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Autore: milly92    17/02/2010    5 recensioni
Si dice sempre che non bisogna mai giudicare un libro dalla copertina, eppure questo è l’errore che commette Luna giudicando male la sua gemella Stella e il migliore amico di quest’ultima, Marco. Si trasferisce nella città in cui abita suo padre sin da dopo la separazione con sua madre e, inevitabilmente, Stella la segue. Cosa succederà quando, tra uno spagnolo affascinante, una zia quarantenne single, un datore di lavoro bonaccione, dei nonni affettuosi e cugine un po’ pasticcione, Luna sarà costretta a vivere delle situazioni che nel loro essere spiacevoli la porteranno a ricredersi, soprattutto riguardo Marco? Può un “odio secolare” mutare in qualcosa che possa remotamente chiamarsi amore?
Genere: Romantico, Commedia, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Odi, Sed Amo'
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Non è Un Lieto Fine, Ma Un Giusto Inizio-Da Sola Con Te

Capitolo 23

Non è Un Lieto Fine, Ma Un Giusto Inizio-Da Sola Con Te

01/03/10, ore 15: 48

Caro diario,

eccomi qui a scrivere la quindicesima pagina sotto consiglio di Marco. Solo a lui poteva venire in mente un’idea malsana come quella di tenere entrambi un diario in cui raccontare i vari momenti della nostra storia! Se ci penso, quasi quasi mi pento di avergli rivelato di aver scoperto di amarlo anche grazie ad un vecchio diario, ma, vabbè, sapevo a cosa andavo incontro quando ho deciso di perdere la testa per lui e quindi mi accontento xD

Non mi sembra vero che stiamo insieme da quasi un mese ormai, e l’unica cosa che me ne fa rendere conto è il fatto che all’Università chiedo spesso gli appunti a Grazia, una ragazza che frequenta i miei stessi corsi, dato che non faccio altro che distrarmi o divertirmi a disturbarlo con squilli ed sms quando so che anche lui è in facoltà. Mi sto proprio rincretinendo, ne sono pienamente consapevole, sembro Stella2, la vendetta! Ma cosa ci posso fare se ogni secondo passato con Marco mi resta scolpito nell’anima, come se l’avessi scritta con un pennarello indelebile?

Ieri siamo andati ad una mostra di quadri di un suo professore, sai quanto adora l’arte, e giuro che se non ci fosse stato lui al mio fianco avrei dato di matto nel vedere decine di quadri in cui non si capiva un tubo, fin troppo astratti e dalle forme incomprensibili. Eppure, non potevo non sorridere nel vedere l’espressione rapita che assumeva ogni volta che un quadro attirava la sua attenzione in modo particolare, e alla fine, al ventottesimo quadro, quando l’ha notato ha detto: “Perché mai allora non ridi anche quando guardo te così?”. Ho smesso di ridere all’istante e ho abbassato lo sguardo come la più grande delle deficienti, finchè non ho sentito il suo braccio attorno al mio fianco e la sua voce che mi sussurrava che anche lui ne aveva abbastanza di quella mostra e voleva andare a mangiare qualcosa con me *_*.

Comunque, non ti dico quante risate che si fa zia Kitty quando le parlo di me e Marco… Dice che siamo nati per essere una coppia, un insieme di due persone che non avrebbero il loro fascino al fianco di qualcuno che non sia l’altro. Ricordo ancora quando le dissi che io e lui stavamo insieme… Hai presente un terremoto con i capelli rossi e due braccia pronte a stritolarti? Ecco, quella era lei. Per non parlare dei nonni! Due giorni fa mi hanno beccata mentre” salutavo” Marco fuori al portone, ma non hanno fatto obiezioni e sono felici per me. L’unica ancora incredula e scettica ormai è Miriam, che non vede l’ora di averci come ospiti alla sua festa per i diciannove anni dopodomani…

Ora vado, tra un po’ devo chiamare papà e vedere che sta combinando e soprattutto sapere quando cavolo finisce quel servizio che gli ha assegnato la redazione!

Luna.

Posai il diario e la penna in quello che chiamavo il “Mio cassetto segreto” e mi affrettai a prendere il cellulare. Papà era partito da quasi un mese e ogni santa volta che lo chiamavamo diceva che sarebbe tornato a breve, ma così dicendo erano passate già tre settimane. Ero un po’ preoccupata, anche se non avevo motivo di esserlo, ad essere onesti.

In realtà da quando stavo con Marco non avevo avuto modo di pensare più di tanto alla sua assenza dal momento che ero presa dalle nostre uscite, solo che non volevo farlo insospettire con telefonate rade e rapide.

Stavo giusto componendo il numero che la vibrazione mi informò di un sms ricevuto e sorrisi nel vedere la bustina gialla sul display. Ovviamente, dimentica dell’azione che stavo per compiere, mi precipitai a leggere, vedendo che il mittente fosse Marco.

