa per il boquet di sua madre. Cazzo, il boquet. Mi ero impegnata a regalarglielo io, ma ne ero dimenticata. Con tutti i casini degli ultimi giorni, domande per l’università comprese… mentii sfacciatamente. “Pensavo di portargli qualche campione domani pomeriggio. Ma non ci vediamo fra dieci minuti in chiesa Leah?” “No”, mi rispose seccamente la mia quasi sorellastra, ed attaccò. Sospirai. Non ero molto simpatica a Leah, non so perché. Lei non era simpatica praticamente a nessuno, e non stentavo a crederlo. Dopo l’abbandono del suo uomo, Sam, che aveva avuto l’imprinting con sua cugina Emily, Leah non si era mai veramente ripresa, e il suo carattere ne aveva risentito. Poi, la morte del padre. E adesso, il nuovo matrimonio della madre con Charlie. Evidentemente era troppo per lei. Non potei fare a meno di pensare che se fosse vero che il dolore inacidisce, io sarei dovuta diventare la persona più odiosa e antipatica della terra.
Certo, avevo i miei momenti, ma tutto sommato mi sembrava di essere accettabile. Un colpo secco e un’imprecazione soffocata mi strapparono ai mie pensieri. Alzai la testa: Jacob era inquadrato dallo stipite della porta, contro il quale aveva appena picchiato il testone. Dovevo far fare anche le porte su misura? Sorrise, massaggiandosi la nuca. Certo che non ero diventata un’acidona, io avevo Jake. Leah non aveva nessuno. Presi nota mentalmente di essere più paziente con lei.


Come immaginavo, in Chiesa mancavamo solo noi. Quando entrammo, Charlie e Sue stavano parlando con il prete. Intercettai uno sguardo ansioso di mio padre. “Bells, grazie a Dio. Stavo cominciando a credere che non saresti più venuta”
“Papà ma che dici..” gli diedi quello che voleva essere un buffetto incoraggiante su una spalla. Lo vedevo francamente terrorizzato.
“Ho fatto tardi io, Charlie. Scusami” intervenne Jacob dalle mie spalle tendendogli la mano. Il volto di Charlie si allargò in un sorriso: non resisteva mai a Jacob. “Fra poco tocca a noi Bella, tieniti pronta”.
“Ok”, sospirai, indirizzando un sorriso timido a Sue, che mi rispose raggiante. Jacob si mescolò ai suoi amici della riserva che facevano capannello in chiesa, io mi sedetti al primo banco, in attesa che il prete mi spiegasse quale sarebbe stato il mio terribile e imbarazzante ruolo sabato prossimo. Un raggio di sole filtrava dalla vetrata istoriata e colpiva un punto esattamente sulla testa di Charlie e Sue. Mi sembrò di buon augurio… anche il fatto che questa giornata particolare fosse baciata dal sole, così come speravo e pregavo con tutte le mie forze che sarebbe stata quella del matrimonio. A Forks le giornate di sole erano così preziose… adesso, nella mia nuova ottica, era così. Il mio cervello lavorava senza posa, e fuori dal mio controllo: quello scintillio non poteva che riportarmi in mente lui, e la sua pelle di diamante sotto i raggi del sole. Ero guarita dall’abbandono di Edward? Non lo so. Il dolore che mi aveva annullato e spezzato la vita per mesi era passato, quello era certo. La voragine che avevo nel petto non si era mai chiusa del tutto, ma solo riempita. Di risate nuove, di pomeriggi di sole, di attimi di spensieratezza. Molto lontani, all’inizio. Poi sempre più ravvicinati, fino a formare una palla compatta, uniforme, che crescendo era diventata della larghezza giusta del buco che mi sentivo nel petto. Avevo dimenticato? Questo mai. Ero sopravvissuta, e grazie a Jacob. Istintivamente mi girai a cercarlo, e lo individuai subito, una testa più su degli altri. Con Jake, da un certo punto in poi, era stata tutta una discesa: facile, troppo facile. Le sue braccia erano fatte per accogliermi, le sue labbra per baciarmi. Da quel terribile giorno sulla scogliera, Jake era diventato la mia scelta. Avevo deciso di vivere, e da allora avere Jacob al fianco ne era stata la diretta conseguenza. Incrociai i suoi occhi, e lui mi sorrise.

“Ehm… Bella?” Charlie si girò a guardarmi, gli occhi stranamente lucidi. Mi alzai in piedi e lo raggiunsi, cercando di sembrare disinvolta. In realtà, questa era la situazione più imbarazzante e anomala alla quale avessi deciso, coscientemente, di prendere parte. “La nostra Bella accompagnerà Charlie all’altare” stava gongolando il Reverendo “E poi, si metterà qui a destra, e aspetterà che arrivi Sue, accompagnata dai suoi figli, vero Sue?” “Da mio figlio, per la precisione” balbettò Sue distogliendo gli occhi.
Ancora Leah. Mi ricordai la promessa del boquet. Quel pomeriggio sarei dovuta andare a Port Angeles, a qualunque costo. “Vogliamo fare una piccola prova?”, mi raggiunse il falsetto del Reverendo. Con Charlie al braccio, e l’aria da martire, raggiunsi la porta della chiesa. Mentre aspettavamo il là dell’organista, Charlie mi sussurrò in un orecchio, le labbra così ferme da sembrare un ventriloquo: “Bella, non è che questo ti ferisce, vero?” Mi girai a guardarlo, di scatto “papà, ma che dici…cosa dovrebbe ferirmi?” “per la mamma dico, il matrimonio, Sue e tutto il resto… tu lo sai che tuo madre resta il mio grande amore, non la ringrazierò mai abbastanza solo per avermi dato te..” “papà, ti prego” Gli occhi mi si erano riempiti di assurde e sciocche lacrime. Sorrisi, mentre partivano le note dell’organo e tutta la chiesa mi appariva in uno sfocato 3D. “Va tutto bene papà. Anzi, benissimo”


II capitolo. Un messaggio dal passato

Dopo la mattinata impegnativa, trascorsi il pomeriggio trastullandomi in attesa di Jacob, rimasto a La Push per sbrigare alcune faccende con suo padre. Sapevo che in realtà Billy desiderava parlargli, sicuramente a proposito della nostra situazione sentimentale. Le ore erano lente e dense come melassa, faceva troppo caldo per fare qualunque cosa. La testa cominciava a ciondolarmi sul collo quando lo schiocco della porta d’ ingresso mi avvertì che Jacob era a casa. L’attimo dopo, sentii le sue morbide labbra sulle mie, e le sue mani calde che mi stringevano il viso.
Baciare Jacob era diventato il mio passatempo preferito, in effetti. Non c’era istante nel quale mi sentissi più viva, se non quando i nostri corpi erano in contatto. Anche quello era un grande cambiamento per me: gli avvenimenti degli ultimi mesi mi avevano resa più attaccata ad ogni singolo aspetto fisico della vita di quanto lo fossi mai stata in 20 anni. Lasciarmi andare, ascoltare il mio corpo: tutte cose che mi aveva insegnato Jake, con grande pazienza. Mi ero lasciata condurre, e i risultati non si erano fatti attendere: la mia fiducia in Jacob era tale da abbandonarmi senza domande, senza riserve, e c’erano stati dei momenti, rari e preziosi, durante i quali non avevo avvertito nessuna voragine nel petto. Né piena, né vuota, semplicemente sembrava non fosse mai esistita. Valeva la pena lottare, mi suggerivano quei momenti.
Jake era come una cascata, un torrente in piena: difficile da contenere. Anche adesso, in pochi minuti, ci trovavamo avvinghiati sul divano in un intreccio impensabile di gambe e braccia che non sarei riuscita a districare senza il suo aiuto, neanche volendo. Ero stretta alle sue spalle, e per niente al mondo avrei lasciato la mia posizione, ma con fatica mi allontanai dalle sue labbra vellutate per domandargli: “Billy voleva farti un po’ di ramanzina, non è così?”. Jacob fece una smorfia, solo un secondo di tensione nel viso scolpito. “Mmm…si. Pensa che io ti stia rovinando la reputazione”.
“Bè, ma è così!” esclamai ridendo. Cercai di tirarmi a sedere: “Gli hai spiegato che non c’è niente di tragico in tutto questo? Che siamo nel 2009 e stiamo insieme come capita ad ogni altro ragazzo della nostra età?”. Jacob si era fatto serio, all’improvviso. Smise di baciarmi e di accarezzarmi, si sedette sul divano guardando in basso, imbarazzato. “Bella, mio padre pensa che dovremmo prendere una decisione di qualche tipo… riguardo al nostro rapporto. Dice che quando rimarrai sola in questa casa non sarà più accettabile che io venga a trovarti così…spesso. Dice anche che tu l’anno prossimo devi andare all’università, mentre io rimarrò qui a La Push, devo almeno finire la scuola. Insomma Bells, un po’ sono d’accordo anche io.. dovremmo fare qualche passo in avanti”
“Che tipo di passo, Jake?” la voce mi era uscita più tagliante di quanto avrei voluto. “Ti prego non farmi questo – pensavo con forza- non tradirmi, non anche tu”. Mi ricordavo di essere stata chiara con Jacob: nessuna fretta, nessuna pressione, nessuna pretesa. Jacob mi strinse le mani, entrambe, portandosele alla bocca: “Bella, io ti amo. Non voglio niente di più che starti vicino, lo sai bene. Ma il nostro rapporto è la cosa più bella che mi è capitata da quando sono nato, capiscimi se lotto per difenderlo. Le cose cambieranno quando ci vedremo solo nei week-end. E poi ha ragione Billy, non voglio sgattaiolare in camera tua tutte le notti come un ladro” ll suo viso si contrasse in una involontaria smorfia di disgusto. “Bella, ragiona”
Distolsi lo sguardo. “Fare finta che il problema non esista non funziona. Esiste.” I suoi occhi sputavano fiamme. Mi sentii invasa da una leggera ondata di panico. “Jake, qual è il tuo piano?”. “Pensavo che…dovremmo uscire allo scoperto. E che dovremmo andare a vivere insieme, nella Riserva. Che ne dici?” Aveva detto le ultime parole tutte insieme, arrossendo. “Nella Riserva è diverso, possiamo vivere come ci pare. E se vorrai andare lontano per studiare… bè, io ti aspetterò, Bells. Mi fido di te, e del nostro amore” Vivere insieme, a La Push. Per un attimo, nitidissime, mi balenarono in mente immagini di me e Jacob in una casetta di legno, vicino al fuoco. Soli, felici, dimentichi di tutto. Vivere nella Riserva ci avrebbe liberato da molte delle regole di convenienza civile che ci gravavano addosso, soprattutto a me, la figlia del capo Swan. La Push era un mondo a parte, dove i Quileute si regolavano come meglio credevano. Sarei stata di nuovo vicino a Charlie. E a Sue, Billy, Seth, e anche a Leah… come una nuova, grande famiglia. Che io non avevo mai avuto, abituata com’ero stata a badare a Renèe prima e a Charlie poi. Una fuga in un mondo perfetto, eccola di nuovo a portata di mano.

La carezza lieve ma bollente di Jacob mi riscosse dai miei pensieri. “Che ne dici, Bella?” Lo guardai negli occhi, così colmi d’amore, in quel momento, da fare quasi male. “Jake, ne riparleremo, con più calma. Dopo aver scelto un vestito per sabato prossimo, e aver procurato un boquet a Sue, prima che Leah mi rovini l’entrata in Chiesa con Charlie staccandomi la testa” Jacob rise, rumorosamente. Percepii sollievo nella sua risata, era certo che in modo o nell’altro avremmo fatto come diceva lui. Curiosamente, anche io mi sentivo sollevata, come se avessi messo una specie di ipoteca sul futuro. Jacob, la Riserva, la mia famiglia, forse anche un college abbastanza vicino da farmi tornare a casa nei weekend. Da molti mesi a quella parte, per la prima volta, mi sentivo seriamente fiduciosa in un futuro amichevole.

Qualche bacio dopo, spedii Jacob a prepararsi per la nostra uscita a Port Angeles. Mentre lo sentivo strascicare i piedoni dalla mia stanza, obbligato a cambiare il suo look esclusivamente a base di short stracciati con uno più consono ad una città, aprii il pc. Era da molto che non controllavo la posta elettronica, senz’altro avrei trovato qualche mail di Renèe che si informava del matrimonio di papà con una sorta di sadico divertimento.

Mia madre non era gelosa, assolutamente no. Anzi, si divertiva all’idea di Charlie alle prese con un nuovo matrimonio, immaginando le difficoltà legate al carattere burbero che tutte e due conoscevamo bene. Sulle prime, quando aprii il programma, rimasi a leggere le sillabe senza capire bene cosa stessi articolando nella mia mente. Era lì, in neretto, fra la posta non letta: il mittente risaltava a chiare lettere. Componevano un nome, Alice Cullen. Per qualche secondo il mio cervello si scollegò, rifiutandosi di connettere. Il nome alla persona, la persona alla situazione, alla voragine, al nulla: la testa cominciò a girarmi e il portatile mi sfuggì di mano. Alice, Alice Cullen mi aveva mandato una mail. Non respiravo bene, ma un pensiero cominciò a farsi strada sgomitando nel mio cervello in congestione: Jacob. Non doveva sapere, non dovevo dirglielo. La decisione di mentirgli fu automatica, immediata. Un riflesso dell’altra Bella, quella acquattata dietro la voragine, quella che aveva scelto i Cullen e li avrebbe seguiti e difesi fino alla morte, fino alla non-vita addirittura.
Non so come indussi la mia mano a far si che il mouse riuscisse ad aprire la mail di Alice. Il dolore mi era esploso nella testa come una bomba atomica, faceva caldo, troppo. Il viso niveo e perfetto di Alice, la sua pettinatura da folletto, il suo sorriso contagioso, rimbalzavano fra le pareti della mia mente. Mi imposi di fermarmi, di leggere la mail prima che altre immagini tornassero dal limbo al quale le avevo destinate: non avrei retto, sarei svenuta e Jake mi avrebbe trovato riversa sul pc con la mail di Alice in bella vista.

Carissima Bella
Non trovo le parole adeguate per scusarmi con te per il mio silenzio. Ho sofferto e lottato contro ogni mio istinto, per impedirmi di venire da te. Non ho mai smesso di tenere d’occhio il tuo futuro, spero che non ti dispiaccia troppo. Vedevo solo lacrime e disperazione, e a un certo punto, più nulla. Poi ho capito un po’ di cose, e adesso so, anche se non lo vedo bene, che le cose per te vanno meglio. Questo mi fa pensare di aver fatto la scelta giusta tanti mesi fa, quando ho represso l’istinto di proteggerti. Forse tutti abbiamo fatto le scelte migliori che potevamo.
Oggi ti scrivo queste righe per avvertirti di qualcosa che potrebbe sconvolgerti: voglio prepararti. Probabilmente io e Jasper, Carlisle e forse anche Emmett torneremo a Forks per un po’. E’ necessario, perché ho visto tornare Victoria. Non ti spaventare Bella, non ce n’è motivo. Sapevamo che non si sarebbe arresa, e anche se è stata cacciata dai.. tuoi amici, aspettava solo il momento per colpire di nuovo. Adesso pensa che abbiamo abbassato la guardia, e proverà l’effetto sorpresa. Non ha fatto i conti con me, ovviamente! Torniamo a finire quello che abbiamo iniziato, Bella. Carlisle e tutti noi riteniamo che non sia giusto che altri rischino la vita per una questione che riguarda solo noi Cullen.
Fai tanti auguri a Charlie, non credo che ci riuscirò di persona. Jacob e gli altri si accorgeranno presto sia di noi che di Victoria. La parte debole di me si augura di riuscire a vederti, anche solo per qualche attimo.
Ti abbraccio forte, e ti porto i baci e i saluti di Esme e di Carlisle. Ovviamente, anche di tutti gli altri.
Alice.



Le parole di Alice continuavano a ballarmi davanti agli occhi come foglioline d’inchiostro impazzite. Victoria stava tornando, di nuovo. L’anno scorso Jacob e i suoi amici l’avevano inseguita fino a quando non era scomparsa nel mare. Avevo sperato con tutto il cuore di non interessarle più: non ero che una fragile umana, abbandonata dai suoi amici vampiri e con protettori pericolosi come i licantropi. Laurent, il suo compare, aveva sperimentato di persona quanto pericolosi. Da quando… ero stata lasciata, aveva cercato di convincermi Sam, il proposito di vendetta di Victoria perdeva il suo senso, e diventava per lei troppo rischioso perseguirlo. Il tempo aveva dato ragione a Sam, almeno fino a quel momento. Alice conosceva Jacob, e il branco. Sapeva che loro si sarebbero immolati per proteggermi, ecco perché i Cullen tornavano a Forks. Dovevo dirlo a Jacob, o aspettare che si accorgesse da solo del ritorno dell’incubo? Ricominciava tutto, fatalmente, daccapo. Solo che stavolta la stessa situazione ci trovava in posizioni molto diverse. Victoria, la vampira rossa, tornava per uccidermi, perché il mio compagno aveva ucciso il suo. Oggi non c’era più nessun compagno da ferire con la mia morte. O meglio, ce n’era un altro. Che fosse quello lo scopo di Victoria? La paura rischiava di farmi perdere il senno.
Jacob era sulle scale, pronto per uscire. “Ehi Bella”
“Si?” strillai, chiudendo di scatto il pc. Nonostante i miei tentativi di dissimulazione, dovevo avere un aspetto spaventoso.
E infatti, Jacob si spaventò. Scese gli ultimi gradini lentamente, fissandomi. “Bella, che hai”. Non era neanche una domanda. Vidi riflessi nei suoi occhi attoniti il mio pallore, lo sguardo attonito, i muscoli facciali irrigiditi. Dovevo mentirgli? Perché poi? Si sarebbe accorto a breve del ritorno di Victoria: i suoi geni mutevoli erano il campanello d’allarme più efficace del mondo. Anzi, strano che il branco non si fosse già ritrasformato e non in questo momento non fossero tutti fuori a ululare nel mio giardino per chiamarlo. Ma una parte di me si aggrappava disperatamente alla mail di Alice come a una speranza falsa e terribile, quasi oscena… i Cullen tornavano, tornavano per proteggermi. Edward dov’era? Alice non lo aveva nominato ma non potevo credere che avrebbe mandato i suoi fratelli a combattere senza di lui, proprio lui che uccidendo James si era messo all’origine di tutto. Forse sarebbe tornato. Forse l’avrei rivisto. L’idea di rivederlo mi spezzò il fiato, stavo per svenire.
Jacob era inginocchiato davanti a me, le sue mani bollenti sul mio viso. “Bella…ti prego”. Era più caldo del solito. Si sarebbe trasformato a breve, probabilmente appena avesse saputo del ritorno dei Cullen. Avrei dovuto dirgli la verità, e subito. Ma la Bella malvagia nella mia testa continuava a ripetermi che mi avrebbe impedito di vedere Edward.
“Jake…” cominciai. Ma in quel momento un colpo sordo alla porta di casa mia annunciò un visitatore impaziente. “Jacob!” ruggì una voce da fuori. Era Sam.