“Mi hanno convocato per la partita di domani… Vieni all’allenamento oggi? Voglio presentarti un paio di amici”.

“Ok… Basta solo che poi mi dedichi qualche canestro, sempre se riuscirai a farlo, distratto dalla mia presenza XP” risposi ridacchiando. Inviai l’sms e attesi trepidante una risposta, che come al solito non si fece attendere.

“Mi dispiace ma durante gli allenamenti il mio unico amore è sempre e solo la palla da basket, che almeno non può parlare e infastidirmi come fai tu XP XP XP”.

“Che scemo” dissi ad alta voce, salvo poi scoppiare a ridere a più non posso. Lo adoravo ancora di più quando ci prendevamo in giro, se possibile, tranne quando eravamo soli e finivamo col fare a gara a chi si buttava di più addosso all’altro tra una carezza e un bacio e l’altro, ovvio…

“Qualcuno qui sta ridendo?” chiese la voce gaia della mia gemella, entrando nella stanza. Mi voltai e la vidi mentre teneva in mano una pila di biancheria intima appena lavata e la poggiava sul suo letto.

Annuii e mi affrettai a rispondere all’sms, ricordando che più tempo ci avrei impiegato nel rispondere e più soddisfazione gli avrei dato.

“Allora presenta la palla ai  tuoi amici e sbaciucchiati lei la prossima volta U_U” risposi rapidamente, salvo poi dedicarmi a mia sorella che aveva l’aria di volermi dire qualcosa.

“Stasera i nonni vanno a cena da Flavia e Clemente” disse con noncuranza. “Per cui volevo dirti che se vuoi puoi invitare Marco a casa visto che io e Mario andiamo al cinema” aggiunse.

La guardai un po’ incredula, levando un sopracciglio. “Da dove esce tutto questo altruismo?” chiesi, fissandola con aria sospetta.

“Dal semplice fatto che non mi va di stare chiusa in casa, fidati” dichiarò, sbadigliando. “Già sto sempre chiusa in quel negozio…”.

“Il lavoro inizia a pesarti, eh?” osservai, prima di notare che Marco mi aveva risposto.

“Che rispostacce! Ho capito, devo raddolcirti un po’… Ti passo a prendere alle cinque e andiamo a prendere una bella creepes, che dici?”.

Sorrisi tra me e me e Stella rise.

“Va bene scemo. E porto il cd di Vasco che ascolteremo in auto così  ti romperò le scatole per fartela pagare!”

“Ma tu non mi rompi mai le scatole, semmai me le fai solo girare un po’ ma è per questo che ti amo… ;-)”

“Ti sei salvato in calcio d’angolo con la frase finale… Ti amo anch’io”.

Ero consapevole del fatto che se qualcuno avesse letto gli sms che io e Marco ci mandavamo, raramente avrebbe compreso che stavamo insieme, ma io ero felice per questo e per il fatto che non fossimo una di quelle coppie smielate e monotone.

Erano le quattro e un quarto, così iniziai a prepararmi per l’uscita e stavo giusto sistemando i capelli che mia sorella, mentre si infilava le sue amate Hogan bianche, disse improvvisamente: “Stamattina ho visto Paola”.

Mi rabbuiai all’istante e le lanciai un’occhiataccia attraverso lo specchio: da quando io e quella ragazza non eravamo più amiche il solo sentila nominare mi faceva imbestialire perché davanti a me non vedevo altro che l’ennesima delusione in ambito delle mie amicizie e non sopportavo tutti gli artifici e le idee che si era fatta su di me. “E allora?” chiesi strafottente.

“E allora c’è che non mi ha salutato e mi ha girato la faccia. Non voglio farti arrabbiare nominandola, ma il fatto è che non mi capacito di cosa sia stata capace! Intanto, però, te l’avevo detto che teneva Antonio lontano da te…” disse con una strana aria saggia mentre si rialzava e prendeva la borsa.

“Carissima, non so che farmene del tuo “te l’avevo detto”, lo sai, no?” sbuffai, posando la spazzola e voltandomi verso di lei.

“Io so solo che se fossi stata in te le avrei dato molto di più che un semplice schiaffo” disse risoluta. “E suo fratello non è da meno, rompere l’amicizia con Marco e cambiare squadra solo perché di sicuro gliel’ha ordinato la sorellina…” disse con disprezzo, e così dicendo indossò il cappotto e mi salutò.

Esitai un minuto, ricordando gli avvenimenti che si erano succeduti dopo la fine dei rapporti tra me e Paola: Mattia aveva fatto una partaccia a Marco per non avergli detto di essere interessato a me, ovviamente aveva difeso Paola in tutto e per tutto, avevano litigato e lui aveva accettato la proposta di un allenatore di Caserta, così che non dovesse più stare nella squadra di Marco.

Spesso mi ritrovavo a pensare che probabilmente io e Marco avevamo sbagliato nel non esporre i nostri sentimenti con i nostri amici, ma che colpa ne avevamo se a stento noi eravamo certi di ciò che provavamo per l’altro, presi dalle lotte con il nostro orgoglio e la convinzione di non interessare all’altro?

Il suono del citofono mi risvegliò dai miei pensieri, così risposi e dissi a Marco di aspettare qualche minuto. Presa da un’improvvisa idea, aprii il frigo e la dispensa, e dopo aver appurato che ci fosse cibo a sufficienza, mi dissi mentalmente di dover comprare solo qualche candela.  

“Stasera sei invitato da me per una cenetta intima!” esclamai appena entrai nell’auto, per poi baciare il mio ragazzo che mi trattenne a sé che per chissà quanto tempo prima di staccarsi e lanciarmi un’occhiata curiosa. “I nonni non ci sono e Stella esce con Mario” spiegai, allacciando la cintura.

Si aprì in un sorriso ed annuì con fermezza. “Perfetto allora! Ci voleva proprio una seratina solo per noi due…” aggiunse a bassa voce, guardandomi con profondità.

Dire che udendo quel tono non mi stessi sciogliendo sarebbe stata una bugia colossale, ragion per cui cercai di sostenere il suo sguardo finchè non finimmo per baciarci di nuovo, questa volta come se avessimo dei tentacoli che ci impedivano di scioglierci. Ero decisamente partita per quel pianeta in cui esistevamo solo io e Marco, ormai ne ero consapevole mentre lo avvertivo stringermi con sempre più decisione e avvertivo il suo respiro incontrollato più che mai… E maledii mentalmente l’auto della signora del secondo piano che, alle nostre spalle, iniziò a suonare il clacson infastidita dato che doveva parcheggiare. Scoppiai in una risatina nervosa mentre il mio ragazzo sbuffava e ritornava alla guida.

“Secondo me è stata una cattiva idea inviarti all’allenamento, mi sa che non riuscirò a fare nemmeno mezzo punto” annunciò mentre entravamo nel Palazzetto dello Sport, rigorosamente mano nella mano.

“Meraviglioso! Non sai che la squadra avversaria mi ha ingaggiata proprio per distrarre il fuoriclasse dell’altra squadra?” ironizzai, felice più che mai. Grazie  a lui avevo dimenticato i brutti pensieri che prima stavano occupando la mia mente.

“Almeno i miei avversari hanno bei gusti… Ehi, ragazzi!” esclamò improvvisamente, muovendo la mano libera in direzione di due ragazzi che parlottavano tra loro vicino una porta bianca. Eravamo entrati nel Palazzetto e c’era un via vai di gente, sia delle squadre che avevano appena finito l’allenamento che di quelle che stavano per iniziare. I due ragazzi alzarono lo sguardo e gli fecero un cenno, prima di bloccarsi alla mia vista.

Marco sorrideva, sicuro di sé.

“Mirko, Luigi, lei è Luna” disse, indicandomi con un qualcosa che, con mia somma gioia, poteva tradursi in fierezza.

I tipi chiamati Mirko e Luigi- entrambi bruni con gli occhi scuri e la solita stazza enorme, tipica dei giocatori di basket- erano ancora increduli mentre mi stringevano la mano ed io li salutavo. Marco notò che sembravo sorpresa dal comportamento dei due ragazzi, per cui si congedò e mi condusse fino alla spogliatoio. “Tutti sono rimasti colpiti sia da te che da Stella quando veniste all’inizio di dicembre” spiegò. “E non credevano che sarei riuscito a stare con te” aggiunse, con una certa soddisfazione.

“Ah, ed è così che ti vanti,eh?” lo presi in giro, dandogli un colpo sul braccio.

“Si, proprio come fai tu” rispose, stringendomi a sé.

“Io non mi vanto di te” protestai, ma ormai era inutile lottare contro di lui, la sua presa sempre più forte e il suo viso sempre più vicino al mio…

“Ehm ehm, scusateci piccioncini” disse la voce di Luigi mentre ci stavamo baciando, approfittando del fatto che lo spogliatoio fosse ancora vuoto. Sentii Marco sbuffare sulle mie labbra prima di allontanarsi e guardare con rimprovero i suoi compagni.

“Ok, ho capito, io vado sugli spalti” dissi, comprendendo che al momento il mio ragazzo avrebbe dovuto rispondere alle numerose domande dei suoi amici proprio come era toccato a me quando avevo detto la novità a Miriam e ad alcune amiche dell’Università che avevo conosciuto ultimamente.

Uscii dalla stanza e poco dopo mi ritrovai seduta sugli spalti, con un paio di tipe dietro di me che aspettavano entusiaste l’entrata dei ragazzi in campo.