III capitolo. Fuoco e ghiaccio
Non ci diede neanche il tempo di rispondere. Sam era già entrato in casa e ci fissava serio, concentrato. Fissava me. Jacob, ancora accoccolato davanti al divano, lo guardava con occhi grandi e pieni di confusione. “Sam..forse non è il momento giusto”.
“Jacob, non posso rimandare. Questa non è una visita di piacere. La succhiasangue rossa è tornata”
Sentii una scarica di elettricità passare nel corpo di Jacob, che istintivamente si alzò e mi si parò di fronte, dandomi le spalle. “Nei sei sicuro?” L’adrenalina assorbì velocemente il suo shock. Avrei voluto poter dire altrettanto. “L’abbiamo fiutata ieri notte. Mi sono trasformato per la prima volta dopo mesi. Ho capito che ce n’era qualcuno in giro. Non è sola stavolta, Jacob”
“Quanti sono?” Nessuno pensava a me, ero abbandonata al mio shock, le dita ancora contratte sul pc, la mail di Alice che mi scottava i pensieri. Riuscivo a malapena a seguire le parole di Sam.
“Una decina, o forse di più” Sam si girò a guardarmi, poi tornò a Jacob “porta Bella alla Riserva, Jake. Dobbiamo andare, subito”.
Nello spazio di qualche attimo, realizzai che Jacob stava per partire all’inseguimento di Victoria e dieci vampiri assetati di sangue. Mentre mi toccava una mano per farmi alzare e sballottarmi alla Riserva come un pacco postale, esplosi: “No Jake! Non andare!”
“Bella, ma non capisci?” Jake era teso come una corda di violino, i lineamenti si erano fatti duri. La bocca era solo una linea. “La succhiasangue è tornata per te. Io devo proteggerti -si girò a guardare Sam, sempre immobile accanto alla porta- noi dobbiamo proteggere te e tutta Forks”
“E’ troppo pericoloso, Jake” ansimai “Non potete sconfiggere Victoria e altri come lei… non da soli”
Sam mi guardava, un sorriso sardonico sulle labbra. “Siamo più forti di quanto pensi, Bella”
Ero a corto di parole e di inventiva. Non mi veniva in mente niente da dire che potesse mettere al sicuro Jacob e contemporaneamente preservare il mio segreto sulla mail di Alice. “Non è detto che dobbiate farlo… da soli” gracchiai.
Sam e Jacob mi fissarono, espressioni speculari ma diverse. Irritato Sam, preoccupato Jacob.
“Cosa vuoi dire?” gli occhi di Jake erano frecce acuminate. “Siamo nel nostro territorio, questo è il nostro preciso dovere. La ragione per cui la natura ci fa questo scherzetto. Il fatto che questa schifosa voglia distruggere proprio te mi dà un pizzico di motivazione in più, Bella”
“Hai capito cosa intendo” buttai là, disperata.
“Che cosa, Bella? Stai perdendo la testa?” Jacob era spazientito, voleva soltanto portarmi via da lì al più presto. Dovevo dire quel nome, prima o poi.
“Anche i Cullen sanno del ritorno di Victoria”
Ecco, era fatta. L’avevo detto. Chiusi gli occhi per non vedere la reazione di Jacob.
“I… Cullen?” la sua voce conteneva la furia più nera che avessi mai sentito “Cosa c’entrano i Cullen?” scandì lentamente. “Guardami, Bella” aprii gli occhi, e Jacob mi sovrastava. Cominciava a tremare. “Lo hai rivisto?” La sua voce sembrava provenire da un posto molto lontano. Sam scattò vicino a noi, la mano sul petto di Jacob. “Stai calmo, fratello”
Jacob inspirò a fondo, e quando riaprì gli occhi era tornato in sé. Lo fronteggiai. “Non l’ho..rivisto”
Lui non parlava, aspettava che lo facessi io.
“Alice mi ha mandato una mail”
Jacob mi guardò come se fossi fuori di testa. “Una mail? Da quando i vampiri con i superpoteri usano la posta elettronica?”
“Voleva avvertirmi che verranno loro a sistemare la cosa. Non vogliono che… voi rischiate la pelle per colpa loro” adesso che la voce mi era tornata, mi sentivo un po’ più sicura di me e della mia verità.
“E’ una trappola, Bella” Jacob si era allontanato da me, a braccia conserte. Era lontano anni luce dal Jacob che era salito al piano di sopra per vestirsi. “Alice Cullen avrebbe trovato un altro modo per parlarti. Sarebbe volata in camera tua, o ti avrebbe aspettato in qualunque posto tu avessi intenzione di andare da sola. Vede il futuro no?”
“lei voleva… avvertirmi. Senza spaventarmi troppo”
“Che gentile” era tornato ad essere l’irritante Jacob che ricordavo bene.
“Bene, io non ci credo. Cullen o no, tu vieni alla riserva con me, adesso. Ai tuoi amici vampiri buoni ci penseremo più in là…adesso mi interessano i cattivi”
“Io ci credo” Sam non aveva più parlato, e mi ero quasi dimenticata della sua presenza, occupata com’ero a fronteggiare la rabbia al calor bianco di Jacob. “Qualche tempo fa la vampira che vede il futuro è tornata a Forks.. per parlarmi”
Cosa? Alice a Forks, e io non lo avevo saputo?

“Quando?” chiedemmo insieme io e Jacob, toni di voce uguali ma opposti

“Tempo fa. Non è importante il quando. Si era preoccupata perché non vedeva più il futuro di Bella. Ci conosceva, sapeva del branco e del patto con Ephraim. Abbiamo capito che non riesce a vedere noi licantropi nelle sue visioni. Da quando hai cominciato ad essere sempre con Jacob, sei sparita dalla sua visuale. E’ tornata da sola, ed è venuta direttamente da me. Mi ha chiesto notizie su Bella, e mi ha avvertito che la rossa sarebbe tornata, prima o poi. Si è fatta promettere che in quel caso l’avremmo combattuta insieme. In qualche strano modo da succhiasangue… vuole bene a Bella”
Gli occhi mi si erano riempiti di lacrime pungenti. Al più lieve movimento mi avrebbero inondato le guance. Certo che Alice mi voleva bene. Come io ne volevo a lei. Era mia sorella, era stata sul punto di esserlo. Jacob non avrebbe capito, lo sapevo. Mi guardava freddo, quasi cattivo. Si rivolse a Sam.
“Potevi parlarmene”
“Non mi è sembrato il momento adatto” la voce di Sam aveva qualcosa della sfida.
“Bene, il piano non cambia. Bella andrà a La Push. Metteremo ai voti la proposta di aiuto dei Cullen”
Jacob fece una smorfia. Facile intuire quale sarebbe stato il suo voto. Uscirono dalla stanza uno davanti e l’altro dietro a me. Salii sul pick-up, ma Sam mi precedette. “Io vado… a piedi. Ci vediamo alla riserva”
Jacob si era seduto al posto di guida, nero in volto come la notte. Mi aspettava un lungo viaggio.

Probabilmente pensava di non parlarmi mai più. Uscimmo da Forks in completo silenzio. Io ero troppo spaventata e mi sentivo troppo in colpa per parlare per prima. Ma sapevo di dover dire qualcosa, dopo un quarto d’ora di viaggio il silenzio tormentava ancora di più i miei nervi sfilacciati. Decisi di giocarmi la carta dell’onestà:
“Jacob… io non l’ho mai rivisto”
Non staccò gli occhi dalla strada. “Ti credo”
“Mi.. credi? Allora perché hai il muso?”
Si girò a guardarmi. I suoi occhi erano tornati umani, anche se non c’era niente del mio dolce Jacob nel volto teso che avevo di fronte. “Sono solo preoccupato”
“Sei preoccupato per Victoria e i suoi?”
“Si. E per il ritorno del tuo ex fidanzato” Anche Jacob aveva deciso di uscire allo scoperto. Lo apprezzai.
“Jacob…non tornerà. Alice mi ha scritto che verrà a Forks con Jasper, Carlisle e forse Emmett. Basta”
“Allora perché non mi hai detto che ti aveva scritto? Che cos’altro ti avrebbe spinto a mentirmi se non…lui?”
C’era dolore nella sua voce. Nel suo profilo corrucciato vidi le insicurezze e i tormenti che doveva aver passato, mese dopo mese, restandomi accanto. Jacob non aveva mai smesso di temere Edward e il mio amore stroncato per lui. Mi sentii il petto in fiamme, colmo di amore.
“Jacob…” eravamo arrivati a La Push. “Avevo appena ricevuto la mail quando è arrivato Sam. Non ti ho nascosto nulla. Permetti ai Cullen di aiutarvi… anzi lascia fare a loro. E poi dimenticali”
“Come hai fatto tu?”
Mi sentii assurdamente offesa e ferita dalle sue parole. Ma non potevo sperare che Jacob non avesse notato la mia reazione al racconto di Sam. Lo guardai ancora, e rinunciai a spiegargli, a difendermi. Jacob mi amava, io amavo lui, ma lui non avrebbe mai capito.

***

Eravamo a casa di Sam. Il branco era fuori, ancora in forma umana almeno all’apparenza. Entrai dentro senza salutare nessuno e senza voltarmi indietro. Nella piccola cucina c’era Emily, la dolce Emily con il viso violato, intenta a intrecciare fiori in una specie di ghirlanda, o almeno così mi parve. Il silenzio della casa, la sua luce e la fragranza dei fiori calmarono all’istante il mio cuore in tumulto. Mi abbandonai su una sedia: “Ciao Emily”.
I suoi occhi d’ossidiana mi guardarono con simpatia. “Brutta giornata, eh Bella?”
“Ne ho avute di migliori –abbozzai un sorriso- ma anche di peggiori”
“Già”
Per un po’ Emily continuò il suo lavoro, assorta. Mentre ero intenta a sbirciare fuori dalla finestra, dove non c’era più traccia del branco, la sua voce mi fece sobbalzare: “Non pensi mai a lui?”
Era chiaro di chi “lui” stavamo parlando. Il volto antico di Emily mi fissava, senza tradire la minima emozione. Risposi d’istinto, sinceramente: “Qualche volta si”
Emily abbassò gli occhi, ma non lessi giudizio nel suo sguardo. “Ma da quando c’è Jake… è diverso” mi affrettai a precisare. Emily sorrise, comprensiva. “E’ stato come vivere una specie di strano sogno. Quando è finito, mi sono dovuta esercitare un po’ per tornare a camminare fra i vivi. Ma grazie a Jacob… ce l’ho fatta.”
“Un sogno?” chiese Emily distratta, mentre strappava abilmente lo spago con i denti “nei sogni non ci sono mostri, Bella”
Mi arrabbiai all’istante. Edward non era un mostro. “Lui era diverso, Em. Era buono e gentile e come lui anche la sua famiglia. Lo stanno dimostrando anche adesso, intervenendo per proteggermi dai mostri veri. Capisco il tuo punto di vista ma…” mi interruppi quando lessi la compassione nel suo sguardo.
“Scusami. So che Edward Cullen è stato un freddo atipico, di buon cuore, come suo padre e i suoi fratelli. La sua natura però alla fine ha vinto Bella… se ne è andato”
Il dolore mi colpì di nuovo, inaspettato e aspro, come una martellata. “Si, se ne è andato. Non gli porto rancore per questo”
“Lo ami” affermò Emily semplicemente, le mani instancabili al lavoro ma gli occhi fissi nei miei. “Lo ami ancora”
Tacqui. Il peso delle parole era troppo per me. Dal centro del petto avvertivo sinistri scricchiolii.
“Jacob lo sa, Bella. Non c’è niente di male. I freddi hanno una strana influenza sugli esseri umani. E’ naturale che fatichi a liberarti di un incantesimo così potente”

Un incantesimo? Ma cosa blaterava la mia quasi-cugina? Non c’era nessun incantesimo, c’era stato soltanto un ragazzo incredibilmente bello e perfetto come Edward che, a un certo punto, aveva capito che poteva avere di meglio che una fragile umana attira-guai.
“Ti piace?” chiese Emily a sorpresa, spiazzandomi.
Si riferiva alla bellissima composizione di fiori che aveva in grembo. “Penso che a Sue piacerà. E’un boquet particolare…viene dalla Riserva, come noi”
Certo, il boquet. “Grazie, Emily” sussurrai vergognosa.
Emily si alzò con grazia. “Vado a prepararti una tisana. Roba Quileute, ti farà stare meglio”

Con la tisana di Emily che mi riscaldava gradevolmente lo stomaco, uscii a fare una passeggiata sulla spiaggia di La Push. Era un posto magico per me, che mi infondeva una pace interiore profonda. E Dio sa se oggi ne avevo bisogno. Pensieri mi si accavallavano in testa senza posa: Victoria, l’incubo dai capelli rossi, era tornata per vendicare il suo James. E non era sola. Chi erano gli altri? Amici di Victoria e James, magari anche di Laurent? Jacob e i suoi erano fuori, proprio in questo momento, per cercarli e combatterli. Provai a non pensare alla carne calda dei lupi in confronto alla pietra di cui erano fatti i vampiri. I lupi Quileute erano fatti per combattere i freddi, come loro li chiamavano, questo lo sapevo. Nei secoli le tecniche di combattimento si erano affinate, e tramandate con i geni insieme alla loro strana mutazione. Jacob, e anche Billy, mi avevano raccontato queste storie, ma non riuscivo a credere fino in fondo che esistesse qualcosa di più pericoloso e letale di un vampiro assetato. Li avevo visti correre e saltare, conoscevo i loro straordinari sensi e la loro ferocia davanti al sangue: Jacob e gli altri al confronto, anche in forma di lupi, continuavano ad apparirmi indifesi, e fragili. Nella mia testa ci fu un rapido cambio di immagine: gli occhi neri di Jacob, spaventati, feriti, timorosi di perdermi. La sua assurda rabbia e i miei goffi tentativi di negare l’evidenza: Edward Cullen, dopo mesi dalla sua sparizione, era ancora in grado di toccare corde profonde dentro di me. Dolore, nostalgia. Forse ancora amore, come diceva Emily. Non avevo avuto grande scelta, di fronte al suo abbandono: morire o sopravvivere, e il mio istinto di conservazione aveva avuto la meglio. Potevo vedere la scogliera dalla quale, quel giorno piovoso di tanti mesi fa, ero sul punto di buttarmi: oggi mi sembrava impossibile che avessi solo pensato di farlo. Chiusi gli occhi, e aspirai a fondo l’aria umida. Come quel giorno, quando mi mancava solo un passo per gettarmi fra le onde: all’improvviso avevo sentito la morsa bollente di Jacob sulle mie braccia. Era sconvolto, forse più di me. “Bella..volevi ucciderti?” ancora ricordavo l’accento disperato della sua voce. Alla fine ero stata io a consolare lui, mentre prendeva a calci le pietre prima, e poi mentre si lasciava cullare contro il mio petto, grande e grosso com’era, scosso dai singhiozzi. “Non posso credere che sei arrivata a questo, non posso credere di contare così poco per te”.

Forse era stato quello il momento nel quale avevo capito che dovevo conservare intatta me stessa, almeno per amore di chi mi era accanto: Charlie, Renèe, e anche Jacob, che in quei mesi si era dedicato a me con pazienza infinita. Jacob mi aveva curato l’anima con il suo calore, con la sua dolcezza ruvida, con il suo darsi incondizionato e fiducioso. Qui, su questa panchina naturale sulla quale mi ero accoccolata, ci eravamo baciati la prima volta. La malinconia mi stava penetrando nelle ossa. Jacob…dove sei?

La passeggiata era finita: avevo le ginocchia rigide e l’umidità mi aveva coperto con una patina appiccicosa. Mentre mi preparavo a rientrare in casa, qualcosa attirò il mio sguardo: un luccichio, proprio alla fine della spiaggia. Era il tramonto, lingue di fuoco e lapilli arancione inondavano il mare. Ma cosa c’era sulla spiaggia che brillava di luce propria? Sulle prime mi sembrò una lampadina intermittente. Poi guardai meglio, e il mio cuore cessò di battere. Quel qualcosa brillava come una cascata di diamanti alla luce morbida del sole morente. Conoscevo solo una cosa capace di emettere un brillìo così intenso e delicato al tempo stesso… in apnea, considerai la terribile ipotesi che Victoria fosse lì, sulla spiaggia, dopo aver ucciso il mio amore e tutti gli altri lupi, in attesa di gustare la sua terribile e definitiva vendetta. Mi sforzai di aguzzare gli occhi fino alle lacrime, ma intanto i miei piedi mi guidavano in quella direzione: era questo l’incantesimo dei freddi di cui parlava Emily? Erano in grado di attirarmi verso la morte, di mia spontanea volontà?
Mentre camminavo sempre più velocemente, con i battiti di nuovo a 1000 e lo stomaco in panne, mi sorpresi a coltivare speranze assurde. Lo scintillio era molto più lontano di quanto mi fosse sembrato, e i miei piedi non erano abbastanza veloci. Chi sei, mormoravo dentro di me, in preda a una folle determinazione, mentre mi affrettavo verso una probabile e dolorosa morte. Il vampiro, chiunque fosse, era fermo sulla spiaggia, con i piedi quasi nell’acqua. Non era Victoria, mi sibilava il mio inconscio. Forse era uno dei suoi amici, un vampiro che non conoscevo. Che mi aspettava, assurdamente immobile sulla spiaggia di La Push, potenzialmente esposto anche lui al pericolo mortale del branco. Non me ne accorsi al momento, ma stavo già correndo. Perché per quanto il cuore può essere offeso, mutilato e straziato, non smette mai di sperare, ammette sempre l’impossibile se significa la fine delle sue pene. Mentre correvo verso il mio sogno infranto, dimentica di Jacob, dell’amore che gli portavo, delle sofferenze e delle promesse, dimentica dei passati lunghissimi mesi ed ebbra soltanto di una patetica speranza, anche il brillìo cominciò a muoversi nella mia direzione. E inutile dire che fu molto, molto più veloce di me.