“Io ho sentito che il numero diciassette è niente male” disse una delle due, di cui non potei distinguere il volto vista la sua posizione, ma potevo comunque percepire l’eccitazione che palpava ogni parola da lei pronunciata.

“Ma che, il numero dieci è il migliore, è un fenomeno in tutti i sensi, bellissimo, bravo e affascinante!” rispose l’altra.

Sorrisi ascoltando quella mezza conversazione, ricordando quando ero andata lì la prima volta con Miriam. Fu in quel momento che mi resi conto di non sapere che numero avesse Marco.

Aspettai una decina di minuti, poi vidi l’allenatore entrare insieme ai ragazzi.

“Ecco, ecco il numero dieci! Quello con i capelli neri!”continuò imperterrita la ragazza, evidentemente indicando anche con il dito.

All’udire quella frase scattai su, e fui pervasa da un moto di gelosia quando notai che il numero dieci fosse proprio Marco. Lo conosceva?

“Ho capito chi è! Hai ragione, è troppo figo, quello due anni fa stava con Claudia, l’amica di mia sorella, hai presente…?”.

Ignorale,ignorale e basta, tanto è tutto tuo… mi diceva in continuazione una vocina dentro di me, e non so quanto sforzo impiegai per ascoltarla.

L’allenamento proseguì rapidamente, non riuscivo a non staccare gli occhi di dosso a Marco; pensare che tre mesi prima l’avevo definito sudato e in condizioni peggiori di una scimmia per descriverlo mentre giocava mi risultava assurdo. Era come se al momento per lui esistesse sola la palla e il suo corpo con cui si muoveva armoniosamente, come se stesse danzando… Segnò numerosi canestri e lo vidi guardarmi con la coda dell’occhio, sotto le incitazioni dell’allenatore che gli chiedeva di passare la palla ad un altro ragazzo.

“Ooooh, che darei per poter essere quella palla ed essere toccata così da lui!” disse una delle ragazzine all’improvviso.

“Si, che dici, dopo scendiamo a congratularci?” propose l’altra.

L’udire quelle parole fece sì che la mia gelosia aumentasse del triplo, così mi dissi di fare un bello scherzetto alle due tipette appena ne avrei avuta l’occasione.

“Si! Così semmai riusciamo anche a sapere come si chiama e lo aggiungiamo su Facebook” continuò l’amica.

“Giusto! Così chattiamo, gli chiediamo il numero…”.

Lasciai che le loro fantasie vagassero e raggiungessero limiti mai visti, mentre venivo distratta dal mio cellulare che mi annunciò di aver ricevuto l’ennesimo sms.

“Luna, appena puoi vieni a casa, devo dirti un po’ di cose…”

Era zia Kitty. Subito risposi con un: “Ok, ma posso avere un’anticipazione?” sperando che non si trattasse ancora di eventuali sofferenze dovute ancora a quel Giuliano. Mi sentivo un po’ in colpa perché nelle ultime settimane c’ero stata poco e niente per lei, presa da Marco, per cui volevo subito rimediare.

“No, niente anticipazioni! Ti aspetto a casa domani pomeriggio, ok?” furono le sue uniche parole di risposta, così fui costretta a rassegnarmi e a ritornare ad ascoltare il chiacchiericcio delle due ochette, che si spense solo quando il Mister fischiò segnando la fine dell’allenamento. Senza che gli dicessi nulla, Marco mostrò l’intenzione di volermi raggiungere sugli spalti e, ovviamente, notandolo, le due ragazze iniziarono a fremere.

“Mi avrà notata, ne sono certa!” esclamò una.

“No, avrà notato me!” protestò l’altra.

Non riuscii a non trattenere un sorriso quando, contro ogni loro rosea previsione, Marco si avvicinò a me con un sorriso stampato in faccia.

“Amore, sei stato bravissimo!” dissi con enfasi per poi baciarlo rapidamente, nonostante fosse sudato. “Permetti che ora sono io che mi vanto per un minuto di te!” sussurrai, e così dicendo mi voltai verso le due ragazze che ci guardavano allibite, con l’aria simile a quella di un killer che sta progettando l’omicidio del secolo.

“Scusatemi, ma ho cercato di farvelo capire nel modo più educato dopo tutte le vostre congetture e sogni che purtroppo devo infrangere” dissi, con una faccia tosta che non sapevo di possedere, cercando di non ridere mentre continuavano a fissarmi, questa volta con più odio che incredulità.

Presi Marco per mano e lo condussi lontano dalle loro maledizioni, spiegandogli il tutto con adeguati particolari, con il risultato che per un pelo non si piegò in due dalle risate.

Era in quei momenti che capivo che ormai lui per me era molto di più che un semplice fidanzato; ormai era una persona su cui avevo fatto totalmente affidamento, e adoravo condividere con lui ogni singola gioia ed emozione perché avevo l’impressione che riuscisse a capirmi già prima che terminassi di esporre il mio pensiero.

“Lo sai cos’è
Io non posso stare senza te”

Un’ora dopo eravamo a casa dei nonni, e mentre lui se ne stava spaparanzato sulla sedia dopo le innumerevoli fatiche dell’allenamento, io cercavo di cucinare qualcosa che, nel suo insieme, potesse almeno remotamente definirsi cena.

“Che ne dici se questo fine settimana non diciamo ai miei che stiamo insieme? Ormai sono convinto che sospettano qualcosa…” propose mentre cucinavo dei wurstel nella padella.

Mi bloccai, arrossendo un po’. “Perché dovrebbero sospettare?” domandai evasiva, ancora di spalle.

“Perché mi chiedono sempre come mai esco così spesso ultimamente, perché faccio più tardi del solito, e soprattutto perché sono sempre sorridente…” spiegò, decidendo di alzarsi e avvicinandosi con passo felpato, per poi abbracciarmi da dietro. “Per te è un problema?” aggiunse premurosamente.

“In realtà io… Non lo so, mi sento in imbarazzo, ecco” ammisi, voltandomi verso di lui, dimentica del cibo in padella.

Lo fissai negli occhi e vi lessi un moto di comprensione. “Capisco. Ma lo sai che mamma ti adora, vero? Non fa altro che chiedermi di te, cosa che con Stella non è mai successa” mi fece notare, continuando a fissarmi deciso.

Esitai, senza sapere cosa dire. Il perché del mio comportamento non lo sapevo nemmeno io… Non volevo tenere segreta la mia relazione con Marco, ma era come se avessi paura che, una volta usciti allo scoperto al cento per cento, qualcuno avrebbe potuto portarmelo via, proprio come quelle ragazzine poco prima all’allenamento. Era la mia prima storia, e per di più era partita con buoni propositi ed una certa serietà, ma ciò non voleva dire che dovevamo sentirci soffocati da cene di famiglia e via dicendo, non volevo che un domani, nel caso qualcuno dei due avrebbe deciso che non se la sentiva di continuare la relazione, si sarebbe dovuto sentire condizionato dal fatto che i genitori già sapessero tutto e questo potrebbe portarlo all’astenersi da prendere un provvedimento, anche se era un brutto pensiero da fare visto che eravamo così felici.

Ma comunque, ripensandoci, non dovevo farmi condizionare da quei pensieri, e i signori Valenti erano delle splendide persone che non si sarebbero comportate “all’antica”.

 “E va bene, glielo diciamo, ma lo sai che voglio che ciò non cambi nulla, niente cene frequenti dai suoceri e via dicendo” acconsentii infine, decidendo di mettere i puntini sulle i.

“Ovvio, e poi non le sopporterei. Mia madre potrebbe tirare fuori da un momento all’altro un album di vecchie foto e videocassette e mettermi in imbarazzo…” rispose lui, cercando tuttavia di mettere la situazione sull’ironico.

Sorrisi al solo pensiero, prima di sentire un certo fruscio provenire dalla padella e ricordarmi dei poveri wurstel quasi abbrustoliti. “Oddio!” esclamai, liberandomi dalla sua presa e spegnendo subito i fornelli, mentre Marco iniziava a ridere come un cretino, guadagnandosi una serie di occhiate torve.

“Diciamo che il cibo troppo cotto non è il mio preferito, giusto per fartelo sapere per un’altra eventuale cenetta” disse sarcastico un quarto d’ora dopo, mentre mangiavamo i wurstel conditi con ketchup e accompagnati da alcune frittelle a lume di candela. Se la rideva un mondo, il signorino, sembrava così divertito… In quei momenti mi veniva da chiedermi se non si fosse messo con me solo per assicurarsi delle risate certe a causa della mia goffaggine ogni santo giorno.

Non risposi, decidendo di fingermi offesa, mentre mangiavo una frittella.

“Eddai, scherzavo, lo sai che non sono un bravo consolatore” sussurrò, un po’ più serio.

“E’ solo colpa tua perché mi hai distratto con i tuoi discorsi. A Firenze ero io la cuoca di casa, quindi devi ringraziarmi se la tua migliore amica non è mai morta di fame o di colesterolo per tutte le volte che sarebbe dovuta andare al Mc Donald’s in assenza di mamma” ribadii seria , con un tono glaciale. E, senza dire altro, fregai un wurstel dal suo piatto e ne mangiai un pezzo. “Visto che ti fa tanto schifo…” spiegai con nonchalance.

Mi guardava senza parole, non capivo se stesse per scoppiarmi a ridere in faccia o meno.