“Alice!” gridai senza fiato mentre ricevevo il suo abbraccio di ghiaccio.
Il profumo dolce e meraviglioso della mia stupenda amica mi aveva quasi stordito. Alice era lì, in territorio Quileute, dimentica di ogni regola o patto, e mi stringeva fra le braccia, commossa quasi quanto me.
“Bella…” i suoi occhioni ambrati mi inchiodarono, e come in un gigantesco rewind il peso della mia favolosa vita passata mi ricadde sulle spalle, condita dall’amarezza feroce della perdita “Ti ho vista sola, senza lupi intorno, e non ho resistito. Oh Bella, come stai? Mi sei così mancata”


A me mancavano le parole, sentivo i lacrimoni scendere sulle mie guance senza che potessi fare assolutamente nulla per fermarli. “Tesoro, stai tranquilla…” Alice mi abbracciò di nuovo, ancora più forte: “Non permetteremo a Victoria di farti del male Bella, te lo giuro” Si sciolse dall’abbraccio e di nuovo mi fissò, risoluta: “E non le permetteremo di fare del male a nessuno, mi hai capito?”
Dolce Alice, che pensava che stessi piangendo di paura. Invece piangevo di gioia, si, ma anche di terribile dolore perché per un attimo solo, o forse di più, avevo sperato che ad aspettarmi sulla spiaggia ci fosse qualcun’altro.
Ma non c’era tempo da perdere in lacrime. Alice aveva fretta, e rispose così alla mia preoccupazione perché si trovava a La Push: “Si si, me ne vado via subito! Quel grosso cane non avrà il coraggio di rompere il patto solo per una passeggiatina… siamo venuti per aiutarli dopotutto!”
“Alice, ma chi sono quelli insieme a Victoria?”
“Temiamo che siamo neonati, Bella… vampiri che Victoria ha creato apposta per farli combattere, e probabilmente morire in questo scontro. Lei sapeva che saremmo accorsi qui, e il suo piano prevede di distruggere la mia famiglia e appropriarsi del territorio” Alice sorrise, ma non era un sorriso rassicurante. “ovviamente, non sa quanto si sbaglia. Noi, insieme al branco, siamo praticamente invincibili. Per questo stai tranquilla Bella. Stai buona buona alla Riserva, aiuta tuo padre nei preparativi del matrimonio..e per sabato prossimo sarà tutto finito” Mi accarezzò una guancia: “Come stai?”
“Io…sto abbastanza bene. Certo mi mancate…mi mancate tutti. Senti Alice dimmi una cosa… se puoi…Edward come sta?”
Il suo sguardo luminoso si adombrò. “Sta bene, credo… non lo vedo più tanto spesso. Dice di voler stare da solo”. Non ebbi il coraggio di chiedere altro. Mi abbracciò di nuovo, stavolta con tristezza: “Bella, devo andare. Stai tranquilla per il tuo Jacob…nessuno gli farà del male” Arrossii. Certo, Alice sapeva. Sapeva che avevo tradito l’amore eterno che tanto avevo decantato per suo fratello, buttandomi dopo pochi mesi nelle braccia del mio migliore amico. Non riuscii più a guardarla negli occhi, e la salutai a mezza bocca, sperando di essere convincente. Ma Alice non era tipo da lasciare qualcosa in sospeso, e soprattutto, era un tipo sagace: magari non leggeva i pensieri come Edward, ma mi conosceva abbastanza. Con un ditino d’acciaio mi tirò su il mento: “Bella, io sono contenta” scandì “che tu abbia trovato qualcuno da amare e che ti ami. Lo siamo tutti, Bella. E’ così che vanno le cose tra umani, così come sarebbero dovute andare dall’inizio. Dovresti essere tu… arrabbiata con lui”
Scossi la testa per dire no. Le parole non mi uscivano.
“E invece si, perché ti ha sconvolto la vita sapendo dall’inizio quali erano le uniche strade percorribili. E..le ha rifiutate entrambe, lasciandoti sola e sconvolta, a recuperare i pezzi della tua vita. Tu hai una vita Bella” Alice scuoteva la testa, come se non si capacitasse della mia ottusità. “Una vita lunga e felice davanti a te. E Jacob… bè, devo dire, se non ne sentissi la puzza e il resto, è un bel ragazzone no?”
Mi fece ridere. Un ultimo buffetto sulla mia guancia, e Alice era scomparsa.

Mi sentivo stranamente vuota, a corto di emozioni: mi sembrava di averle provate tutte insieme. Guardai lontano, dalla parte opposta, in direzione di casa Cullen: per un secondo ripensai alla villa bianca nella radura, piena delle loro silenziose e incredibili attività. Rosalie che trafficava con il motore della sua BMW, Emmett che faceva a lotta con Jasper, Esme che cuciva tendaggi, Alice e Edward chini a giocare stranissime partite a scacchi composte di una sola mossa. Era tutto cambiato adesso. I Cullen erano stati felici a Forks, avevano quasi realizzato il sogno di confondersi con successo fra gli esseri umani. Poi qualcosa era andato storto…e quel qualcosa ero stata io.

Tornai silenziosamente verso casa di Emily, ma quando mi infilai dalla porta socchiusa del soggiorno, con sorpresa vidi Sam e Seth seduti al tavolo della cucina. “Ciao..ragazzi” la preoccupazione mi attanagliò subito. “E Jacob, dov’è?”
“E’ qui fuori, sta ancora regolando qualche conto con Paul. Quil ed Embry scommettono su chi si fa male per primo” mi riferì Sam sogghignando.
Giocava alla lotta? Jacob giocava mentre io stavo impazzendo dalla paura, la frustrazione, il senso di colpa?
“Sembra divertente” osservai a denti stretti. Nessuno mi rispose, e tornai fuori, anche se ormai era buio. Con due minuti sarei arrivata a casa Clearwater. Sicuramente Charlie era lì, e potevo passare una serata semi-tranquilla. Leah permettendo, chiaramente. Mi avviai a testa bassa verso il mio Chevy, sentendomi stupidamente come una bambina dimenticata il giorno del suo compleanno, quando mi sentii afferrare da dietro con una certa forza. Mi accorsi che era Jacob prima ancora che mi venisse fuori la voce per urlare.
“Dove te ne vai tutta sola, con quel cartello ‘mangiatemi’ dietro la schiena?”
Ero incastrata fra lui e la portiera del pick up. “Vado da mio padre…lasciami, Jake”
Ma lui non ci pensava proprio. Trasformò la presa in un abbraccio, e mi guardò intensamente con l’oro nero dei suoi occhi pieno d’amore. Ecco di nuovo il mio Jacob, dopo tutto. Si chinò su di me per baciarmi, e io risposi a quel bacio, sorprendendomi da sola, con tutta me stessa. Mi strinsi a Jacob con tutte le mie forze, infilandogli le unghie nelle spalle. Non volevo che mi lasciasse. Non più. Lui si staccò dalle mie labbra per riprendere fiato. “Bella…” mi sussurrò, la voce arrochita dalla passione “la mia Bella”.
“Andiamo a casa, vuoi?” mi propose dopo un attimo, quando la portiera del pick-up cominciava a farmi male contro il sedere. Fra noi non c’era mai stato bisogno di troppe parole. Mi lasciai condurre, sazia d’amore e di Jacob, sentendomi in colpa e doppia come non mai: dovevo essere sincera con lui, con l’uomo che amavo. E l’avrei fatto.

IV capitolo. Il Falò
La mattina dopo stentavo a ricordare i fatti che mi avevano portato a casa di Billy, a svegliarmi sola nel letto di Jacob. Già, lui dov’era? In un lampo mi tornò tutto in mente: che quando dormivo da Jacob, mi lasciava il letto e lui dormiva sul divano, perché in due nel suo lettino non era possibile incastrarsi. Mi tornò in mente anche l’incontro del pomeriggio precedente, e il fatto che non ne avevo ancora parlato con Jacob. Se volevo che la nostra riconciliazione fosse duratura, mi conveniva sbrigarmi. La casa era silenziosa: Billy era uscito presto, e anche Jacob era già in piedi. Mi alzai di controvoglia e mi diressi in cucina, cercando nel frattempo qualcosa da mettermi addosso sulla biancheria. A mezza strada fra la stanza di Jacob e la cucina, esattamente al centro del salotto, mi aspettava Leah. Non strillai per abitudine, mettere paura a Bella Swan sembrava diventato lo sport nazionale della Riserva, ma cercai di coprirmi alla bell’è meglio, istintivamente. “Stai tranquilla Bella” mi disse glaciale “Farò finta di non averti visto”.
Guardando la sua espressione sdegnosa, non capii se si riferiva al mio abbigliamento succinto o al fatto che avevo passato la notte con Jacob. Visto che stavo ancora ridicolmente cercando qualcosa da mettermi sopra, andai in bagno e presi l’accappatoio dal gancio. Accappatoio di Jake probabilmente, nel quale sarebbero entrate circa 10 persone della mia taglia, abbracciate. Lo strinsi con la cinta cercando di avere un’aria dignitosa. “Ciao, Leah. Come mai…qui?”
Quella che tra una settimana sarebbe diventata la mia sorellastra mi indicò un lungo sacco di tessuto, appoggiato sul divano: “So che siete molto occupati da queste parti, e ho pensato di portare un abito per Jacob, tanto per evitare che sabato prossimo si presenti in Chiesa con i jeans sporchi di grasso”
“Grazie” dissi secca “In effetti pensavamo di andare in settimana a vedere qualcosa di adatto per Jake”
“Ma non credo che ci andrete…perciò…” Leah mi sembrava quasi beffarda. Quanto sapeva questa odiosa ragazza delle mie disavventure e delle trasformazioni dei suoi amici? Ricordai all’improvviso che ieri sera Seth, suo fratello, era seduto a tavola con Sam al rientro dal giro di ricognizione dei lupi.
Accarezzai la stoffa dell’abito grigio scuro che Leah aveva preso per Jacob. Sotto intravidi un lembo di tessuto violetto. Scostai la giacca e scoprii un vestito elegante, di seta, con le spalline. “Questa è un’idea di mio madre. Speriamo che la taglia sia giusta”
Leah, veloce come il vento, aveva fatto dietro-front e stava uscendo quando si scontrò sulla soglia con Jacob. Lo sguardo che saettò fra loro sembrava tutt’altro che amichevole. “Ciao, Leah”
“Ti ho portato i vestiti. Non pensavo di trovarla qui” Leah si stava… giustificando? C’era qualcosa che mi sfuggiva. Comunque, era già andata via.
“Che fai con quella mongolfiera addosso?” mi apostrofò Jake ridendo. Mi accarezzò i capelli. “Problema vestiti risolto, no?”
“Secondo te riuscirai ad essere al matrimonio, sabato?”
“Dobbiamo esserci, io e gli altri. La nostra assenza non sarebbe giustificabile. Cercheremo di prendere i succhiasangue di sorpresa. La tua…amica, ieri sera, ha detto che stanno aspettando il momento buono, probabilmente sperano che prima o poi ti allontanerai dalla Riserva”
“Ieri sera c’era anche Alice?”
“Si, insieme al dottore, al biondo sfregiato e a quello grosso. Hanno portato i più forti, evidentemente”
“Ieri pomeriggio l’ho incontrata…sulla spiaggia”
Jacob non si arrabbiò. “L’avevi immaginato. Ieri sera mi ha sibilato di stare attento a come mi comportavo con te. Mi è sembrato ironico, considerando quello che ha combinato il suo perfetto fratello, o no? Comunque, ho pensato che prima di venire all’appuntamento con Sam doveva aver fatto una scappata qui da noi…chiuderemo un occhio, ovviamente…”
Gli avevo voltato le spalle. Mi sentii abbracciare da dietro, e le parole di Jacob mi arrivarono attutite dai miei capelli. “Ascolta, cercheremo di sistemare questa faccenda al più presto. Poi, dopo, sarà tutto diverso. Basta succhiasangue, basta lupi. Staremo insieme come abbiamo sempre voluto, Bella. Solo io e te”
Mi girò, e mi ritrovai a fissare i suoi occhi irresistibili: “Andrà bene”
Ok.
“Un ultima cosa” lo richiamai mentre si allontanava verso la porta “Perché ce l’hai con Leah?”
Jacob sospirò a fondo, senza guardarmi.
“Leah è un lupo, Bella. Anche Seth” Rimasi senza parole.
“E odia esserlo, non posso darle torto. Per inciso, dà la colpa a te e alla tue cattive amicizie, e anche qui non posso darle molto torto. Fatto sta che ieri sera si è resa protagonista di una scenetta con i tuoi succhiasangue che poteva finire male, se non ci fosse stato il dottore a calmare le acque. Sam le ha ingiunto di starti alla larga”
“Ma come è andata? Raccontami qualcosa Jacob, mi stai facendo impazzire!”
Jacob sbuffò tornando al divano. “E’ andata che quando Leah è arrivata e le è stato spiegato perchè avremmo dovuto combattere e contro chi, ha dato in escandescenze. E quando ha capito che i nostri alleati sarebbero stati i Cullen, peggio che peggio. Sam l’ha calmata, ma il vampiro grosso si stava spazientendo e Seth si è innervosito… insomma, Leah è una grossa rompiscatole. E’ stata sempre gelosa di te, adesso poi con questa storia del matrimonio di Charlie con sua madre…”
“Gelosa di me? Leah? E perché mai?” la mia voce ormai era stridula. Fra qualche giorno avremmo fatto parte della stessa famiglia, e questa ragazza mi odiava. Il quadretto idilliaco che mi ero creata nella testa a proposito della mia grande e affettuosa famiglia Quileute cominciava a perdere pezzi.
Un orrendo sospetto prese forma nella mia mente: era forse innamorata di Jacob?
Lui rideva, guardandomi con una specie di compatimento: “Bella, da quando hai cominciato a farti vedere da queste parti, tutti i ragazzi della Riserva hanno perso la testa per te. Con il tempo i maschi certe cose le dimenticano, le femmine no.”
“Ma Leah.. è una ragazza bellissima!” Non potevo proprio credere che fosse invidiosa di me proprio Leah, alta, slanciata, flessuosa e con la carnagione più bella che una donna potesse desiderare.
“Noi lupi abbiamo gusti strani” Jacob si era allungato verso di me e il senso della nostra conversazione stava per perdersi, come al solito. Fuori dalla finestra riecheggiò l’ululato ben noto di Sam.
“Devo andare….” Sbuffò Jacob sciogliendomi dall’abbraccio. Vide la paura nei miei occhi, e mi rassicurò: “Solo ricognizioni, spero che la tua amichetta ci avvertirà con buon anticipo quando ci sarà da menare le mani”. Mi sorrise.


Era arrivato giovedì, e al matrimonio di mio padre con Sue Clearwater non mancavano che due giorni. Avevo provato il vestito violetto, e costretto Jacob a provare il suo. Avevo accettato di farmi acconciare i capelli dalla parrucchiera di Sue e mi ero rassegnata alle scarpe con il tacco. Ero stata anche un paio di volte a cena dai Clearwater, senza avere il coraggio di alzare gli occhi dal mio piatto mentre Leah mi fissava e Seth cercava di mettermi a mio agio. Peggio di tutto, mi era toccato il discorsetto di Charlie e Sue, che per l’ennesima volta volevano assicurarsi che il loro matrimonio non mi ferisse. Stavolta c’era dell’altro: evidentemente l’idea di Jacob, io e lui insieme nella Riserva, era stata perorata da Billy, e mio padre si sentì in dovere di farmi il terzo grado. Charlie non faceva salti di gioia, ma anche lui non sarebbe stato felice di sapermi sola nella villetta di Forks, e non osava propormi di traslocare dai Clearwater. Comunque, dovevo andare all’università. Dove avrei dormito nei fine settimana, si sarebbe deciso poi.
La verità era che Charlie adorava Jacob, e se c’era lui nei programmi, tutto diventava accettabile.
Per l’ennesima volta da quando era cominciata la mia storia con Jake, non potei fare a meno di pensare che se il mio fidanzato fosse stato ancora Edward Cullen, Charlie mi avrebbe incatenato alla porta di casa.