“Che c’è? So che sono bella da guardare, ma l’aria da pesce lesso non ti dona” sbuffai. Cavoli, e meno male che volevo fare la finta offesa! Me la stavo pendendo sul serio, non era possibile…

“Invece a te quella arrabbiata ti dona eccome” se ne uscì lui, per nulla turbato, e sii riprese la metà del wurstel che mi ero gentilmente fregata.

Ci scambiammo un’occhiata truce prima di scoppiare e ridere eccessivamente circa la nostra stupidaggine. Il risultato fu che completammo la cena con una busta di patatine e una di pop corn, io rigorosamente seduta sulle sue gambe e lui che sembrava badare più al cibo che a me, che ogni tanto fingevo di imboccarlo per poi mangiare  a mia volta la patatina che volevo dargli.

Non erano nemmeno le dieci che sentimmo la chiave nella toppa della porta d’ingresso, mentre continuavamo a mangiare, e non ci muovemmo certi che fosse Stella visto che i nonni non si portavano mai le chiavi dietro, sapendo che o io o mia sorella fossimo in casa. Ragion per cui feci un balzo di mezzo metro quando vidi entrare in cucina papà, che ci fissava allibito.

“P-papà!” biascicai, rossa in viso, mentre Marco si passava una mano tra i capelli, imbarazzato. “Bentornato” aggiunsi, cercando di alleviare la pillola. Era sempre stato molto geloso, quindi di certo non gli doveva aver fatto molto piacere vedermi addosso a un ragazzo, abbracciata a lui mentre mi accarezzava i capelli ed io lo stavo imboccando. Sentii il mio ragazzo deglutire a forza la patatina che gli avevo dato prima di guardarmi nervosamente.

“Ciao Luna, ciao Marco, a quanto pare mi sono perso qualcosa in mia assenza…” disse, con un tono quasi severo, ma poi, cosa che credevo fosse un miraggio, mi sorrise calorosamente. “Sapevo già che vi foste messi insieme” spiegò pazientemente, prima di avvicinarsi e abbracciarmi con calore.

Lo guardammo con tanto d’occhi, stupiti.

“E chi…?” chiesi, ma lui mi interruppe.

“Ti spiego tutto dopo” disse, per poi voltarsi verso Marco. “L’ho sempre saputo che eri cotto di mia figlia, ragazzo, ma ho sperato fino all’ultimo che continuaste a fare finta di nulla, cosa che ovviamente non è successa. Mi raccomando, se ti azzardi a fare un passo falso te la vedi con me” e così dicendo sorrise candidamente prima di far scoccare le nocche in un modo alquanto minaccioso.

Lui restò un attimo interdetto prima di annuire e ricambiare il sorriso, stringendogli la mano. “Ma certo, stia tranquillo, anche perché credo proprio che Luna se la sappia cavare da sola…”.

“Infatti, diglielo”  ribadì, facendo l’occhiolino.

“Resta il fatto che mi stai più simpatico di tuo fratello, Marco” disse infine papà, e mi lasciai scappare un risolino, contenta che non fosse stata una cosa imbarazzante.

“Luna, ho chiamato Stella e sarà qui a momenti, dovete venire un attimo con me che vi devo dire una cosa importante. Puoi venire anche tu, Marco, tanto mi sa che viene anche Mario” aggiunse educatamente.

“Cosa ci devi dire?” chiesi subito, un po’ preoccupata. “Quella della redazione ti hanno proposto di lavorare per sempre fuori?”.

“Ma no, Luna, no. E’ una cosa che credo vi farà molto piacere” mi rassicurò, e fu così che venti minuti dopo io, Marco, Stella e Mario ci ritrovammo in macchina con lui, tra le strade silenziose di Maddaloni.

“Non capisco da dove provenga tutto questo mistero, papà, mi stai facendo morire dalla curiosità” sbottò Stella ad un certo punto, ed io annuii con vigore. Marco e Mario se ne stavano in religioso silenzio, quasi come se si sentissero imbarazzati.

“Ne varrà la pena, Stella, credimi” disse solo papà, e non potei non dargli ragione quando lo vidi sostare a via Nino Bixio, davanti al condominio in cui avevamo vissuto prima di partire tutti per Firenze.

“Non ci posso credere! Papà, vuoi dirmi che torneremo a vivere qui…?” chiesi subito, sentendo un’eccitazione pervadermi. Il palazzo era sempre lo stesso, con sei piani e delle balconate enormi, sulle quali io e Stella da piccole prendevamo il sole per imitare le ragazze delle pubblicità, in estate, o facevamo deporre la piscina gonfiabile.

“Tutto a tempo debito, un attimo di pazienza.  Resta il fatto che dovete salire, su” rispose rapidamente, aprendo il cancello e facendoci segno di seguirci.

“E’ la nostra vecchia casa” sussurrò Stella a Mario.

Ritrovarsi in quel condominio fu strano, tutto mi parve decisamente più piccolo di quanto ricordassi, forse perché all’epoca ero ancora una bambina; ricordavo che le scale fossero chilometriche, la finestra di ogni piano mi era sempre sembrata troppo alta per potermici affacciare, invece ora avevo la sensazione di essere una gigantessa in confronto alle vecchie proporzioni.

L’emozione di ritrovarmi davanti la porta del quarto piano, in noce come sempre con una targhetta dorata con su scritto i nomi dei miei genitori fu indescrivibile.

“Nessuno ci ha mai più abitato qui?” domandai, ma non aspettai risposta dal momento che vidi papà suonare il campanello.

“Perché suoni…?” domandai, ma la domanda mi restò intrappolata in gola quando vidi la porta essere aperta e, dietro di essa, comparire mia madre, sorridente e in ghingheri come al solito.

Io e Stella ci bloccammo, interdette, e probabilmente i ragazzi si guardarono confusi.

“Mamma?” biascicammo senza capire, e non ricordo come e perché mi ritrovai seduta nel nostro vecchio salone, con le pareti color pesca che prima invece erano bianche. C’era la stessa mobilia del solito, ma si vedeva che era stato messo tutto a nuovo. Non ci capivo nulla, cosa poteva mai significare tutta quella situazione?

“Ci potete spiegare cosa succede?” chiesi infine Stella, non potendone più di tutto quel mistero.

Papà e mamma si guardarono con uno sguardo d’intesa, all’impiedi al centro della stanza. Sembravano nervosi e noi non riuscivamo ad afferrarne il significato.

“Innanzitutto non posso non esprimere il mio consenso per il fatto che stai con Marco, Luna!” iniziò mamma. Sbuffai, e con una certa nota di disapprovazione vidi mia sorella guardarsi intorno un po’ imbarazzata.

“Gliel’hai detto tu?” chiesi, incrociando le braccia.

Stella continuava a guardarsi intorno, evasiva. “Beh, si, continuava a chiedermi di te e così…”.

“Cosa ti avevo detto, piccolina? Due mesi e mi dirai che state insieme, anche se a dirmelo è stata tua sorella! Oh, come sono felice, posso abbracciarvi…?” la interruppe mamma, con il suo solito brio, stringendo me e Marco con fare fin troppo coinvolgente. Ecco chi aveva detto a papà di noi! Se  Stella l’aveva detto a mamma,era ovvio che lei lo avesse detto a papà…

“Grazie, signora…” borbottò Marco.

“Chiamai Cristiana, caro!” gli impose lei, così annuì e mi guardò con un mezzo sorriso.

“Si, ma ora volete dirci cosa ci facciamo qui e perché mamma è qui a Maddaloni?” chiesi spazientita, appoggiandomi con le schiena contro il divano, in attesa di una buona e esauriente spiegazione.

Annuirono, e dopo un’ultima occhiata papà iniziò con un: “Vedete, ragazze, vi ho mentito. In questo mese non ho lavorato, ma sono tornato a Firenze da vostra madre. Quando Luna è stata male, ci siamo ritrovati a parlare dei vecchi tempi, quando voi eravate piccole e vi ammalavate e facevamo i turno per starvi vicino, e non so come vostra madre mi ha confessato di aver deciso di lasciare Carlo perché in quella situazione aveva capito che ciò che provava per lui non si poteva remotamente chiamare amore”.

Tutti e quattro li guardammo con tanto d’occhi, fin quando, dopo una breve pausa, mamma non prese la parola.

“Così ho chiesto a vostro padre se gli andava di aiutarmi a lasciare Carlo, per questo lui, contro ogni mia aspettativa, ha accettato e ci siamo messi d’accordo per una sua eventuale visita appena si sarebbe liberato dal lavoro. A febbraio è venuto, mi è stato vicino quando ho detto a l’altro che era finita, e poi… Poi è stato tutto un caos, e in pochi giorni abbiamo capito che probabilmente, come siete cresciute voi siamo cresciuti anche noi insieme all’affetto che proviamo per l’altro e abbiamo deciso di ritornare insieme, cercando di recuperare questi otto anni  persi ma che comunque ci sono serviti” terminò, e fu una cosa bellissima vederla afferrare la mano di papà con decisione.

Stella scoppiò in un’esclamazione gioiosa mentre io non riuscii a non commuovermi con qualche lacrima di troppo. I miei genitori di nuovo insieme? Era magnifico, il regalo che tutti i ragazzi che hanno i genitori separati vorrebbero ricevere. Cercai di nascondere le mie lacrime, ma Marco comprese e mi strinse a sé, proprio come mamma e papà poco dopo.

“E’ b-bellissimo” riuscii solo a biascicare, sorridendo tra le lacrime.

“Allora è per questo che siamo qui? Torneremo a vivere in questa casa?” chiese speranzosa mia sorella, ancora abbracciata a mamma.