Il venerdì pomeriggio i Black e i Clearwater decisero di organizzare una festa per i futuri sposi. Vista l’età dei piccioncini, addii al celibato e al nubilato vennero messi decisamente al bando. Alla fine, si decise per una festa sulla spiaggia, con cibarie di ogni genere e danze del Sole dopo cena. Cominciavo a pensare che anche io e Charlie saremmo stati scambiati a breve per nativi americani.
“Devo mettermi un cappello di piume?” presi in giro Jake mentre ci dirigevamo a piedi sulla spiaggia di La Push. “No, non serve. Dopo dovrai fumare il calumet della pace, però”
“Suggerite a Leah di dissotterrare l’ascia di guerra”
Nei giorni precedenti, Jacob e gli altri avevano trascorso lunghe ore a pianificare con i Cullen l’attacco all’esercito di Victoria. Alice non vedeva ancora nulla, e la speranza di tutti era coglierli di sorpresa mentre si stavano ancora preparando. Dopo il primo avvistamento, nessuno aveva più fiutato vampiri estranei nell’arco di km, e questo fatto innervosiva vistosamente il branco.
“Sembra che lo facciano apposta, per farci perdere la testa” Jacob era il primo ad essere nervoso. Non me lo diceva, ma io sapevo che temeva che l’attacco di Victoria rovinasse la festa di Charlie e Sue.
Io cercavo di mantenere la calma, e mi riusciva stranamente bene. Riuscivo a tenere il pensiero di Edward ai margini, avevo imparato almeno a tutelarmi dall’uragano di sofferenza che mi scatenava. Qualcosa dentro di me, molto in fondo, sapeva che anche lui era a Forks. Se mai avevo conosciuto Edward Cullen, non avrei mai creduto che mandasse a combattere Carlisle e i suoi fratelli da soli. Probabilmente se ne stava rintanato da qualche parte, a leggere i pensieri di tutti e ad aspettare la battaglia. Tenevo lontano il pensiero di Edward così vicino a me. Veramente avevo avuto paura di dimenticarlo, di credere sul serio che non fosse mai esistito? Ricordavo ogni minimo dettaglio del suo viso, della sua voce, del suo profumo: o meglio, avrei potuto ricordarlo. Come sempre, Jake era la mia àncora. Solo lui, la sua presenza, il suo amore, riuscivano a mantenermi a galla, legata alla realtà, lontana dalle derive della sofferenza.
Arrivammo che non era ancora tramontato del tutto il sole. Lo spettacolo della spiaggia di La Push inondata di oro e fiamma mi rapì, come sempre. Mi sedetti con le ginocchia abbracciate al petto, mentre Jacob faceva il giro dei saluti e Charlie e Sue ricevevano la loro porzione di auguri e ringraziamenti. C’era più gente del solito, mi accorsi: anche persone che non avevo mai visto. Le famiglie di Quil ed Embry, ad esempio. O un manipolo di 6 o 7 ragazze, molto carine, in abiti tradizionali. Presto mi resi conto che le donne stavano accendendo un gran fuoco, e mi unii ai gruppi che procuravano la legna per mantenerlo. Mi sembrò assurdamente che molti ragazzi e anche ragazze, specie quelle in abito Quileute, mi guardassero con strane espressioni: avrei giurato di averle sentite bisbigliare al mio passaggio e tacere non appena mi ero girata verso di loro. Stavo cominciando a soffrire di manie di persecuzione? Probabilmente si, conclusi.
L’atmosfera era comunque piacevole e rilassata: si fece gradatamente buio, mentre il fuoco diventava un vero e proprio falò e gli uomini si incaricavano di accendere grandi torce ai lati della tavola, riservata alla famiglia Clearwater e a Charlie.
Un buon profumo di carne alla brace si stava spandendo nell’aria quando fummo invitati a prendere posto. I ragazzi si sedettero in cerchio intorno al fuoco, e così anche io e Jacob. Non appena seduto vicino a me, si impossessò di una delle mie mani e la tenne ostentatamente fra le sue, liberandomi soltanto per afferrare qualche spiedino e recuperandola poco dopo. Capii che per noi quella era la prima uscita “ufficiale”: Jacob mi stava presentando al resto della Riserva come la sua fidanzata. Lo capii quando mi abbracciò saldamente, fra una portata e l’altra, senza permettermi più un solo movimento. Non sarebbe stato così esplicito se non avesse voluto lanciare un chiaro messaggio. Mi irritai un po’ che non me ne avesse parlato, ma al momento non feci che diventare rossa e stare ferma sotto il peso del suo avambraccio. Ricordai le occhiate maliziose delle ragazze Quileute: erano gelose della relazione di Jacob con una viso pallido? Probabilmente mi ero accaparrata il più bello del branco, sogghignai fra me. Buffo come non avessi mai considerato altre eventuali corteggiatrici per Jake: era sempre stato mio, fin dall’inizio, lo davo per scontato. Troppo, mi ammonii. Appoggiai la testa nell’incavo della sua spalla, e mi presi la briga di dare un’occhiata a quelle ragazze, tutte molto più carine di me a dire il vero. Guardavano altrove, e considerai il casi chiuso. Anche perché il mio cervello si dirigeva costantemente altrove.

Mi sembrava impossibile che fra qualche ora il mio amore e la gran parte dei ragazzi intorno a questo fuoco avrebbero preso parte a uno scontro di pericolosità inaudita contro un gruppo di vampiri assetati di sangue e di potere. La loro voglia di ridere, di combattere, di vivere, era contagiosa. Non era possibile avere paura vicino a loro. Mi riscossi dai miei pensieri quando Billy chiese l’attenzione di tutti per fare un brindisi a Charlie e a Sue: alzai il mio bicchiere di plastica e brindai con gli altri. Paul si unì agli applausi fischiando ed esclamò: “Charlie, a quanto pare non sei l’unico ad aver trovato l’amore nella riserva!” e ammiccò verso me e Jacob con fare volutamente malizioso. Dal resto del branco partirono applausi e ancora fischi, mentre io mi sentivo le guancie più rosse del fuoco. “Alla nuova coppia di La Push!” esclamò Quil, dandosi di gomito con il piccolo Seth. “Un’altra Swan nella nostra tribù, non male!” gli fece eco Embry. “Propongo un brindisi per Bella” interloquì Sam, con voce profonda. Alzarono tutti i bicchieri, in attesa. Anche Jacob, che non sembrava affatto imbarazzato. “Per aver ritrovato la retta via” concluse Sam, e il branco esplose in urla di approvazione. Per Sam avrei sempre portato su di me l’onta dell’amicizia con i vampiri. E il suo era un modo elegante per sottolineare che era a causa di quest’onta se tutti loro stavano per affrontare una lotta sanguinaria con i loro nemici naturali. Aspettai che il clamore e gli applausi si fossero chetati, e poi, con il viso ancora in fiamme, sgusciai via dal braccio di Jacob. “Bella, dove vai?” mi inseguì lui, alzandosi dietro di me e scoccando un’occhiataccia ai suoi amici. “Voglio fare una passeggiata, posso?” gli risposi aggressiva, dirigendomi verso la spiaggia.
“Non fare così adesso…i ragazzi scherzavano”
“La battaglia non sarà uno scherzo, Jake”, esclamai allungando il passo per quanto le mie corte gambe mi permettevano.
“Bella, sono tutti esaltati all’idea di questa battaglia. Sam deve sempre dire la sua, lo conosci. Ma non ce l’ha con te, non è colpa tua se i vampiri… esistono!” esclamò Jacob, tenendomi dietro senza sforzo. “I succhiasangue sono un bello schifo” terminò, storcendo la bocca.
“Vorrei che Sam non fosse sempre lì a rimarcarmi che erano amici miei. E comunque mi sembra che i miei amici si stiano dando da fare per aiutarvi!” improvvisamente avevo i nervi a fior di pelle.
“Bella” si fermò Jake, e il suo tono mi spinse a fermarmi a mia volta. “I Cullen saranno vampiri strani, ma restano vampiri. Vorrei che non fossero amici tuoi più di quanto lo è Victoria. Mi sembra che la tua… esperienza ti abbia dimostrato che ci sono tanti modi per distruggere la vita della gente”
“Non è colpa..loro se sono così, Jake. Non più di quanto sia tua perché ti trasformi in lupo”. Gli voltavo le spalle, sapevo che era un terreno pericoloso. “Ce la mettono tutta”
“Quel vampiro pieno di cicatrici stava per farti a pezzi, santo dio!” sbottò Jake “E il tuo meraviglioso compagno si è reso conto solo allora che la sua esistenza stessa ti metteva in pericolo di vita, ogni giorno, ogni maledetto minuto. E’ solo per un caso fortuito se tu sei ancora qui con me, Bella, e non sei finita in pasto a uno di loro in un momento di distrazione!”
“Non sono mai stata in pericolo con i Cullen, e tu lo sai”, sibilai. Non riuscivo a reprimere l’irritazione ogni volta che Jacob infamava così Edward e la sua famiglia.
“Sono abituati a considerare la vita umana come fragile e…ininfluente, Bella. Come tu consideri la vita di una mucca, o di una gallina. Anche se vogliono far finta di no, loro desiderano il sangue umano sempre, ogni minuto! E se il loro capo fosse stato così…clemente, non ne avrebbe trasformati altri quattro! Possono nascondersi dietro la bontà, ma restano le bestie sanguinarie che sono, e mi piacerebbe…” mi afferrò per un braccio per farmi voltare. “…mi piacerebbe che lo capissi una buona volta”.
Restammo a fissarci negli occhi per un’eternità, fermi sul punto che ci avrebbe divisi sempre, nonostante tutto. Che avrebbe diviso me da Jacob, per l’esattezza.
Dal falò sentimmo la voce di Charlie: “Bella! Jake! La torta!”
Tornammo indietro senza una parola, e ci sedemmo scostati l’uno dall’altro. Tutti continuavano a ridere e fare baccano, ma per me la festa era finita. Notai Leah che mi guardava pensierosa, e distolsi lo sguardo irritata. Si facesse gli affari suoi, anche lei.
La fine dei festeggiamenti si consumò lentamente, con mio grande fastidio. Aspettavo impaziente il momento per andarmene, e certamente sarei tornata a dormire a casa mia, da sola. Che Jake e i suoi amici piantonassero il giardino, se ne avevano voglia.
Mentre le famiglie se ne andavano alla spicciolata, e dopo gli abbracci e i baci di rito con papà e Sue, restarono Sam, Paul, Quil, Embry e Seth intorno al fuoco, intenti a farsi gli ultimi scherzi e a spegnere le braci.
Stavo cercando in tasca le chiavi del pick up quando Sam esclamò, ad alta voce: “Ferma, Bella”
Lo guardai sorpresa, e mi resi conto che anche gli altri erano in posizione di allerta. Il cuore cominciò a battermi a 1000. “Abbiamo visite” concluse Sam con durezza, e si girò verso la spiaggia.



IV capitolo. Regalo d’addio.
Tutto si fece immobile, mentre sentivo Jacob bofonchiare: “Sta diventando un’abitudine”
Ero completamente bloccata dal panico, non riuscivo a muovere un muscolo. Mi accorsi solo di sfuggita che Jacob era davanti a me, e che la sua schiena mi toglieva la visuale. Mi sbilanciai indietro, e urtai Seth, acquattato alle mie spalle. “Tranquilla Bella… sono amici”
Vidi Jacob lanciargli uno sguardo assassino, ma l’attimo dopo non vidi più nulla.
Al centro di ogni cosa c’era Carlisle Cullen, che avanzava verso il branco a mani tese, in atteggiamento di pace. La sua remota bellezza mi colpì come se lo vedessi per la prima volta. Come un angelo dall’espressione concentrata, Carlisle si piazzò esattamente al centro del branco, dove fino a qualche ora prima ardeva il falò. Lui stesso sembrava risplendere come quelle fiamme. Alle sue spalle, silenzioso, scorsi Emmett.
Carlisle sembrava non avermi visto, ma Emmett inaspettatamente mi fece l’occhiolino. Jacob grugnì.
“Salute, Sam Uley. Mi scuso a nome di tutta la mia famiglia per aver invaso il vostro territorio. I motivi che mi portano qui mi sono sembrati così impellenti da farmi infrangere il patto. Se la nostra presenza ti disturba, sono pronto a tornare sui miei passi in questo momento”
“Sta bene” disse Sam con voce asciutta. In quel momento era il vero capo branco: mi sembrava addirittura più alto, più vigoroso.
“Porto buone notizie, amici lupi. I nostri avversari sono stati così incauti e sfortunati da imbattersi nei miei figli che andavano a caccia, al confine con il Canada. Ci siamo sbarazzati velocemente di loro”
“Avete combattuto senza di noi?” la voce di Sam si tinse di rabbia. Mi sembrò assurdamente deluso. Non era un’ottima notizia?
“Non volevamo scavalcare la vostra autorità –disse Carlisle, e mi sembrò contrito- ma ci trovavamo fuori dal vostro territorio e l’occasione era troppo buona per aspettare. I neonati avevano aggredito un escursionista nei boschi”
Il branco ringhiò, compatto. “Per il poveretto non c’è stato nulla da fare” adesso Carlisle era seriamente addolorato. “Ma mio figlio Jasper e mio figlio Emmett hanno inseguito i due neonati fino al loro covo, e qui c’è stata una veloce battaglia. Erano in nove, ma molto giovani e presi di sorpresa. I vampiri neonati sono incredibilmente forti ma non hanno il minimo controllo in battaglia. Si sono uccisi in buona parte fra di loro”
“E’ stato più divertente dei grizzly” tuonò Emmett alle sue spalle, e nella follia mi venne da ridere.
“Che ne è stato della vampira rossa?” chiese Sam, ancora turbato.
“E’ fuggita”
Jacob sbottò: “Siamo punto e da capo, quindi”
Carlisle si girò dalla sua parte, e mi rivolse un ampio sorriso. Durò un milionesimo di secondo, prima di tornare grave e rispondere a Jacob: “Non era con i suoi al momento dell’attacco. Alice e Jasper sono partiti al suo inseguimento, la sua traccia era ancora fresca. La troveranno, e ci libereremo di lei. E’ una promessa”
“Anche noi pensavamo di esserci liberati di lei l’anno scorso, ma è tornata. Finchè è in giro nessuno è al sicuro. Quanto alle sue promesse, dottore….” Jacob si stava facendo insolente. Il panico tornò ad infiammarmi le vene. “Avete infranto il patto per venire a vantarvi di aver sgominato una banda di ragazzini vampiri, facendo scappare il loro capo e rovinando tutti i piani che avevamo messo a punto”. Era furibondo.
Per un lungo attimo, nessuno parlò. Emmett però si era avvicinato, adesso era al fianco di Carlisle.
“Senti qua, licantropo. Stiamo facendo del nostro meglio, e le abbiamo raso al suolo l’esercito…”
“Un esercito che ci metterà meno di un giorno a ricreare!” Jacob stava tremando come una foglia.
Sam si intromise: “Jacob, stai calmo”
Ma Jacob non lo ascoltava: “Vi divertite a giocare alla guerra mentre una pazza succhiasangue ha tutta l’eternità a diposizione per tormentarci!”
Carlisle rispose, calmo: “E’ nostra ferma intenzione liberare il mondo da Victoria, costi quel che costi. Anche a noi sta a cuore proteggere Bella”
“Stronzate!” esplose Jacob, e Seth mi tirò indietro, nascondendomi dietro di sé.
“Sentilo, il gelosone” sogghignò Emmett. “Cos’è, volevi tutta la gloria per farti bello con la tua ragazza?”
Con un ruggito, Jacob avanzò verso il centro del cerchio.
“Jacob!” gridò Sam.
“Faresti meglio ad ascoltare il tuo capo” il tono di Emmett si era fatto minaccioso.
Non riuscivo a vedere più niente, bloccata com’ero da Seth e Quil. Sgomitai disperatamente e riuscii a farmi dietro a Jacob.
“No! Fermo!” la disperazione della mia voce lacerò l’aria. Jacob stava per trasformarsi e allora sarebbe stata guerra, alla faccia del patto e dell’amicizia. Il mio amore e la mia ex famiglia si sarebbero ammazzati a vicenda. Riuscii a toccare un braccio di Jake, bollente, prima che Sam gridasse: “Bella, togliti di lì!” e Paul mi afferrasse alzandomi da terra. Ma quell’attimo bastò a far rinsavire Jacob. Alzò la testa, e disse con voce ancora tremante: “Andatevene da qui, subito”
Carlisle parlò, e la sua voce era come acqua pura. “Andremo via, ma mi sta a cuore che crediate alla mia parola. Victoria diventa affar nostro, e non tornerà a Forks mai più”
L’attimo dopo, erano spariti.

Dopo l’incontro con Carlisle, tutto mi sembrò molto veloce e confuso. Jacob si allontanò velocemente dalla spiaggia, non prima di aver abbaiato a Seth di accompagnarmi a casa. Sam lo seguì, e io cercai di seguire loro, mentre il povero Seth mi trotterellava dietro: “Bella dai… non mettermi nei guai, andiamo a casa”
Mi fermai di scatto, cercando di non arrabbiarmi con lui: “Ascoltami, vacci tu a casa. Io rimango nella Riserva, te lo giuro, ma non posso lasciar andare Jacob via così!”
Seth non si diede per vinto: “Non posso” mi disse semplicemente. “Sono il più piccolo, è vero, ma potrei facilmente prenderti in spalla e portarti al tuo pick-up con un attimo. Non l’ho fatto ancora perché… non ne ho il coraggio. Bella non mi rendere la vita difficile!” era rosso come un peperone. Gran bella sorellastra stavo diventando per lui.
“Va bene, troviamo un accordo. Restiamo insieme ma seguiamo Jake e Sam. Se ci scoprono, dirò che sono fuggita e tu mi stavi inseguendo”
Non sentii la risposta di Seth perché mi ero già incamminata nella notte. Mi raggiunse facilmente, e bofonchiò: “Staranno andando a casa di Sam. Sicuramente vuole fare una lavata di capo a Jacob”
“E perché?” mi stizzii. Jacob aveva sbagliato, ma Sam non mi sembrava nella posizione per prendersela con lui.
“Perché Jake ha mandato via i vampiri come se il capo fosse stato lui. Era l’alfa a dover ordinare ai vampiri di lasciare La Push, non Jacob. Lo so che sembrano grissino, ma nel branco conta molto la gerarchia”
“Ah si? E allora perché il capo alfa non ha provato ad impedire a Jacob di trasformarsi, come stava facendo? Te lo dico io perché, Seth. Perché anche a Sam sarebbe stato bene uno scontro con i Cullen, dieci minuti fa. E avrebbe addirittura potuto addossare la colpa a Jacob!”
“Bella… per noi i Cullen sono vampiri come gli altri. Fatichiamo un po’ a considerarli amici”
“Ho già sentito questo discorso stasera, grazie” , dissi sbuffando.
E ammutolii, affrettando il passo. Sentivo le voci di Jacob e Sam in lontananza.
Erano tranquille, anche se non capivo di cosa stessero parlando. Non facemmo in tempo ad arrivare vicino a loro due di spalle, che Jake si girò dicendo: “Tana per Bella e Seth”
“Sono scappata” dissi subito, arrossendo.
“Come no” commentò Sam. Ma non sembrava particolarmente arrabbiato.
Jacob invece sembrava stravolto, ma la rabbia doveva essere sbollita.
“Andiamo a casa” mi disse “Vorrei farmi una doccia gelata”
Lo seguii in silenzio, cercando qualcosa da dire che non lo facesse arrabbiare di nuovo.
Mi distanziò facilmente, perché avevo macinato chilometri da quel pomeriggio e mi sentivo esausta. Jacob se ne accorse, e mi aspettò. “Vuoi un passaggio?” mi disse serio. Non potevo guardarlo in faccia perché era buio. “Eh?” risposi confusa.
Jacob si accoccolò davanti a me e mi invitò: “Avanti, sali in groppa. Lo so che sei stanca”
Era il mio destino finire sempre per essere portata sulle spalle dai miei fidanzati?
Ma avevo bisogno di sentire Jacob vicino, il suo calore, la sua solidità. Con gratitudine strinsi le braccia al suo collo e le gambe al suo bacino. Con il viso appoggiato alla sua schiena, domandai:
“Hai litigato con Sam?”
“No” mi rispose Jacob tranquillo. “E tu ce l’hai con me per aver minacciato i Cullen?”
“No!” esclamai io. “Ce l’ho con te per aver messo in pericolo la tua vita”
Sentii la sua risatina soffocata. “Certo, mi avrebbero fatto a pezzi in un attimo”
Rinunciai e provai a portare la conversazione dove volevo: “Non ti sembra che possiamo rilassarci un attimo, adesso?”
“Direi di no. C’è sempre lo stesso vampiro pazzo in circolazione, che vuole ancora usarti come stuzzicadenti. Ti sembra che potremo rilassarci?”
Eravamo arrivati al pick-up, e Jacob era di nuovo arrabbiato. Maledissi la mia goffaggine.
“Solo per stanotte, magari” Non volevo staccarmi da lui, ma fui costretta a scendere.
“Stanotte farai un bel sonno, Bella. Perché sei stanchissima, e perché domani Charlie si sposa. E io, lo stesso” ma la sua voce era più morbida.
Più tardi, abbracciati stretti nel mio letto, prima che gli occhi si chiudessero definitivamente, sussurrai contro il petto di Jacob: “Andrà tutto bene, vedrai”. Di solito erano gli altri che lo dicevano a me, riflettei. Ma lo pensavo veramente.
Jake mi rispose con una voce limpida, sveglissima, che mi fece capire che stanotte non avrebbe chiuso occhio. “Non credo, Bella. Credo che i Cullen inseguiranno Victoria per un po’, e forse la prenderanno, forse no. Si stancheranno, e lasceranno perdere. E condanneranno te a passare una vita d’inferno, insieme a un compagno mezzo uomo e mezzo lupo, con la costante paura di essere fatta a pezzi. Questo è il regalo d’addio di Edward Cullen”
Jacob si sciolse parzialmente dal mio abbraccio, e si girò dall’altra parte. Rimanemmo immobili, entrambi, ad aspettare il mattino.