I nostri genitori si guardarono per un attimo prima di sospirare.

“In realtà no, cioè , abbiamo riflettuto molto e abbiamo deciso che non è giusto che stiate ancora sulle spalle dei nonni e sapendo che non avreste lasciato di nuovo Maddaloni” e così dicendo papà lanciò uno sguardo molto colloquiale ai due ragazzi, “Abbiamo comprato di nuovo l’appartamento per consentirvi di viverci da sole, visto che noi, se per voi va bene, vorremmo vivere insieme a Firenze. Vostra mamma mi ha già trovato un lavoro in una redazione lì, la stessa in cui lavoravo prima della separazione….”.

“Ma se voi volete ancora vostro padre vicino non ci sono problemi, verrò nei week end….” aggiunse subito mamma, vedendo che io e Stella non rispondevamo.

Alla fine ci guardammo con un’occhiata eloquente, annuimmo e così dissi: “Ormai siamo abbastanza grandi per cavarcela da sole, no? Voi pensate a stare insieme e a essere felici, ve lo meritate. Semmai veniamo a trovarmi noi ogni tanto…”.

Stella fece un cenno di assenso, stringendomi un braccio. “Si, e poi noi abbiamo Marco e Mario che baderanno a noi” disse con un sorriso.

“In realtà è questo che mi preoccupa” borbottò papà, sempre ironico, e fu così che decidemmo che quella sarebbe stata la nostra casa per la seconda volta.

Io e Stella da sole in casa, senza nonna Luciana che ci preparava pranzo e cena e teneva in ordine l’appartamento… Bollette da pagare, spese da fare, panni da lavare e stirare… Di certo non ci aspettavano dei mesi semplicissimi, ovvio, ma la cosa bella era che non eravamo sole e poi, dopo i diverbi che avevamo superato, convivere da sole risultava la cosa più semplice del mondo.

 

*°*°*°

E così eccoci arrivati all’ultimo capitolo prima dell’epilogo! Cosa dire, mi sento stranamente emozionata, anche perché quando ho iniziato a scrivere questa storia quel non troppo lontano 29 settembre ero così indecisa che ho riscritto i primi due capitoli centinaia di volte. Non so perché, ma ho sempre contato molto su questa storia, più che altro è stata una mia sfida personale perché ho parlato di cose che non fanno parte della mia realtà: non ho una sorella, non ho una zia fantastica come zia Kitty, purtroppo non ho mai conosciuto i miei nonni (nel senso quelli maschi), non sono un’universitaria, non ho i genitori separati e ovviamente non ho mai avuto l’opportunità di conoscere il “Mio Marco”. Non dico questo perché in una fic si debba inserire la propria fotocopia, assolutamente, era solo per cercare di farvi capire che più che altro è stato un progetto di immedesimazione e immaginazione allo stato puro, quindi mi scuso per eventuali errori commessi, passaggi non approfonditi etc…

E con questo vi dico che purtroppo non sono riuscita a scrivere nemmeno tutto il primo cap della seconda parte, cosa a cui tengo assolutamente ma che purtroppo mi sta capitando di scriverla in un periodo che non è uno dei più rosei, specialmente dal punto di vista creativo. Vi è mai successo di leggere qualcosa da voi scritto e pensare che non valga assolutamente la pena leggerlo? Ecco, io ora mi sento così. Non che mi sia mai vantata di essere eccellente, al contrario, ma quel poco di soddisfazione e entusiasmo che provavo leggendo i vari cap mi è passata e non so nemmeno perché, così, all’improvviso. Ogni volta che provo a scrivere mi ritrovo a cancellare quasi tutto senza esitazione, e ciò non fa altro che spaventarmi perché non mi era mai successa una cosa simile; il massimo che mi è capitato in questi quasi tre anni che pubblico fic è stata la mancanza d’ispirazione, nulla più. Questo è uno dei motivi che mi hanno condotto ad aggiornare in ritardo, oltre al fatto che a scuola mi sono iscritta ad un corso di teatro che mi sta sottraendo del tempo. Mi scuso per lo sproloquio, ma volevo solo farvi capire uno dei motivi che probabilmente mi porterà a pubblicare solo il prologo della seconda parte e che provvederò ad aggiungere i capitoli successivi appena questo periodo passerà, perché ci tengo molto a questa storia e non vorrei danneggiarla scrivendo in un momento no, anche perché ho tantissime idee che mi balenano in testa e spero di riuscire ad esporle nel migliore dei modi il più presto possibile.

Detto ciò, ringrazio di cuore tutti coloro che seguono questa storia, la inseriscono tra i preferiti e le seguite e che hanno recensito lo scorso capitolo, ovvero Lola SteP, XXX_Ice_Princess_XXX e Cricri88. Grazie di cuore!

 La vostra milly92.

 

  
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