V Capitolo. La figlia dello sposo.

E così anche il gran giorno di Charlie era arrivato.
Mi svegliai all’alba, dopo poche ore di sonno agitato, e filai a casa di Sue per prepararmi e aiutare mio padre, che si era fermato da Billy. Lasciai Jacob addormentato, non ebbi proprio il fegato di svegliarlo.
Alla Riserva trovai invece un clima di gioiosa aspettativa, e me ne lasciai coinvolgere, per amore di Charlie.
Facevo quasi tutto con il pilota automatico: mi lasciai pettinare dalla parrucchiera di Sue, mi vestii e obbediente applicai il mascara e il rossetto sulle labbra. Tutta roba di Leah, perché io non possedevo cosmetici.
Rigida sui miei tacchi uscii da casa Clearwater per dirigermi verso Charlie, a dargli la mia poco specificata assistenza da figlia prima delle nozze. Nel cortile di casa Black trovai tutto il branco: erano ancora in jeans e t-shirt strappate, e rabbrividii all’idea che si sarebbero presentati in Chiesa così.
“Fate largo alla figlia dello sposo!” mi accolse Quil, e un po’ gliene fui grata, perché davvero nel piccolo giardino di Billy non sapevo dove mettere i piedi. Salutai velocemente tutti e sugli scalini mi imbattei in Sam, l’unico già sbarbato e in giacca. “Ciao Bella..sei veramente elegante”
“Grazie, Sam” arrossii un po’, la mia solita idiosincrasia ai complimenti. “Senti, me lo fai un favore?”
“Se posso…”
“Tra un po’ passeresti a casa mia a svegliare Jake? L’ho lasciato che dormiva, e ho paura che non ce la faccia ad arrivare in tempo”
Sam sorrise e guardò dietro la mia spalla.
Jacob stava entrando in quel momento, e mi individuò subito fra i suoi amici. Si era sbarbato e pettinato, e il completo che gli aveva portato Leah gli cadeva a pennello. Era francamente bellissimo.
Mi venne incontro sorridendo, e benedissi la sua natura da lupo se dopo una notte insonne riusciva ad essere così attraente. “Mi sa che state guardando un po’ troppo la mia ragazza” esordì, scappellottando il primo che gli capitò a tiro, ovvero il povero Seth.
Mi abbracciò, sussurrandomi nell’orecchio: “Sei uno schianto, sorellina. Stammi vicino oggi eh?”
I complimenti di Jake, invece, mi facevano tremare le gambe. Fui felice di sentire ancora questa ventata di farfalle nello stomaco: alla fine eravamo sempre noi, Bella e Jacob, e non c’era sciagura al mondo che potesse cambiare questo fatto.
Entrai a soccorrere Charlie, mentre Jacob si mescolava tra i suoi amici e parenti.
E soccorrere era il termine giusto, perché trovai Charlie nel panico. La ragione del suo stato d’ansia era la presenza di Renèe, mia madre, che svolazzava da un lato all’altro del salotto di Billy, aggiustando il farfallino di Charlie e cercando di stringere il nodo della cravatta a chiunque gli capitasse a tiro.
“Mamma!” esclamai costernata.
“La mia Bella!” il mio ingresso fu probabilmente la salvezza dei due uomini, che accolsero il diversivo con sollievo. “Ma sei fantastica amore, assolutamente fantastica. E dov’è quel marcantonio del tuo fidanzato? Billy mi stava giusto dicendo che fate sul serio eh? Bella ma mi raccomando devi andare all’università, ricordatelo!” incrociai lo sguardo di Billy, che alzò gli occhi al cielo, desolato. Mia madre abbassò sensibilmente la voce: “Sono tutti fantastici qui per carità, ma ho idea che siano un po’…primitivi, ecco. Non vorrei ti ritrovassi a badare alla mandria, non so se mi spiego. Anche la futura moglie di tuo padre, bellissima donna, ma temo che si presenterà in chiesa vestita da squaw e…Jacob!”
L’ultima parola era stata strillata nel mio orecchio, mentre Renèe marciava decisa verso Jake, la sua prossima vittima. Mentre Jacob si inchinava per lasciarsi abbracciare da mia madre, mi diressi verso Charlie, impalato nel suo smoking all’angolo della stanza.
“Papà sei…giusto, direi” cercai di sdrammatizzare. In realtà era bianco come un cencio.
Si accostò anche Billy, che mi sibilò: “Tua madre vuole farmi indossare gemelli d’oro!”
Scoppiai a ridere, e chiesi a papà: “Ma quando è arrivata?”
“Stamattina presto, tesoro. Si è presentata qui con quel povero Phil…” e accennò alla figura imbarazzata che si guardava intorno nel giardino di Billy, circondato da licantropi alti due metri “…e mi ha offerto la sua solida spalla da amica. Sta facendo una gran confusione e non so proprio…”
“Stai tranquillo papà, adesso la porto via. Sarà curiosa come una scimmia delle toilettes delle altre signore”
Ecco, avevo trovato il mio ruolo in quella lunga giornata. Arginare Renèe.
Appena possibile la strappai dal salotto di Billy e mi diressi con lei verso casa Clearwater. Nel salottino mi abbracciò di nuovo, più tranquilla. “La mia bambina… come sei diventata bella. Sei una donna, ormai. Anche Jacob è bellissimo oggi. Sarà una festa stupenda, e io sono così felice che Charlie… dopo tutto il male che gli ho fatto…” ecco, eravamo alle lacrime.
“Mamma, ti prego…oggi c’è da stare allegri. E non vorrai farti vedere abbattuta da Sue! Penserà di averti spezzato il cuore!”
“Figuriamoci” tirò su con il naso Renèe. “Uffa..Devo rifarmi il trucco adesso..”

***

Venne presto l’ora di andare in Chiesa, e io e Jacob ci avviammo a piedi, mentre Renèe era stata arpionata dalle mie zie, le sorelle di Charlie, che erano venute dall’altra parte dello Stato e la adoravano. Vidi una delle mie cugine, una tale Lizzie che non conoscevo nemmeno, guardare Jacob con sfacciata ammirazione mista a timore reverenziale.
“Stai facendo colpo sui miei parenti” lo stuzzicai, per il gusto di vederlo arrossire.
“Non vale, tu li hai già stesi tutti invece”, ridacchiò lui, cercando di assestarmi un pizzicotto.
Arrivarono tutti dopo di noi, alla spicciolata. Il branco si era ripulito, anche se molti di loro indossavano giacche strette e camicie con le maniche troppo corte. Erano cresciuti in fretta quei ragazzi, e i vestiti eleganti erano un lusso nella Riserva. Non lo avrei mai ammesso, ma anch’io mi sentivo molto emozionata, quasi prossima alla commozione. Charlie arrivò qualche minuto dopo, e ci sottoponemmo al supplizio della navata, seri come non mai e concentratissimi. Tenni gli occhi fissi davanti a me per non captare nessuno sguardo, anche se mi sentii addosso quello dolcissimo di Jacob , che mi diede forza.
Senza farsi attendere troppo arrivò anche Sue, radiosa nel suo abito da sposa avorio e –ahimè, aveva avuto ragione mia madre- nei suoi stivaletti ricamati. La cerimonia fu semplice e toccante, potevo sentire i singhiozzi soffocati di Renèe. Io strinsi forte la mano di Jake e resistetti, arrivando in fondo senza una lacrima. Gli sposi uscirono dalla chiesa salutati da un lungo applauso.
E anche questa è fatta, sospirai fra me e me.

Ci portammo sul sagrato della Chiesa, dove tutti si strinsero intorno a Charlie e Sue. Mio padre, passato il pallore malsano dell’ansia, era raggiante e più giovane di 10 anni. Lo abbracciai anch’io, e quando ci sciogliemmo dalla stretta, tutti e due avevamo gli occhi sospettosamente lucidi: scoppiammo a ridere. Fu allora che mio padre la vide. Osservai, nell’arco di pochi secondi, la sua espressione cambiare. Era stupito, forse arrabbiato, ma poi prevalse un gran sorriso e la sua voce era ancora stranita quando esclamò, diretto a un punto dietro la mia spalla: “Ma guarda chi c’è!”
Mi girai anch’io, ed ecco Alice Cullen, sempre lei, imbacuccata in un foulard che le copriva la mezza faccia che lasciavano fuori gli occhialoni da sole.
“Charlie! Come potevo non farti gli auguri!” esclamò Alice fiondandosi tra le stupite braccia di mio padre, e sbaciucchiando anche l’esterrefatta Sue. Alice guadagnò con grazia un posto all’ombra del sagrato (oggi, alla fine, c’era il sole) e si tolse gli occhiali, continuando a cinguettare congratulazioni.
Poi passò a me e Jacob, che la guardavamo a bocca aperta. O meglio, io la guardavo a bocca aperta, perché Jacob si era già ripreso e aveva intercettato gli sguardi dei suoi amici, che erano tutti dietro di noi.
“Bella! Amica mia!” Adesso mi sarei dovuta sorbire la scenetta della reunion con Alice, con annessi baci e abbracci.
“E Jacob, ci sei anche tu! Ma certo, che sciocca…!” almeno, non provò ad abbracciare anche Jacob. Lui non la guardava neanche, era impegnato a fissare minaccioso Jasper, che aspettava nella decappottabile sportiva parcheggiata a bordo strada.
“Bè ragazzi, è una vita che non ci si vede!”
“Siete tornati a Forks, cara?” chiese Charlie, conquistato come sempre dalla grazia di Alice.
“Mmm no, diciamo che sono qui con Carlisle per sistemare certe cosette che avevamo lasciato in sospeso… e si, c’è anche Jasper, ma sai com’è, lui è così timido, mi sta aspettando in macchina…”
Percepii il nervosismo del branco dietro di me, e all’improvviso capii che Jazz era di guardia, pronto a scattare se fosse successo qualcosa ad Alice mentre era circondata dai lupi. Nello stesso attimo compresi che la presenza di Alice e Jasper non lasciava presagire nulla di buono: loro due erano andati a caccia di Victoria. Che ci facevano di nuovo a Forks?
Alice aveva preso a braccetto me e Jake, esclamando: “Devo già andare via, accidenti…accompagnatemi alla macchina almeno! Ciao Charlie, ciao Sue, ancora congratulazioni!” due volte più veloce del normale.
Jacob si liberò della presa di Alice con uno strattone, appena fuori portata della chiesa.
Ma non fece in tempo a dire nulla, perché con le sue mille parole al minuto Alice aveva già cominciato a sparare tutte le sue tremende news: “Bella devi nasconderti, Victoria è qui. La maledetta ha capito benissimo come funziona il mio dono, ha tenuto la mente vuota fino a un attimo fa, ha capito anche che non vedo i lupi nelle mie visioni, e infatti è nascosta qui nella Riserva…”
Fu solo allora che Jacob, rimasto ancora a “Victoria è qui”, esplose: “Che cosa?”
Fece un passo verso Alice, e il secondo dopo Jasper era lì in piedi, fra noi.
Lo sguardo che stavano incrociando Jacob e Jasper non mi lasciava presagire niente di buono.
“Alice ti prego!” strillai, non sapendo a chi rivolgermi.
“Piantatela voi due! Dobbiamo portare Bella al sicuro!”
Questa frase fece effetto su Jacob che si allontanò da Jasper, quel tanto che bastava ad afferrare me per un braccio.
“Cosa ti fa pensare che sia qui nella Riserva?” scandì Jacob, come sempre faceva quando cercava di tenere a freno la furia
“Mio fratello ha letto i suoi pensieri fino a un attimo fa” gli rispose Jasper, con il medesimo tono tranquillo.
Edward era lì. Non mi stupii più di tanto: lo avevo sempre saputo, dentro di me.
Nell’universo di emozioni che si impossessò del mio cuore e del mio stomaco, a prevalere era il timore per la reazione di Jacob. Lui non mosse un muscolo, come se la notizia non lo avesse minimamente scalfito. Il suo pensiero era apparentemente solo alla battaglia.
Fu Sam, comparso dal nulla, almeno per i miei deboli occhi umani, a prendere la parola:
“Dove si trova adesso la femmina?”
“E’ qui, ma non abbiamo capito precisamente dove. Cerca di tenere la mente vuota, ma Edward la percepisce vicina”
“Dobbiamo setacciare la Riserva. Avanti!” scattò Sam, e dietro a lui il branco, compatto come un uomo solo. Jacob non si mosse. “Non lascio qui Bella da sola”
Alice gli si fece incontro: “Jacob, lasciala con me. Sarà al sicuro, mentre voi stanate Victoria…”
“Neanche morto la lascerei insieme a voi” sibilò Jacob. Incolpava Alice e Jasper di tutto, e non voleva sentire ragioni.
Sam era tornato indietro: “Se la rossa è qui nella Riserva, portiamola a casa sua, da Charlie”
“No!” gridò Jacob. “Troppo pericoloso”
“Lasciamola qui” disse Jasper
Jacob gli ringhiò addosso, e fece per andarsene, il mio braccio sempre saldamente in mano, ma Jasper lo inchiodò con lo sguardo. Probabilmente usò la sua singolare capacità di controllare l’umore, fatto sta che Jake si fermò ad ascoltarlo.
“Se Bella rimane a casa Clerwater, al centro della festa, non le accadrà nulla. Victoria non avrà il coraggio di fare irruzione in un posto pieno di gente. Anche le maniaco-ossessive come Victoria devono rispettare la legge”
“La legge?” chiese Sam
Già, la legge dei Volturi, che impediva ai vampiri di uccidere in modo manifesto, svelandosi così agli esseri umani. Me l’aveva raccontato Edward, un giorno. Il mio cervello intanto era partito: dov’era? Qui vicino a noi? Ci stava guardando, adesso?
“Un giorno Bella te lo racconterà. Lasciate con lei il più giovane dei vostri, per sicurezza” continuò Jasper.
Jacob non era convinto, non fino in fondo. Sam lo guardò intensamente, stava esercitando il suo potere di Alfa. “Jacob” gli disse più dolcemente “dobbiamo fidarci. La troveremo presto, vedrai. E lasceremo Leah con lei”
Jake si girò a guardare Jasper e Alice. “Se le accade qualcosa…. Siete spacciati. Parola mia.”
Mi baciò sulla bocca: “Torno subito”, mi disse, prima di scomparire nel folto degli alberi insieme agli altri.
Anche Alice e Jazz si accomiatarono da me, qualche secondo dopo. Non vedevo Jasper dalla disgraziata sera del mio compleanno, quasi due anni prima.
Mi sorrise, bellissimo e inquietante, come sempre.
"Mi raccomando Bella... proprio al centro della festa, ok?"

VI capitolo. Il buio dopo la luce

Se io non ero entusiasta della compagnia di Leah, non era niente in confronto a quello che provava lei verso di me. Tornammo insieme verso casa sua, in silenzio. I suoi occhi ferini erano però più eloquenti di mille parole. Stavo rovinando il giorno di sua madre.
“Leah, mi dispiace così tanto…” provai, ma venni zittita da un suo gesto imperioso.
“Bella, ne ho abbastanza delle tue scuse. A scusarti sei una campionessa, ma i fatti restano quelli che sono”
“Non è colpa mia Leah!” scattai, i nervi ormai ridotti a pezzi. “Non l’ho chiamata io questa pazza schifosa che vuole ammazzarmi!”
Si fermò di scatto, e si girò a guardarmi dritta negli occhi. Per un attimo temetti che si sarebbe trasformata per farmi a pezzi e poi sarebbe tornata tranquilla alla festa.
“Sai Bella, io non ti giudico come fanno gli altri. Non è il fatto che tu sia andata fino a ieri a braccetto con le sanguisughe che mi dà fastidio” Le sue labbra sembravano la corda di un violino. “E’ che mi domando perché diavolo ci hai ripensato. Perché sei tornata indietro. Potevi rimanere con i bellissimi e ricchissimi Cullen no? Che sei venuta a fare qui, a rovinare la vita a noi?”
Non era una domanda retorica. Leah voleva una risposta, anche se avrebbe già dovuto conoscerla.
“Non è stata esattamente una mia scelta”
“Ah, già. E tu hai ripiegato sul povero Jacob. E adesso lo costringi a rischiare la vita per riparare le tue scorribande passate”
“Leah, io non ti permetto….” Cominciai inviperita, ma ancora una volta venni zittita da un suo gesto. “Se accadrà qualcosa a uno solo dei miei fratelli, ti riterrò responsabile. E allora non servirà a niente la protezione dei tuoi amici pallidi. Adesso andiamo dentro, e resta dove posso vederti. Ho un compito da portare a termine, io”

Al centro della festa. Già, Jasper mi conosceva, e sapeva quanto poco amassi le luci della ribalta.
Ma c’era poco da fare, dovevo collaborare meglio che potessi, se volevo salvare la pelle e aiutare i miei angeli custodi. Così, scelsi di volta in volta il capannello più numeroso al quale aggregarmi. Mi sedetti al tavolo dei parenti di Jake, che erano circa 15 persone, e mi concentrai per apparire una normale figlia dello sposo e fidanzata di un aitante ragazzone al momento irreperibile. Leah aveva raccontato a tutti che Jake e gli altri stavano organizzando qualche cosa di bello per la fine dei festeggiamenti. L’ansia mi torceva lo stomaco, e il mio cervello e il mio cuore mi sembravano stranamente sdoppiati: al centro di ogni mio pensiero sembrava esserci la preoccupazione per la battaglia e per Jacob, che non osavo immaginare, anche in forma di lupo, troppo vicino alla letale Victoria, così scaltra da ingannare anche Alice e Jasper. Ma un angolino remoto da qualche parte, laggiù nei dintorni della voragine, non poteva fare a meno di pensare alla presenza di Edward, chissà dove la fuori. Era tornato, anche se aveva promesso il contrario, per salvarmi la vita. “Anche a noi sta a cuore proteggere Bella”, aveva detto Carlisle. Stavo a cuore a lui, o a Esme? Sicuramente ad Alice, forse un po’ ad Emmett. Ma Edward, che due anni fa non aveva avuto scrupoli e se ne era andato, lasciandomi in un mare di lacrime? Aveva detto di amarmi, che ero tutto per lui. Aveva detto che dopo avermi conosciuta la sua intera vita era cambiata. E invece, come un qualunque ragazzo di 17 anni, si era stancato in fretta di avere accanto una compagna così inferiore a lui, così problematica, e mi aveva mollato. Voleva proteggermi? Avrebbe dovuto trasformarmi. Ne avevamo parlato così tante volte, era l’unica soluzione praticabile. A ripensare oggi alla mia determinazione nel mettere fine alla mia vita e trasformarmi in qualcosa d’altro, mi venivano le vertigini. Avevo forse cambiato idea? Di certo mi ero dovuta adeguare. E avevo riscoperto, nel doloroso cammino verso la guarigione, cosa significa sentire un cuore che batte vicino al tuo.
Le portate continuavano ad alternarsi davanti al mio stomaco contratto, la conversazione mi soffocava. Decisi che fare due passi nella stanza non era una cattiva idea.


Io non credo nelle coincidenze, non ci ho mai creduto.
Era stata una coincidenza il mio trasferimento da Jacksonville a Forks? O lo era l’amicizia ventennale che legava Charlie a Billy? O ancora, poteva dirsi una coincidenza l'arrivo di Jacob dietro di me su quella scogliera, proprio l’attimo prima che mi gettassi nel vuoto, forse incontro alla morte?
Non lo sapevo.
Di certo, non fu una coincidenza che io guardassi fuori dalla finestra proprio nel momento in cui Sue Clearwater decise di radunare le sue amiche e tirare il boquet. E che, guardando il retro di casa Black, scorgessi qualcuno che, in piedi e di spalle, fissava la casa. Qualcuno che avrei riconosciuto fra un milione di altri ragazzi identicamente alti, aggraziati e con i capelli di bronzo.
No, non fu una coincidenza che là fuori ci fosse Edward Cullen, e che io mi accorgessi di lui nell’unico istante in cui Leah era distratta, la sua visuale coperta dalle altre donne e lei stessa impegnata a far contenta sua madre.
Fu questa mia avversione per le coincidenze a farmi scostare il battente della finestra e a scavalcarla, silenziosa come un uccello che esce dalla gabbietta. L’attimo dopo era fuori casa, da sola, con un tacco rotto, faccia a faccia con Edward.

Si era girato, e mi guardava dritta negli occhi. Eravamo ancora distanti, ma sapevo che la sua vista perfetta mi stava già scrutando in ogni particolare. Mi avvicinai a passi lenti, indecisa se proseguire o meno: era giusto imporgli la mia presenza, obbligarlo a salutarmi? Lui era la persona che più al mondo mi aveva fatto capire come ci sente ad essere rifiutate. Mentre mi avvicinavo, cominciai a mettere a fuoco i particolari del suo volto perfetto. Era strano analizzare le mie sensazioni in quel momento: quante volte lo avevo immaginato, sognato, anelato. Eppure ero solo imbarazzata, convinta di apparire per l’ennesima volta ai suoi occhi sciocca, insignificante. Quando fummo abbastanza vicini, Edward mi sorrise, e il mio mondo crollò.
Mi ritrovai a fluttuare in una dimensione parallela, dove esisteva soltanto lui, i suoi occhi di giada, la sua bocca perfetta. L’aria intorno a noi sembrò rarefarsi, mentre veniva risucchiata dai miei polmoni. Edward era davanti a me, e io lo sentivo. Sentivo la sua energia, la forza dei suoi pensieri, anche se non ero in grado di capirli. Non era cambiato nulla, si erano annullate le distanze e il tempo. La distesa di giorni passati a piangere e a morire per lui sembrò assottigliarsi fino a sparire: era ieri, ma poteva essere stato oggi, o forse doveva ancora accadere. Mi accorsi che avevo ancora le gambe quando le sentii cedere. Edward fu di un balzo vicino a me, per sorreggermi. Ma lo fece standomi lontano, senza alcuno slancio.
“Bella” il sorriso era sparito, adesso sembrava vagamente imbarazzato anche lui
“Ciao…Edward” mi schiarii la voce, che mi uscì in un falsetto rauco. Arrossii.
Edward accennò un sorrisetto, ma durò mezzo secondo e forse lo immaginai solamente.
Continuava invece a guardarmi, serio: “Spero che tu stia bene”, disse con lo stesso tono formale.
“Si, certo” mi sentivo una completa idiota. Eccomi davanti ad Edward, ed eccomi incapace di dirgli nulla. Quanto lo avevo amavo, quanto avevo sofferto. Che reazioni avesse scatenato in me. O cosa faceva, se era felice. Invece niente, tacevo. E abbassai gli occhi.
“Questo…disguido finirà oggi stesso” mi stava dicendo Edward, con la sua voce musicale. “Te lo garantisco”
“E’ qui intorno?” chiesi ancora con gli occhi fissi a terra, cercando di apparire disinvolta. Hai per caso visto la vampira che vuole farmi a pezzi?
“C’era” mi rispose Edward con durezza. Passò qualche secondo durante il quale nessuno dei due aprì bocca. Quando i secondi cominciarono ad accumularsi, alzai gli occhi da terra. Edward era impietrito, e apparentemente assente.

Il secondo successivo sibilò: “Entra in casa”, e mi ritrovai nel salotto di Jacob.
“E’ molto vicina” continuò Edward, gli occhi che lampeggiavano, assorti nella ricerca. “Ha un talento incredibile per la fuga. Si avvicina e si allontana così velocemente”. Senza dire nulla, mi schermava con il suo corpo, abbracciandomi quasi nel cerchio delle sue braccia spinte all’indietro. Non dicevo nulla, conscia che la resa dei conti era arrivata. Ero lì, con Edward. Era questo che Victoria voleva, uccidermi per punirlo. Non poteva perdere questa occasione, era quello che aspettava. E così sarebbe stata lontana da Jacob. Mi sorpresi a pensare a lui con un’intensità bruciante.
“Fà che non mi accada nulla, Dio mio. Fallo per lui”

Credetti di impazzire di terrore quando scorsi l’alta figura di Victoria accanto al caminetto di Jacob. Era una scena ripugnante, un elemento del tutto insensato nello scenario familiare. Come un ragno su un cuscino ricamato. Sorrideva, bellissima e sfacciata. Sentii le spalle di Edward rilassarsi, mentre non smetteva di farmi scudo con il suo corpo.
“Ti saluto, Victoria” la apostrofò in tono gradevole, mentre retrocedeva verso la porta, me sempre dietro le spalle come un goffo zaino. Capii che si aspettava rinforzi da un secondo all’altro. Probabilmente ne sentiva già i pensieri: qualcuno che mi prelevasse da dietro le sue spalle e lo lasciasse libero di colpire Victoria.
Ma quello che avevo intuito io, stupida umana limitata, era chiaro anche nella mente acuta della rossa. Che affondò verso di me, conscia che erano gli ultimi attimi a sua disposizione per colpirmi. I miei occhi non percepirono nè il colpo di Victoria nè la parata fulminea di Edward. Sentii lo spostamento d’aria, e la vampira che soffiava come un gatto, a pochi centimetri da me. Il cupo ruggito di Edward si stava trasformando in un ringhio che gli partiva dal centro del petto. Terrore puro. Ecco cosa provavo, chiusa in una danza millimetrica fra due esseri apparentemente umani ma spaventosamente feroci.
Il tempo sembrava essersi congelato in una morsa, mentre i secondi sgocciolavano fra una finta di Victoria e un passo indietro di Edward, il cui compito sembrava troppo arduo. Non poteva proteggermi e attaccarla, stava perdendo terreno sotto i suoi affondi. A un tratto, la vampira rossa saltò verso il soffitto, rimanendo aggrappata graziosamente alle travi di legno. Nello stesso, velocissimo attimo, Edward mi spinse indietro gridando, e qualcosa entrò dalla finestra. Qualcosa di grosso, immenso, almeno così mi parve, nell’inferno di vetri rotti che scatenò intorno a sé. Mi trovavo esattamente sulla sua traiettoria, e per un attimo lo vidi, mentre passava sopra la mia testa come un grottesco aquilone. Quello che vidi fu una figura tremolante, che parve esplodere nell’aria in un turbinio di lustrini: mentre stavo ancora realizzando la sua natura, con la mente fissa alla terribile fiera che stava cercando di uccidermi, sentii qualcosa colpirmi, di lato, con la forza di mille martelli. O come un gigantesco rovo, usato come una frusta. Sentii la terra mancarmi sotto i piedi, e la mia caduta fu lunghissima: cadevo all’indietro, senza riuscire a capire perché non mi fermavo. Il dolore che sentivo mentre il mio corpo sbatteva lungo gli scalini, quelli che portavano alla cantina di casa Black, venne soffocato da una coltre di bianco. Tutto sfocò, piano piano, mentre da un’angolazione assurda vidi Victoria, l’ultimo dei miei incubi, cadere dal soffitto addosso ad Edward. E sono certa anche di quello che vidi dietro Edward: un grosso lupo grigio.

Cercavo di sforzarmi per continuare a guardare, ma ad un tratto il buio mi avvolse. Più forte del dolore, più forte della paura, sopraggiunse il pensiero di Jacob: Fà che sia salvo. Fà che possa rivederlo.

 

 

 

 

Edward p.o.v

Non è possibile. Questo non era previsto.
Avanti Bella, alzati, scrollati la polvere dal didietro e chiedi scusa come sai fare tu, per la tua ennesima goffaggine. Bella, maledizione…

Mai nella mia lunghissima vita ero rimasto senza parole come in questo momento, davanti a lei, questa piccola ragazza così importante, che adesso sembra solo un mucchietto di stracci ai piedi di questa scala.
Le sue gambe hanno un angolo strano, la testa è reclinata dall’altra parte. Vedo un rivolo di sangue uscire dalla sua nuca. Le giro la testa, cerco di fare più piano che posso. Sento l’odore del suo sangue, si, ma per me non è un richiamo: è solo lo strazio acuminato della nostalgia. Bella è ferita, ha uno zigomo contuso, graffi su tutto il viso. Il suo cuoricino di farfalla batte ancora, ma per quanto? Sento che fa fatica, che sta singhiozzando.
Bella, come è possibile questo? Com’è possibile che non sia riuscito a proteggerti, per l’ennesima volta? Ci ho provato, piccola mia, con tutto me stesso. Ho sacrificato la mia intera vita per sapere la tua al sicuro, e ecco il risultato. Sei stata spazzata via da chi doveva vegliare su di te, da quella povera ragazza che nessuno può consolare adesso, che diventa un mostro mutante perché al mondo esiste gente come me.
Sento Leah ululare lontano, è fuggita a cercare i fratelli, è sconvolta.
Bella, ti prego ascoltami. Non puoi farlo, mi capisci? Non è giusto. Resta qui, combatti! Fallo per te stessa, perché hai diritto alla vita perfetta che speravo per te, qualunque prezzo avesse avuto.
Povera piccola vittima di questo mondo maledetto, popolato di mostri e di orrori: cosa dovevi mai scontare, per aver incrociato la tua strada con la mia?
L’ho presa tra le braccia, la sto cullando mentre il sangue sotto di noi ha formato una pozzanghera.
Sento Alice e Jasper che smembrano il mostro, poco lontano da me. Ma è tutto ovattato, tutto poco chiaro. Bella sta morendo, e io riesco solo a pensare che non ce l’ho fatta, che non l’ho protetta. Che non le ho spiegato perché sono andato via, che non le ho detto quanto l’amo, quanto mi è insopportabile la vita lontano da lei. Ma forse non le interessa più, adesso.
Alzo gli occhi, nella mia testa percepisco un tuono di furia, dolore, sofferenza.
Lo sento prima che entri, prima che colpisca i suoi amici con la forza di un uragano, liberandosi delle loro braccia come di fuscelli. Lo sento gridare, e non capisco più se sono i suoi pensieri o la sua voce, sento che il suo strazio, gemello del mio, può farmi impazzire.
Lo vedo davanti a me, chino sulla donna che ama. Sento le sue urla, i suoi singhiozzi mentre impreca contro dio e contro il mondo, mentre intorno a noi è sceso un silenzio di tomba. Eccolo, l’uomo che dovrei odiare ma che riesco solo a compatire, in una gigantesca fotocopia della pena che sento per me stesso. L’uomo che mi ha sostituito nel cuore di Bella, l’uomo giusto, quello fatto apposta per farla felice.
Quello a cui io stesso l’ho consegnata, andando via.
Si è accorto di me, in un balzo mi è addosso. Non reagisco, uccidimi ti prego, e che sia una volta per tutte. E’ colpa mia, della mia dannata esistenza. Uccidimi, Jacob Black.
Ma sta parlando, mi sta dicendo qualcosa, i suoi sono gli occhi di un folle:
“Fai qualcosa maledetto, sta morendo!” mi urla in faccia, le mani sul mio collo stringono a morte, non capisco cosa voglia da me.
“Bella sta morendo” mi sussurra, il volto rigato di lacrime. Non so cosa dirgli, riesco a biascicare delle scuse incoerenti.
“Non sono riuscito…avevo Victoria addosso io non pensavo..non avevo previsto”
Parole vuote, senza senso, mentre Jacob comincia a tremare, e di nuovo grida: “Falla diventare come te, qualunque cosa purchè viva”
I singhiozzi gli squassano il petto: “Ti…prego”
Quest’uomo mi sta chiedendo di trasformare Bella in un vampiro, di rubarle l’ultimo barlume di vita e fare di lei un mostro sbagliato come lo sono io. “No!” mi ribello, con tutta la mia forza.
“Non posso..farle questo…non posso”
Fino a questo punto la ami, Jacob Black? Cado in ginocchio, vinto dalla certezza che qualunque cosa credo di aver fatto io per Bella, non è niente di fronte al sacrificio estremo di quest’uomo, che mi chiede di trasformare la donna che ama nella cosa che più odia al mondo. Per salvarle la vita.
“Jacob, io…"
Io non ne ho il coraggio, Jacob. Sono andato via da lei per proteggerla, per regalarle una vita diversa, normale, umana. Come posso privarla della sua anima, proprio adesso? Posso essere così egoista, posso trasformarla in un mostro senza pietà e portarla via con me, verso una vita eterna di sofferenze?
C’è qualcuno fra di noi, è la mano forte di Carlisle. Stacca Jacob, ansante, dal mio petto. Ha le mani sporche del sangue di Bella. Appoggia le stesse mani sulle spalle enormi di Jacob, gli parla in tono rassicurante:
“Jacob, Bella è ancora viva. Stanno arrivando, faranno il possibile per salvarla. E’ così che deve essere”
“No!” urla ancora Jacob, spingendo lontano da sé mio padre.
“Jacob io ti giuro… che se Bella non ce la dovesse fare… in ospedale, io farò quello che devo”
Alice mi porta via, accartocciato su me stesso.
Se Bella morirà, o diventerà un mostro, non so precisamente cosa farò. Sarà qualcosa che dovrà cancellarmi da questa terra, per sempre.

 

 

 

 

 

 

VIII capitolo. Dolore

Mi sembra di essermi chiusa nell’armadio del corridoio, quello grande, nella casa di Charlie a Forks. Mi ci nascondevo da piccola, per non sentire mamma e papà litigare, e poi per gioco da più grande, quando facevo finta che in quell’armadio ci fosse un mondo segreto che solo io potevo vedere.
Adesso ci sono di nuovo, ma è più freddo, più stretto. Il buio mi pesa sul petto, forse sono semplicemente diventata troppo grande per entrarci ancora. Non riesco a muovere le gambe, le braccia, e qualcosa mi si è addormentato addosso, qualcosa che pesa.
Prima mi muovevo leggera, galleggiavo quasi. A un tratto accanto a me c’era Jacob, con il suo sorriso luminoso. Ho allungato la mano per accarezzargli i capelli, e quelli da neri sono diventati ramati. L’ho guardato negli occhi, ed era sempre Jake, ma aveva gli occhi d’onice di Edward. Forse era Edward.
E’ stato allora che mi sono ritrovata nell’armadio di Charlie: adesso però sono stanca di questo gioco, ho voglia di piangere. Sento un senso di tragedia, di dolore, che mi pesa sul petto, e non riesco a ricordare perché. Mi sforzo, so che c’è qualcosa, ma cosa?

E’ tornato il dolore. Non riesco più a combatterlo, sento che scivolo giù, da qualche parte da dove ritornare su non sarà così semplice. Non so come faccio a saperlo, ma lo so, e cerco di tenere salda la presa. Ma è difficile, e la sofferenza cancella tutte le altre sensazioni. Non so più chi sono, che cosa voglio, per cosa sto lottando. E’ solo il mio corpo, io non ci sono più.
“Fà che non mi accada nulla, Dio mio. Fallo per lui”.
Sono stata io a dirlo, sento la mia voce rimbombare nella testa dolorante. Perché? Anzi, per chi, stavo pregando? Come prima, quel senso fastidioso di assenza. Di certezza che c’è qualcosa di grave che sto dimenticando. La prima cosa a tornarmi in mente di Jacob è la sua voce. Quella voce rauca, profonda, piena di sfumature. Me la ricordo benissimo ora, chiusa nel bozzolo di una sofferenza che non capisco. Mi sembra di sentirla. E’ successo qualcosa a Jacob? La paura mi contrae lo stomaco e per la prima volta da non so quanto tempo, avverto le singole parti del mio corpo. E la paura mi ricorda Victoria, la vampira rossa decisa ad uccidermi. Mentre ricordo tutto, in un vortice di luce accecante, riemergo all’improvviso. Esco dall’armadio, e cerco di gridare: “Jake!”

E’ suo il primo volto che metto a fuoco.
E’ chino su di me, e quelle che vedo sulle sue guance mi sembrano lacrime. Allungo un dito per asciugarle, ma scopro che muovere il braccio non è così semplice. Tutti insieme sento gli aghi nelle braccia, la sonda nel naso, il dolore alle gambe. La voglia di tornare a dormire è forte, ma non riuscirei a chiudere di nuovo gli occhi ora che ho rivisto quelli di Jacob. C’è Charlie, è in ginocchio vicino al letto. Mi sforzo di allungare un braccio, stavolta sul serio, ma devo desistere. Charlie. Sue. Il matrimonio. Oh cioccolata… sono la solita maledetta guastafeste. Ma che è successo? Perché mi trovo qui? Non ricordo niente di niente, ma al centro di quel niente c’è Edward. Edward che mi protegge con il suo corpo, Edward che para gli affondi di Victoria, che ringhia, che graffia, che cerca di addentare come una fiera.
Improvvisamente, sento il bisogno di sapere tutto, e di saperlo ora. Ma nessuno sembra intenzionato a lasciarmi sola con Jacob.
Alterno sonno e veglia in modo inconsapevole, a un tratto mi assento come se qualcuno mi tirasse per la manica e mi strattonasse fuori dalla stanza. Ma non ho ricordi del sonno, perché il mio corpo comincia a recuperare la facoltà di riposo. Quando sono sveglia, mi gira intorno una girandola di volti familiari. Jake è sempre con me, la sua mano calda mi risveglia ogni volta, stretta nella mia. E poi Charlie, Sue, Billy, Emily, Sam. Qualche volta Seth e Leah.
E da qualche a giorno a questa parte, il dottor Cullen.
Ho avvertito la sua presenza nella stanza ancora prima di aprire gli occhi. Quando ho sentito il ghiaccio sfiorare il mio polso, ho capito che c’era un Cullen vicino a me. E prima di aprire gli occhi, ero così certa che sarebbe stato Edward. Invece, mi sono trovata faccia a faccia con la bellezza disarmante di Carlisle, con il suo volto buono contratto in una smorfia di commozione. “Ci hai fatto preoccupare davvero stavolta, Bella”. La prima volta che è venuto, stavano per ristrattonarmi fuori dalla stanza della mia coscienza, e non ho fatto in tempo a girare gli occhi su Jacob per spiare la sua reazione. Le successive, si limitava a visitarmi e a scambiare qualche parola, sotto gli occhi nervosi e vigili di Jake.
A breve, cominciai ad attendere le visite di Carlisle con impazienza. Veniva quando gli altri erano andati via, e non evadeva le mie domande con risposte vaghe e distrazioni.
Cominciò con il chiedermi cosa mi ricordassi della giornata del matrimonio di Charlie, e mi aiutò a ricostruire i particolari dell’arrivo di Victoria e della sua lotta con Edward. Mi assicurò che Victoria era morta, e che Edward stava bene. Era venuto a trovarmi qualche volta, ma mi aveva sempre trovata addormentata. La cosa non mi meravigliò più di tanto. Probabilmente era già tornato nel posto misterioso dal quale era venuto. Ciao ciao, Edward. Grazie per avermi salvato la vita, amici come prima.
Tenevo questi pensieri per me, mentre scoprivo che il branco era stato imbrogliato dalle false tracce che Victoria aveva disseminato per tutta la Riserva. Alla fine erano stati Alice e Jasper, allarmati dalla sparizione di Edward, a capire dove fosse, e cioè a casa Black, impegnato in un ballo mortale con Victoria.
Era qui che i miei ricordi si interrompevano: non riuscivo a ricordare cosa mi avesse spedito su questo letto d’ospedale, come mi informò Carlisle, reduce da una settimana di coma indotto e con il bacino fratturato.
La sera in cui Carlisle me lo disse, c’era anche Jacob: era nervoso e tirato, le occhiaie scure gli segnavano il viso senza pietà.
“Sei caduta per le scale di casa Black, Bella. Ma non è stata colpa tua, stavolta” accennò con un sorriso il dottor Cullen.
“Non è stata colpa di nessuno, in realtà” continuò pacato, mentre Jake si alzava bruscamente e si allontanava dal mio letto. “Leah ha perso la testa quando ha visto Victoria, e si è trasformata al volo, senza badare bene alle conseguenze. Ha fatto irruzione dalla finestra, e tu disgraziatamente eri proprio sulla sua traiettoria. In quel momento, Victoria si era arrampicata sul soffitto per sferrare il suo ultimo attacco dall’alto, e mentre tu cadevi a capofitto per le scale della cantina, Edward è riuscito ad colpirla. Per questo, non è riuscito a recuperarti al volo mentre cadevi”
Ero rimasta senza parole, mentre Jacob tamburellava nervoso le dita sulla sponda del mio letto. Mi rivolsi a lui: "perché non me l’hai detto prima?”
“Non volevo dirtelo proprio, veramente. La situazione con Leah è già abbastanza… prima che tu…oh, lascia stare!” era decisamente esagitato.
“E’ tutta colpa mia, Jake. Sono scappata… l’ho costretta a fare quello che ha fatto. E non l’ha fatto certo di proposito. Non ce l’ho con lei”
“Bè, io si” concluse stizzito Jacob, e Carlisle fece un cenno perentorio.
“Adesso basta, troppe emozioni tutte in una volta non fanno bene a Bella”
Mentre loro pensavano che la mia coscienza stesse nuovamente sfumando, udii Jacob parlare con Carlisle nel corridoio: “E’ l’ultimo favore che le chiedo per Bella, dottore”
Sentii Carlisle mormorare qualcosa in risposta, ma udii distintamente la voce rauca e tesa di Jake chiedere: “Dica ad Edward di venire. Gli dica che è importante”.

Nei giorni successivi, penosamente lenti mentre il mio corpo si riabituava a se stesso, la mia inquietudine riguardo a Jake crebbe in modo esponenziale. Jacob era sempre con me, dalla mattina alla sera. Quando io dormivo, si concedeva qualche ora di riposo, ma faceva in modo da non perdersi neanche un attimo delle mie ore da sveglia. Eppure… non era più Jake. Non c’era traccia del sorriso che amavo, della sua calda esuberanza. Il mio Jacob aveva lasciato posto ad un individuo teso e sulle spine, che mi stava sempre vicino con il corpo ma mi sembrava anni luce lontano da me con il cuore. Sapevo dentro di me che questo cambiamento aveva a che fare con il terribile pomeriggio del mio incidente. Forse era arrabbiato con me, forse non riusciva ancora a riprendersi dalla paura e dalla frustrazione. Nei momenti migliori, pensavo che ne avremmo parlato con calma, a casa, e tutto sarebbe andato a posto. In quelli peggiori, tremavo all’idea che la mia incoscienza e i miei comportamenti avessero ucciso per sempre il Jacob che conoscevo e che amavo.

IX capitolo. Addio

Edward non venne il giorno dopo, nè quello dopo ancora.
Venne però Alice, a notte fonda. Aprii gli occhi e lei era lì, il suo viso da folletta vicinissimo al mio: mi sfiorò la fronte con un bacio gelato e sparì. La mattina dopo pensai di averlo sognato, ma Carlisle mi confermò che era stata spesso a trovarmi, sempre per pochi attimi: un ospedale non era il posto migliore per un vampiro, fosse anche un Cullen, mi disse con un sorriso. “Io sono l’eccezione, ma questo già lo sai”. Ci teneva però a dirmi che Esme e “tutti gli altri” chiedevano mie notizie regolarmente.
Il tempo scorreva tutto uguale, ma i miei miglioramenti erano costanti. Arrivò anche il momento in cui potei stare sulla sedia a rotelle, e fare qualche giro nei corridoi dell’ospedale e poi nel giardino. Era Jacob a manovrare la sedia, ovviamente, e per farlo doveva ripiegarcisi sopra: qualche volta frenava bruscamente, o mi faceva impennare, per il gusto di sentirmi strillare e ridere. Rideva anche lui, e per qualche secondo rivedevo il mio Jacob in tutto il mio splendore: quei secondi finivano presto, però. Riuscivamo a stare anche mezz’ora a guardarci negli occhi, in silenzio. Jake mi accarezzava i capelli, sentivo il calore della sua grande mano, ma non diceva nulla. E io, idem.

Come troppo spesso era successo, scelsi di essere egoista nei suoi confronti. Temevo la resa dei conti, temevo di conoscere i motivi del suo disagio, perché non ero sicura di poterli superare. Mi bastava che Jake fosse lì con me, che non se ne andasse via, che il suo calore e il suo odore fossero sempre a portata di mano. Non ero abbastanza forte da affrontare discussioni, lui lo sapeva.
Infatti, quando Leah venne a trovarmi da sola, senza lo scudo della madre, del fratello o di Charlie, Jacob era determinato a mandarla via. Fui io ad insistere perchè rimanesse.
Leah era molto più nervosa di me. I capelli di seta nera, che erano più lunghi di come li ricordavo, le coprivano metà del volto e lei non faceva che giocherellare con i ciondoli del suo bracciale. Avevo appena convinto Jacob a starsene fuori dalla mia stanza, e mi girai con una mossa fin troppo abile per i miei standard; ero più sciolta sulla sedia a rotelle che sui miei piedi. Leah era rimasta ritta vicina al letto e per un attimo mi vidi come mi doveva vedere lei: invalida, pallida, piena di cicatrici, i capelli aggrovigliati in una coda e il pigiama dell’ospedale. Un vero caso pietoso.
Sospirai: “Leah, siediti per favore! Sei già troppo alta per me quando sono in piedi…”
Cercavo di buttarla sul ridere ma lei era impassibile. “Sono venuta solo per dirti una cosa, Bella, e ci tengo che tu lo sappia. Non farti neanche venire l’idea che l’incidente che ti ho causato fosse intenzionale”
Avevo appena aperto la bocca per protestare, ma Leah, con uno dei consueti movimenti bruschi da maestra elementare, riuscì come sempre a zittirmi. “Si si… risparmiami la solfa. Ma che dici, ma io non l’ho mai pensato, eccetera eccetera. Ma nè tu nè io siamo stupide Bella, e la conversazione che abbiamo avuto poco prima del fatto depone decisamente a mio sfavore. Potresti pensare che abbia ecceduto caricata dall’ira nei tuoi confronti. Non è così, non ho capito più niente, e basta. Ho sbagliato, potevi morire. E a quel punto, avrei rovinato la vita di troppe persone, la mia compresa. Comunque, se non vuoi tenere conto della mia buona fede, ti basti sapere che Sam mi aveva ordinato di proteggerti, e io non posso contravvenire a un ordine dell’Alfa. Mai.” E lo disse con una smorfia di singolare dolore, come se le fosse scivolata per un attimo la sua abituale faccia da dura.
“Va bene, basta che consideriamo chiuso l’argomento”, le dissi, cauta.
“Chiuso” assentì Leah, e mi parve più rilassata. Per questo, osai: “Mi piacerebbe che io e te potessimo diventare…amiche”
Ma mi pentii subito del mio slancio. Gli occhi di carbone della mia sorellastra erano tornati impassibili e in essi si accese una luce ironica. “Non credo che funzionerebbe. Abbiamo gusti troppo diversi. E comunque, se fossimo amiche ti chiederei per quale ragione sei saltata giù dalla finestra nel bel mezzo del matrimonio di tuo padre, per correre incontro a un vampiro che ti ha mollata mesi fa. Ma non lo siamo, quindi non te lo chiederò. Alla fine, ti conviene.”
Le sue parole per me furono un pugno nello stomaco, e dovette accorgersene. Ma era tornata Leah la dura, e mi salutò dicendo: “Stai bene, Bella. E manda Jacob a casa qualche volta.”


***

Il giorno dopo la visita di Leah, cominciai la riabilitazione. Questo significava andare in palestra, e la sola idea mi faceva rabbrividire. Dopo tutto quel tempo di forzata immobilità, però, aspettavo quasi con impazienza la prima visita del mio terapista, un ragazzo asiatico alto quasi quanto Jacob. Charlie mi aveva portato una tuta, un imbarazzante acetato color prugna, e le mie vecchie scarpe da ginnastica. Mi ero persino messa una fascia per i capelli, per stare più comoda.
Fu esattamente in queste condizioni che ricevetti la visita di Edward.
Ero nella mia stanza con Jake, e aspettavo il mio turno, quando sentii l’aria farsi più pesante. Anche i miei modesti sensi da umana si erano raffinati, per forza di cose, e mi bastò seguire la direzione dello sguardo duro di Jacob per capire che il momento era arrivato. Edward Cullen si degnava di venire a farmi visita, su espressa richiesta del mio fidanzato, che però lo guardava come se avesse voluto decapitarlo sul momento.
Edward era bellissimo, come non aveva mai smesso di essere. Sul suo volto perfetto mi parve di scorgere ancora una traccia di imbarazzo, che scomparve appena mi guardò negli occhi. “Bella”, mi disse, a mò di saluto. E io dovetti fare appello a tutta la mia forza per non isolarmi di nuovo dal mondo. Toccai lievemente la mano di Jacob, e lui me la strinse da fare male. Ecco, avevo trovato il mio appiglio per non volare via.
Lo sguardo di Edward, che era velocissimo come ogni altra sua espressione, mi sembrò addolorato, per una frazione di secondo. Ma non volli credere ai miei occhi confusi, e gli risposi: “Ciao Edward”
“Spero che tu stia meglio” riattaccò lui, guardando però Jacob. Sapevo che gli stava leggendo la mente, e lo sapeva anche Jake, che infatti indurì la mascella. “In effetti sto molto meglio” balbettai, ricordandomi al volo della fascia e strappandomela dalla testa. “Senti Edward io volevo ringraziarti per avermi salvato la vita… di nuovo. Insomma…” ero una perfetta imbranata, ma lui sembrò non accorgersene e anzi mi rispose con una piega amara della bocca: “Grazie per averti permesso di finire spiaccicata ai piedi di una scala? Non c’è di che”. C’era una tensione palpabile nell’aria, e non dipendeva da me. Erano Jake e Edward a fare scintille, e non mi spiegavo minimamente il perché. All’improvviso Edward si rivolse a me dicendo: “Allora Bella, buon recupero. Ti auguro di riprenderti al meglio”, e sarebbe andato via senza darmi neanche il tempo di prendere fiato per rispondere, se Jacob non fosse intervenuto per la prima volta.
“Avanti Cullen, non fare il codardo”
Edward si fermò, come trattenuto per un braccio. “Pensa agli affari tuoi”, ringhiò, mentre Jacob si alzava, lasciando la mia mano: “Se non lo farai tu, lo farò io”
Io ero rimasta diversi centimetri più in basso, seduta sulla mia sedia a rotelle, e mi stavo innervosendo.
“Scusate, potrei sapere di che parlate o è una discussione per soli uomini?”
Si guardarono in cagnesco per un altro attimo, e poi fu Jake a parlare. “Non è andato via perché non ti voleva più, Bella. E’ andato via per salvarti da se stesso e da tutta la sua lugubre famiglia. Vorrebbe dirtelo, ma non ha il coraggio di farlo”
Ascoltai senza capire, e rimasi a guardare in faccia Jacob. “Cosa?”
Edward mi dava le spalle, e senza girarsi rispose: “Non credo che sia un argomento interessante per Bella, questo”
“Oh, io penso che le interessa invece” lo rimbeccò Jacob, e la sua espressione era così arrabbiata, e così maligna, che mi sembrava di non conoscerlo.
“Ma che dici, Jake? Cosa state dicendo, tutti e due?” Non mi raccapezzavo più.
“Andiamo, Bella. Ti sei presa gioco di chi ti stava proteggendo da mesi. Sei andata tutta sola incontro alla morte, e tutto questo appena l’hai rivisto. Pensi che sia del tutto cieco? Se ho fatto di finta di esserlo fino ad oggi è stato…per stupidità. Ma non posso chiudere gli occhi davanti all’evidenza” Si era chinato verso di me, appoggiandosi ai braccioli della sedia. I nostri volti erano a pochi centimetri di distanza. “Tu non devi stare insieme a me perché pensi che lui non ti voglia più. Lui ti vuole ancora, Bella. Sei libera di andare.”
Si girò di scatto, allontanandosi verso la finestra. Le sue spalle tremavano. In quell’attimo, mi sentii avvinghiare dallo sguardo di Edward.
“Edward…è vero?” riuscii solamente ad articolare.
Non mi rispose per dei secondi lunghissimi, mentre i suoi occhi dorati mi facevano a pezzi l’anima.
“Ti ho mentito, si. Sono andato via per darti la possibilità di avere una vita normale, da umana. E vedo che sei riuscita ad averla, a parte qualche interferenza che non dipende da te. Quindi, ho raggiunto il mio scopo. Sono pronto ad andarmene”
“Tu mi hai detto… che non mi amavi più” all’improvviso aveva la bocca secca, riarsa.
“Era il solo modo per convincerti a non seguirmi”
Se non fossi stata seduta, sarei svenuta. Quanti mesi di sofferenza, di disperazione. La voragine, le crisi di panico, le moto, la scogliera. E tutto questo, per una bugia?
“Come ti ho spiegato una volta, la nostra natura è molto stabile, Bella. Dopo che ti ho incontrata, si è modificata per sempre. Non dimentico così facilmente” Le sue ultime parole erano frecce infuocate per me.
“Quindi…” non riuscivo ancora a fare frasi di senso compiuto.
“Quindi, come insiste a dire il tuo generoso… fidanzato, sei libera di fare quello che vuoi. Se vorrai sacrificare la tua vita vicino a me, io non ti respingerò, non più. Ho cercato di proteggerti, ma vedo che non ci sono riuscito. E’ stato tutto inutile.”
Mi fischiavano le orecchie, mentre cercavo di dare un senso alle parole di Edward.
Non era vero niente. Mi amava ancora.
Mi aveva mentito perché fossi felice.
Era disposto a tornare con me.
Non potei impedire alla mia mente di spiccare il volo. Di nuovo vicino ad Edward, di nuovo con la famiglia Cullen. Il mio sogno tornava a prendere vita e forma accanto a me; i mesi di sofferenza, come la prima volta che l’avevo rivisto, sembrarono assottigliarsi e sparire. Ma la mia mente generò presto altre immagini: il volto di Jacob, sempre lui, mille volte. Mille sorrisi, mille risate, mille carezze. Mille volte il suo calore, mille volte la mia nuova vita. Mille volte ti amo. E poi Charlie, e Sue, e tutta la mia nuova famiglia Quileute. Il tira e molla fra le diverse immagini sembrava dovermi spaccare la testa: avevo gli occhi di Edward davanti, fissi nei miei. I nostri ricordi insieme non mi avrebbero abbandonato mai, avessi vissuto cento anni anche io. Era il mio sogno, ma i suoi colori stavano sbiadendo. I volti che amavo, quelli reali, fatti di sangue e di carne come me, roteavano nella mia testa con più insistenza, con più urgenza. Mi ricordai il rumore secco che facevano i denti di Victoria quando cercava di mordermi. Era più simile a un animale che ad un essere umano. E io, cosa volevo essere? Avrei sempre amato Edward, perchè quando si incontra uno come lui nella vita, non si può non amarlo per sempre. Perché Edward era la sintesi delle grazie e delle bellezze di tutto il mondo, di ogni virtù che esseri umani o divini potessero inventare.
Ma la mia natura e la sua erano diverse, e solo adesso me ne rendevo conto.
Adesso che per tornare alla mia vita di prima, quella del sogno, avrei dovuto rinunciare ad una vita umana che non avevo mai conosciuto. Fatta di fuoco, di corse in riva al mare, di abbracci infiniti e di calore. Fatta di Jacob, e della piega morbida del suo collo nel punto dove si congiunge alle spalle, della sua schiena liscia e bronzea. Dei suoi capelli fini e di seta. Di amore, e di cose morbide e fragili, da trattare con cautela.
Non potevo rinunciarci. No. Non più.
“Jake!” lo chiamai, e fu come quando ero riemersa dal buio del coma, seguendo il suono della sua voce.
Jacob si inginocchiò vicino a me, gli occhi pieni di lacrime, il volto tranquillo.
“Bella, io lo capisco. Non ho mai… sperato di sostituirlo. E’ stato più di quanto mi fossi aspettato di avere”
Non gli dissi nulla, solo adesso mi accorgevo delle lacrime mi rigavano le guance. Misi un dito sulle sue labbra morbide, e appoggiai la sua fronte alla mia. Girarmi verso Edward fu la cosa più difficile che avevo mai fatto nella mia vita. I suoi occhi erano sempre lì, il suo volto perfetto era immobile, come una statua di bellezza inaudita.
“Io… non posso lasciare la mia famiglia adesso”
Sentii Jacob respirare forte nel mio orecchio destro, e avvertii l’umido delle sue lacrime.
Edward sorrise, e fu il sorriso di un Apollo. “E’ la scelta giusta, Bella. Almeno non rendi vano il mio sacrificio”
Si girò per andarsene, ma si fermò di nuovo. Di colpo, mi fu troppo vicino.
“Veglierò sempre su di te. Ricordalo. E abbi cura della tua anima” aveva allungato la mano, come per farmi una carezza, ma ci ripensò, più veloce del fulmine. In un attimo, non c’era più.
Mi seppellii nell’abbraccio di Jake, e piansi. Piansi per me, per la sofferenza che avevo imposto a Jacob. Per il dolore di Edward, che aveva immolato la sua felicità alla mia. Lo ringraziai mille volte, perché solo così mi aveva mostrato quel lato dell’esistenza che la mia vita fino all’arrivo a Forks non mi aveva regalato.
Piansi per il dolore che era solo mio, e che si sarebbe allentato piano piano, ormai lo sapevo. Piansi e nelle mie lacrime si mischiarono quelle di felicità. Perché la vita che mi aspettava fuori dall’ospedale non mi era mai sembrata più ricca di promesse, e di speranze.

 

 

Edward p.o.v
Il tempo è un concetto astratto, quando hai l’eternità davanti.
Le ore, le settimane, gli anni, hanno lo stesso peso. Noi vampiri guardiamo gli umani affannarsi per ogni singolo minuto della loro vita, ed è questa l’essenza della nostra diversità, quello che ci condanna a un’esistenza parallela e solitaria. Non c’è un game over, una fine di tutto: davanti a noi il tempo si è piegato, e la natura continua il suo corso, albe e tramonti, stagioni e anni, ignorandoci.
Non siamo mai stati insieme agli stessi umani abbastanza tempo per vederli invecchiare, per percepire i loro cambiamenti. Semplicemente perché loro avrebbero percepito l’assenza dei nostri. L’invecchiare era un concetto che non ci apparteneva, neanche mentalmente. E quindi, non ci interessava.
Eppure, non ero mai stato così ossessionato dal passare degli anni. Sentivo il tempo, molto più pesante di come lo percepisse alcun essere umano. E la chiave del mio tormento era sempre lei, Bella. Alla quale avevo regalato una vita normale e umana perché sapevo, dentro di me, che era la cosa più giusta e naturale. Ma il suo destino, il suo tempo limitato, la sua sorte, continuavano ad impegnare tutti i miei pensieri, ad essere l’origine delle mie angosce. Volevo lasciarla libera, lo volevo più di ogni cosa. Ma la sua fragile natura mi tormentava, e mi obbligava ad essere più patetico di quanto avrei mai immaginato.
Dopo essere scappato dalla sua stanza d’ospedale, odiando Jacob perché mi aveva costretto a dichiarare a Bella la mia menzogna, riaprendo una ferita mai chiusa, mi allontanai kilometri e mondi, cercai di essere il più lontano possibile da lei. Da loro. Ma mi accorsi presto che neanche un pianeta intero poteva contenere la mia angoscia, e che come un magnete invisibile lei mi attirava. Dovevo vederla, assicurarmi che stesse bene. E soffrire, vedendola innamorata e felice con un altro uomo. Questo era il tormento di sisifo che mi ero guadagnato? Questa la ricompensa per aver cercato di fare la cosa giusta?


La prima volta che tornai alla Riserva, me ne stetti per giorni appollaiato sugli alberi, al limitare della radura. Non volevo correre il rischio che qualche ragazzo Quileute fiutasse la mia presenza. Mi sentivo un vero mostro, acquattato immobile come il predatore che ero, ma non importava. Nel mio cuore c’era solo angoscia, una voglia insoddisfatta di vedere Bella e sapere che stava bene. Solo un attimo, lo prometto. Una volta sola, e me ne andrò per sempre. Nelle lunghe ore che passai tra un ramo e l’altro, mimetizzandomi con il bosco e ascoltando i pensieri dei Quileute, scoprii involontariamente molte cose sulla nuova famiglia di Bella. Charlie Swan e Sue Clearwater andavano d’amore e d’accordo. C’era qualcosa che non funzionava con Renèe, la madre di Bella; non mi meravigliò più di tanto. Jacob Black aveva preso in mano l’officina della Riserva, e con lui lavoravano altri ragazzi, probabilmente fratelli di branco. Scoprii anche che Bella si era trasferita a LaPush, e viveva con i Black nella casetta rossa dove stava per morire, uccisa da Victoria o dalla mia inettitudine. I pensieri su Bella che scovai erano vaghi e affettuosi, ma non riuscivo ad avvicinarmi quello che bastava per seguire suo padre o Jacob, nelle menti dei quali avrei trovato sicuramente quello che cercavo.

Stavo per arrendermi, e tornare dal posto indefinito dal quale ero venuto.
Al momento non avevo una fissa dimora: stare a casa con la mia famiglia era troppo doloroso per loro, e per me che non potevo sfuggire ai loro pensieri e alla loro disperazione per il mio stato. Mi toccava sentire anche i ringhi di Rosalie, che malediceva chi le aveva impedito di “sistemare” Bella prima che questa storia assurda cominciasse. Cominciavo a pensare che Carlisle avesse sbagliato a trasformarla. Quindi, vagavo di città in città, alla ricerca di pace.
Mentre lanciavo un’ultima occhiata a La Push, sentii distintamente l’odore di Bella. Non scorderò mai quel momento: se il mio cuore avesse battuto ancora, mi sarebbe esploso nel petto. Bella, sto per rivederti. Era valsa la pena, abbrutire me stesso in questo patetico spionaggio, per risentire ancora una volta, solo una, quest’odore meraviglioso. Dopo qualche secondo di piacere intenso, mentre aspettavo di vederla comparire, il mio sensibilissimo naso captò qualcosa d’altro. Era l’odore di Bella, questo era certo: ma era leggermente, infinitesimamente diverso. C’era qualcosa. Forse con il passare degli anni l’odore degli umani cambia? Quanti anni aveva Bella? 25? Nonostante la mia attenzione al tempo, potevo essermi sbagliato. Quando la vidi comparire da dietro la casetta rossa, bella come una Madonna rinascimentale, luminosa come non l’avevo mai vista, capii all’istante tutto: Bella era incinta.
Indossava un vestito chiaro, mi sembrava cotone, lungo fino alle ginocchia. Il ventre prominente la sbilanciava un po’ in avanti, sembrava sul punto di cadere ad ogni passo. Ma non cadeva, anzi, camminava tranquilla: qualcosa nel suo passo mi trasmetteva l’evidenza del suo cambiamento. Non avevo più davanti agli occhi la timida Bella, che aveva paura di inciampare nei suoi piedi: guardavo una giovane donna sicura del suo posto nel mondo. I capelli erano ancora più lunghi di come li ricordavo, le circondavano il viso come un’aura luminosa, e le scendevano dolcemente sul petto. I suoi occhi erano languidi, tranquilli. Bella era felice, questo era certo. E aspettava un figlio da Jacob. Felicità, odio, rabbia, disperazione, nostalgia: non avrei saputo spiegare quello che mi si agitava nel petto in quel momento. L’immagine che vedevo era la quintessenza della normalità umana che avevo tanto voluto per Bella. Perché mi faceva stare così male?
Cos’era questo punteruolo infuocato nel petto? In quel momento arrivò Jacob, a la bocca mi si riempì di veleno. Perché insieme a lui arrivò il torrente infinito dei suoi pensieri, pieni di amore, di luce, di felicità. E di immagini di Bella, immagini terribili e dolcissime, scorci di un’intimità che non avrei mai potuto neanche sognare. Quanto detestai me stesso e la mia orribile natura, in quel momento. E quanto avrei desiderato uccidere Jacob Black.


Ma quella fu solo la prima volta. Nonostante la mia sofferenza, i miei giuramenti, la mia dignità, tornai spesso alla Riserva in quegli anni. Mancai il matrimonio di Bella e Jacob, grazie al cielo, ma lo vidi mille volte nei ricordi degli altri. Sapevo che Bella aveva lasciato l’università, e che la madre era furiosa. Seppi quando trovò lavoro alla biblioteca di Forks e quando rimase incinta per la seconda volta. La vidi portare a scuola i suoi bambini, di cui conoscevo i nomi: il più grande si chiamava Ephraim, ma per brevità lo chiamavano tutti EJ. La seconda, una bambina, era Annie. EJ era un piccolo Jacob, e percepivo già il gene mutevole della sua tribù. Ma Annie, pur avendo la carnagione scura e le labbra piene del padre, aveva gli occhi di Bella. E qualcosa, tutto di lei, negli atteggiamenti. Nel modo di sorridere, di schermare il sole con la mano, di guardare le persone dal sotto in su. Vederla mi faceva sanguinare il cuore.
Un giorno stava giocando troppo vicino al canneto che circondava l’officina del padre. Quando le cadde la palla nel fossato, ci misi solo un attimo a recuperarla per lei e a porgergliela, così veloce che contavo che non mi avrebbe percepito.
Ma furono i suoi occhi cioccolato a bloccarmi. Gli occhi di Bella, dal visetto innocente di quella bambina, mi fissavano interdetti. E stupiti. Rimanemmo a fissarci forse un secondo, prima che lei si mettesse a piangere. Mi ritrassi, inorridito dalla mia stessa audacia, e restai ad osservare Jacob Black correre incontro alla figlia. Gli anni avevano reso l’enorme mole di Jacob più aggraziata, meno mastodontica. Anche il volto era diverso e più maturo, e aveva un ombra di barba sulla guance. Lo vidi inginocchiarsi e prendere in braccio la piccola Annie, con l’espressione di amore più incondizionato che avessi mai visto. Gli sussurrò qualche parola nella lingua dei Quileute, e poi sentii la bimba dire, con la sua vocetta cristallina: “Papà, c’era un signore pallido che mi ha ridato la palla. E’ stato gentile, ma aveva gli occhi gialli come i gatti e ho avuto paura”. Anche lontano com’ero, potei sentire lo scatto della mascella di Jacob, e vedere i suoi occhi puntarsi aguzzi verso il fossato. Stringeva la bambina a sé, e si diresse velocemente verso casa.
Si, la casa di Bella e Jacob, costruita in mattoni rossi e tetto di legno. L’avevo vista nei loro pensieri. Quella volta fuggii come un ladro, conscio di aver oltrepassato un limite. Mi ero mostrato a una piccola umana, e Jacob mi aveva scoperto. Mentre correvo non potevo fare a meno di pensare alla piccola Annie. Avrei dato la vita per lei, esattamente come per la madre.


Per quanto tempo continuai a tornare alla Riserva, per spiare Bella? Non saprei quantificarlo, so solo che gli anni passarono e lei divenne ancora più bella. A un certo punto, Charlie morì. Poi fu la volta di Billy Black. Il dolore aveva reso Bella più languida, più tranquilla. Non la sentii mai alzare la voce con uno dei suoi figli, o litigare con Jacob. Vidi i suoi bambini diventare grandi, vidi Jacob invecchiare di colpo, come se gli anni gli fossero scivolati addosso tutti insieme.
Un giorno tornai a La Push e mi scoprii a spiare una signora dai capelli grigi che stendeva il bucato. Ma certo, era la mia Bella. Piccola, sciocca ragazza, mi sembra ieri quando mi dicesti: non mi vorrai più quando sembrerò mia nonna. Quanto ti vorrei adesso, non potrai mai saperlo. I miei occhi ti vedono sempre come la ragazza con il viso a cuore e gli occhi cioccolato che arrossisce sotto il mio sguardo. Vedono sempre il tuo corpo snello infagottato nei maglioni che ti piacevano tanto. Ti rivedo dormire, ti rivedo ridere. Il tuo viso per me è sempre uguale a quel giorno nella radura, quando hai accettato incondizionatamente la mia terribile natura, amando me, Edward, come nessuno mai ha fatto o farà. Non passa un attimo della mia esistenza durante il quale il pensiero di te non sia un dolore insopportabile. Ma nello stesso tempo, la mia esistenza è questo. Ho tirato avanti durante questi lunghi anni senza nome solo per vederti di tanto in tanto, e tu hai continuato ad insegnarmi qualcosa. Ero convinto che l’amore dei vampiri fosse un amore differente, più profondo e più duraturo di quelli tra esseri umani, che conosco come volubili e limitati. Ma la tua vita, Bella, mi ha insegnato che gli esseri umani possono amare al di là di tutto, mentre il corpo invecchia e cambia, mentre la vita si assottiglia e si avvicina la fine. L’amore è giovane, l’amore è immortale.

Qualche volta, da quando Bella è rimasta sola, torno a guardarla dormire, come tanti anni fa, nella casa di Charlie a Forks. Sono stato sulla tomba di Jacob, e spero che se ci incontreremo da qualche parte, di là, potremmo essere amici. Gli ho chiesto scusa se vado ancora a trovare Bella, ma entrambe abbiamo vissuto una vita amando la stessa donna e penso che mi capisca. E che mi vorrebbe azzannare, ma capisco anche questo.
Bella dorme poco, e si agita, come quando era ragazza. Le rughe hanno fatto pochi danni sulla sua pelle di porcellana, che sembra diventata finissima, ma porta ancora i capelli lunghi, anche se sono bianchi come la neve. Annie sta con lei tutte le sere, finchè si addormenta. E’ diventata una ragazza splendida, e tutti i ragazzi della Riserva le stanno dietro. Suo fratello fa buona guardia, ma spero che smetta di fare a botte quando gli capita, ormai è un uomo. Gli auguro con tutto il cuore di non conoscere mai le avversità che hanno funestato la vita del padre, e di non ridursi mai a correre a quattro zampe in cerca di vampiri. Auguro a entrambe di vivere appieno la loro splendida umanità.

Come sono passati in fretta questi anni, amore mio. Ti guardo dormire e so che un giorno non ti risveglierai. Aspettami un poco, non andare via subito. Vorrei averti vicino quando ti raggiungerò. Forse esiste un posto dove potremmo stare insieme.

  
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